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Per pregare Dio - Nuova Edizione
Per pregare Dio - Nuova Edizione
Per pregare Dio - Nuova Edizione
E-book986 pagine12 ore

Per pregare Dio - Nuova Edizione

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Info su questo ebook

Alcuni credenti pensano che per pregare Dio non sia necessario, anzi persino sbagliato ripetere sempre le stesse parole. Tuttavia, le parole della preghiera lasciataci da Gesù, ci fanno chiedere a Dio, il Padre di noi, di darci “oggi”, per ogni nostro oggi, il pane per la vita, ma anche di rimetterci i debiti che accumuliamo con Lui e con il nostro prossimo e, infine, di accettare il nostro impegno per una operosità attenta e ininterrotta affinché sia santificato il suo nome, venga il suo Regno, sia fatta la sua volontà sulla Terra come in Cielo. Così, “non avendo più null’altro da chiedere”, quelle invocazioni sono di fatto “inalterabili” e, data la fragilità dei nostri impegni, di fatto “utilmente ripetibili di giorno in giorno, per ogni nostro giorno”. I pensieri qui raccolti, sono ricerche di risposte verificabili con la nostra esperienza terrena sulla verità d’essere di Dio e della nostra vita, su Gesù autore di quelle parole e sulle richieste legate al voler essere Cristiani. Pertanto questo libro si rivelerà forse utile quando, o tra mille dubbi sensibili e meditati o con una fede che ne ricerchi fondamenti indiscutibili per una speranza incrollabile, avvertiamo il bisogno di rivolgerci a Dio con parole che esprimano i sentimenti della nostra ansia di vivere. Il tutto libero da una ricerca di imprimatur per un linguaggio che non vuole essere né teologico né fintamente culturale, perché "il nostro parlare deve essere sì per sì e no per no, poiché (Mt.5/37) tutto il resto è del demonio".
LinguaItaliano
Data di uscita11 ott 2016
ISBN9788892627253
Per pregare Dio - Nuova Edizione

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    Anteprima del libro

    Per pregare Dio - Nuova Edizione - Giannantonio Viola

    INDICE DEI CINQUE FASCICOLI

    * * *

    INTRODUZIONE. La ragione di queste pagine.

    FASCICOLO PRIMO.

    PERCHÉ DIO – PERCHÉ LA VITA

    Argomenti.

    PERCHÉ DIO. Premessa.

    Che cosa vogliamo dire usando la parola Dio.

    LA RICERCA DI DIO. (Premessa)

    Con la filosofia.

    Ascoltando la voce della natura.

    Pensando che ciò che esiste sia dovuto al caso.

    Ipotizzando una causa dell’esistente altra dal caso e da Dio.

    Esaminando le verità dell’esistente definite dalla scienza.

    Il senso di alcune parole che incontreremo.

    Il tempo.

    Lo spazio

    La materia.

    Il legame tra materia, pensiero e spirito.

    Un bilancio sulla verità d’essere di Dio.

    VERSO UN DIO CREDIBILE. Premessa.

    Attendibilità della Bibbia. Storicamente e come parola di Dio.

    La lettura della scrittura ebraica.

    L’alfabeto ebraico.

    DIO SI FA CONOSCERE.

    Dall’Esodo.

    Rivedendo i brani scelti. (Con note sul Nome di Dio)

    PERCHÉ LA VITA. (QUESTA NOSTRA VITA).

    Premessa: Che cosa è la vita.

    Che cosa o chi siamo.

    Dal libro della genesi. Premessa.

    Genesi. Il testo.

    Rivedendo i brani scelti. Introduzione.

    Analisi dei versetti scelti.

    Dal versetto 1/1 al versetto 1/25. La creazione dell’universo.

    Dal versetto 1/26 al versetto 2/24. La creazione dell’uomo.

    Il senso di alcune parole.

    Dal versetto 3/1 al versetto 3/24. La ragione della nostra vita.

    CONCLUSIONE DELLA PARTE PRIMA..

    FASCICOLO SECONDO.

    CHI ERA ED È GESÙ E CHI È LO SPIRITO SANTO

    Argomenti.

    CHI ERA ED È GESÙ.

    Prove sull’esistenza umana di Gesù.

    Attendibilità e veridicità dei Vangeli.

    Per leggere i Vangeli.

    Chi era ed è Gesù. Premessa.

    Chi disse di essere. (Con una nota sulla Santa Trinità).

    Il Figlio di Dio.

    Per ricordare

    Il Figlio dell’uomo. Premessa.

    Il Figlio dell’uomo. Dai Vangeli.

    Dell’appartenenza a una famiglia israelita.

    Del nome.

    Della stella ferma in cielo.

    Del concepimento di Gesù.

    Della scelta di Giuseppe.

    Il Messia. (Con una nota sui giorni di sepoltura di Gesù).

    La missione.

    Il compimento. (Con una nota sulle ultime parole di Gesù sulla croce).

    Una riflessione sconvolgente. Sull’amore di Dio per noi.

    Chi era ed è Gesù: tre sintesi di conoscenza.

    CHI È LO SPIRITO SANTO. Introduzione

    Che cosa sappiamo dello Spirito Santo.

    Chi è.

    Come si manifesta.

    Qual è la sua missione.

    Come opera tra noi.

    Considerazioni finali.

    Un doveroso riconoscimento.

    I MIRACOLI E LA FEDE. Introduzione.

    Dai Vangeli.

    Considerazioni.

    CONCLUSIONE DELLA PARTE SECONDA.

    FASCICOLO TERZO

    NOI FIGLI DI DIO

    Argomenti.

    Introduzione. (Noi, la sofferenza e Dio).

    Perché Satana e le sue schiere.

    CHE COSA VUOL DIRE ESSERE CRISTIANI.

    Premessa.

    Significato di alcune parole (Per cui sono usate in queste pagine).

    Essere Cristiani. In rapporto con Dio. (Con note sui comandamenti e su ciò che è bene per il mondo e ciò che è bene per Dio).

    Essere Cristiani. In rapporto con Gesù.

    Essere Cristiani. In noi.

    Essere Cristiani. In rapporto con gli altri.

    Essere Cristiani. La missione. (Con note sul battesimo).

    Essere Cristiani. La speranza.

    Considerazioni finali.

    CONCLUSIONE DELLA PARTE TERZA.

    FASCICOLO QUARTO

    COME E PER CHE COSA PREGARE

    Argomenti.

    PER DISPORCI A PREGARE. (Perché pregare il Padre)

    Nota.

    Chi può pregare.

    Considerazioni.

    Con quale animo pregare.

    Considerazioni

    Per chi pregare.

    Dove pregare.

    Con quali atteggiamenti pregare.

    Considerazioni.

    Quando e quanto pregare.

    Che cosa chiedere al Padre.

    Che cosa non dobbiamo chiedere.

    Che cosa possiamo chiedere.

    Che cosa conviene chiedere.

    CONCLUSIONE DELLA PARTE QUARTA.

    FASCICOLO QUINTO

    PER NON PREGARE INVANO

    Argomenti.

    Introduzione. (Due versioni della preghiera al Padre).

    Nota su Kaddis e Antico Testamento.

    PADRE. (Qual è il Padre che invochiamo in preghiera).

    Che cosa vuol dire che Dio ci è Padre.

    Che cosa vuol dire essere figli di Dio Padre.

    Riassumendo.

    EMON, DI NOI. (Considerazioni).

    QUELLO NEI CIELI. (Da un concetto alchemico).

    il Regno dei Cieli.

    SIA SANTIFICATO IL TUO NOME. Premessa.

    Che cosa è un nome e qual è il nome di Dio.

    Che cosa vuol dire santificare il nome di Dio.

    Che cosa significa la voce sia. (Con nota del primo impegno che, pregando, presentiamo a Dio).

    VENGA IL TUO REGNO. (Con nota del secondo impegno).

    SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ. (Con nota del terzo impegno).

    COME IN CIELO, COSÌ SULLA TERRA.

    DACCI OGGI IL PANE DI NOI EPIOUSION. (Premessa per una questione di traduzione).

    Il pane per la vita terrena.

    Il pane per la vita eterna.

    Il pane d’unione con Gesù.

    E RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI, COME NOI ABBIAMO RIMESSO AI NOSTRI DEBITORI. (Con una nota di lettura).

    Che cosa significa rimettere i debiti.

    Che cosa sono i debiti che abbiamo con Dio

    Che cosa sono le paraptomata di chi si fa nostro debitore.

    Che cosa significa come.

    Quando perdonare.

    Una considerazione che ci carica di responsabilità. (Con nota sulla confessione).

    E NON LASCIARCI ENTRARE NELLA TENTAZIONE. (Con considerazioni sulle tentazioni di Gesù).

    MA SALVAC I DAL COMPIERE IL MALE. (Considerazioni sul senso di "ponerou").

    UN DOVEROSO FINALE.

    * * *

    COMMIATO. 

    FONTI DI RIFERIMENTO.

    * * *

    In appendice una nota sul principio di causa-effetto.

    Giannantonio Viola

    PER PREGARE DIO, PADRE D’OGNI UOMO,

    CON LE PAROLE DI GESÙ,

    seguendo i pensieri di un Tommaso che cerca quel Padre

    per chiedergli di tutto: il tutto di tutto, potendo essere

    certo di ottenerlo.

    TESTO UNICO IN CINQUE FASCICOLI.

    * * *

    giannantonioviola@libero.it

    Youcanprint Self-Publishing

    In copertina: L’incredulità di Tommaso

    di Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino.

    Pinacoteca Musei Vaticani

    ISBN - 9788892627253

    Edizioni Youcanprint Self-Publishing

    Via Roma, 73 - 73039 Tricase (LE) - Italy

    www.youcanprint.it

    info@youcanprint.it

    Facebook: facebook.com/youcanprint.it

    Twitter: twitter.com/youcanprintit

    © Tutti i diritti riservati all’Autore

    * * *

    INDICAZIONI PER UNA LETTURA RIDOTTA.

    La sequenza dei fascicoli raccolti in questo testo unico è nata per essere lo svolgimento logico di pensieri volti a giustificare un esame dei significati della preghiera a Dio, detta del Padre Nostro, retto solamente dalle parole dei Vangeli.

    Ma per una prima conoscenza delle principali motivazioni dei temi considerati, può convenire vedere nell’ordine:

    Così dopo aver visto ancora Un doveroso pensiero finale a pagina 578 si potrà completare la conoscenza del testo unico con la lettura dei fascicoli: primo, secondo, terzo e quarto.

    * * *

    INTRODUZIONE.

    LA RAGIONE DI QUESTE PAGINE.

    L’insieme di considerazioni che seguiranno è nato per essere la risposta ai dubbi di fede che, da laico credente, nel tempo ho sentito da più persone con cui ho avuto scambi d’opinione, a volte voluti e più volte occasionali, sulla possibilità di relazione che possiamo avere con Dio, quale Ente unico e vero.

    Educato fin da bambino alla fede cattolica, un giorno, negli anni della piena maturità, pur ricordando tutti i buoni insegnamenti che mi erano stati proposti, dovetti affidarmi al pensiero che, oltre ogni dolore umano, non rimane altra possibilità d’accettazione delle nostre difficoltà se non quella di abbandonarci totalmente a Dio e accettare qualunque cosa possa accadere, come per dirgli: Non so, non so più, fa’ tu.

    Così, lo pregai, con le parole insegnate circa duemila anni fa ai suoi discepoli da Gesù di Nazareth, detto il Cristo, senza sapere nemmeno che cosa stessi dicendo.

    Ma la vita in me e attorno a me cambiò: lentamente, con ogni attesa per ogni mia incapacità di comprendere, ma cambiò. E cambiò fino a chiedermi di vivere con uno spirito nuovo che non avrei mai potuto immaginare.

    E la gioia fu così grande che, sperimentando le parole di Gesù, riportate dal Vangelo di Luca nel quarantacinquesimo versetto del sesto capitolo, per cui: La bocca parla di ciò che è pieno il cuore, iniziai a raccontare la mia esperienza a ogni persona che sentiva il bisogno di espormi i propri disagi e le proprie sofferenze, per dirle di pregare Dio con quelle parole, secondo le prime intuizioni di quanto sarà raccolto nel quinto fascicolo di questo insieme.

    E, accettata la proposta, quasi sempre mi veniva richiesto un minimo ricordo scritto di quegli spunti di lettura.

    Perciò, per soddisfare alcuni amici che stavano vivendo un momento di difficoltà, pur del tutto inadatto alla scrittura, mi proposi di presentare una brevissima nota sulla preghiera detta del Padre Nostro, per dire, come un bambino meravigliato: Guarda, vedi, prova anche tu.

    Ma poiché, dopo tanti ripensamenti quella brevissima nota introduttiva si è risolta in forse troppe parole, ora, a chi per le più varie ragioni si sta ponendo mille interrogativi sui perché della sua esistenza, vorrei che con Gesù bastasse dire: "Abbi fede, prega così:

    "PADRE DI NOI, QUELLO NEI CIELI,

    SIA SANTIFICATO IL TUO NOME,

    VENGA IL TUO REGNO,

    SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ,

    COME IN CIELO COSÌ SULLA TERRA.

    DACCI OGGI IL PANE DI NOI

    PER LA NOSTRA VITA VERA.

    E RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI

    COME NOI ABBIAMO RIMESSO AI NOSTRI DEBITORI

    (I LORO ATTI INGIUSTI CONTRO DI NOI).

    E NON LASCIARCI ENTRARE NELLA TENTAZIONE,

    MA SALVACI DAL (COMPIERE IL) MALE".

    Perché queste sono le parole della preghiera che può essere d’ogni uomo che voglia almeno provare a sperare in Dio, comunque voglia nominarlo: Allah, Brahma, Jahwèh, Geova, Manitu, Signore, riconoscendolo come suo amabile creatore e appunto Padre, e perché così si chiede a Dio di tutto, anzi il tutto di tutto di ciò che ci serve per la vita, potendo essere assolutamente certi di ottenerlo. Però, affinché l’invito a pregare potesse giungere anche a coloro che non vedono motivi credibili per affidare le loro ansie ad un essere estraneo a ogni percezione concreta, è nata la prima esigenza di dover capire come si possa credere in un Dio quale verità dell’Essere, cui legare le scelte della nostra esistenza.

    Così, poiché da dubbio nasce dubbio, i pensieri sul senso delle parole insegnate da Gesù per chi vuol essere suo discepolo, si moltiplicarono in quantità tale che, alfine, è parso conveniente raccoglierli nei cinque fascicoli di questo testo unico, secondo i temi:

    1) Perché Dio, perché la vita.

    2) Chi era ed è Gesù e chi è lo Spirito Santo.

    3) Noi, figli di Dio.

    4) Come e per che cosa pregare,

    5) Per non pregare invano.

    Ma con l’avvertenza che da ora non cercheremo prove sull’esistenza di Dio, ma prove sulla sua verità d’essere, per pensare non che Dio esiste, ma che DIO È, quale unica verità assoluta dell’Essere libero da ogni limite che racchiude l’Esistente.

    FASCICOLO PRIMO

    PERCHÉ DIO - PERCHÉ LA VITA

    Argomenti.

    PERCHÉ DIO. Premessa.

    Che cosa vogliamo dire usando la parola Dio.

    LA RICERCA DI DIO. (Premessa)

    Con la filosofia.

    Ascoltando la voce della natura.

    Pensando che ciò che esiste sia dovuto al caso.

    Ipotizzando una causa dell’esistente altra dal caso e da Dio.

    Esaminando le verità dell’esistente definite dalla scienza.

    Il senso di alcune parole che incontreremo.

    Il tempo.

    Lo spazio

    La materia.

    Il legame tra materia, pensiero e spirito.

    Un bilancio sulla verità d’essere di Dio.

    VERSO UN DIO CREDIBILE. Premessa.

    Attendibilità della Bibbia. Storicamente e come parola di Dio.

    La lettura della scrittura ebraica.

    L’alfabeto ebraico.

    DIO SI FA CONOSCERE.

    Dall’Esodo.

    Rivedendo i brani scelti. (Con note sul Nome di Dio)

    PERCHÉ LA VITA. (QUESTA NOSTRA VITA).

    Premessa: Che cosa è la vita.

    Che cosa o chi siamo.

    Dal libro della genesi. Premessa.

    Genesi. Il testo.

    Rivedendo i brani scelti. Introduzione.

    Analisi dei versetti scelti.

    Dal versetto 1/1 al versetto 1/25. La creazione dell’universo.

    Dal versetto 1/26 al versetto 2/24. La creazione dell’uomo.

    Il senso di alcune parole.

    Dal versetto 3/1 al versetto 3/24. La ragione della nostra vita.

    CONCLUSIONE DELLA PARTE PRIMA..

    PERCHÉ DIO

    PREMESSA.

    CHE COSA VOGLIAMO DIRE USANDO LA PAROLA DIO.

    Nell’introduzione, dove è specificato che l’obiettivo di queste pagine è quello di comunicare la speranza che può nascere dal volgersi a Dio con le parole insegnate da Gesù di Nazareth, è detto: Però, affinché l’invito a pregare potesse giungere anche a coloro che non vedono motivi credibili per affidare le loro ansie a un essere estraneo ad ogni percezione concreta, è nata la prima esigenza di dover capire come si possa credere in un Dio quale verità dell’Essere, cui legare le scelte della nostra esistenza.

    E dunque da ora iniziamo a valutare un insieme di domande e di risposte per cercare di capire che cosa per queste pagine vorremo intendere usando la parola Dio.

    Com’è noto, di fronte alle difficoltà della vita l’umanità ha elaborato il pensiero dell’esistenza di esseri personali superiori a noi per ampiezza di conoscenza e di potere, definiti Dei, che dirigono ogni nostro destino.

    Così, quest’idea, da sempre compagna dell’umanità in risposta alle sue paure, perlopiù dovute all’ignoranza delle leggi naturali e ad una concezione fantastica degli eventi, ha fatto concepire divinità d’ogni tipo per ogni occasione. Pensate sacre, temute e adorate, queste potenze sono state immaginate come spiriti, ma sovente visibili con aspetti umani o con sembianze di bestie variamente combinate, a governare il fuoco e la pioggia, l’amore e la guerra, e ogni altra possibile evenienza di cui l’uomo riscontri la sua incapacità di dominio; ancora oggi, senza fine.

    In genere, quali che siano, tutte queste divinità sono state concepite con la possibilità d’essere invogliate a intervenire in favore di chi le invoca con fede, offrendo loro ogni cosa sacrificabile e ogni sofferenza dovuta ad autoimposizioni di tormenti corporali secondo le più diverse forme di religiosità.

    E le preghiere, certamente infinite, a volte sono pensate nel più intimo raccoglimento e altre volte pronunciate con forza da più fedeli dello stesso credo o cantate da un luogo elevato da un maestro di preghiera, ma per altra religiosità sono anche affidate a canne vibranti nell’aria o scritte su bandierine che le consegnano al vento o su fogli nascosti tra i sassi di luoghi sacri per consegnarle direttamente ad ogni divinità.

    Ma, affinché l’atto di pregare (un) Dio, non sia un gesto inutile o sciocco, occorre poter credere non solamente nella sua verità nell’Essere ma anche nella sua capacità e volontà di ascoltarci e di risponderci.

    Infatti, per lasciare maturare in noi un convincimento della sua presenza nell’universo della nostra esperienza terrena, forse vorremmo che fosse visibilmente buono e giusto, sempre attento a predisporre e garantire per noi le condizioni di vita migliori che potrebbero indurci a cercarlo ed amarlo.

    Perciò, è forse addirittura un atto di violenza voler parlare di Dio come Essere vero e consolatore, a chi vive in sé una condizione di dolore senza fine o ha perso ogni certezza sociale e ogni affetto per un progressivo e sofferto abbandono d’ogni compagnia o, ancora, a chi non vede attorno a sé altro che morti cruente dovute alla ferocia umana priva d’ogni misericordia.

    Tuttavia queste pagine sono rivolte a chi ha bisogno di trovare la ragione delle condizioni di vita sue o di chi gli sta a cuore, nella speranza che, alfine, possa comprendere, accettare o rafforzare, il pensiero che il motivo della nostra esperienza terrena sia attribuibile unicamente al Dio che qui chiamiamo Padre e che Gesù dichiara essere il solo buono.

    E, già per questo primo fascicolo, vedremo che questa bontà è riconoscibile nel fatto inevitabile che la nostra vita, lunga o breve, serena o tormentata che sia, finisca con il dono della morte fisica, per cui Francesco d’Assisi diceva: Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale.

    Perciò ora, abbandonando ogni immaginazione fantastica, per cercare la verità d’essere di un Dio che possa venire utilmente pregato, ci incammineremo a tentare di ritrovarla nella realtà in cui viviamo.

    Matteo 13/52:

    Ed egli disse loro: Per questo ogni scriba divenuto discepolo del Regno dei Cieli è simile ad un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche.

    LA RICERCA DI DIO

    PREMESSA: VIE D’INDAGINE SULL’ESSERE DI DIO.

    Dunque, dubbiosi come il Tommaso apostolo di Gesù che può essere in ciascuno di noi, per pensare che Dio sia una cosa vera e pertinente a ogni uomo, qui vogliamo poterlo riconoscere come verità testimoniata dalla realtà del nostro mondo, che definiamo l’Esistente, e dal nostro essere come personali esperienze viventi, perché un Dio immaginario qui non interessa.

    Perciò, volutamente liberi da preconcetti, alla ricerca di una condivisibile conoscenza di Dio, seguiremo cinque vie d’indagine, secondo i temi seguenti:

    * Con la filosofia.

    * Ascoltando la voce della natura.

    * Pensando che l’universo sia dovuto al caso.

    * Ipotizzando una causa del mondo altra dal caso e da Dio.

    * Esaminando le realtà dell’esistente definite dalla scienza.

    * La ragione e la verità d’essere di Dio.

    Così, se alfine penseremo che la verità d’essere di Dio sia testimoniata e affermata dal nostro mondo e potremo riconoscerlo come Padre di noi, ci sarà possibile accostarci all’esame della nostra preghiera con la fede e la speranza necessarie.

    * * *

    LA RICERCA DI DIO

    CON LA FILOSOFIA.

    Quando gli avvenimenti della nostra esistenza ci pongono interrogativi sul significato della nostra vita, sull’uso che possiamo farne e sui perché delle varie sofferenze che colpiscono l’umanità, non ritrovandone o non volendo riconoscerne le cause in noi, forse ne vorremmo in ogni caso una spiegazione. Per questo possiamo lasciar correre per ogni dove la fantasia accettando ogni mito, oppure possiamo utilizzare ogni nostra facoltà per cercarne una ragione credibile e realmente verificabile nel pensiero di una ragione dell’Essere che sia causa d’ogni cosa.

    Ma, poiché è con le capacità di immaginare, riflettere e argomentare, che può svilupparsi la ricerca delle cause prime di ciò che vogliamo riconoscere come esistente, inizieremo a vagliare alcuni pensieri volti a questo scopo.

    Perciò, notando che coloro che sono ritenuti maestri di questo tipo d’indagine, detta filosofia, generalmente esprimono gli stessi dubbi e le stesse certezze che ogni persona prima o poi esamina sui perché della vita, possiamo iniziare un percorso verso la conoscenza di Dio incominciando con la lettura di alcune loro argomentazioni su questo tema.

    Però, trattandosi di considerazioni ben riconoscibili da chi ne pratica una certa frequentazione, per una lettura senza condizionamenti, qui non ne saranno citati gli autori, di modo che a ogni brano si possa attribuire personalmente il valore che sentiamo di dovergli assegnare per la verità o il dubbio che ci trasmette.

    Qui, quelli patrimonio della cultura occidentale, raccolti in forma breve da vari testi di filosofia anche scolastici, sono ricordati seguendo il corso dei tempi, con una datazione indicativa della loro enunciazione.

    * Riguardo agli Dei non ho la possibilità di accertare se sono o se non sono, sia per l’oscurità dell’argomento, sia per i limiti della vita.

    (V sec. a. C.).

    * Perché Dio, che, totalmente felice in sé, ha voluto creare l’uomo perché l’adorasse e lo onorò tanto da creare tutto un mondo per lui da farlo signore dei viventi e amarlo come un figlio, lo fece afflitto da ogni male? (III sec. A. C.)

    * O Dio vuole togliere i mali del mondo e non può, allora non è Dio perché risulta impotente.

    O può ma non vuole e allora è invidioso, ossia nutre sentimenti di astio per la nostra condizione, ancora non può essere considerato Dio.

    O non vuole e non può e allora certamente non è Dio.

    Mentre se vuole e può allora è Dio.

    Ma allora, dunque, da dove vengono i mali del mondo?

    E se non vengono da Lui, perché li permette? (I sec. A.C.)

    * Se esiste qualche cosa che l’uomo non ha potuto o non può creare, chi lo ha creato è superiore all’uomo. E chi è stato e continua a essere superiore all’uomo se non Dio? Dunque Dio esiste. (I sec. A.C.)

    * Se Dio non interviene nelle questioni della vita, da che cosa si comprende che Dio esiste? (I sec. A.C.)

    * Credere è così assurdo che quindi credo. (II sec.)

    * Non cerco di comprendere per poter credere, ma credo per poter comprendere. (1100)

    * Alcune cose sono semplicemente possibili perché si generano e si corrompono e quindi possono essere o non essere. Ora, è impossibile che tali cose siano sempre state. E quello che può non essere, qualche volta sicuramente non è. Perciò tutte le cose possono non essere.

    Quindi c’è stato un inizio delle cose e prima niente è esistito.

    Ma se ciò è vero, ora nulla esisterebbe, perché ciò che è non viene all’esistenza se non per mezzo di ciò che è.

    Se nulla avesse avuto l’Essere, sarebbe stato impossibile che qualche cosa avesse incominciato a esistere e così niente esisterebbe, ma riconoscendo l’esistere della nostra vita e del mondo, ciò è evidentemente falso.

    Questa necessaria possibilità dell’Essere, che deve esistere, è ciò che chiamiamo Dio. (1200)

    * Con i dogmi della fede si deve fare come con le pillole delle medicine che bisogna ingoiarle subito senza masticarle. (1600)

    * La paura che accompagna la vita di troppe persone si divide in buona e cattiva: la buona nasce dalla fede nel Dio in cui si crede, la cattiva è unita al timore di un Dio in cui non si crede. Gli uni temono di perderlo, gli altri temono di trovarlo. (1600)

    * Negare il caso non vuol dire affermare l’esistenza di Dio, potrebbe esserci una causa del mondo che non sia né il caso, né Dio. (1700)

    * Non userò il termine Dio perché il suo significato non è mai stato definito con chiarezza e perché forse non ci sono due persone che ne abbiano la stessa idea. Ne consegue che le discussioni su di esso non avranno mai fine. (1700)

    * Gli uomini hanno sempre tratto le loro convinzioni dell’esistenza delle divinità dall’ignoranza, dalle paure, dalle calamità. Gli uomini che hanno tremato si sono fatti le loro divinità.

    Dunque fu nel laboratorio della tristezza che l’uomo forgiò i suoi Dei. A essi sacrificò ogni sorta di bene materiale, i suoi giovani, i suoi figli.

    Il loro culto s’intreccia alla vita e finisce per oscurarne ogni conoscenza attribuendo a essi l’origine d’ogni avvenimento. La vita, non più cosciente e libera in sé, diventa condizionata dalla religione che il timore ha voluto che si inventasse. (1700)

    * Perché sostituire la Fede con la celebrazione della Verità che nessuno conosce e con la Ragione che non ha mai asciugato una lacrima? (1800)

    * Si conosce l’uomo dal suo Dio e l’Iddio dall’uomo che lo pensa.

    La conoscenza di Dio è la conoscenza che l’uomo ha di sé stesso. (1800)

    * Se la teologia vuol definirsi conoscenza di qualche cosa, deve diventare veramente scienza naturale e conoscenza della realtà dell’uomo. (1800)

    * Se ci sono atei, vuol dire che le prove su Dio non valgono niente ed è alquanto imprudente fornire prove insufficienti perché, proprio queste, sono le più adatte a rafforzare l’ateismo. (1800)

    * Se per ogni esistenza vogliamo che ci sia una causa, allora dobbiamo volere una causa anche per Dio, ma se dobbiamo pensare che Dio abbia la sua causa in sé stesso, allora dobbiamo pensare che anche il mondo può avere la sua causa in sé stesso. Senza avere necessariamente bisogno di Dio. (1800)

    * Se il concetto Dio è sopra dell’intelletto umano ed irraggiungibile, allora è indefinibile e per ciò stesso indimostrabile. (1900)

    * E’ impossibile parlare di Dio per comprenderlo. Non possiamo ritenerci al di fuori di Dio per comprenderlo. Ogni parlare di Dio, persino il definirlo buono, è destinato a essere l’espressione di una non conoscenza della Sua realtà. (1900)

    * Dobbiamo riconoscere Dio in quello che conosciamo, non in quello che non riusciamo a conoscere. (1900)

    * Credere in Dio vuol dire accorgersi che quest’esistenza in cui ci ritroviamo ha una qualche cosa d’incomprensibile, perché non ne capisco né la necessità né il fine. Credere in Dio vuol dire capire che la vita è una questione. (1900)

    * Non posso immaginarmi un Dio che ricompensa e punisce l’oggetto della sua creazione, un Dio che soprattutto eserciti la sua volontà nel modo in cui l’esercitiamo noi stessi. (1900)

    * La conoscenza di Dio è allo stesso tempo conoscenza e rinuncia alla conoscenza. (1900)

    * Non è che la mentalità moderna neghi l’esistenza di Dio, è che non riesce a dare un senso alla parola. (1900)

    * La fede ammette così poco il dubbio, che ci si può chiedere come si possa discuterne razionalmente. (2000)

    * Ho visto così tante atrocità insopportabili in pace e in guerra, che Dio non può permettersi di esistere. (2009)

    Ora, pur terminando qui la piccola raccolta di brani filosofici scelti come significativi di possibili pensieri su Dio, dalla loro lettura emerge che già ai primordi di queste indagini si ragionava di lui accettandolo come essere spirituale personale creatore del mondo, con discussioni che non riguardavano tanto la sua verità d’essere quanto le sue qualità, soffermandosi su ogni dubbio che potesse scaturire dalla constatazione dei mali del mondo. Qualità che potevano essere: la conoscenza del tutto e d’ogni singolarità, la potenza e la bontà, per concetti che possono avere diverse valenze. Infatti, secondo la nostra libera fantasia, un Dio può essere immaginato buono se pensato pronto all’amore, al perdono e all’aiuto, ma può invece essere considerato buono se pensato pronto a concedere favoritismi e vendette a chi lo invoca per l’affermazione di egoismi anche rovinosi per gli altri.

    Così, discutere tanto di Dio senza definirne concordemente e inconfondibilmente il concetto, è tanto più assurdo quanto più chi ne vuol discutere si propone come maestro di pensiero.

    A proposito ricordo un medico, curioso delle possibilità terapeutiche non convenzionali, che, dopo aver voluto ascoltare che cosa pensassi della vita, ritenendosi molto colto mi disse: Lei mi sembra uno che vuole scalare l’Everest senza nessuna attrezzatura; legga Platone.

    Ma ricordo anche una delle persone a me più care al mondo, che, dopo una vita trascorsa seguendo l’evoluzione continua del pensiero filosofico alla ricerca della verità, in tardissima età, traboccante di cultura meditata, alla domanda: Allora che cosa è la vita?, posta in vera attesa di un’opinione condivisibile, con una leggera alzata di spalle rispose: E... boh?. E per questo lo amai ancor di più.

    Ma dunque, se non basta dire Platone, per conoscere che cosa o chi è Dio e che cosa è la nostra vita, proviamo a dire Gesù?

    Tuttavia, se notiamo che tra i pensieri filosofici citati che pongono in discussione l’esistenza di Dio, non ne compare nessuno suo, dobbiamo ricordare che, secondo i Vangeli, Gesù non pone la ricerca di Dio ma Lo presenta.

    Ora, poiché la fede che potremmo far nostra, non deve nascere dal pensiero credo per comprendere, quanto dal suo ribaltamento voglio comprendere per poter credere, dobbiamo riconoscere Dio in quello che conosciamo, non in quello che non riusciamo a conoscere.

    E dunque non ci rimane altra possibilità che cercare la giustificazione della verità d’essere di Dio nella verità del sistema di cose che chiamiamo nostro universo e nostro mondo in cui si compie la nostra esperienza terrena.

    Per questo possiamo dunque continuare.

    * * *

    LA RICERCA DI DIO

    ASCOLTANDO LA VOCE DELLA NATURA.

    Ora, per la nostra ricerca di testimonianze sulla verità d’essere di Dio, proviamo a lasciar correre il pensiero allo splendore di una notte stellata, alla bellezza delicata di un fiore, alla complessità della vita sociale di api e formiche e ad ogni meraviglia di una creazione che non smette di stupirci.

    Guardando il mondo naturale che ci circonda e vedendone la grandezza e la magnificenza, molte persone dicono: La natura ci parla di Dio. E con questo vogliono affermare che le immense bellezze del mare, delle catene dei monti, del cielo e delle stelle e la stupenda varietà delle innumerevoli forme viventi, sono la conferma dell’esistenza di Dio, della sua volontà e capacità creatrice e del suo amore infinito espresso dal dono di tutto quanto alla vita dell’umanità.

    Un aspetto meraviglioso della natura sono poi le condizioni cosmiche e fisiche che rendono il nostro pianeta adatto alla vita.

    Condizioni che ne sono la massa, la dimensione e la forza d’attrazione verso il suo centro che non ci lascia sfuggire nello spazio, tanto calibrata da essere perfettamente adatta alla nostra struttura corporea. Ma anche la sua distanza dal sole e lo spessore e la consistenza dell’atmosfera che lo circonda per garantirgli una giusta irradiazione di luce e calore e renderlo un luogo ideale per lo sviluppo biologico di tutte le forme viventi. Infine, il giorno e la notte per la vita attiva e per il riposo e l’avvicendarsi delle stagioni che permettono e garantiscono cicli ambientali adatti a ogni specie vivente.

    Data la loro estrema perfezione, a molte persone, pur di varia cultura, queste condizioni paiono dunque testimoniare con ogni evidenza l’esistenza di Dio quale eccelsa e unica mente creatrice e organizzatrice di mirabili statuti per la permanenza di un universo meraviglioso.

    Per questo, molti deducono che la natura ci parla stupendamente di Dio essendo la più innegabile testimonianza della sua assoluta verità d’essere.

    Per altro verso però, occorre notare che proprio la natura origina le più sconvolgenti catastrofi: i tremendi terremoti che distruggono edifici e servizi di intere città, le piogge torrenziali che creano incalcolabili danni all’agricoltura e ad ogni imprenditorialità su aree vastissime, le eruzioni vulcaniche e i grandi incendi boschivi, le siccità e le desertificazioni inarrestabili che annientano ogni possibilità di vita e le epidemie di malattie sempre nuove e incurabili che ammorbano paese dopo paese.

    Ma così, se per parlare alla nostra coscienza, la natura deve usare un linguaggio terrificante, l’idea dell’esistenza di un Dio pertinente a tutto questo diventa insopportabile. Anche perché, se, secondo un pensiero che gode di una qualche diffusione, volessimo ritenere le forze nemiche della natura come punizioni divine per le nostre colpe, vorremmo anche poter dire che, punendoci, quel Dio sarebbe ingiusto e inaccettabile, perché, se è Lui che ci ha creati, è Lui che ci ha fatti tanto deboli da essere soggetti ad errori imperdonabili, per cui la colpa dei nostri errori e della nostra inaffidabilità, anziché nostra sarebbe esclusivamente tutta sua.

    Inoltre, un evento crudele, che pare straziare ogni possibilità di fede in Dio quale Padre buono, è la nascita di un figlio con una difficoltà mentale o fisica, tanto grande da minarne le condizioni di una vita almeno sopportabile.

    La conclusione di queste considerazioni sulle sofferenze del mondo è che di un Dio reale e buono non si vuole proprio sentir parlare.

    Però, se questa disposizione d’animo pare ben giustificata, dobbiamo rilevare che una natura nemica non ci consegna indiscutibilmente la negazione dell’esistenza di Dio, ma che, più facilmente e sicuramente, ci fa capire che il Dio, che potremmo pensare presente in e per questa natura, non corrisponda al Dio che vorremmo.

    Così, per una ricerca di mediazione, non di rado si tenta di presentare come verità il pensiero che il mondo sia tutto organizzato meravigliosamente bene e che le sue anomalie siano solamente l’effetto di scelte umane scriteriate.

    E, a sostegno di questa tesi, si richiamano alla mente: l’uso imprudente e improprio delle fonti energetiche, l’inquinamento delle acque e dell’atmosfera, le deforestazioni indiscriminate, il disordine morale che diventa fonte di epidemie di mali incurabili e quant’altro di distruttivo si possa immaginare.

    Tuttavia, pur se occorre riconoscere una verità anche a questo pensiero, è facile rilevare che ben poco può fare l’uomo per evitare e contrastare la deriva dei continenti, i terremoti, le eruzioni vulcaniche, i maremoti, gli uragani, i tornado e la continua insorgenza di nuove malattie.

    In effetti, con questi fatti l’umanità convive fin dai suoi albori, quando le scelte umane, orientate alla sola ricerca della sopravvivenza in un mondo pieno di difficoltà e d’insidie, non potevano certo influire sulle potenze della natura, né turbarne in alcun modo gli equilibri geofisici.

    Insomma, se la natura ci parla di Dio, ce ne parla in modo certamente contraddittorio perché, se pare affermare che in un tempo indefinito ci sia stato un Dio creatore di un universo e di una Terra perfettamente adatta all’uomo, oggi troppe persone, che non lo sentono e non lo vedono in nessun modo presente a soccorrere né le immani né le minime sofferenze umane, non sopportano l’idea di dover sentir parlare di un Dio che ritengono indimostrabile, preferendo sostenere che ogni forma del mondo è nata e si è evoluta per moto proprio, senza nessuna motivazione.

    Perciò, per coerenza di pensiero, qui proviamo a valutare anche la sostenibilità di questa affermazione che pur non negando in assoluto la possibilità d’essere di un Dio, di fatto ne nega la necessità.

    * * *

    LA RICERCA DI DIO

    PENSANDO CHE CIÒ CHE ESISTE SIA DOVUTO AL CASO.

    Questo terzo percorso d’indagine per la ricerca di Dio, in realtà è normalmente usato per negarne l’esistenza con un’indiscutibilità che vuole essere evidente. Infatti, si tratta del pensiero che prende spunto dall’affermazione che la prima particella materiale e poi tutto lo sviluppo e tutta la realtà del mondo abbiano avuto inizio per pura casualità, senza nessuna legge e senza nessuna ragione costituente.

    Così, per quest’ipotesi, sarebbe del tutto ingiustificata la necessità di un Dio ideatore e creatore, e del tutto ininfluente la sua continua presenza o la sua perpetua assenza nell’universo che sperimentiamo. Anzi, la sola idea di Dio, sarebbe del tutto vuota di senso e perciò sciocca e intellettualmente dannosa.

    Ma fortunatamente (almeno per la nostra eventuale scelta di preghiera) la tesi dell’assoluta casualità degli eventi possibili per la nascita dei primi elementi delle realtà materiali stabili anche se infinitesimali, pare che non possa proprio reggere a un esame delle probabilità di realizzazione degli eventi basilari necessari per la loro formazione.

    Infatti, ammettere che il mondo sia iniziato e continui a esistere per caso, equivale ad affermare che la prima particella concreta del nostro universo sia stata generata dall’incontro casuale di alcune realtà totalmente sconosciute e improbabili, vaganti in una condizione indefinita

    Ma poi, per ammissioni sempre più inverosimili, che, ancora per caso, si sia creata una infinità di diverse molecole, a formare per caso ogni gas, ogni liquido, ogni minerale e poi le prime micro-gocce del cosiddetto brodo primordiale dove si ipotizza che, per caso, si sia formato il primo germe di vita. E poi gli infiniti esseri unicellulari con l’inizio del processo della riproduzione della vita, per originare ogni erba, ogni pianta, ogni fiore, ogni animale e ancora, sempre per caso, le stelle, i pianeti, i buchi neri, ogni forma della materia e l’inattesa realtà dell’antimateria e della materia oscura. E poi e poi e poi, tutto!

    Ma se, per una fede così incredibile, si ammette l’ipotesi d’una casualità costruttiva, per una minima coerenza logica, si deve ammettere la presenza operativa di un’equivalente casualità de-costruttiva, che avrebbe dovuto, con la stessa determinazione e la stessa puntualità, demolire e disperdere ogni tentativo costruttivo.

    Il tutto a dar vita ad un immaginario fai e disfa, per cui, già per ottenere un solo atomo, la prevalenza delle libere associazioni costruttive su quelle distruttive dovrebbe essere stata così grande da risultarne un’ipotesi di probabilità al di fuori della sua stessa definizione di evento di casualità.

    Se mai il processo casuale costruttivo avesse potuto realizzarsi, non avrebbe mai dovuto potersi stabilizzare. E se si vuol dire che questo pensiero è contro l’evidenza, perché il mondo esiste, la risposta è: Sì, ma non per caso.

    Infatti, si può notare che le rocce terrestri che si formano ancora oggi per raffreddamento di magma lavico o per sedimentazioni e processi di mineralizzazione e cristallizzazione di composti più o meno semplici, presentano gli stessi elementi chimici e le stesse strutture fisiche di quelle risalenti a milioni di anni fa e a quelle delle origini del nostro pianeta.

    Se possono variare e sono variati e variano in continuazione i caratteri ereditari delle specie viventi e la combinazione degli elementi fondamentali della materia, da che si è formata la Terra ed anzi l’universo, non c’è caso che abbia fatto né che faccia variare gli elementi chimici e dinamici che ne costituiscono la sostanza.

    E tanto meno che trasformino le rocce in esseri viventi.

    Perciò, se, infine si volesse immaginare una casualità costruttiva mirata, con una sua legge particolare uni-direzionale, di fatto si ritornerebbe al concetto di un disegno creatore dovuto a un’ipotetica causa, tutta da immaginare e definire.

    A proposito, ricordo un trattato d’un matematico alquanto simpatico, che paragonava la possibilità creatrice del caso a quella di un vento che sulla sabbia di una duna formi la lettera I e poi, di seguito, ben allineate con quella, le lettere O e V e poi ancora, senza distruggere nulla di quanto ha formato, il vento anteponga alle tre già costituite la lettera G e lasciando tutto in ordine, casualmente sappia completare il tutto fino a scrivere il nome GIOVANNI; pure con le virgolette.

    Quel matematico, amabilmente, concludeva: Impossibile.

    E la più piccola aggregazione di energia, organizzata a formare l’entità minima della materia, si regge su una composizione di forze che richiede un processo costituente infinitamente più complesso di quello descritto e che, ancora oggi, non è nemmeno del tutto immaginabile. E dunque, se vogliamo spiegare con il caso la formazione del mondo e di tutte le disposizioni per la sua continuazione, bisogna ammettere che sia esistita e che continui ad esistere una casualità costruttiva preminente in grado di creare stabilità, con leggi precise e permanenti, che ne permettono la continuazione e l’evoluzione.

    Persino l’idea di alcuni studiosi, che vorrebbero vedere l’evoluzione degli esseri viventi come frutto di un continuo susseguirsi di casi privi di una qualsiasi giustificazione, non regge a fronte di chi per via di analisi più attente sulle variazioni dei caratteri ereditari, preferisce vederne cause naturali nei cambiamenti ambientali e nella selezione spontanea per la sopravvivenza o artificiali dovute all’intervento umano.

    Insomma, l’ipotesi che tutto ciò che costituisce il nostro mondo sia dovuto al caso libero, non si sa proprio dove possa trovare un appiglio sostenibile.

    Oggi poi si sa che persino l’apparente casualità di una spirale di fumo segue regole caratteristiche ben visibili e matematicamente bellissime.

    La casualità non è una prova attendibile di nessuna realtà e le argomentazioni sulla possibilità che il caso sia il costruttore del nostro universo non possono negare l’esistenza di principi fondamentali e statuti permanenti per la sua organizzazione ed evoluzione. Così alfine, per ragionare sull’origine di un universo, pare che, piuttosto che la negazione di un disegno originale e di una sua possibile giustificazione in Dio, si imponga una ricerca attenta e motivata, libera da pensieri volutamente irremovibili.

    Tuttavia, come abbiamo letto, tra i pensieri filosofici è esposta anche l’idea che negare il caso non vuol dire affermare l’esistenza di Dio, perché potrebbe esserci una causa del mondo che non sia né il caso, né Dio. E per quanto questa ipotesi sia senza possibilità di verifica, ci richiede una pur minima considerazione per completare il ventaglio dei nostri approcci alla ricerca di verità valutabili e condivisibili.

    * * *

    LA RICERCA DI DIO

    IPOTIZZANDO UNA CAUSA DELL’ESISTENTE ALTRA DAL CASO E DA DIO.

    Questo pensiero che può sembrare del tutto fantasioso, a ben vedere pone un’ipotesi meno trascurabile di quanto possa apparire, tanto che sarebbe anche sperabile di poterne formulare risposte almeno immaginificamente definite. Ma, fino ad oggi quest’idea ha permesso solamente di fantasticare che tutto il sistema di forme materiali che vediamo, sia frutto di una illusione virtuale retta da un programma informatico elaborato da una qualche mente superiore, magari exraterrestre ma non umana e non divina, o che abbia origine da una del tutto diversa e indefinibile realtà, che rimane priva di riscontro.

    Infine, se seguendo un’idea dei sostenitori dell’esistenza di un sistema di infiniti universi paralleli nel tempo e nello spazio, si volesse pensare di aver trovato in uno di questi la ragione del mondo, si vede bene che i nostri interrogativi si trasferirebbero solamente a un’ipotesi ancora meno certa di quella che sappiamo impostare su ciò che, del nostro unico universo di cui facciamo esperienza, vediamo o crediamo di vedere come reale.

    Insomma, non sapendo proprio ottenere una certezza sulla verità d’essere di un Dio pertinente alla nostra vita, dall’esame di liberi pensieri possiamo provare a cercarla nella verità del mondo che ci accoglie, con l’ultima via d’indagine prevista, vagliando ciò che la scienza afferma d’aver scoperto come certo e sostenibile sulla realtà che ci costituisce e ci circonda.

    * * *

    LA RICERCA DI DIO

    ESAMINANDO LE VERITÀ DELL’ESISTENTE DEFINITE DALLA SCIENZA.

    Per questa analisi proveremo a inoltrarci nell’esame delle più recenti affermazioni della ricerca scientifica per vedere se, finalmente, potremo trovare la testimonianza e il fondamento della ragion d’essere di Dio.

    Ma pure, se è dalla nascita della critica della verità di ciò che appare che nasce il germe di una conoscenza che sembra offrire certezze verificabili, non dobbiamo dimenticare che questa via non può essere considerata del tutto immune da critiche e ripensamenti, perché possono non essere del tutto certe le vie e le capacità d’indagine messe in atto per scrutare e comprendere ciò che si cerca di vedere e capire.

    Tuttavia, la fiducia che qui le è accreditata, nasce dal fatto che, per credere in qualche cosa di ipotizzabile e avviarne un’indagine, l’uomo deve almeno credere nella possibilità di conoscere ciò di cui fa esperienza, con la propria presenza terrena, ossia del sistema di cose che lo accoglie.

    Ora, quale scrivente, essendo nella condizione di voler trasmettere la figura di una stupefacente verità, ma incapace di crearne da solo il disegno e di renderne la ricchezza dei colori, nelle loro più ricercate sfumature, cercherò di produrne un’immagine con una sorta di mosaico o puzzle, rubando frammenti di sapere alla cultura d’ambiti anche apparentemente distanti tra loro. Però, per non proporre un inganno a chi legge, devo precisare che le notizie scientifiche, storiche e linguistiche, cui farò riferimento, non sono frutto d’una mia cultura particolare, ma sono scelte come credibili perché parte dei testi autorevoli e delle pubblicazioni d’aggiornamento ricordati al termine di questo libro.

    Infatti, per queste pagine, il riferimento alle espressioni del sapere scientifico che ricorderemo, è solamente motivato e permesso dal servizio che queste possono rendere alla giustificazione del gesto di preghiera, ed anzi, alla giustificazione della preghiera a Dio quale Padre di noi.

    Tanto che, per questo primo fascicolo saranno evidenti i contributi dati dalle notizie delle più recenti scoperte sulle realtà della materia e della nostra mente, mentre, per i pensieri tratti dalla Bibbia, saranno chiari gli apporti offerti da Jean Guitton ed Elemire Zolla e quelli di traduzioni di diversa origine della Torah, ma particolarmente di quella resa da Dario Disegni

    E dunque, per avviarci alla ricerca della conoscenza di un possibile Dio connesso a ciò che solo possiamo conoscere, esaminando alcuni risultati della ricerca scientifica, cercheremo di capire quali verità distinguano:

    * il tempo,

    * lo spazio,

    * la materia,

    * il legame tra materia, pensiero, spirito.

    E verificare alfine:

    * La verità e la ragione d’essere di Dio.

    Ma poiché queste analisi dovranno articolarsi su considerazioni specifiche, per renderle ben valutabili è opportuno che si abbia una chiara conoscenza del significato di alcuni termini per cui saranno usati per le pagine seguenti.

    * * *

    IL SENSO DI ALCUNE PAROLE CHE INCONTREREMO.

    Anima. Religiosamente ritenuta la parte immortale dell’uomo è intesa come verità del nostro essere.

    Oggi, a seguito dell’indagine scientifica della personalità umana, si tende a esprimerne il concetto, con la definizione di coscienza.

    Però, alla ricerca d’una sua concretezza, dai dizionari possiamo intendere come anima ciò che assegna ad alcune forme materiali dell’Essere, dette corpi, le proprietà della vita: la nascita, lo sviluppo e la possibilità di riprodursi trasmettendo i caratteri genetici della specie a ogni nuovo essere concepito. Quindi, si può definire l’anima, come la causa ‘ignota’ per cui l’insieme delle sostanze della nostra corporeità diventa soggetto alla vita.

    Tuttavia per il concetto dell’anima ancora un apporto bellissimo sarà dato dal commento del versetto 2/7 del Genesi, a pagina 109.

    * Assoluto. Nel linguaggio corrente riconosciamo un senso comune alle espressioni: tranquillità e silenzio assoluti, assoluta parità di diritti, e così via, ma, per una maggiore definizione, possiamo ricordare che il termine assoluto, dal latino absolutum, ha letteralmente il senso di sciolto da ogni vincolo. Perciò qui la definizione di assoluto vorrà esprimere il carattere di ciò che è, senza vincoli, avendo in sé la propria ragione d’essere.

    Il colore bianco della neve non è una sua qualità assoluta perché dipende dalla o è relativo alla, luce che la illumina; il tempo non è una realtà assoluta, perché è vincolato, legato e relativo a quello del divenire, forse dovuto al Big Bang.

    Invece l’Essente (Dio) è pensato come verità assoluta, perché, quale ragione del tutto, non può che avere la propria giustificazione in sé.

    * Coscienza: È una è parola cui si affidano vari significati.

    Qui, secondo l’uso, si distinguerà in coscienza di sé e in coscienza morale e, per un’espressione usata da Gesù per insegnarci a pregare in modo conveniente, è intesa come la dispensa di sé dell’uomo.

    Concretamente è dunque pensata come la componente, l’aspetto, del nostro spirito cui fanno capo i pensieri e i giudizi dei fatti che interessano la sfera individuale.

    Può essere formata con pensieri buoni o cattivi, elevati o spregevoli.

    * La coscienza di sé o coscienza dell’Io interiore, in psicologia indica il riconoscimento che la mente ha di se stessa e dell’esistenza dell’individuo che la percepisce. Inoltre è, o può essere, pensata come facoltà e qualità ereditaria, parte e frutto del programma individuale detto D.N.A.

    * La coscienza morale, ancora in ambito psicologico, indica invece il complesso di pensieri e di orientamento di giudizio che determina la persona. Poiché si forma in conseguenza delle esperienze di vita come recepite dall’individuo, non è codificata nel D.N.A.

    La coscienza morale è anche intesa come la guida delle espressioni della vita interiore e come l’aspetto avvertibile dell’anima. Per Gesù, una coscienza orientata all’osservanza della Legge del Padre, dà buoni frutti e assicura la comunione con Dio, ora e nella vita futura.

    * Energia: Scolasticamente è definita come l’attitudine a produrre lavoro.

    Si riconosce nei suoi effetti di: forza d’aggregazione e coesione molecolare, calore, lavoro, luce, peso, spostamento, suono, eccetera, ed è distinta in cinetica e potenziale, elettrica e termica, eolica e geotermica, e via dicendo.

    Pur essendo per ora indefinibile, in fisica l’energia è considerata il fondamento, concreto ed indagabile dell’Esistente nelle sue varie manifestazioni in tutto l’universo. Scolasticamente è definita come attitudine di un sistema a produrre lavoro, ma qui sarà ritenuta come definizione della attitudine dell’Essere a esistere.

    * Esperienza: È ciò che la nostra mente percepisce dei fatti della vita che interessano la sfera individuale in modo diretto e non mediato, così che le diverse esperienze possono diventare frutto di conoscenza, ricordo e bagaglio della personalità. E possono essere le sensazioni che derivano dalla percezione della materia, nelle sue qualità di solidità, peso, temperatura e via di seguito, o dall’esperienza di fatti mentali o spirituali quali: l’amore, la gioia, l’onore, e via dicendo.

    Se siamo investiti da un vento impetuoso o inciampiamo in un sasso, ne percepiamo la solidità e facciamo esperienza della materialità; se invece gioiamo o ci rattristiamo, percepiamo un sentimento e facciamo esperienza della spiritualità.

    Poiché tutte queste percezioni ci appaiono testimonianze di cose vere, possiamo dire di riconoscere come reale ciò di cui abbiamo esperienza.

    * Esistenza: È la definizione della percezione che abbiamo di noi stessi come presenze in un mondo che ci appare avvertibile e osservabile in modo sensibile, ma per un’esperienza limitata nel tempo e nello spazio da confini invalicabili. Per questo, il termine esistenza è visto come sinonimo di vita anche se, per vita, dovremmo intenderne la gestione variamente consapevole.

    Infatti, sono comuni le espressioni: venire all’esistenza e vivere un’esistenza.

    * Esistente: Secondo il pensiero comune è tutto ciò che, percepibile e valutabile dai nostri sensi di vista, tatto, udito, olfatto e gusto, o da strumenti di rilevazione concreta, dà forma a noi stessi e al nostro universo.

    Perciò la definizione di esistente è usata in distinzione da ciò che è ideale e fantastico e, in questo senso, è ciò che permette il concetto di realtà.

    L’Esistente è testimonianza della verità dell’Essere (a fronte del Nulla).

    * Essere: Come verbo, qui è definito con l’iniziale minuscola, mentre come sostantivo, qui è indicato con l’iniziale maiuscola.

    Il concetto dell’essere nasce dall’idea di poter affermare che qualche cosa è (e qui intendiamo a fronte del Nulla) in quanto certo e constatabile con tutta credibilità. Ma se l’Esistente esprime la verità d’esistenza dell’Essere, a sua volta l’Essere è ciò che afferma la verità dell’Essente perché.

    L’Essere è la testimonianza dell’Essente quale sua unica ragione.

    * Essente: L’Essente, concettualmente pensato come origine dell’Essere e dell’Esistente, necessariamente deve venir inteso come l’Assoluto che ha o deve avere in se stesso la propria giustificazione.

    L’Essente assoluto, origine e ragione dell’Essere e dell’Esistente, per queste pagine è identificato con Dio, per un pensiero che, perciò, non ci permetterà di dire che Dio esiste, ma solamente che Dio è.

    Perché Dio è, libero da ogni costrizione di spazio e di tempo.

    L’Essente è la ragione e la causa dell’Essere che, a sua volta, è causa dell’Esistente.

    * Giustificazione: Intesa come il riconoscimento indubitabile di giustezza, fa intendere che, chi è giustificato da Dio, ritorna ad essere ritenuto giusto da Lui. Ma è anche sinonimo di ragione, e fondamento e motivo d’essere di un soggetto. Per le considerazioni di questo fascicolo, potremo dire che la bontà di Dio è la giustificazione o la ragione della nostra vita.

    * Materia, per la fisica contemporanea più che una verità conoscibile è un concetto necessario per spiegare i fenomeni naturali. In questo senso è l’elemento fondamentale per affermare che la realtà è verità riconoscibile.

    Qui, per iniziare, intendiamo dunque per materia tutto ciò che è sostanza dell’universo concretamente percepibile, anche se poi, per le considerazioni seguenti, in distinzione dalla realtà definiremo la fantasia, e in distinzione dalla realtà materiale distingueremo la realtà dello spirito, non come immaginazione fantastica, ma come deduzione intellettuale e come conseguenza di esperienze che toccano i sentimenti.

    * Materialità, è la condizione di riconoscimento di ciò che riteniamo realtà materiale o fisica o concreta dell’Essere. Qui è intesa come definizione della qualità di ciò che esiste o dell’Esistente.

    * Nulla: Spesso è usato come sinonimo di ‘niente’, ma mentre il concetto di niente è considerato espressione di relatività, quello di nulla è ritenuto espressione di assolutezza. Mentre il niente può essere inteso come la mancanza di una cosa che c’è come esistente, il nulla dovrebbe intendersi come la mancanza di ogni forma dell’Esistente e come definizione del non essere.

    Forme verbali che evidenziano i due concetti sono: nell’armadio vuoto non c’è niente e oltre l’universo c’è il nulla.

    * Pensiero: Facoltà umana di elaborare contenuti, concetti, immagini e costruzioni mentali frutto di ragione. Per antica concezione, ritenuto indipendente dalla materia, testimonierebbe la componente spirituale dell’uomo. Oggi però, la ricerca scientifica riscontra che il pensiero è indissolubilmente legato alla materia e al corpo, ed afferma che, posto in relazione con la coscienza individuale, può esserne considerato sia strumento di sviluppo che derivazione.

    Infatti, la relazione tra pensiero e coscienza può essere espressa dicendo che la coscienza è la guida dei pensieri che la formano percependo un evento. Così si intende che, per comprendere e valutare un fatto, la coscienza ne orienta i pensieri di giudizio verso l’intolleranza o l’accettazione, il perdono o la condanna, e le deduzioni che ne conseguono contribuiscono alla sua evoluzione.

    * Persona: Definizione di un essere (fisico o spirituale) singolo, riconoscibile e considerabile nell’ambito dei rapporti sociali; è l’individuo cosciente di sé, autonomo, capace di amministrarsi usando al meglio le doti personali secondo i propri fini, determinarsi riconoscendo le proprie qualità, stabilirsi e definirsi con esattezza riconoscendo le proprie attitudini e le proprie mete esistenziali e di prendere decisioni da sé stesso.

    Per le indagini che seguiranno, diremo che: Dio è una persona, lo Spirito Santo è una persona, noi siamo persone.

    * Processi biochimici: Successione di condizioni dovute a variazioni dell’assetto chimico di un corpo animato.

    * Ragione: Questo termine qui è usato quale sinonimo di giustificazione, movente, fondamento.

    * Realtà: Definizione convenzionale di tutto ciò che attiene al sistema di cose in cui ci pensiamo e affermiamo di riconoscerci e che definiamo anche il nostro universo e l’esistente e unica conferma e certezza della verità del nostro essere. Così che, della realtà, si possono cercare conoscenze e conferme per constatazione diretta, sia per via personale o collettiva, sia per indagini sperimentali, essendo però considerati reali anche i numeri, che definendo quantità, ne determinano concettualmente un’espressione di realtà. Però, pur se non percepibili dai sensi o da strumenti fisici di rilevazione, ammettiamo come realtà anche i sentimenti quali: l’amore e l’odio, la gioia e la sofferenza e le elaborazioni del pensiero qual: la filosofia, la fede, la morale, l’etica e l’espressione artistica, potendo così distinguere una realtà fisica della materia e una realtà immateriale dello spirito.

    * Realtà fisica. Qui consideriamo realtà fisica, tutto ciò di cui possiamo avere percezione con i nostri sensi o con strumenti tecnici di rilevazione e valutazione. E perciò è intesa come testimonianza dell’Esistente.

    * Realtà spirituale. Consideriamo invece realtà spirituale, tutto ciò che non essendo percepibile dai sensi di tatto, vista, udito, eccetera, è testimoniata dalle esperienze sentimentali. Perciò è intesa come verità dell’Esistente.

    * Relativo: È l’aggettivo che distingue ciò che trova definizione e valore in dipendenza da altra cosa concreta o ideale. Qui è usato in distinzione da ciò che è assoluto.

    * Scienza. Attività d’indagine permessa da una forma d’uso massimo dell’intelligenza e del sapere umano, dove per intelligenza si intende la capacità di intelligere, di leggere, vedere tra le cose; e qui di cercare e leggere la verità tra e nei fatti dell’esperienza reale.

    * Spirito: Di questo termine, ricco di significati, in queste pagine ne distingueremo tre interpretazioni, intendendolo: A) come sinonimo di anima e di vita, B) come qualità del carattere definita dal rapporto che un individuo ha con se stesso o con gli altri, per cui diciamo che una persona è uno spirito allegro o triste, riservato o intraprendente, e via dicendo, C) come realtà immateriale personale definita da Bibbia e Vangeli, per cui sono puri spiriti: Dio, lo Spirito santo, Gesù risorto, gli angeli e gli uomini accolti in Cielo.

    * Spirituale: Tutto ciò di cui può essere pensata l’esistenza, ma che non è riscontrabile nella materialità.

    * Verità: Parola dal significato lungamente discusso in ambito filosofico.

    Qui è intesa come rispondenza alla realtà di una cosa presa in considerazione, per cui diciamo: verità di un fatto, di un racconto, di un’affermazione, dove, però, ovviamente il giudizio di rispondenza è condizionato dalla conoscenza che si ha di quella cosa.

    Infatti diciamo con maggiore verità, che dopo questa, avremo la vita eterna, quanto più sappiamo che cosa sia o che cosa si debba intendere per essa.

    Pilato, non volendo accettare risposta all’interrogativo: E che cosa è la verità?, permise a Farisei, scribi e sacerdoti, di mettere a morte Gesù.

    * * *

    IL TEMPO.

    Perché la nostra vita fisica, che chiamiamo nostra esistenza, appartenente all’Esistente materiale definito dal tempo e dallo spazio, sia riconoscibile come realtà e testimonianza di verità, occorre che, tempo, spazio e materia, siano realtà certe e indiscutibili dell’Esistente.

    Una concezione generalmente nota (dovuta alla filosofia greca) definisce il tempo come l’esperienza di vita tra un prima ed un dopo o come la percezione delle variazioni dello stato delle cose, assumendone uno iniziale come riferimento: così l’idea di tempo nasce dal succedersi delle cose, pur non essendo delle cose.

    Ossia, il tempo, quale concetto relativo al divenire, al venir giorno e al venir notte e al trascorrere dei fatti della vita, essendo una verità relativa non è una realtà assoluta, ossia non è una cosa vera per, e in, se stessa.

    Ma voler dire a qualcuno che il tempo non è una realtà, molto probabilmente equivale a volersi far prendere per pazzi: ieri era ieri, oggi è oggi e domani, se ci sarà un domani, sarà domani. Altroché se il tempo non è una realtà! E chi non sa che cosa è il tempo?

    Già, ma proviamo a chiederci: E chi sa che cosa è il tempo?.

    Poiché viviamo con la constatazione continua che nel nostro universo tutto ha un inizio e una fine, dicendo che questo avviene in un certo tempo, affermiamo che il tempo è una realtà innegabile del nostro mondo.

    Ora, alcuni dizionari definiscono il tempo come un insieme di attimi in successione che scorrono tra l’inizio e la fine di un avvenimento, o meglio come la quantità di istanti in successione che forma la misura del divenire delle cose.

    Ma se questa può sembrare una spiegazione, di fatto non lo è, perché, se si afferma che una cosa è l’insieme di parti di quella stessa cosa non si spiega che cosa sia quella cosa.

    Così, il concetto di tempo, che non si spiega per se stesso, non esprime una verità assoluta.

    Tuttavia dobbiamo tener conto che oggi, il tempo, o meglio il divenire, di un giorno, è misurato in ventiquattro ore, frazionate in minuti e secondi, perciò, con buona sicurezza, sentiamo di poter dire: Sono le sei, tra poco sarà giorno e: Sono le diciotto e trenta minuti, tra poco sarà sera.

    Così, considerando un tempo misurabile come grandezza fisica indagabile, possiamo vedere se una sua maggiore conoscenza può dirci qualche cosa della sua verità.

    Bene, ogni grandezza fisica deve essere considerata limitata se le sue ampiezze, anche ritenute grandi o piccole, sono definibili con misurazioni, mentre può essere immaginata infinita se è pensabile estesa oltre i confini di ampiezze concretamente misurabili.

    Ora, poiché una linea retta è un noto esempio grafico dell’idea del tempo, possiamo pensarne una di fronte a noi. Questa, come raffigurazione del tempo è una linea geometrica, che deve essere pensata come una successione ininterrotta di punti geometrici (quali figure così piccole da non avere dimensioni a rappresentare ciascuno un attimo), che non cambi mai direzione.

    Pensandola orizzontale, vediamo la retta illimitata sia a destra sia a sinistra del punto in cui la incontra il nostro sguardo, così da immaginare il tempo come una linea infinita dalle due parti di quel punto pensato come immagine di un istante o attimo.

    Se ora pensiamo che quel punto sulla retta, di fronte a noi, la divida in due rami, dobbiamo riconoscere che nessuno dei due è pensabile di valore misurabile e inferiore alla precedente retta intera, perché ognuno è un’entità, se si vuole finita da una parte, ma infinita dall’altra, il cui valore è dunque ancora infinito e perciò equivalente a quello della retta intera iniziale.

    Infatti, la divisione in due parti di un valore infinito non genera due grandezze di valore un po’ meno infinito, ma genera due nuove entità di valore ancora infinito cosicché metà retta ha lo stesso valore infinito, di una intera.

    Se poi, da una retta ne sottraiamo una parte individuata tra due punti distinti, possiamo capire che, per grande che sia il suo valore, purché misurabile, le due restanti parti (di retta, ovvero di tempo) rimarrebbero infinite, tanto da permettere di affermare che qualsiasi tempo definito è del tutto ininfluente sul tempo infinito.

    Un attimo, un millennio, migliaia di millenni, considerati rispetto alla concezione del tempo infinito, non hanno un valore significativo o, se si vuole, sostanziale e reale e quindi credibilmente vero: se pure se ne vuole riconoscere un valore, questo risulta di fatto del tutto irrilevante ed irriconoscibile all’interno del sistema in cui si trova.

    Così il luogo di un punto su una retta geometrica o di un istante sulla retta del tempo, o di un suo qualsiasi tratto, non ha nessuna posizione giustificata in e per se stessa. Si può dire che è parte del tempo e che è nel tempo, ma non si può dire quando, perché, per qualsiasi istante possiamo riconoscere un valore alla sua posizione solo in relazione ad eventi che la precedono o ad altri che presumibilmente la seguiranno, conteggiando l’insieme di spazi temporali: trenta giorni, dieci anni, due ore, che la separano da quei riferimenti.

    Infatti, diciamo venti anni fa, domani mattina, l’anno prossimo o, riferendoci al momento presunto della nascita di Gesù, che pure non è un dato assoluto,

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