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Avana La poetessa prostituta
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E-book162 pagine2 ore

Avana La poetessa prostituta

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Info su questo ebook

È una mattina di primavera quando il corpo di una giovane donna viene trovato riverso in un lago di sangue in una stanza dell’Hotel San Domingo, nei pressi di Viareggio. La vittima, Avana Dei, è una escort non comune, sensibile e raffinata che ama la letteratura e scrive poesie. Rudy, che in passato aveva avuto una breve relazione con lei, viene così a conoscenza del lato oscuro di Avana di cui era sempre stato ignaro. Assieme all’amico giornalista Francesco, inizia a interessarsi al caso, parallelamente agli inquirenti. Comincia così a svilupparsi una storia noir dove si mescolano tanti ingredienti: droga, prostituzione, magnati russi, criminalità organizzata.

Rodolfo Mannocci, fiorentino, avvocato, paracadutista, amava la storia, l’arte, e la bellezza.
 
LinguaItaliano
Data di uscita30 nov 2020
ISBN9791220105668
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    Anteprima del libro

    Avana La poetessa prostituta - Rodolfo Mannocci

    cover.jpg

    © 2020 Europa Edizioni s.r.l. | Roma

    www.europaedizioni.it - info@europaedizioni.it

    ISBN 979-12-201-0401-2

    I edizione dicembre 2020

    Distributore per le librerie Messaggerie Libri S.p.A.

    Avana

    La poetessa prostituta

    Questo romanzo è ispirato ad un evento di cronaca nera realmente accaduto.

    Avana Dei è stata assassinata in un residence della costa tirrenica, all’età di trentadue anni.

    (ogni riferimento a nomi di persone o attività economiche è da ritenersi puramente casuale)

    Le poesie di Avana sono di AnnaLisa Lombardi

    Capitolo I

    UN AMARO RISVEGLIO

    Viareggio, aprile 2003

    Sunday bloody Sunday!!!

    Sunday bloody Sunday!!!

    Sunday bloody Sunday!!!

    La suoneria del cellulare lo strappò da un sonno greve, impastato di Tavor e cocktail martini.

    Sunday bloody Sunday!!!

    Sunday bloody Sunday!!!

    Sunday blood.....

    «P-Pronto...» annaspò Rudy, sbirciando l’orologio.

    «Sveglia morfina! Sveglia!... Ancora a letto a quest’ora!

    Sapròfita, parassita di questa società... Ma verrà il giorno che ti metteranno al muro...!» gracchiò una voce conosciuta.

    «... Francesco!... Sempre elegante e forbito...» sospirò Rudy, appoggiando la cornetta all’orecchio e cercando di prolungare la sensazione di esistenza nonsense, tipica dei sogni.

    «Senti, hai visto i giornali?» chiese l’altro, tutto eccitato.

    «No... Stavo dormendo... - disse Rudy con la voce impastata- ...Perché?...» chiese, ormai incuriosito.

    «C’è roba che ti riguarda...» rispose, laconica, la voce all’altro capo del telefono.

    «Riguarda me..?!» chiese Rudy, ancora intontito di sonno.

    «Sì, hanno messo una tassa sul pensiero deviante! Sei finito, superfluo intellettuale» lo canzonò Francesco; poi facendosi serio, disse: «No, a parte gli scherzi, argomenti tosti: roba di cronaca nera...» Francesco parlava a scatti, telegrafico.

    «Omicidio... Forse opera di maniaco seriale... E tu, mi sembra, conoscevi la vittima.»

    «No-o!.. E chi è?...» chiese Rudy, aspettandosi una boutade.

    «È accaduto qua in Versilia, alle Focette ... Hotel San Domingo» disse Francesco, anziché rispondere.

    «Sì, lo conosco il San Domingo...Omicidio?!... Ma dai! E chi è?»

    «È una che frequentavi un po’ di anni fa, fine anni ottanta o inizi novanta: una morettina, piuttosto piacente, con un nome non molto comune... Hem! – s’interruppe - Ascolta, mi stanno chiamando in redazione: leggi i giornali e ci sentiamo più tardi – disse serio Francesco – Sai, mi può servire, anche per fare il pezzo. Ciao, ti richiamo dopo.»

    «Va bene, ci sentiamo più tardi» lo salutò Rudy, perplesso.

    Non aveva più voglia di dormire.

    Era incuriosito: «... Una donna uccisa... prostituzione... e io la conoscevo... Boh!?» rimuginò Rudy, ancora incrostato di sonno.

    «Che tipo, Francesco! – pensò a voce alta – Chissà come ha fatto a farsi assumere a La Nazione?»

    Si occupava solo della cronaca nera rivierasca beninteso...

    Però... lo invidiava.

    Specialmente ora, dopo l’incidente che lo aveva inchiodato per un anno ad una sedia a rotelle e lo costringeva, adesso, ad una convalescenza al mare... Fuori stagione!

    Lì, poteva usufruire di una casa al piano terreno.

    Si alzò, si lavò faticosamente ed uscì per andare a prendere il giornale.

    Arrivò all’edicola davanti alla villa di Giacomo Puccini, nell’omonima piazza in stile liberty.

    Le locandine esaltavano la notizia del ritrovamento del cadavere di una giovane donna in una stanza dell’hotel San Domingo, uccisa in modo orrendo: strangolata e finita con 22 coltellate, dopo essere stata brutalizzata con una torcia elettrica.

    Forse opera di un maniaco seriale, già attivo in passato, sul litorale.

    La prima pagina di cronaca, dopo la descrizione della scena del crimine, riportava le generalità della vittima: Avana Dei, di anni trentadue, residente a Firen...

    «Avana..?!... ma no!!... Avana-a...!» disse a voce alta. Era lei!

    Non aveva mai saputo il cognome... ma era lei...

    D’altronde, aveva ragione Francesco: non era un nome comune quello lì; età e luogo di nascita, corrispondevano... Non c’era dubbio.

    Avana...! ...Avana...!

    Assieme a quella consapevolezza, lo assalì un senso di vuoto, di perdita. Alzò lo sguardo dal giornale e fissò la pineta alle spalle dell’edicola; ma non era commosso: non era così ipocrita!

    La loro non era stata una storia d’amore. Non era stata neppure una storia...

    L’edicolante lo fissava con un sorriso ebete.

    «Mi dia tutti i quotidiani locali, per favore.» disse Rudy.

    Pagò e si avviò a fare colazione.

    Un turbinìo di immagini gli passava davanti agli occhi: lei che parlava, lei che beveva, lei che danzava, loro due che si baciavano.

    Uccisa?... Prostituta?... ma no!... non è possibile, non è possibile!!

    E invece sì!!..............................................................................

    Seduto a un tavolo del Cafè Notre Dame, sulla via Marco Polo, proseguì la lettura.

    I giornali raccontavano la storia di una giovane donna che, ormai da qualche anno, svolgeva la sua «professione» con il nome di Lucy, nel Residence San Domingo, un hotel del lungo mare, di proprietà di un attempato omosessuale, molto noto alle cronache della mondanità versiliese.

    L’hotel, un tre stelle, negli anni era diventato un luogo di svago per ricchi trasgressivi; al pianterreno giuoco d’azzardo in tutte le sue forme e i restanti tre piani, prostituzione: femminile, maschile, trasgender.

    Un articolo di spalla riferiva di familiari all’oscuro di tutto: per loro erano 15 anni che Avana lavorava a Milano per una grande compagnia di assicurazioni, dopo aver lasciato l’università, facoltà di lettere. Stava via tutta la settimana, rientrava per il week-end, ma non sempre; a volte la sua assenza da casa si prolungava oltre il mese.

    Poi rientrava in quella famiglia molto semplice: padre operaio alla Pignone; madre casalinga, totalmente dedita alle cure dell’altro figlio, Fidèl, nato cerebroleso.

    Maggiori notizie si apprendevano dai vicini che, increduli riguardo alla sua vera professione, raccontavano di una bella ragazza, dotata di personalità artistica, ottima studentessa al liceo; aveva lasciato l’università per motivi economici, stanca di una vita di rinunce e ristrettezze. Affatto convinta dall’ideologia del padre, marxista-leninista, proletario con orgoglio di classe e perciò radicalmente inviso ad ogni forma di proprietà, di lusso e benessere sovrastrutturale.

    Un uomo duro, tutto d’un pezzo. Ed erano stati frequenti, in passato, i litigi tra padre e figlia.

    Forse, per quello, lei aveva sempre un’aria triste.......

    Ma quella non era la donna che conosceva lui!... Sempre triste?..

    Ma no! No!.................................................................................

    Alzò gli occhi dal giornale, il vento portava l’odore umido della pineta d’inverno.

    «Chissà che odore ha l’infelicità?» pensò Rudy, smarrito.

    La stampa dava risalto alla notizia, con dovizia di particolari: il giorno prima, verso le 14,00, l’incaricato delle pulizie aveva notato la porta del n°8 che sbatteva ed era andato a chiuderla, ma giunto dinanzi al monolocale era rimasto agghiacciato: la testa di donna era quasi sulla soglia, supina, in un lago di sangue, qualcosa le tappava la bocca, i capelli neri scarmigliati e gli occhi spalancati sembravano gridare... un urlo muto.

    Aveva detto proprio così: «occhi che gridavano un urlo muto».

    Immediatamente aveva capito e chiamato i Carabinieri di Pietrasanta.

    Rudy fissava la fotografia di Avana sul giornale, era una fototessera tratta da chissà quale documento.

    Poteva avere 20/25 anni, sorridente e certamente ignara di quell’infame destino.

    Nonostante l’amarezza che lo aveva aggredito, non poté fare a meno di pensare che le vittime dei delitti, in quelle foto di cronaca, avevano sempre un’aria un po’ idiota, da agnelli sacrificali, come i martiri di guerra o di attentati.

    O forse idiota era lui, che cercava spiegazioni in una fototessera.

    Come quando, da bambini, insieme alla sorella, li portavano a rendere omaggio ai defunti e loro due si sbizzarrivano chiedendosi: «È una faccia da Ersilia, quella lì? E perché questo bimbo? Ha la faccia da Onofrio? Ma si può?... un bambino... ...Onofrio!»

    Pensieri divaganti. Cazzate!

    La verità era un’altra: Rudy si sentiva tradito, ingannato! Come se Avana fosse andata con un altro...... Ma no! No! Quello lo poteva anche fare. Non erano mai stati una coppia.

    La verità era che lo aveva preso per il culo bene, bene!

    Altro che poesia, letteratura e sensibilità poetica... Lo aveva abbindolato proprio. Affinità elettive ‘sto c...zzo!

    Immediatamente però, si vergognò di se stesso: Avana era stata trucidata da una bestia, un maniaco assassino... e lui si sentiva offeso per l’inganno, perché lei gli aveva mentito!

    Che idiota! La storia aveva i caratteri del dramma pasoliniano e lui si sentiva ferito nel suo orgoglio da galletto play-boy.

    Era insulso, banale.

    Era da piangere lì, davanti a tutti. Per quelle cose che non aveva capito allora: quelle mezze frasi, quei mutamenti improvvisi d’umore, quei silenzi che non aveva voluto interpretare......

    «Avana!... Avana!...» mormorò con un filo di voce.

    Improvvisamente il quadro si componeva: certi suoi atteggiamenti sfuggenti, quelle situazioni sguaiate che lui aveva preso per tentativi di rendersi interessante a tutti i costi...

    Che idiota era stato! Non aveva pensato neppure per un attimo che le cose potessero essere diverse.

    Gli era andata bene così, allora.

    A quei tempi, ci si stravolgeva molto e si pensava poco; persino la Guerra del Golfo era stata semplicemente una scusa per arredare il Tenax, la discoteca trendy, in grigio-verde.

    Già, che anni quelli...: gli ultimi quindici, prima del duemila!

    La Firenze modaiola, dei Pitti, delle feste di Cavalli, di Jean-Paul Gaultier.

    I locali che chiudevano obbligatoriamente alle 6 del mattino e la gente che, con voci arrochite e stupide, chiedeva: «..E ora-a...? Che si fa?... Bagnetto caldo a Saturnia?»

    Ma come si faceva a lavorare, a quei tempi?

    Loro si erano incontrati in una di quelle serate: Rudy era appollaiato su uno sgabello del Cabiria, a Piazza Santo Spirito, quando sentì una voce femminile dire: «Avy, mi prendi un margarita?»

    Si era voltato e accanto a lui c’era questa morettina molto graziosa.

    «Che strano nome, Avy. Sei straniera?»

    «No, italianissima» rispose lei, con un sorriso accattivante che attendeva altre domande.

    «E che origine ha? È francese?»

    «No - rispose lei - è il diminutivo di Avana»

    «Come la capitale di Cuba - disse Rudy - Sei di là? Voglio dire, di Cuba?»

    «No, mio padre mi ha messo questo nome per questione ideologica... Sempre meglio che Mosca!» disse lei ridendo.

    «E se eri maschio, che ti chiamava Pechino?» disse lui di rimando.

    «No, ho un fratello, ma si chiama Fidèl» fece cenno alla sua amica per porgerle il margarita e rimase a parlare con lui.

    Si erano piaciuti subito.

    Avevano parlato fra loro tutta la sera, isolandosi dagli altri; trattarono un’infinità di argomenti, ma soprattutto letteratura e poesia.

    A fine serata, lei lo aveva salutato baciandolo lievemente sulle labbra, dicendo: «Spero che ci rincontriamo, mi piace parlare con te.»

    «Anche io sto bene con te; l’aperitivo lo prendo al Dolce Vita: se passi di là, mi trovi tutte le sere» disse Rudy, sorridendole dolcemente.

    Due giorni dopo si erano incontrati e avevano cominciato a frequentarsi, ma non si erano messi insieme.

    Lei lavorava a Milano, così gli aveva detto. Quando era a Firenze, lo chiamava e si vedevano.

    D’altra parte, anche a lui andava bene così: era reduce da una storia complicata, con una tipa eccessivamente gelosa e non voleva trovarsi di nuovo in storie farraginose.

    Di solito stavano insieme il fine settimana.

    I primi tempi uscivano con il gruppo che frequentava il Dolce Vita e il Cabiria, ma quando il rapporto si era

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