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Nuovi orizzonti della psicologia del sogno e dell'immaginario collettivo
Nuovi orizzonti della psicologia del sogno e dell'immaginario collettivo
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E-book525 pagine6 ore

Nuovi orizzonti della psicologia del sogno e dell'immaginario collettivo

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Info su questo ebook

Lo studio dei sogni e l’importanza dei contenuti onirici riportati in seduta terapeutica sono stati ciò che ha caratterizzato, fin dal principio, la tecnica psicoanalitica. Il peso conferito da Freud al sogno ha segnato l’inizio di un interesse specifico per ciò che in un’epoca razionalista veniva considerato privo di senso e di importanza. Si inaugura un campo di interesse peculiare, la ricerca sull’oggetto specifico della psicoanalisi: l’inconscio. Il sogno è per Freud la “via regia” per la scoperta dell’inconscio; i meccanismi tipici della formazione del sogno, come spostamento, condensazione, simbolismo, sono anche quelli adoperati nel processo primario ed in quanto tali altrettanto reperibili in altre formazioni dell’inconscio come lapsus e atti mancati. Tali formazioni sono a loro volta formalmente equivalenti a sintomi per la loro struttura di compromesso e la funzione di appagamento di desiderio.

La differenza tra sogno e sintomo, secondo quanto esposto nel presente volume, consiste nell’emersione di un “come se” che colloca l’attività onirica nella dimensione della finzione (tipica dell’opera d’arte). Nel testo, infatti, viene particolarmente analizzata l’equivalenza tra sogno ed opera artistica. La funzione di appagamento di desiderio viene quindi rivisitata nei termini di un ipotetico “magari ciò accadesse”! Si tratta di una proposizione ottativa che pone il sogno nella modalità aletica del possibile. La tecnica interpretativa prevede, oltre al fondamentale ausilio delle libere associazioni rispetto ai contenuti riportati in seduta, anche la capacità di operare nel regno analogico del possibile. L’essenza del simbolismo psicoanalitico consiste in una relazione costante tra un elemento manifesto e la sua o le sue corrispondenze. Pur essendo i simboli utilizzati molto numerosi, essi tuttavia corrispondono ad un campo molto ristretto di oggetti simboleggiati.
LinguaItaliano
Data di uscita25 ott 2016
ISBN9788838245022
Nuovi orizzonti della psicologia del sogno e dell'immaginario collettivo

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    Anteprima del libro

    Nuovi orizzonti della psicologia del sogno e dell'immaginario collettivo - Raffaele Menarini

    Raffaele Menarini, Veronica Montefiori

    NUOVI ORIZZONTI DELLA PSICOLOGIA DEL SOGNO E DELL'IMMAGINARIO COLLETTIVO

    Copyright © 2013 by Edizioni Studium - Roma

    ISBN 978-88-382-4502-2

    www.edizionistudium.it

    ISBN: 978-88-382-4502-2

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write (http://write.streetlib.com)

    un prodotto di Simplicissimus Book Farm

    Indice dei contenuti

    INTRODUZIONE

    PARTE PRIMA

    I. L’UNIVERSO SIMBOLICO DEI SOGNI

    1. Il processo primario, il processo primario strutturato e il processo secondario

    2. La nascita dei fantasmi e dell’immaginario

    3. Il Sé e la relazione

    4. L’immaginario onirico

    5. L’importanza dell’aspetto figurativo

    6. Dall’icona al tema iconico

    BIBLIOGRAFIA

    FILMOGRAFIA

    II. I TEMI DEL SOGNO

    1. Temi iconici connessi alle icone della matrice familiare

    2. Temi onirici connessi alle icone dei personaggi

    3. Temi onirici connessi alle icone dell’Io corporeo

    BIBLIOGRAFIA

    FILMOGRAFIA

    PARTE SECONDA

    III. L’IMMAGINARIO INFANTILE

    1. Un nuovo strumento pedagogico

    2. Lo sviluppo dell’immaginario infantile

    3. Sogno e identità

    BIBLIOGRAFIA

    IV. LA GENESI DEI SOGNI TIPICI

    1. Cosa si intende per sogno tipico?

    2. Alcuni sogni tipici

    3. L'origine dei sogni tipici

    4. Transfert infanzia-vita adulta

    BIBLIOGRAFIA

    FILMOGRAFIA

    V. I SOGNI E IL CORPO

    1. La lettura anticipatoria dei sogni

    2. Il corpo-mente e il corpo-Mana

    3. Il sistema inconscio

    BIBLIOGRAFIA

    VI. L’INTUIZIONE E LA PREMONIZIONE ONIRICA

    1. L’unus mundus

    2. Tra essenza ed esistenza

    3. Complementarietà, creazione ed emozione

    4. Il contributo della fisica

    BIBLIOGRAFIA

    SITOGRAFIA

    VII. LA STRUTTURA FRATTALE DEI SOGNI

    1. I frattali: geometria creativa

    2. Le applicazioni dei frattali

    3. La struttura onirica

    BIBLIOGRAFIA

    VIII. IMMAGINARIO CINEMATOGRAFICO E SOGNI

    1. I temi ricorrenti

    2. Test iconico

    3. L’ipertema del Doppio

    BIBLIOGRAFIA

    FILMOGRAFIA

    IX. L’IMMAGINARIO INFERO

    1. L’immaginario patologico familiare

    2. Una tela per proiettare il proprio immaginario

    3. Il dramma profondo del parto-nascita

    BIBLIOGRAFIA

    PARTE TERZA

    X. SOGNI E IMMAGINARIO COLLETTIVO

    1. Il sogno come evento gruppale

    2. I sogni condivisi

    3. Il viaggio di coppia

    BIBLIOGRAFIA

    FILMOGRAFIA

    CONCLUSIONE

    APPENDICE I

    APPENDICE II

    CULTURA

    Studium

    18.

    Nuova serie

    La Dialettica / 7.

    RAFFAELE MENARINI - VERONICA MONTEFIORI

    NUOVI ORIZZONTI DELLA 

    PSICOLOGIA DEL SOGNO E 

    DELL'IMMAGINARIO COLLETTIVO

    EDIZIONI STUDIUM - ROMA

    INTRODUZIONE

    Lo studio dei sogni e l’importanza dei contenuti onirici riportati in seduta terapeutica hanno caratterizzato particolarmente, fin dal principio, la tecnica psicoanalitica. Il peso conferito da Sigmund Freud al sogno ha segnato l’inizio di un interesse specifico per ciò che in un’epoca razionalista veniva considerato privo di senso e di importanza. Si inaugura così un campo di studio peculiare riguardante la ricerca sull’oggetto distintivo della psicoanalisi: l’inconscio. Per Freud è proprio il sogno la via regia per la scoperta dell’inconscio. I meccanismi tipici della formazione del sogno, come spostamento, condensazione e simbolismo, sono anche quelli impiegati nel processo primario e nel processo primario strutturato, ed in quanto tali altrettanto reperibili in altre formazioni provenienti dall’inconscio, come lapsus e atti mancati. Questi ultimi sono a loro volta formalmente equivalenti a sintomi per la loro struttura di compromesso e per la funzione di appagamento di desiderio. La differenza tra sogno e sintomo, dal nostro punto di vista, consiste nell’emersione di un come se che colloca l’attività onirica nella dimensione della finzione, tipica dell’opera d’arte. Nel testo, infatti, viene approfonditamente esaminata l’equivalenza tra sogno e creazione artistica (in particolare pittorica e cinematografica). Il sogno è posto nella modalità aletica del possibile: la tecnica interpretativa, infatti, prevede, oltre al fondamentale ausilio delle libere associazioni rispetto ai contenuti riportati in seduta, anche la capacità di operare nel regno analogico del possibile. L’essenza del simbolismo psicoanalitico consiste in una relazione costante tra un elemento manifesto e la sua o le sue corrispondenze latenti. Pur essendo i simboli utilizzati numerosi, essi tuttavia rimandano ad un campo ristretto di oggetti simboleggiati.

    Nella prima parte del volume verrà approfondito proprio il suddetto basilare aspetto simbolico della vita onirica, analizzando i concetti di processo primario e secondario, fantasma, immaginario, icona, classi iconiche e tema.

    Nella seconda parte si passerà ad analizzare la trama del sogno ed i modi in cui essa si manifesta in alcune peculiari tipologie oniriche ma anche in campo pittorico e cinematografico. Tali teorizzazioni sono supportate da innovative e originali ricerche psicodinamiche.

    Nella terza e ultima parte sono stati raccolti 100 sogni, selezionati tra quelli inviati spontaneamente dai lettori al mensile della Rcs «Ok Salute e Benessere» e al relativo sito internet www.ok-salute.it, entrambi diretti da Eliana Liotta, con la consulenza scientifica della Fondazione Umberto Veronesi. Il significato di queste produzioni oniriche è stato attribuito sulla base dei temi estrapolati dalla trama, in modo tale da evidenziare quanto l’immaginario del singolo individuo non riguardi solo la sua storia personale ma anche quella collettiva.

    RAFFAELE MENARINI

    VERONICA MONTEFIORI

    Avvertenza

    Una prima versione del capitolo quinto, I sogni e il corpo, è già apparsa, con il titolo Sogno e malattia nel pensiero di Salomon Resnik, nella rivista scientifica online «Doppio sogno» (www.doppio-sogno.it), n. 10, anno V, giugno 2010.

    Una prima versione del capitolo ottavo, Immaginario cinematografico e sogni, è già apparsa, con il titolo Il sogno nel sogno. Una ricerca sulla rappresentazione filmica dei sogni, nella rivista «Modelli per la mente», n. 1, anno IV, gennaio-aprile 2011, pp. 71-83.

    PARTE PRIMA

    IL SIMBOLISMO ONIRICO

    I. L’UNIVERSO SIMBOLICO DEI SOGNI

    1. Il processo primario, il processo primario strutturato e il processo secondario

    Con processo primario e processo secondario, Sigmund Freud indica due diverse modalità di funzionamento dell’apparato psichico. Il processo primario corrisponde all’attività inconscia e agisce mediante due meccanismi, lo spostamento e la condensazione. Lo spostamento riguarda la mobilità delle cariche di energia psichica, le quali transitano agevolmente da una rappresentazione ad un’altra. Nella condensazione, invece, su un’unica rappresentazione convergono diversi significati appartenenti a catene associative differenti. Il processo secondario corrisponde all’attività conscia caratterizzata dall’attenzione, dal pensiero vigile, dal ragionamento e dall’introspezione. Inoltre, è principalmente di tipo verbale, rispetta le leggi logiche e le regole sintattiche ed il meccanismo di difesa utilizzato è la razionalizzazione. Nel processo primario vi è la tendenza alla gratificazione immediata attraverso la scarica della pulsione, nel processo secondario, invece, la scarica può essere ritardata in quanto è messa in atto la capacità di controllarla, limitarla e rinviarla a seconda delle circostanze ambientali, in modo tale da differire il soddisfacimento della pulsione stessa onde permettere un corretto adattamento alla realtà esterna. Per tale ragione si considera il processo primario caratteristico di un Io immaturo, pur continuando a persistere nella vita adulta.

    Esiste, però, un ulteriore processo di funzionamento della mente, diverso dai due precedentemente esposti, grazie al quale è possibile spiegare alcuni fenomeni che altrimenti potrebbero essere considerati privi di significato, primo fra tutti il sogno.

    «Il processo primario è leggibile nell’attività onirica caratterizzata da assenza di mezzi linguistici, mancanza della nozione di tempo, coesistenza degli opposti, mancato riconoscimento della realtà» (Galimberti U., 1999). Dal nostro punto di vista, invece, il sogno è caratterizzato dal processo primario strutturato, il quale è essenzialmente analogico e fortemente metaforico. Il processo primario non strutturato riguarda le emozioni semplici, quello strutturato, invece, mette in scena emozioni complesse attraverso l’immaginario simbolopoietico; si riferisce, quindi, ad aspetti fortemente creativi ed insaturi della psiche umana. A differenza di ciò che avviene nel processo secondario, nel primario strutturato il visivo predomina sul verbale e l’ipocodifica sulla ipercodifica. Il processo primario strutturato permette il rapporto dialogico fra istanze psichiche e riguarda i meccanismi di autorappresentazione dell’apparato mentale secondo i principi delle topiche freudiane (Conscio, Preconscio e Inconscio; Io, Es e Super-io). Il processo primario non strutturato riguarda, invece, l’attività dell’Es, caratterizzata da un insieme interminabile di immagini le quali si spostano l’una dopo l’altra e possono divenire percepibili nel momento in cui si attiva un processo di condensazione delle medesime a livello percettivo. Detto in altri termini, nel processo primario il sistema inconscio agisce al fine di un libero deflusso dell’eccitamento in modo da raggiungere un’identità di percezione con le immagini mnestiche ravvivate. Si tratta di una sorta di immaginario primario caratterizzato da pensieri protomentali tipici del sonno non-rem. L’emersione di processi di pensiero mentali deriverebbe, invece, dall’evoluzione del processo primario.

    Il processo primario strutturato caratterizza il discorso di un gruppo terapeutico che viene analizzato in termini di catena di libere associazioni. Queste ultime sono a loro volta interpretabili quali significazioni retoriche metonimiche (spostamento) e metaforiche (condensazione). Lo spostamento riguarda la catena delle proposizioni enunciate, mentre la condensazione concerne i significati simbolici della catena. Il processo primario strutturato traduce i conflitti tra istanze (Es, Io, Super-io) in immaginario internalizzato, il quale ha una struttura specifica che è quella delle fiabe, della letteratura, della mitologia e dei sogni (Menarini R., 2010).

    Per rendere il tutto più chiaro, introduciamo un esempio cinematografico. Immaginiamo di vedere le riprese di un regista che ha filmato a caso gli elementi esterni a sua disposizione; è facile intuire che non ci troveremo di fronte ad un film bensì ad una serie di immagini caotiche. Questa esperienza rappresenta perfettamente il processo primario non strutturato. Immaginiamo ora che un altro regista abbia inquadrato gli stessi elementi guidato, però, da una logica narrativa. Si tratta anche in questo caso di una seriazione di immagini la quale, però, istituisce una analogia e quindi una trama comprensibile, caratteristica del processo primario strutturato.

    Da questo punto di vista il processo primario strutturato, quale articolazione di fantasmi-oggetti-Sé, assume le caratteristiche di una trama narrativa (ad es. la trama di un sogno o di un mito). Tale trama facilita l’emersione dei personaggi a livello di dramatis persona.

    È la medesima differenza che intercorre tra sogni in fase rem e sogni durante le fasi non-REM. È stata dimostrata la presenza di attività mentali di tipo onirico durante tutte le fasi del sonno (Bosinelli M., Cavallero E., Cicogna P., 1982; Bosinelli M., Cicogna P., 1991). Esistono, però, delle differenze sia di tipo quantitativo che qualitativo. Per questi autori (1991), la produzione onirica durante l’attività mentale rem aderisce in modo più preciso allo schema tipico del sogno comunemente inteso e può essere descritta mediante le seguenti caratteristiche fondamentali, tratte da diversi studi sperimentali: si sviluppa secondo un copione costituito da uno o più eventi in sequenza; si esprime con evidenza percettiva multisensoriale utilizzando prevalentemente un codice immaginativo; ammette costrutti o elementi bizzarri; comporta la perdita sia dell’esame di realtà che del controllo volontario dell’ideazione; il sognatore partecipa frequentemente alla scena onirica. Per quanto riguarda i sogni nelle fasi non-rem, invece, essi: sono ricordati con maggiore difficoltà; la lunghezza dei resoconti è minore; il coinvolgimento emotivo è ridotto così come la componente visuo-allucinatoria e il dinamismo; interagiscono pochi personaggi; i cambiamenti di scenario sono limitati (Fagioli I., 1991).

    Per meglio comprendere i fondamenti biopsicoculturali dei processi sopra esposti è essenziale analizzare approfonditamente l’impostazione teorica dei principali autori che si sono occupati di tali argomenti.

    2. La nascita dei fantasmi e dell’immaginario

    Il grande psicoanalista francese Jacques Lacan ha connesso la nozione di neotenia con l’incoordinazione motoria del periodo neonatale che rimanda all’incompletezza anatomica del sistema nervoso piramidale, deputato all’attivazione dei movimenti volontari dei muscoli. Si tratta di una pianificazione del gesto motorio che trova le sue origini nella parte corticale posteriore dei lobi frontali della corteccia motoria e il suo termine nei centri nervosi del ponte di Varolio, nel midollo spinale allungato e nella parte anteriore del midollo spinale.

    Secondo Lacan la neotenia è quel meccanismo evolutivo, tipico della specie sapiens, caratterizzato da una prematurazione specifica dalla nascita dell’uomo. Dal nostro punto di vista, il fenomeno neotenico può essere inteso quale mantenimento dei tratti fetali e neonatali (connessi allo sviluppo del mentale) nella vita adulta. La neotenia è dunque quella dimensione relazionale che collega il registro biologico con quello mentale e culturale. I fattori neotenici sono cinque (Nucara G., Menarini R., Pontalti C., 1986; Menarini R., Neroni G., 2002, 2010):

    Aspetto fisico-morfologico: la morfologia fisica dell’uomo adulto conserva numerose caratteristiche embrionali e fetali, tra le quali ricordiamo: la glabrezza, la depigmentazione cutanea, il collo lungo, la posizione in avanti del foramen magnum, le grandi labbra nella femmina, la struttura della mano e del piede, l’ortodontismo, i denti piccoli, la chiusura ritardata delle suture craniche, ecc. La fetalizzazione, processo caratteristico della neotenia, riguarda, infatti, la conservazione sia di aspetti distintivi della propria fase fetale sia di tratti fetali ancestrali, questi ultimi sono trattenuti nello sviluppo degli adulti di un gruppo discendente.

    Ritardamento dello sviluppo: lo sviluppo dell’uomo è estremamente lento rispetto a quello degli altri animali, ciò comporta una prolungata fase infantile e di conseguenza un’altrettanto prolungata dipendenza familiare.

    Lento sviluppo del cervello: è necessario premettere che le suture craniche nell’uomo si saldano definitivamente non prima del ventesimo anno di età; fino a quel momento, quindi, il cervello umano continua a crescere e di pari passo si arricchiscono le interconnessioni neuronali. Ciò determina una massima plasticità e ricettività delle strutture cerebrali e un lungo periodo di apprendimento.

    Gruppo familiare: sulla base dei fattori neotenici precedenti, si evince che il piccolo dell’uomo ha bisogno di essere lungamente accudito e protetto, altrimenti non potrebbe sopravvivere. Tale accudimento è garantito dalla famiglia che sostiene il bambino fisicamente garantendogli la sopravvivenza ma anche psichicamente, in quanto l’organizzazione mentale familiare è essenziale per la strutturazione del mondo interiore e per lo sviluppo dell’identità dell’infante. La famiglia garantisce uno spazio neotenico all’interno del quale il piccolo dell’uomo possa trovare accudimento e calore e possa acquisire gli strumenti psichici e materiali per vivere e adattarsi al mondo.

    Sogno rem: la fase rem (insieme ai sogni ad essa associati) è un fattore neotenico poiché nel feto occupa tutto il sonno mentre nell’adulto rappresenta una continuazione di questo sonno fetale. La mente dell’uomo utilizzerebbe il sonno rem quale organizzatore psichico con un’importante funzione creativa e plastica e quale possibile raccordo tra aspetti consci ed inconsci della psiche umana.

    La neotenia è da noi considerata una matrice poiché istituisce una forma comune emergente dal biologico, dal mentale e dal culturale. Freud aveva intuito la relazione profonda tra queste dimensioni dando ad essa il nome di pulsione. L’impotenza neotenica del neonato lo spinge a trovare un oggetto che lo riabiliti dalla sua incompletezza. Secondo Lacan il bambino, nell’età in cui viene superato a livello dell’intelligenza strumentale dalle scimmie antropomorfe, fa emergere il mentale grazie allo specchio, riconoscendo la propria immagine che diviene il suo ambiente psichico. Si tratta di un ambiente fantasmatico carico di significanti inconsci.

    Per Lacan questi significanti inconsci sono proprio le rappresentazioni psichiche del processo primario. Ecco che emerge l’immagine del corpo riflessa dallo specchio. Ma Lacan la contrappone al fenomeno dei corps morcelé (corpo in pezzi). Si tratta della visione di membra squartate. Il corpo a pezzi è un vissuto anteriore alla formazione immaginaria dell’Io connesso alla disarticolazione del corpo in tanti oggetti parziali. È una modalità che verrà ratificata nella psicopatologia paranoicale. Gli studi di Lacan hanno trovato conferma nelle ricerche di studiosi come Eugenio Gaddini, Salomon Resnik e Franco Fornari. Eugenio Gaddini (1981) ha analizzato i primi modelli funzionali della mente in termini corporali; il funzionamento della mente primitiva è magico-onnipotente e l’organizzazione di questa mente è un insieme di punti (frammenti corporali). Secondo la nostra impostazione, in questa fase le pulsioni non sono ancora separate dalle funzioni corporali e l’esistenza si fonda sull’estensione di parti corporee e non sulla relazione. Secondo Resnik (1982) il pensiero corporale tende ad essere onnipresente e ad occupare l’intero universo sia biologico che psichico. I punti frammentati di Gaddini assumono qui la veste di punti dell’universo, cioè unità biopsicoculturali corrispondenti alla posizione autoerotica nella quale la pulsione è ancora indifferenziata dalle funzioni alimentari, escretorie e falliche. Non esiste ancora il dominio della relazione, poiché al posto delle percezioni e delle sensazioni psichiche di uno spazio mentale vi è un’espansione puntiforme. Si tratta dell’attivazione di processi di identificazione proiettiva (tipici della posizione schizoparanoide studiata da Melanie Klein) in un universo senza espansione spaziale (Resnik S., 1980). Da questo punto di vista non esiste ancora un’immagine del corpo, nella misura in cui quest’ultima emerge dalla creazione di confini e quindi dal vissuto della separazione. I punti biopsicoculturali non esistono nello spazio mentale poiché si trovano al di fuori dello spaziotempo. In questo incredibile universo, quindi, non esistono oggetti psichici. Un paragone possibile è dato dalla patologia autistica nella quale l’oggetto psichico non può nascere poiché è annullato dal buco nero di frammenti biopsicoculturali. Come dicevamo, si tratta di uno spazio senza oggetti psichici. La nascita dello spazio mentale è resa possibile dal gruppo familiare inteso quale fattore neotenico (Menarini R., Neroni G., 2002). Ci riferiamo alla funzione di matrix che istituisce lo spaziotempo e alla funzione di pattern che introduce in questo spaziotempo l’oggetto psichico, caricandolo affettivamente. Questa impostazione si è sviluppata a partire dalla teoria coinemica di Franco Fornari. Secondo questa teoria la natura intrinseca della cultura è da ricercarsi nei codici inculturativi d’identità. Tali codici sono da Fornari chiamati coinemi, costituiti da sagome familiari: bambino, madre, padre, fratelli. Queste sagome sono espresse da immagini speculari: il corpo del bambino e il corpo dei genitori. Facendo riferimento alla fase dello specchio di Lacan, l’immagine che si riconosce nello specchio racchiude una presenza coinemica. Per comprendere questa fenomenologia occorre ricordare che Fornari definisce il narcisismo quale relazione tautologica coinemica connessa al riflesso speculare del corpo. La cultura è intesa quale codice inculturativo d’identità fondata sul referente originario del far nascere inteso quale progetto generativo. Il far nascere può essere definito quale dimensione affettiva, che presiede alla formazione di tutti i gruppi umani, chiamata da Fornari codice materno. Esso permette la nascita dell’universo mentale quale spaziotempo familiare. I coinemi sono pensieri-affetti o oggetti interni prodotti dalla funzione di matrix alla base della fase dello specchio. La consustanzialità e la transustanzialità tra immagine allo specchio (rappresentato o bambino che guarda) e specchio (rappresentante) fa sì che l’immagine stessa appaia quale negazione basilare dell’assenza di spazio psichico a causa del corpo a pezzi (punti corporali). Da questo punto di vista non è possibile affermare l’inesistenza dell’oggetto psichico. Fornari ha chiamato questo processo simbolizzazione affettiva confusiva che, dal nostro punto di vista, corrisponde alla nozione di immaginario. Il soggetto scompare poiché viene a fondarsi sull’immaginario familiare. Secondo Fornari il simbolico emergerebbe grazie al simbolo linguistico della negazione (no) che predispone il passaggio dall’immaginario ad una funzione logica che permetterebbe l’emersione di una simbolizzazione diacritica. La rappresentazione simbolica affettiva dell’assenza (no) consente la realizzazione della funzione verità dell’incompatibilità (/). Si tratta del fenomeno linguistico basilare dell’opposizione che, secondo Claude Lévi-Strauss, è alla base della struttura valoriale di ogni sistema culturale. Il principio dell’opposizione fonda il simbolo e nello stesso tempo la dimensione transgenerazionale dell’inconscio. Si tratta della funzione di pattern la cui azione determina l’emersione dei fantasmi edipici. Infatti, eventi mentali istituiti dalla funzione di pattern costituiscono la costellazione edipica, testimoniata dalla presenza dei fantasmi familiari edipici intermediari del passaggio dall’identità di percezione (immaginario primario) all’identità dell’immaginario simbolopoietico. A livello di questa enorme banda di oscillazione tra le suddette polarità di identità, nel processo primario strutturato spostamento e condensazione assumono le configurazioni cognitive di associazioni metaforiche e associazioni metonimiche di carattere simbolico. La tecnica psicoanalitica delle libere associazioni facilita questo passaggio cognitivo. Il complesso di Edipo svolgerebbe la funzione di mediatore tra l’universo pulsionale del processo primario e l’universo simbolico del processo primario strutturato che è poi quello dei sogni e dei miti. Nell’ambito di un gruppo terapeutico gruppoanalitico si tratta di un modello di struttura psichica che mette in scena le tensioni tra Io e Super-io a livello dell’Es. I rapporti esistenti tra Io e Super-io sono alla base del fantasma-oggetto-Sé.

    Per fantasma-oggetto-Sé intendiamo la dinamica delle fantasie infantili, caratterizzanti la scena primaria, a livello della formazione di quegli oggetti interni alla base della dimensione relazionale del Sé (Mitchell S., Menarini R., et al., 1992). Il fantasma-oggetto-Sé crea l’identità del soggetto il quale, dal punto di vista lacaniano, non può che riconoscersi nell’immagine del fantasma. Con la scoperta della fase dello specchio avvenuta nel 1934, Lacan elabora proprio la nozione freudiana di fantasma. Come precedentemente accennato, per lo psicoanalista francese l’uomo non nasce con una identità soggettiva ma la crea durante la fase dello specchio, rappresentandola nell’alterità riflessa. L’infante, infatti, non riconosce se stesso allo specchio ma un fantasma scambiato per soggettività. Questo è l’aspetto immaginario dell’identità. L’identità, quindi, è data da un insieme di rappresentazioni mentali, cioè di immagini psichiche, tramite le quali decifriamo la nostra soggettività. I fantasmi, in ultima analisi, anticipano i meccanismi di identificazione che daranno luogo, in termini freudiani, ai cosiddetti fantasmi familiari della scena primaria, cioè a quel contesto immaginario che risponde alla domanda: «Chi sono e da dove vengo?». Da questo punto di vista i fantasmi familiari assumono la connotazione di oggetti-Sé nella misura in cui permettono la costruzione delle strutture psichiche, in particolar modo dell’Io e del Super-io. La formula lacaniana $ ¸ a denota l’elisione del soggetto ($) e la sua relativa sostituzione con l’oggetto a. ¸ indica il punzone e cioè il mezzo che permette di sagomare il soggetto. Il punzone è strutturalmente connesso con una matrice, la quale istituisce l’Io e riproduce gli oggetti-Sé nella continua deiscenza dell’Io stesso. Si tratta fondamentalmente della matrice neotenica, da Lacan connessa all’incompiutezza anatomica del sistema piramidale. Seguendo l’impostazione di Francoise Dolto, collega di Lacan, l’immagine inconscia del corpo, ripresa dallo specchio, non sarebbe altro che un fantasma inconscio creato dal processo primario. È nella fase dello specchio che il meccanismo dell’identificazione promuove la trasformazione dell’Io nell’immagine corporea riflessa.

    È necessario specificare che la matrice neotenica si sviluppa a livello di due fondazioni che prendono il nome di matrice fondativa insatura e matrice fondativa satura. La matrice fondativa insatura permette la nascita di un gruppo psicologico tramite il tema del Genius Loci, a sua volta connesso alla dimensione archetipica del Puer-Senex. Questa fondazione gruppale è caratterizzata da un progetto evolutivo connesso positivamente alla creazione di istituzioni o temi culturali fondativi (cfr. appendice II) che si trasmettono tramite il transgenerazionale. La matrice fondativa satura tende, invece, a distruggere ogni possibilità progettuale connessa a temi culturali fondativi istituzionali. I temi culturali di tale matrice sono caratterizzati da una distruttività gruppale che rende impossibile l’equilibrio di un gruppo psicologico, mentre il motivo archetipico è quello del bambino mai nato che tende a sostituire il Genius Loci. Il veicolo di trasmissione in questo caso è il transpersonale, osservabile soprattutto nelle situazioni di massa e nelle strutture sociali di carattere perverso, psicopatico o psicotico. Nei gruppi terapeutici la matrice fondativa satura accompagna la vita del gruppo con attività decisamente autodistruttive che alla lunga portano alla disgregazione del gruppo medesimo. Le due matrici sono riscontrabili anche nei sogni. A livello fantasmatico, la matrice fondativa insatura è presente nella formazione fantasmatica dell’Io derivata dalla fase dello specchio e istituisce il gruppo e il sogno come immagine del corpo. La matrice fondativa satura è, invece, presente nello spettro, cioè nel fantasma persecutorio uscito dallo specchio il quale, come Doppio, perseguita l’immagine riflessa. La matrice fondativa insatura, inoltre, è osservabile soprattutto nei sogni tipici mentre la satura è presente all’interno delle produzioni oniriche ricorrenti.

    3. Il Sé e la relazione

    Prima di affrontare tale argomento è bene specificare che Freud non ha mai distinto il concetto di Io dal concetto di Sé, ciò ha portato spesso ad uno sviluppo confusivo rispetto alla dinamica delle due strutture. Dal nostro punto di vista è necessario mantenere la nozione di Io a livello sia dei processi di identificazione che di integrazione cognitiva in funzione del rapporto con la cosiddetta realtà esterna. Il concetto di Sé riguarda, invece, la relazione tra tutte le istanze psichiche e soprattutto gli spazi di confine che le separano, con particolare riferimento alle dinamiche fantasmatiche che avvengono in tali spazi.

    Abbiamo sottolineato come il gruppo terapeutico possa essere considerato un modello di struttura psichica che mette in scena le tensioni tra Io e Super-io a livello dell’Es. Tali tensioni sono espresse dai fantasmi-oggetti-Sé. Nell’accezione freudiana del termine, per Io si intende l’agente attivo della nostra esperienza sia nei confronti dell’ambiente che di noi stessi. Quando l’Io viene ad essere esperito come oggetto di giudizio e di critica allora abbiamo a che fare con l’esperienza del Super-io. Secondo David Rapaport l’Io possiederebbe una substruttura, denominata mondo interiore, volta a rappresentare le strutture e i processi del Super-io, dell’Io e dell’Es. Questo mondo interiore può interessare più persone e, in questo caso, prende il nome di transfert. Da questo punto di vista il gruppo terapeutico può essere considerato transfert a livello puro. Il rapporto precoce tra Io e Super-io è alla base del transpersonale. Si tratta di una configurazione che rimanda allo stato di massa scoperto da Freud in Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1920). Freud si è riferito al concetto di transpersonale utilizzando il termine Mana o forza misteriosa che caratterizza il potere di un corpo vissuto quale divinità che permette la condivisione dei suoi ideali da parte della massa. Il Mana corrisponde ad un pensiero onnipotente che racchiude i valori di tutte le culture presenti su questo pianeta. Tale pensiero sembra essere dotato della capacità di significare tutto ciò che vuole e quindi di contenere tutti i significati possibili. Wilfred R. Bion ha denominato questo fenomeno protomentale visualizzando in esso ciò che caratterizza la massa. Il protomentale si esprime in tre modalità comportamentali chiamate assunti di base:

    dipendenza: sensazione di appartenere ad un’identità onnipotente;

    accoppiamento: amore estremo rivolto alla procreazione di una potenza salvifica;

    attacco-fuga: terrore improvviso di perdita dell’unione onnipotente.

    Il transpersonale sarebbe alla base della cosiddetta rimozione originaria tramite la quale tutto l’ambiente esterno verrebbe ad essere annullato dall’emersione dei tre assunti. Il contributo di Heinz Kohut (1982) alla psicoanalisi riguarda la scoperta della presenza di transfert negli oggetti-Sé arcaici. Tutto ciò emergerebbe da un rapporto difettoso tra il bambino e i suoi oggetti-Sé. Siamo in presenza dell’etiologia della deformazione del Sé, responsabile di alcuni sintomi descrivibili come: il Sé sottostimato; il Sé frammentato; il Sé iperstimolato e il Sé sovraccarico. Dal nostro punto di vista l’oggetto-Sé arcaico è connesso con la nozione lacaniana di corpo frammentato e rappresenta un tentativo onnipotente di ricostruzione di questi frammenti a livello ideale.

    Come precedentemente accennato, Freud non aveva mai usato un termine che si avvicinasse in qualche modo al concetto di Sé. L’Ich psicoanalitico e la relativa traduzione di James Strachey, Ego, possono riferirsi alla personalità nel suo agire concreto oppure a meccanismi difensivi o al principio di realtà. Per Freud, quindi, non esisteva un Sé come tale, ma la personalità e le sue funzioni. Secondo la nostra impostazione, il Sé dovrebbe essere inteso quale dimensione soggettiva emergente da un’armonizzazione degli oggetti-Sé a livello di oggetto-relazione. Per oggetto-relazione si intende la trasformazione del fantasma-oggetto-Sé in dramatis persona intesa come rappresentazione psichica di una relazione a livello di mondo interiore. Il processo che permette questo passaggio prende il nome di internalizzazione. Ricordiamo che i meccanismi alla base della formazione delle strutture psichiche sono l’identificazione, l’introiezione e l’internalizzazione. La prima riguarderebbe la formazione di oggetti interni arcaici, la seconda di fantasmi-oggetti-Sé, la terza degli oggetti-relazione. È solo con la relazione che emerge la Psiche intesa quale autonomia mentale.

    Secondo Bion la mente è un apparato che permette di pensare i pensieri. Questo pensiero riflesso è proprio il fondamento di ciò che intendiamo per relazione. Nell’impostazione di Bion il sogno è un indicatore dell’attività psichica caratterizzante la funzione alfa. Gli elementi alfa esprimono il passaggio da fantasmi-oggetti-Sé a oggetti-relazione. Più precisamente, gli oggetti alfa non rappresentano tanto se stessi quanto le loro relazioni con altri oggetti. Tutto ciò costituisce il loro fondamento simbolopoietico. Questa dimensione simbolica permette la formazione di ciò che Bion ha denominato barriera di contatto, o schermo onirico, sulla quale è proiettata una trama. Dal nostro punto di vista si tratta dell’origine dei temi onirici (cfr. cap. 2), i quali sono costituiti dalla trama formata dagli oggetti-relazione. Tale caratteristica relazionale permette l’altissimo livello di condivisibilità tipico dei temi onirici. L’aspetto rivoluzionario del pensiero di Bion consiste nella scoperta di come inconscio e conscio, da un punto di vista prettamente mentale, vengano ad essere creati dalla barriera di contatto. Detto in altri termini, conscio e inconscio nascono nell’hic et nunc del sogno (o del gruppo terapeutico) e si declinano in termini di immaginario simbolopoietico, fondamento del pensiero riflesso. Il processo di formazione della barriera di contatto esprime le dinamiche che uniscono e separano elementi consci e inconsci. Tramite la barriera di contatto il mondo conscio e quello inconscio emergerebbero dalla loro stessa relazione. Il significato del sogno scaturisce dalla disposizione delle icone oniriche in una trama e dal modo in cui gli elementi alfa creano la barriera di contatto. Il sogno non-rem, secondo Bion, è determinato dall’evacuazione di elementi beta sottoforma di immagini, le quali vengono espulse dallo schermo beta. La tipologia onirica, caratterizzante le fasi non-rem, è costituita da visioni e frammenti che si susseguono caoticamente, ed il pensiero è parcellizzato. Ci troviamo di fronte ad un tipo di associazione che non riesce a condensarsi in una trama. Queste caratteristiche sono pertinenti con il processo primario non strutturato, condizionato dall’attività di oggetti-Sé arcaici: in esso è assente la relazione intesa quale base del mentale. Tali ipotesi sono state confermate da numerosi studi eseguiti nei laboratori del sonno dei principali centri di ricerca mondiali, in Inghilterra, in Germania, in Francia, in Israele, negli Stati Uniti. Le interviste ai soggetti svegliati durante le varie fasi del sonno non lasciano spazio a dubbi: i soggetti svegliati durante le fasi non-rem raccontano sogni frammentati e privi di una storia, al contrario i soggetti svegliati in fase rem riferiscono trame lunghe, complesse e ben strutturate. Da questo punto di vista la dimensione psichica, e quindi semantica, del sogno sarebbe segnalata dalla capacità di storicizzazione. Il sogno rem può essere analizzato in base alle connessioni esistenti tra la trama e le relazioni da essa emergenti. Detto in altri termini, questa tipologia onirica ha un carattere fortemente transferale (Menarini R., 2010).

    4. L’immaginario onirico

    Per comprendere la natura profonda dell’immaginario onirico è necessario partire dalle affascinanti suggestioni di Freud e di Jung. Per Sigmund Freud l’immaginario diurno è composto da fantasmi o phantasien, cioè da scene inerenti la storia dell’individuo sin dalle prime fasi della sua vita. In italiano il termine phantasien viene tradotto con fantasie ma anche con fantasmi. Ne L’interpretazione dei sogni (1899) Freud asserisce che le fantasie sono dei sogni e costituiscono la base stessa della struttura visiva delle produzioni oniriche: sono delle rappresentazioni sceniche e per questo motivo riguardano l’immaginario umano. In altre parole, le immagini mentali sono caratterizzate da fantasie che si dividono in sogni ad occhi aperti, sogni diurni, sogni notturni, scene e finzioni. Tali manifestazioni costituiscono la realtà psichica del soggetto: «Queste fantasie possiedono una realtà psichica in contrasto con quella materiale e noi giungiamo poco a poco a capire che nel mondo della nevrosi la realtà psichica è quella determinante» (Freud S., 1915-1917).

    Il fine della Psicologia Dinamica non è studiare la realtà materiale bensì quella mentale. Il mondo fantasmatico è costituito da ambienti, personaggi e immagini dell’Io corporeo. Questa realtà psichica interna è particolarmente visibile nei sogni organizzati intorno a temi, i quali permettono l’esistenza della trama onirica. Un esempio celebre è il tema onirico del lupo nel sogno dell’uomo dei lupi, analizzato da Freud. Il processo mediante il quale un tema è investito da fantasia, e tale fantasia è resa visibile, si definisce iconico.

    Per Carl Gustav Jung i temi sono imago, cioè complessi affettivi emergenti da archetipi familiari. La caratteristica fondamentale della mente è la sua universalità e l’immagine è l’espressione fenomenica di questa totalità. Jung in La libido, simboli e trasformazioni (1912) aveva scoperto il fenomeno delle rappresentazioni collettive, motivi tipici che si ripetono nei miti, nelle leggende, nelle fiabe ma che possono emergere come materiale psichico anche nei sintomi e nei sogni. L’inconscio collettivo è costituito da archetipi. Il termine archetipo è composto da archè, principio, e tipos, modello, collegato alla nozione di orma, ossia un’impronta indelebile che ci riporta a qualcosa di originario: una forma preesistente, di per sé irrappresentabile, che rimanda ad una struttura di significato. Per Jung l’archetipo è l’idea platonica. In greco idea significa forma, di conseguenza l’archetipo è una pura forma in quanto modello antropologico di essere. La forma dell’archetipo in sé è insatura, nel senso che può originare innumerevoli forme derivate, con vari significati: è una forma a priori, non mentale ma psicoide, la quale acquista identità mentale in qualità di imago archetipica.

    Ma cos’è fondamentalmente l’immagine del sogno? È Dante Alighieri che nel Purgatorio ci dona la prima interpretazione del termine immaginario: «O imaginativa che ne rube talvolta sì di fuor, ch’om non s’accorge perché dintorno suonin mille tube, chi move te, se ’l senso non ti porge?» (canto XVII). Italo Calvino ha tradotto magistralmente le terzine in questo modo: «O immaginazione che hai il potere d’importi alle nostre facoltà e alla nostra volontà e di rapirci in un mondo interiore strappandoci al mondo esterno, tanto che anche se suonassero mille trombe non ce ne accorgeremmo, da dove provengono i messaggi visivi che tu ricevi, quando essi non sono formati da sensazioni depositate nella memoria?» (Calvino I., 1988). Questo viaggio è visionario e Dante vede come se stesse in un sogno. Nella Divina Commedia le visioni sembrano prevalere sulla trama. Secondo i paradigmi dell’immaginario medioevale, i concetti di visione e di sogno sono equivalenti. All’opposto di questo immaginario vi è la nostra civiltà delle immagini costituita da un diluvio di immagini dipendenti da trame astutamente prefabbricate che sembrano indebolire il potere evocativo dell’immaginario poetico di natura onirica. L’immaginario creativo è presente, invece, negli esercizi spirituali di Ignacio de Loyola. Il fondatore della compagnia di Gesù prescrive, infatti, l’invenzione mentale di un ambiente in termini scenografici assieme alla creazione, sempre con la visione della mente, di innumerevoli personaggi, al fine di intrecciare la meditazione visiva con la contemplazione iconica della Sacra Famiglia. Paradossalmente i nostri sogni hanno dei punti in comune con gli esercizi di Ignacio de Loyola in quanto si fondano sull’impianto scenografico mentale che prevede la raffigurazione dell’ambiente con i suoi personaggi.

    È estremamente complesso parlare di immaginario se non si conosce la distinzione fondamentale tra immaginario etiologico e immaginario simbolopoietico (Menarini R., 2010).

    È necessario premettere che, secondo la teoria psicoanalitica classica, inizialmente non vi è una differenziazione radicale tra Io e Super-io, queste istanze danno vita ad un particolare agglomerato. Nel pensiero freudiano, l’Io si separa dal Super-io con il tramonto del complesso di Edipo, nonostante le due istanze rimangano comunque costantemente in colloquio fra di loro. Ma se il distacco non avviene ci troviamo di fronte ad una situazione etiologica, caratteristica dei Disturbi di Personalità e delle situazioni di massa. Per comprendere questo passaggio bisogna rifarsi ad una visione topologica, ipotizzando che Io e Super-io non abbiano un confine netto ma uno spazio di mediazione, molto ampio, nel quale avviene il dialogo fra le istanze e la formazione del Sé e dell’immaginario. Inizialmente non abbiamo alcuna separazione tra istanze bensì la presenza di un Io arcaico, corrispondente ad un’unione tra Io ed Es, denominato Io ideale o narcisismo primario. L’ideale dell’Io o Super-io nascerebbe proprio da queste coincidenze dell’Io al suo ideale. Ma, paradossalmente, sarà proprio l’emersione autonoma di un Super-io a porre in crisi tale coincidenza, generando le tensioni tra l’Io e il Super-io stesso. Detto in altri termini, la differenziazione tra queste due istanze produrrebbe degli stati di tensione vicino all’Es, proprio nei punti di contatto tra Io e Super-io. Il complesso di Edipo, con la relativa produzione di fantasmi-oggetti-Sé, funzionerebbe da

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