Un'indagine piovuta dal cielo: Caramagna & Giovenale 1
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Info su questo ebook
Un delitto che sembra non avere altra soluzione se non la più ovvia finisce tra le mani di un investigatore con l’acqua alla gola. Ma quando tutto sembra perduto, ecco farsi avanti un “socio” davvero sorprendente...
Il caso, ovviamente, non è così semplice come poteva sembrare agli inquirenti.
La coppia di investigatori riuscirà a risolvere il caso?
Dopo “Delitti di provincia” e “Le indagini di Lady Costantine – Torino 1806”, ecco una nuova serie gialla della scrittrice Annarita Coriasco: “Caramagna e Giovenale”.
Un racconto divertente, brillante, imprevedibile: letteralmente, un caso piovuto dal cielo...
Annarita Coriasco
Annarita Coriasco, italian poetress and writer.Annarita Coriasco, scrittrice, ha ricevuto due volte il premio “Courmayeur” di letteratura fantastica. Le sono stati attribuiti i premi internazionali “Jean Monnet” (patrocinato dalla Presidenza della Repubblica Italiana, dall’Università di Genova e dalle Ambasciate di Francia e Germania) e "Carrara - Hallstahammar". Ha ricevuto l'onorificenza di "Cavaliere" dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
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Anteprima del libro
Un'indagine piovuta dal cielo - Annarita Coriasco
Un’indagine piovuta dal cielo - Caramagna & Giovenale 1
Annarita Coriasco
© 2017
Prima edizione
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- Si stanno portando via l'insegna, capo! - la ragazza lo guardava attraverso le spesse lenti da miope. Come al solito gli incisivi da castoro che sporgevano dalla bocca sempre leggermente aperta, lo inquietarono. La preoccupazione e l'ansia non giovavano certo al suo aspetto non proprio femminilissimo. Ammesso che qualcosa o qualcuno potesse giovarvi...
Il detective Alex Giovenale aveva appena avuto il tempo di far sparire la pistola nel cassetto della scrivania: il suicidio era poi l'unica soluzione?
Venti casi insoluti in meno d'un anno. Neppure i casi di corna... Non parliamo poi dei casi di spionaggio industriale! Di casi di omicidio poi, era da tempo che non se ne parlava proprio...
"Avrei dovuto cambiare mestiere", pensò con profondo disgusto di sé stesso.
Martina, così si chiamava la segretaria, senza occhiali e con la bocca chiusa era persino carina. In passato, in periodi di magra, era stato sul punto di provarci. Ma poi lei sorrideva e tutto andava a farsi benedire. Ma era normale pensare a queste cose mentre tutto andava a fondo?
- Vado a casa.
- Ma signor Giovenale... Che cosa gli racconto io a questi?!
Ma di chi stava parlando? Ah, si. Sicuramente si riferiva ai suoi creditori.
- Che vuoi raccontargli? Esci con me, dal retro...
- Ma, signor Giovenale!
L'aveva lasciata li, con i suoi bei dentoni di fuori in una smorfia di disappunto. Era già notte, faceva freddo e pioveva. Le auto schizzavano fin sui marciapiedi deserti anche se passavano a velocità ridotta.
Eppure l'ultimo caso non pareva difficile: un vigile urbano ucciso, a parere degli inquirenti, dalla moglie. Avvelenato.
La moglie accusava a vanvera, persino la suocera. Non c'erano prove che portassero ad altra strada, forse perché nessuno le cercava. Ma l'avvocato dell'indagata, per il quale ancora lui lavorava, data, a suo dire, l'assurdità delle accuse, gli aveva ordinato indagini, per così dire, trasversali. Anche e soprattutto perché Paolo Giocondi, il detective col quale di solito lavorava era all'ospedale, ridotto ad una specie di origami da un pirata della strada...
Parise. L'avvocato Parise: l'unico che pensasse ancora a Giovenale quasi come ad un detective e non come ad un insolvente. Lui aveva provato ad investigare: ma come si faceva quando ad ogni angolo rischiavi di imbatterti in uno a cui dovevi dei soldi? L'avvocato insisteva, minacciava di rivolgersi ad altri nonostante non l'avesse mai scontentato poi così tanto in passato, prima di quell'ultimo anno insensato.
Molto tempo prima, quando la segretaria era bionda, con dieci decimi ed un sorriso da pubblicità riusciva a risolvere dei casi. Non tutti, questo no. Ma non era certo il peggiore!
No, il suicidio no. Era stato un momento di debolezza. Forse un posto da buttafuori in qualche locale lontano... oppure giù nell'emirato, da quel suo amico produttore di gassose che tante volte l'aveva contattato.
Doveva cambiare aria. Sparire da Torino e cintura era l'unica soluzione. Ma con che soldi? Con quelli che aveva non arrivava più in là del milanese. Troppo vicino...
Forse il cuneese, lontano anni luce da tutto. Nella vecchia casa dello zio che era morto due anni prima lasciandogli altri debiti, e un rudere circondato da terre incolte in un paesino che si stentava a credere potesse essere registrato su una carta geografica.
Un taxi s'avvicinava. Era di fianco a lui. Lo accompagnava lento, silenzioso. Se non fosse stato un taxi c'era di che sudare freddo.
Uno dei suoi creditori?
Entrò come un proiettile nell'androne d'un palazzo anonimo, uguale a tanti altri. Stava per prendere l'ascensore che per fortuna non era guasto! Quando scappi tutti pensano che non perderai tempo ad aspettare un ascensore.
La porta scorrevole si aprì. Probabilmente nessuno l'aveva seguito, neppure sul marciapiede, ma ormai la sua vita era così: un'eterna fuga.
Il cigolio della porta dell'ascensore era da film dell'orrore, ma lui non ci badò di certo. Aveva ben altro per la testa ed era tutta roba che doveva trovarsi alle sue spalle, da qualche parte alla luce fioca di quell'androne triste.
La porta si richiuse a piccoli scatti come un vecchietto avvinazzato. Quando sarò vecchio? Mancavano ancora un bel po' di anni, ma negli ultimi tempi, dentro, si sentiva vecchio, anzi, decrepito...
- Alla buon'ora, signore!
Voltò la testa verso la voce oscura e d'istinto la mano corse sotto la giacca, all'impugnatura della pistola. Ma l'aveva lasciata nel cassetto della scrivania...
"Non c'è luce in questo fottuto ascensore" pensò. E di già si vedeva afferrato per la collottola da uno dei suoi creditori, o anche peggio...
Ma non c'era nessuno. Anche senza luce, non c'era di che sbagliarsi con l'abitacolo stretto come una bara. E poi, non sentiva nessuna presenza, nessun calore ne respiro.
Eppure la voce l'aveva sentita. Con un che di baritonale e un accento piemontese da far paura.
- Che stia dando i numeri? pensò raggelandosi fino a sentire un brivido serpeggiare lungo la schiena.
Sceso dall'ascensore in un piano a casaccio s'appoggiò al muro. Il corridoio era silenzioso e le luci che si erano accese si rispensero quasi subito. Erano a tempo.
"Aspetterò ancora un po'" si disse poi scendo a piedi...
- Posso presentarmi signore? - la voce baritonale, l'accento piemontese erano lì, corredate oscenamente da un volto sospeso nel buio. Un volto bianco bianco, allungato, con un bel paio di baffi spioventi inizio secolo e una specie di bombetta cenciosa in testa.
Urlare era fuori questione? Li intorno c'erano un sacco di porte. Appartamenti? Oppure studi deserti e silenziosi a quell'ora?
Ma poteva essere uno dei suoi creditori con quel volto galleggiante nel buio? Avrebbe voluto cercare l'interruttore, ma scoprì che non riusciva a muoversi. Era la strizza.
"Eppure oggi non ho bevuto. No... E' ieri che mi sono ubriacato. Oggi non ho toccato niente che un martini, no, era un prosecco... Se trovo l'interruttore e accendo la luce, sparisce... Si, si, è così…!"
- Chi cazzo sei?- si costrinse a chiedere, la voce mezza strozzata dalla paura. Si sorprese assurdamente a pensare che la voce
aveva un bel paio di occhioni neri più adatti ad una bella moretta che a quei baffoni. Ha anche le ciglia lunghe...
- Mi chiamo Arturo Caramagna, collega.
Sentì qualcosa di freddo sfiorargli la mano destra che pendeva inerte lungo il corpo scosso dai piccoli tremiti involontari e per poco non emise un urlo. Almeno così gli parve, ma in realtà dalla gola strozzata dalla fifa non uscì un bel niente.
"Spero di non pisciarmi addosso." Quella testa perché si vedeva anche se era buio pesto? Non aveva mai avuto tanta paura in vita sua. Nemmeno quando da piccolo, in visita ai nonni al cimitero con sua madre, si era perso in quell'immane selva di nomi e fotografie per ben due ore, prima che un custode lo ritrovasse e lo consegnasse ad una mamma tra il piangente e il collerico che gli aveva assestato un bello sculaccione esclamando: Te lo avevo detto che non dovevi allontanarti da me!
Forse quella volta, otto anni prima, quando un killer seriale gli aveva puntato la sparachiodi alla testa prima di essere fulminato da un carabiniere... Si quella volta un brivido di paura l'aveva avuto.
Il volto sospeso si avvicinò. Una maschera di carnevale, di quelle bianche bianche... A parte i baffoni, s'intende. Poteva starci, si...
- Sono qui per aiutarvi! Nella mia fulgida carriera temo d'essere stato troppo egoista...
Cosa stava dicendo quella testa fluttuante? Ah, si, egoista. Persino la pancia cominciava ad essere in subbuglio.
"Non me la farò mica nei pantaloni" s'allarmò il detective Alessandro Giovenale, trentottenne divorziato per colpa, ex giornalista di provincia, ex criminologo, ex scrittore di gialli. Un ex caduto in disgrazia da così tanto tempo che neppure se lo ricordava... A parte quei due o tre anni quando aveva appena aperto l'agenzia, si intende.
- Non vi è da offendersi, ma temo che voi siate poco adatto alla professione che esercitate.
"Lasciamolo parlare" si disse Giovenale Vediamo un po' dove vuole arrivare
.
Ma si! Tanto era sicuro che si trattasse d'una allucinazione. Doveva proprio smettere di bere. Era necessario. Il volto, intanto proseguiva:
- Il fatto è che sono stato vittima d'un omicidio, caro collega. Sono nel limbo per morte violenta ed improvvisa e senza qualcuno che si giovi delle mie infinite doti ed esperienza, nonché della mia sagacia e della mia abilità, temo che vi sarò costretto per sempre. Così è stato stabilito.
- Cos'è? - si strozzò quasi Giovenale per riuscire a far uscire la voce -Devo scoprire chi ti ha fatto fuori? Ma se tu stesso dici che non valgo un granché come investigatore... - era inutile, quando era sotto stress non riusciva a controllare del tutto le sue emozioni e finiva sempre per parlare a casaccio e anche per diventare logorroico, in certi casi. Aveva fatto di tutto per non rispondere a quella allucinazione. Se gli dava spago chissà mai quando si sarebbe tolta di mezzo!
- Vi ringrazio caro collega, ma la questione è già stata appurata a suo tempo. Non fu difficile. Era premeditato così male ed era così evidente chi potesse essere il colpevole che, non offendetevi, ma persino voi, in questo periodo così negativo, l'avreste arrestato.
- Stai calmo, Giovenale... - si ripeté più volte -Che ti frega cosa dice... E' solo una creatura della tua immaginazione... Ora torni all'ascensore, scendi di sotto... Anzi, è meglio che fai le scale, si... Fai le scale, scendi di sotto, esci e torni a casa. Saranno le otto passate. Elvira ti aspetta perché le devi pagare l'affitto... In natura perché non hai i soldi... Si, è tutto esattamente infognato come prima... Stai tranquillo.
Camminava. Scendeva le scale. Non c'era la luce, ma scendeva lo stesso. Era tutto regolare come continuava a ripetersi nella mente.
Solo che, voltando lo sguardo verso destra, ora si vedeva fluttuare anche un cappotto scuro, tipo quello di suo nonno che sua madre teneva nel guardaroba per ricordo... Poi c'erano le scarpe lucide, ma non erano posate esattamente per terra... Si, aveva i pantaloni scuri con la riga, quel copricapo strano in testa e si vedevano anche i capelli e da quello che si vedeva parevano proprio impomatati, come quelli di Poirot nei suoi telefilm gialli preferiti.
"Oddio! Ora basta! Qualcuno lassù me lo tolga dai piedi, per favore!" questa era la frenesia di pensiero del povero Giovenale "... Cercherò un posto lontano... Farò una vita tranquilla... Niente più indagini, criminologia e altre balle del genere... Si, il fan... Questo qui