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Delitto agli inizi di settembre: Delitti di provincia 12
Delitto agli inizi di settembre: Delitti di provincia 12
Delitto agli inizi di settembre: Delitti di provincia 12
E-book247 pagine3 ore

Delitto agli inizi di settembre: Delitti di provincia 12

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Info su questo ebook

Cosa c’è di meglio, a settembre, di una salutare passeggiata nei boschi alla ricerca di funghi? Eppure, come già si è dimostrato più volte, proprio la provincia sonnacchiosa, quella in cui sembra che nulla accada, nasconde segreti inconfessabili e delitti efferati...
“Delitto agli inizi di settembre”, una nuova incredibile storia che vede coinvolto il maresciallo Pucci, investigatore privato.

LinguaItaliano
Data di uscita24 ott 2016
ISBN9781370341719
Delitto agli inizi di settembre: Delitti di provincia 12
Autore

Annarita Coriasco

Annarita Coriasco, italian poetress and writer.Annarita Coriasco, scrittrice, ha ricevuto due volte il premio “Courmayeur” di letteratura fantastica. Le sono stati attribuiti i premi internazionali “Jean Monnet” (patrocinato dalla Presidenza della Repubblica Italiana, dall’Università di Genova e dalle Ambasciate di Francia e Germania) e "Carrara - Hallstahammar". Ha ricevuto l'onorificenza di "Cavaliere" dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

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    Anteprima del libro

    Delitto agli inizi di settembre - Annarita Coriasco

    Delitto agli inizi di settembre - Delitti di provincia 12

    Annarita Coriasco

    © 2016

    Prima edizione

    Smashwords Edition,

    Licenza d’uso

    Questo ebook è concesso in uso per l’intrattenimento personale.

    Questo ebook non può essere rivenduto o ceduto ad altre persone.

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    Grazie per il rispetto al duro lavoro di questo autore.

    - Eh?

    Il maresciallo Pucci aprì un occhio nell'oscurità.

    Si. Una tenue luce proveniva dagli scuri della finestra e rischiarava appena le tendine. Era la luce del lampione in strada. Si, era nella sua stanza da letto, nel suo letto...E' notte... pensò. Poi gli venne alla mente come una larva di ragionamento: Deve essere stato un sogno.... Il suo cervello regredì all'istante verso il sopore che l'avrebbe riportato all'agognato sonno profondo, dal quale era emerso appena appena, come richiamato dalla fuggevole voce d'una sirena...

    - Ma svegliati! Porca miseria!

    - Eh?

    Non era una sirena. O piuttosto poteva esserlo, ma non di quelle con la coda di pesce... Gli perforava il cervello e gli impediva di tornare nel profondo degli abissi del suo sonno...

    Uno scossone. Poi, un altro. Immediatamente la sua psiche associò quel tremore intenso che pareva scaturire da chissà dove, ad una specie di movimento che forse iniziava dal pavimento o ancora più giù, per poi propagarsi al letto e chissà dove altro.

    Un'idea di terremoto si fece strada persino nei meandri più assonnati della sua mente ed immediatamente gridò, emergendo scompostamente dalle coltri con gli occhi ancora chiusi.

    - Il terremoto! - gracchiò la sua voce assonnata.

    La signora Franca, sua consorte da una trentina di anni, ebbe come un sobbalzo e si drizzò in piedi indietreggiando d'un passo e nel contempo paventando la fine.

    - Oddio! - esclamò. Ma già mentre esclamava iniziava a rendersi conto che non c'era alcuna traccia di terremoto sotto i suoi piedi. I suoi occhi incontrarono nella penombra quelli un poco stralunati del marito. La luce che proveniva da dietro i tendoni della loro stanza matrimoniale, era si incerta, ma non era più solo quella del lampione stradale.

    Era debole, ma le permetteva di intravedere l'espressione semicomatosa del consorte e, di iniziare a notare una fuggevole luce di intelligenza che si propagava in essi.

    Lui la guardò con consapevole dubbio.

    Lei, incoraggiata da quel vago sentore di coscienza vigile del marito esclamò:

    -Giacomo, presto, vestiti! Hanno trovato il cognato del professor Ventresca morto stecchito! Sai, quello che si era candidato alle elezioni amministrative un anno fa e ci ha tirato su venti voti!

    Quello che si era candidato a Villanova, ricordi? L'architetto...

    Pucci faceva ancora fatica a realizzare chi fosse il professor Ventresca. E si che lo conosceva da anni: da quando era stato nominato presidente ad honorem dell'associazione bocciofila degli alpini del paese e forse anche da prima, ma di fama però...

    Tutti lo conoscevano. Per anni aveva insegnato nella sua scuola privata Melomania in quel di Ciriè. Era grande amico del tenore Castrella, ottantaquattrenne ancora ben messo sia di salute che di voce, grande amico di famiglia della zia Rosa, la zia preferita di sua moglie Franca.

    Mentre iniziava a paventare un sacco di guai, la moglie lo esortava ad alzarsi senza por tempo in mezzo.

    - Ma di che parli? - chiese Pucci, già notevolmente riemerso dall'oltretomba. Un vago sentore di caffè attraversava il corridoio e si infilava nell'aere della stanza da letto attraverso la porta, lasciata spalancata dalla moglie. No. Errore. La tazzina fumante era tra le mani della consorte, la quale aveva acceso la luce sul comodino, quella col puttino imbronciato di ottone. Il maresciallo afferrò senza tanti complimenti la tazzina e se la sgargarozzò, fumante e già provvidenzialmente zuccherata. Dopo alcuni secondi dall'ingestione formulò la seguente domanda:

    - Chi hai detto che è morto?

    - Il cognato del professor Ventresca. - sbuffò la moglie, riprendendosi la tazzina con fare piuttosto sbrigativo. Suo marito alla mattina appena sveglio pareva sempre avere il cervello d'una rana, figuriamoci alle sei meno un quarto...

    - Lo hanno trovato morto sull'ex accampamento militare delle Vaude, questa notte. Così mi ha riferito zia Rosa.

    Un ennesimo colpo al cuore nel sentire che la zia di Franca c'entrava in questa faccenda e poi:

    -Stanotte? perché adesso che ora è scusa?

    - Sono le sei.

    - Ma è adesso notte! - il maresciallo si rizzò a sedere lentamente e con estrema cautela pose i piedi nudi sul tappetino in pelliccia sintetica beige, di fianco alle ciabatte.

    - Ma ti vuoi sbrigare! - si spazientì la consorte -lo hanno ucciso! - sbatté nel contempo in rissoso tintinnare la tazzina e il piattino, cucchiaino compreso sul comodino.

    - Ma scusa! Che c'entro io! Ci saranno i carabinieri.

    - Se è per questo la zia dice che verrà anche la scientifica... Ma la zia vuole che ci vai te!

    Pucci trattenne un sonoro sbadiglio e anche un esclamazione tutt'altro che pacifica verso la zia Rosa:

    - L'hanno trovato morto di notte sull'accampamento?

    - Si. L'ho già ripetuto mille volte! Muoviti, che la zia è preoccupata... Per via del povero Castrella!

    - Tanto povero non mi pare! E' amico di due senatori...

    - Ti devi muovere. E' all'entrata nord di Vauda Alta. Un chilometro all'interno, vicino alla strada sterrata.

    - Accidenti che precisione! Ma ci è andata di persona?

    - No. Sono informazioni ricevute dal professor Ventresca... Ricordi che sua sorella ha sposato il morto? Pierangelo che l'ha allevata è disperato. Ha telefonato a zia Rosa alle cinque di mattina. Lui è stato avvertito dal professore, ma non si può muovere. E' a Capri, al convegno annuale e quest'anno è il Presidente di turno.

    - Di cosa?

    - Ma cosa di cosa! L'Associazione Nuovi Tenori, quella che ha creato lui per dar voce ai giovani... Non ricordi? Tu al mattino sei proprio rimbambito..

    - A parte il fatto che le sei di mattino, sono di mattino solo di nome! In realtà è ancora notte!

    - Castrella non può assolutamente tornare subito e poi io so che anche se fosse qui ti chiamerebbe. Lo sai benissimo quanto ti stimano gli amici di zia Rosa...

    - Lo so, lo so... - borbottò Pucci infilandosi finalmente le ciabatte con l'animo più nero che la notte dalla quale era appena emerso. Non conosceva affatto questo architetto che aveva sposato la sorella del professore, anzi, a ben guardare anche il professore, la sorella e il suo amico tenore non erano che delle conoscenze. Delle persone delle quali sapeva qualcosa per sentito dire e che aveva conosciuto di sfuggita a delle manifestazioni del paese, alle quali era sempre trascinato dalla moglie che non ne perdeva una. Si avviò stancamente verso il bagno, seguito a ruota dalla consorte che era ansiosa di tenerlo aggiornato sulla faccenda prima che si recasse sul posto del ritrovamento del cadavere:

    - Ottavia, la sorella del professore, lo ha sposato due anni fa, ma adesso poverina, è ricoverata in una clinica... Lo sai che ci entra e ci esce da quando i suoi genitori morirono in un incidente che lei non era ancora adolescente? Povera ragazza! Zia Rosa ne parla sempre! Dice che è tanto intelligente e sicuramente avrebbe studiato se non avesse questa cosa che non le da pace. Uno shock che ogni tanto la riprende... E’ ciclico! Il tenore è terrorizzato dall'idea che lo venga a sapere! Anche il fratello. Hanno paura che un altro shock le sia fatale e che non si riprenda più.

    - Sarà difficile che non lo venga a sapere... - sbadigliò Pucci infilandosi nel bagno. -Ora se vuoi scusarmi...

    - Non ti metterai a farti la barba o ad andar di corpo eh? Devi andarci subito!

    - Lasciami almeno fare pipì, cacchio! E poi non potrò stare appresso a sta cosa tutto il giorno, lo sai! Oggi devo incontrarmi con una cliente di Germagnano... Come si chiama già... Quella che gli abbiamo fatto le foto al genero magrebino che ha l'amante turco...

    - Turca, vorrai dire! - ribatté la moglie, tenendo la porta ostinatamente aperta per la maniglia, mentre il marito tirava leggermente la stessa maniglia, ma dal lato opposto...

    - No. Turco. E' un uomo...

    Lei ristette un attimo e il suo volto si atteggiò ad un'espressione vagamente esterrefatta. Poi, come riscuotendosi: -Oh, insomma! Zia Rosa viene prima dei Turchi! Se del caso telefoni a questa qui e...

    - Ci deve duemila euro...

    - Ah! - ancora una volta la Franca ristette pensierosa. Poi scattò nuovamente: -Si, ma vestiti e vai! La zia Rosa è preoccupata! Non ha mai sentito il suo amico più disperato... Pierangelo è come un fratello per lei e si è raccomandato tanto... Ha stima di te!

    Due auto dei carabinieri, i nastri gialli, il sole non ancora alto nel cielo e una distesa di erica e arbusti vari, per lo più betullacee. Il nuovo magistrato che parlava con l'immancabile Maresciallo Bentivoglio. Ma c'era anche il Capitano Dainetti di Venaria, il tenente Corallo sempre della stazione di Venaria e più in la, immerso nel prato di erba giallognola alta, il Brigadiere Capo Casapiccola, sua personale fonte di informazioni.

    La stradina sterrata finiva proprio li, dove c'era il cadavere sul quale era piegata il medico legale, la Amanda Levra Levron, ex fiamma del rubacuori Casapiccola. Le betullacee frusciavano al vento impetuoso e fuori dalla recinzione, lontane, le auto correvano veloci, ma alquanto rade. Era una zona che precedeva la montagna, di colline moreniche, con quel piano immenso che pareva una brughiera inglese e dove i cacciatori facevano la loro parte quando la legge lo permetteva, proprio di settembre e ottobre. I cercatori di funghi invece, cercavano proprio in quel periodo, ma di frodo, se così si può dire...

    Pucci osservava i convenuti, vicino alla sua fida Panda rossa parcheggiata vicino ad una buca semicelata da un ammasso di vegetazione. A suo tempo quello che ora era un Parco era stato un poligono militare e le buche non erano di certo infrequenti da quelle parti...

    Si avvicinò. Conosceva tutti quanti, meno il tenente del distaccamento di Venaria, fin troppo il suo capo, il Capitano Dainetti, che lo vedeva come uno stecco in un occhio. Sospirò e si avvicinò ugualmente, sfidando la sua naturale ritrosia verso quel saccente dai baffetti biondi.

    Il capo della stazione di Ciriè, che era stato fino a qualche anno prima anche suo capo, lo salutò con un cenno della testa scoperta. Il tenente dai modi altezzosi sparì verso l'auto e Dainetti, verso una camionetta sulla quale c'era un carabiniere al posto di guida dall'aria più che vagamente assonnata. Bentivoglio entrò nella Punto solo soletto e con l''occhio che mandava già lampi.

    Casapiccola, anche se lui l'aveva salutato ed aveva ricambiato, non si fermava e stava per raggiungere la Punto sulla quale era evidente che il Maresciallo lo stava attendendo impaziente.

    Pucci lo raggiunse vicino all'auto e Casapiccola un poco contrariato disse sui toni dello scherzo.

    - Entra in competizione aperta con noi, Pucci? Vedo che neppure il Capitano Dainetti la fa indietreggiare!

    In quel momento, dal finestrino aperto, la voce di Bentivoglio si fece sentire:

    -Lo sa Pucci che grazie a lei ho cominciato anche questo caso con un rimbrotto di Dainetti?

    - Sono qui su precisa richiesta della famiglia...- disse Pucci con aria di scusa -L' ho visto il capitano, ma che posso fare... La famiglia è ansiosa di sapere...

    - Non c'è molto da sapere...- disse Bentivoglio sporgendo il volto dal finestrino...

    - Stanno ancora aspettando la scientifica da Torino. - aggiunse Casapiccola tutto serio, mentre Bentivoglio lo fulminava con lo sguardo.

    - E il medico legale non dice niente?

    I due si guardarono brevemente negli occhi, poi Bentivoglio parlò con un sorrisetto mesto:

    - Dice che deve fare l'autopsia...

    - Arma da fuoco? Da taglio? Veleno? Suicidio o omicidio? Mi dia almeno un'indicazione.

    Bentivoglio fece cenno con la testa a Casapiccola e questi disse:

    - Non si sa.

    - Non si sa? E come si fa a non saperlo? Allora è veleno! Ma strano che sia venuto a morire qui sull'accampamento. Lo avranno portato, non vedo macchine o motorini...

    - Non si sa. L'unica cosa che sappiamo è che ha le braccia squarciate, tipo lama ed è morto dissanguato.

    - Ah! Che strano... Allora un suicidio. - Pucci si girò appena verso la figura del medico legale a qualche metro, che col suo aiutante stava attendendo la scientifica per i rilievi. -Voi andate via?

    - Restano Palmieri e Saffilippi...- disse Bentivoglio -Noi si va alla stazione. Non abbiamo solo questo caso. Questa notte ci sono state otto rapine, due furti con scasso e un tentativo di aggressione, tutti a Ciriè. Ho la stazione piena di fermati. Non poteva certo scegliere un momento peggiore questo qua per suicidarsi...

    - Ma se dite che non si sa!

    - Formalmente non si sa... Lei ha mai visto qualcuno uccidere qualcun altro squarciandogli le braccia?

    - Tutto può succedere...

    - Senta a me, Pucci. Torni dai suoi assistiti e dica loro che si è suicidato... Nove volte su dieci la imbrocca...

    - E' la decima che mi preoccupa a me...- ribatté Pucci con un sorriso bonario.

    Non molto distante dal cadavere era stata ritrovata una borsa piena a metà di porcini rubra, una varietà che cresceva da quelle parti in forma endemica, e per la quale i fungaioli erano disposti ad alzarsi all'alba per avere il sopravvento sui rivali. Era evidente che uno di costoro aveva dato l'allarme in forma anonima. Certo, lo spettacolo delle braccia squarciate non doveva averlo allietato un granché... Spaventato com'era aveva lasciato anche li il suo bottino... La morte, a detta, ma in via del tutto confidenziale, del medico legale, non poteva essere che per dissanguamento, visto anche lo stato del cadavere, che giustificava ampiamente l'ipotesi col suo aspetto... L' autopsia era in fase di svolgimento. Il tenore non era ancora rientrato, ma già il professore, cognato del morto, premeva per incontrarlo. Pressato dalla cliente con il genero amante del turco, aveva dovuto rimandare d'un giorno l'incontro con Ventresca. Ma ora ci si stava recando. Scendeva proprio in quel momento dalla sua Panda, che il borioso colonnello suo vicino di pianerottolo aveva ribattezzato qualche tempo prima con ironia vicinissima al sarcasmo: La ferraglia rossa...

    Già la zia Rosa, nel pomeriggio del giorno prima, quando lui era alle prese con la cliente in vena di esautorare generi, era venuta a casa sua. Non lo faceva quasi mai e per giunta non era mercoledì, giorno che secondo la tradizione, veniva occupato da Franca e da sua zia per i loro incontri di pettegolezzo, ma sempre a casa dell'anziana. Il non averlo trovato l'aveva messa di malumore e il malumore della zia si era trasmesso infallibilmente alla sua consorte, che, per tutta la sera lo aveva messo in croce, fino a spingerlo a telefonare alla suddetta zia Rosa verso le dieci di sera per assicurarla che avrebbe seguito il caso com'era volontà del tenore Castrella.

    Mentre lo Stenti, il suo factotum, scaricava sul computer le ultime foto degli incontri proibiti tra il magrebino e il turco nel loro studio, perennemente improvvisato, ma ormai nella sostanza effettivo, nell'ex stanza da letto di sua figlia Paoletta, egli suonava un campanello molto ala page, formato da una mano in bronzo stilizzata, opera di chissà quale scultore avveniristico...

    Il professore lo accolse nello studio, dopo che una cameriera filippina in falpalà ce lo aveva scortato con l'atteggiamento rigido e impettito di un maggiordomo britannico. Erano in quel di Grangia, una tranquilla frazione semirurale di Foli. Attorno al parco della villa, campi e prati si susseguivano interrotti raramente da villette e case coloniche rimesse a nuovo. C'era però un supermarket che disturbava la quiete e un lontano cavalcavia che disturbava il paesaggio. Dalla villetta rotondeggiante in cemento, dai colori spenti, giustappunto del cemento con tonalità azzurrine ai vetri, si poteva ammirare un parco vasto, ma senza particolari attrattive. Prato verde, qua e la una pianta e una piccola piscina a forma di rene vicino allo stabile, con tutto d'intorno gaggìe e betulle piuttosto esangui. Le siepi erano ovunque. Circondavano tutto il circondabile, compresa la casa priva di marciapiedi. D'innanzi all'entrata principale, stranissime piastrelle luccicanti in tonalità varie di azzurro, forse più adatte ad una piscina che al cortile d'una villa.

    Pucci si rimise a sedere su una delle scomodissime poltrone in pelle chiara. Era ancora lì che aspettava il professore nel suo studio e forse era già passato un bel quarto d'ora da quando l'impettita cameriera l'aveva lasciato solo. Lo studio era ovale quanto quello della casa Bianca, di conseguenza mobili e librerie erano fatti su misura e ricurvi, in un avvolgente, forse anche troppo, legno di mogano. Nell'angolo dove lui sedeva su una delle poltrone della tortura c'era una lampada a stelo avveniristica come una rampa di lancio d'un missile. Libri ovunque, di tutti i colori e le fogge, calici scintillanti su un carrello bar altrettanto scintillante e un silenzio claustrale, improvvisamente rotto da un qualcosa di simile ad un battibecco, che appena penetrava i doppi vetri dell'enorme vetrata che dava sul parco. Sotto i piedi il tappeto lanuginoso e bianco come la neve, al soffitto un enorme lampadario simile ad una gorgiera del seicento... Pucci sbuffò appena e consultò l'orologio da polso, ignorando l'enorme sveglia Luigi XV sul camino futurista in laminato laccato di rosso e bianco. Un basso tavolino di fronte a lui ospitava altri libri e un vassoietto d'argento con delle tazzine vuote e pulite. Una bottiglia di cognac a palloncino era in bella mostra sull'enorme scrivania ovale. La sveglia ticchettava gentilmente e Pucci scalpitava internamente...

    Il professore fece il suo ingresso maestoso dall'alto del suo metro e novanta, consapevole delle sue spalle enormi e del suo fisico ancora atletico. Tutto ciò che non era di mogano e quindi era d'un grigio in varie sfumature spariva come d'incanto al cospetto della sua lunga barba grigio ferro e dei suoi occhi d'un nero penetrante, se non addirittura inquietante... Il fisico invidiabile e l'altezza del professore avevano sempre il potere, le rare volte che Pucci lo incontrava, di mettergli addosso un non so che di vaga tristezza. Ma in quel momento aveva ben altro per la testa. Vi furono rapidi convenevoli, il professor Ventresca gli offrì del cognac che data l'ora del mattino il detective si affrettò a rifiutare con cortesia. L'altro gli chiese se gradisse un caffè o qualcos'altro. E quando si fu assicurato che Pucci stava bene così , si versò una dose non indifferente di cognac dalla bottiglia a palla in un

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