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Un altro Orfeo
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E-book229 pagine3 ore

Un altro Orfeo

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Info su questo ebook

UN ALTRO ORFEO può definirsi un viaggio nella memoria, anche quella che ancora deve esistere, perché in ognuno di noi, a volte in modo inconsapevole, nasce e cresce quell’alter ego che, nell’incontro con la persona o le persone destini che, verrà alla luce in tutta la sua illogica e meravigliosa voglia di esistere. In un racconto di fantasia, egli diventa lo spirito guida verso il traguardo finale, ma ugualmente è presente in un giallo, in un romanzo di fantascienza, in una fiaba o anche in una poesia. Come Orfeo, ognuno di noi perde e riconquista, o tenta di farlo, quello che crede l’unica ragione della sua vita e non importa se arriverà alla meta agognata, perché il senso di ogni vita, anche quella di un personaggio irreale, non è nell’arrivo al traguardo, ma sempre e soltanto nel percorso che ha intrapreso per giungervi.
LinguaItaliano
Data di uscita1 ago 2017
ISBN9788892674905
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    Anteprima del libro

    Un altro Orfeo - Patrizia Palese

    nostra.

    CAPITOLO I

    L’insistente suono del telefono penetrava nella stanza, riuscendo a frantumarsi in tanti minuscoli trilli; Giulio non rispose, ma rimase in attesa abbracciando il cuscino. Di lì a poco, udì la sua voce ripetere "Sono momentaneamente assente, ma sarò lieto di richiamarvi se vorrete lasciare il vostro recapito. Grazie"Giulio sorrise; sì, una frase perfetta, originale, elegante, non troppo fredda, ma nemmeno troppo confidenziale del tipo "Ciao, non ci sono…""Giulio, ma che fai dormi ancora? Sono le otto passate! Lo sai che ci tengo ad arrivare puntuale!"Fu quella voce a farlo scattare seduto, e, presa la cornetta, disse tutto d’un fiato: " Laura, amore, ma che dici, figurati se dormo! Ero in bagno, ma faccio in un attimo…è per le nove, vero?"

    Stava quasi per dimenticare l’appuntamento. Un appuntamento importante; come poteva essere accaduto? La voce della donna era, stranamente, tranquilla e il tono di rimprovero era appena velato,ma anche per lui era importante. Si impose, quindi, una calma ragionata. Sì, per le nove, ma ci vuole quasi mezz’ora per arrivarci; rischiamo di arrivare in ritardo e questo non mi piacerebbe affatto! Giulio la vedeva mentre parlava, tesa ma sempre con un sorriso accennato. A lei non piacevano i ritardi, le attese, i tempi morti. Le aveva detto una volta che aspettando, arrivando in ritardo, o peggio ancora, rimanendo inattivi, si rischiava di perdere le più belle occasioni della vita "…e poi scusa-e la sua voce divenne carica di promesse-se perdiamo questa occasione chissà quanto ci toccherà aspettare ancora. Non sei stanco di aspettare?"

    Non era una domanda e lui lo sapeva, ma un possibile castigo per non aver dato importanza all’occasione che si era presentata, mentre, al contrario, il premio sarebbe stato dolce e completo, dopo essere stato per tanto tempo desiderato. Avrebbe voluto risponderle che non gli importava nulla dell’appartamento, che per lui andava bene anche il suo bilocale, e, soprattutto, che era stanco di aspettare tutto e tutti, ma la voce di lei continuò inesorabile: "….io sì, tanto stanca…troppo stanca…"Dio, come lo eccitava quel suo modo di parlare con frasi comuni, ma che da lei venivano pronunciate con toni diversi e tutto sembrava appartenere a un codice segreto comprensibile solo a loro.Fra dieci minuti sono pronto riuscì a dire solo quella frase, con un’intenzione che voleva sottintendere altro e lei comprese tutto, chiudendo la telefonata con una risatina sfumata. Cercò dei vestiti, dopo essersi lavato velocemente, mentre continuava a darsi del cretino; come aveva potuto dimenticare l’appuntamento con l’agenzia? Nulla di quello che stava indossando gli piaceva; lui aveva bisogno di tempo anche solo per apparire. Dava la colpa alla sua pressione bassa per la sua intolleranza verso i tempi veloci. Sua madre, del resto, gli aveva ripetuto fino alla nausea, che non si può essere sempre il migliore, ma si deve agire per essere sempre unici. E lui aveva applicato la regola a tutta la sua vita: mangiare, parlare e soprattutto vestirsi; solo che per fare questo ci vuole tempo, mentre ora non ne aveva, e tutto perché si era dimenticato di quel maledetto appuntamento. Un clacson suonato a intervalli regolari accelerò ancora di più i suoi movimenti. Mentre apriva la porta, un’immagine dallo specchio in fondo all’ingresso, lo salutò con una smorfia di disapprovazione.

    "Accidenti -imprecò toccandosi l’interno della giacca- ho dimenticato il cellulare" Stava per tornare indietro, quando il sorriso di Laura appena fuori dal portone e, soprattutto, la sua visibile impazienza, lo convinsero del contrario."Ciao...finalmente…vedrai -gli disse baciandolo con finta superficialità- è bellissimo"e lo guardò a lungo. Giulio si sentiva sempre a disagio quando qualcuno lo fissava, e in quel momento si sentì sotto esame." I jeans con la giacca? E’ così…come dire, banale… sembra quasi che tu abbia preso la prima cosa che ti sia capitata…"Era chiaro che Laura si era resa conto del suo comportamento; lo conosceva troppo bene. Giulio fece spallucce come se fosse sorpreso per quell’osservazione "Banale? Al massimo solo normale…mi risulta veramente difficile essere banale…e poi diciamo che voglio prima vederlo e poi, eventualmente, mettermi l’abito giusto…Vorresti dirmi che sei preoccupato? Allora anche tu ci tieni. E pensare che ero convinta che non te ne importasse molto…e poi, sai una cosa? Sei carino quando sei preoccupato…" e lo baciò teneramente su una guancia. Giulio le sorrise; le piaceva guardarla mentre guidava: distesa contro il sedile era attenta e non faceva come le altre donne che a ogni semaforo davano uno sguardo allo specchietto per controllare il trucco: lei era sicura in tutto e quella sua sicurezza avvolgeva chi le stava vicino, come accadeva per lui in quel momento. Sì, era lei la donna giusta: dolce, carina, intelligente, senza nulla che la trasformasse in una donnetta stucchevole, appariscente e invadente.

    "Anche tu sei carina - le toccò la coscia appena velata da una seta morbida e profumata- nonostante anche tu sia vestita un po’…come dire…banale- e le indicò il tailleur con un sorrisetto ironico- hai sempre detto che i pantaloni sono l’invenzione del secolo e ora sei vestita da signorina di buona famigliaMa io sono una signorina di buona famiglia e quell’appartamento mi farà diventare una signora di buona famiglia con un bellissimo futuro insieme al mio signore, di buona famiglia anche lui" e la sua voce ferma cercava di non far nascere l’accenno di un sorriso; poi si volse verso di lui e con gli occhi lo osservava, attenta a percepire la più piccola contestazione "Perché anche tu vuoi la stessa cosa, vero?"Giulio le rispose con un sorriso; fra di loro non c’era bisogno di dire molto o promettere continuamente, perché era come se un semplice sguardo dicesse molto di più di lunghi discorsi. Già, anche lui voleva rendere tutto più semplice, legale, normale. Aveva cominciato a pensare a questo quasi subito; la loro storia era da sempre stata vissuta da loro due con un unico pensiero per entrambi: sposarsi, vivere insieme e ogni gesto, ogni parola ogni progetto era stato creato per raggiungere questo traguardo.

    Tre anni insieme e ancora c’era quella voglia di averla e lei non si era stancata mai di darsi. Aveva ragione Laura: dovevano avere quell’appartamento!Non è possibile! Che c’è ancora? Non vedi? E’ tutto bloccato! Le mani di lei piombarono sul volante con forza Io lo sapevo che sarebbe successo qualche cosa. Dovevamo uscire prima disse quelle ultime parole rivolte a lui anche se non lo aveva guardato. E fu Giulio che decise che doveva fare assolutamente qualche cosa, qualsiasi cosa.Spostati, fai guidare me il tono della sua voce non ammetteva repliche e Laura gli lasciò dubbiosa il volante. pensò Giulio. Si guardò in giro. Tutto assomigliava a uno spot pubblicitario: suoni di clacson, automobili, motorini in un groviglio assurdo. Vide il volto di Laura non più dubbioso, ma scettico e irritato. <Ti faccio vedere io!> pensò e, lentamente, procedendo a marcia indietro, salì sul marciapiede e, come la più ovvia delle soluzioni, girò l’angolo per ritrovarsi fuori dal caos.

    "Meno male che ho preso la macchinina" Giulio si voltò e la guardò divertito "Pensa se avessi preso l’auto di papà" Sì, era decisamente unica la sua Laura: per lei, in qualsiasi modo, le sue decisioni dovevano essere le migliori e questa sua convinzione diventava forse divertente, e sicuramente disarmante, bloccando l’inizio di qualsiasi discussione."Per fortuna siamo quasi arrivati, e non sono ancora le nove. Decidiamo chi deve parlare con quel tizio; per me devi essere tu. Credo che sia la cosa migliore" Giulio annuì con la testa, mentre cercava un parcheggio il più vicino possibile "Dio mio, sono le nove…dai Giulio, parcheggia in doppia fila, tanto non impiegheremo molto tempo" per lei diventava normale ignorare le più elementari norme se queste intralciavano le sue regole, e, mentre pensava a questo, Giulio si sentì attratto da un piccolo vicolo, dove parcheggiò tranquillamente la macchina.

    Come mi trovi? gli chiese Laura, finalmente rassicurata"Divina" fu la risposta, ed era quello che la fece sorridere compiaciuta mentre, sottobraccio al suo uomo, si avvicinarono al loro appartamento.Senti, se non mi dovesse piacere… Non se ne fa nulla, è ovvio, ma vedrai che ti piacerà. E’ troppo…unico, sì, unico proprio come te E per Giulio fu una sorpresa quando alzò lo sguardo e trovò davanti a sé un muretto ad arcate da dove spuntavano foglie lucide di mandarino; al di sopra si intravedeva la sagoma di un piccolo palazzetto anni ’30: era perfetto! Aveva ragione Laura: era tutto così splendidamente unico!Vieni, entriamo Non aspettiamo l’agente? Non mi sembra correttoLei sbuffò, come se, arrivati a quel punto, non ci fosse più bisogno di nessuno, nemmeno di questo fantomatico agente. In quel momento, però, da una vettura seminascosta dietro una siepe, spuntò fuori un signore elegante che con passo deciso si avvicinò verso di loro "Buongiorno, sono il dottor Vastelli e voi siete i signori… Sì, sono il signor Giulio Altani. Ci siamo sentiti per telefono La signorina è senza dubbio… E’ la mia fidanzata" e il sorriso di Laura confermò queste ultime parole.

    Vedrà: è un vero gioiellino; ci vuole occhio per riuscire a trovarlo in una città così…così… non riusciva a trovare la parola adatta che non distruggesse il suo potenziale lavoro futuro e nello stesso tempo sapesse valorizzare quello presente."Banale?" azzardò Laura "Esatto" confermò sollevato.Il piccolo cancello d’ingresso che si erano lasciati alle spalle, non si chiuse meccanicamente. < Bene-pensò Giulio-nessun pulsante né altro di meccanico> Si guardò in giro: ora gli alberi di mandarini occupavano lo spazio ai lati delle poche scale d’ingresso."Pensa al profumo d’inverno" gli sussurrò Laura "Non è leale- bisbigliò lui-devo decidere da solo; lo hai promesso!"Lei annuì sorridendo e, lasciando il suo braccio, si avvicinò all’agente, che continuava a decantare le bellezze di ciò che avrebbero visto. Non sembrava neanche vero quello scenario: fuori la città e dentro il profumo dei mandarini.

    "Non se lo aspettava vero?"Si voltò e davanti a lui comparve un giovanotto in maglione e jeans, che si tirava dietro una grande busta nera piena di foglie secche.Sono Giovanni, il figlio del portiere. Lei è il nuovo proprietario dell’appartamento al terzo piano? Per ora sono solo il signor Altani, forse nuovo proprietario e mentre rispondeva cercava con lo sguardo dove fosse finita Laura.La signora è già salita; vuole che l’accompagni? e, senza attendere nessuna risposta, lasciò cadere la busta dicendogli soltanto Mi segua.L’ascensore nel quale entrarono era maestoso e la salita era lenta e piacevole."Qui ci abitava una signora molto anziana e quando lei è morta i suoi nipoti l’hanno messo subito in vendita…chissà poi perché…Forse avevano bisogno di soldi" azzardò Giulio

    Sì, forse…. ma quella risposta aveva l’amarezza di una constatazione di quanto l’essere umano fosse stupido nel perdere le cose più importanti con leggerezza, per una manciata di soldi.Finalmente! Ma dove ti eri cacciato? Ero in giardino; ne ero rimasto incantatoSe non le serve altro la lasciodisse il giovanotto"Non ci serve altro, grazie" rispose Laura, liquidandolo in fretta.Allora signor Altani, cosa gliene pare? Laura si era di nuova appoggiata teneramente al braccio di Giulio e il suo viso sprizzava gioia da tutti i pori."E’ bellissimo, vero?" Questa volta lo sguardo severo di Giulio le spense un po’ di quella gioia quasi infantile e di quell’invadenza che nasceva in lei solo quando quello che voleva lo riteneva già suo e il suo voler intervenire, con qualsiasi altro apprezzamento, fu smorzato dallo sguardo dell’uomo; poi, con dolcezza, allontanò il corpo della donna da lui e, come se cercasse un difetto qualsiasi, si mise a girare per le stanze vuote. Non vi era, però, nulla che potesse apparire fuori luogo o semplicemente brutto: le finestre grandi con piccole arcate superiori, si aprivano tutte su balconcini con delicate colonne laterali e le stanze, ampie e prive di angoli, facevano già intravedere quali mobili fossero più adatti. Persino i termosifoni in ghisa riuscivano a dare alle stanze spoglie, un ricordo di famiglia; istintivamente fece scorrere il suo indice lungo le loro incisioni un po’ polverose.

    "Sì, l’appartamento ci interessa, ma il problema è ora il prezzo..." Avrebbe voluto continuare, ma Laura riprese la situazione in pugno "Sa, ci dobbiamo sposare e lei capisce, ci sono tante spese…" Ma sì, in fondo i soldi erano i suoi ed era giusto che fosse lei a decidere che uso farne; a lui interessava solo vivere con la sua donna in una bella casa. Giulio si allontanò da quei discorsi che non lo riguardavano più e si avvicinò a una stanza che scoprì essere la cucina: la luce del giorno filtrava attraverso le imposte di legno, e disegnava sulle maioliche bianche profili suggestivi. Si affacciò dal balconcino e sotto gli apparve un altro giardino; con lo sguardo cercò i mandarini, ma trovò al loro posto dei ciliegi <Profumi d’inverno e colori d’estate> pensò. Poteva essere il titolo d’un romanzo. Ora ne era più che mai certo: dovevano avere quell’appartamento: finalmente aveva trovato la sua casa. Tornò deciso in sala, pronto a firmare qualsiasi documento e trovò invece Laura che discuteva con quell’agente.

    Ma non capisce che non ci è possibile avere tutti i soldi in contanti? Possiamo darne due terzi subito e il resto con un mutuo, come fanno tuttiMi dispiace, ma ho ricevuto ordini precisi: tutto e subito. Del resto altre occasioni non me mancano, né per voi, né per loro, i proprietari Laura impallidì e Giulio si ritrovò a stringere una maniglia. Gli occhi di Vastelli guardavano ormai al di sopra delle loro teste. Li aveva in pugno e lo sapeva; appartamenti così erano difficili da vendere, ma se avesse ottenuto tutta la cifra, la sua percentuale sarebbe salita fino al 30 %."Va bene- sussurrò Laura –vorrà dire che dovrò rinunciare a un sogno" Giulio e l’agente la guardarono sbigottiti "Un lungo viaggio di nozze intorno al mondo…l’ho sempre desiderato" disse con un filo di voce. Giulio si voltò verso la finestra, non sapendo se essere felice o dispiacersi per Laura, ma si sentì sollevato nel sapere che quella casa non era perduta, mentre invece Vastelli non si preoccupò di nascondere la sua soddisfazione con un largo sorriso "Vedrà che non se ne pentirà. Adesso regoliamo tutto e poi… altro che viaggio intorno al mondo…" Giulio guardò la sua donna che, con gli occhi appena umidi, forse per un sogno sfumato, si era avvicinata a lui con un sorriso "Sei contento? Sì e tu?" le rispose mentre Laura annuì appena. Era certo che nulla avrebbe potuto ora impedire loro di vivere il sogno più bello e, istintivamente, prese dalle mani di quell’agente le chiavi dell’appartamento, mentre tutto si confondeva nella sua testa dove riecheggiava una sola idea: MI SPOSO!

    Era un pensiero dolce e incombente, che lo avrebbe costretto a cambiare ancora una volta la sua vita, ma questa volta, più di altre, avrebbe ricevuto il meglio da quel cambiamento; avrebbe dovuto solo accettare nuovi doveri, forse obblighi, ma nessuna vita esiste senza di essi. Non riusciva a ricordare dove aveva letto questa concetto, ma in fondo non era poi così importante saperlo.Le scale che percorse ora scendendo verso l’atrio, gli apparivano come il prologo di un libro dalla copertina madreperlacea: così bianche…così larghe…Su di loro chissà quanti passi si erano depositati e tanti ne avrebbero dovuti ricevere ancora, forse stanchi, forse veloci, ma loro, i marmi di quelle scale, pazienti e solidi, avrebbero sorretto tutti, e tra quelle venature di pietra, si sarebbe depositate le piccole storie di tanti uomini e donne e ora anche la sua e di Laura.

    Perché non hai preso l’ascensore? gli chiese Laura vedendolo apparire sul pianerottolo; Giulio non seppe cosa risponderle. Non poteva dirle di ciò che quelle scale inerti gli avevano fatto vedere, per cui si limitò a sorriderle. "Non sei emozionato?-sussurrò ancora- ma forse è meglio non festeggiare…ho come paura che salti fuori un nuovo problema" e con lo sguardo indicò quel Vastelli che per lei racchiudeva tutto ciò che di negativo ci si potesse aspettare. In fondo con poche parole l’aveva costretta a rinunciare al suo sogno e chissà cosa avrebbe potuto farle ancora.Se vorranno seguirmi in agenzia risolveremo le ultime formalità e poi…. Strinse un occhio come a sottintendere una complicità fra di loro. "Ha ragione, sbrighiamoci!" la voce di Giulio era visibilmente irritata per il comportamento dei proprietari dell’appartamento, che, con le loro pretese per ottenere un guadagno immediato, avevano sottratto a Laura un sogno. Voleva concludere quella parentesi fastidiosa e venale, ora, subito e per sempre.

    CAPITOLO II

    Non vi furono circostanze negative e tutto si risolse in poco più di un’ora. Persino il traffico si era come diluito e tutto sembrava accompagnare la conclusione di quella giornata nel modo più tranquillo: nessun cavillo legale, benestare per l’assegno e, soprattutto, soluzione immediata per l’atto di vendita.Giulio si rifiutò di immaginare qualche altro fastidio: non sempre quello che si ottiene deve costare sudore e lacrime.E adesso si dovrà pensare al resto la voce di Laura era assolutamente piatta; solo le sue mani avevano il calore di parole non dette, mentre accarezzavano la nuca di un Giulio silenzioso alla guida dell’auto "La chiesa! Potrebbe farci aspettare dei mesi…" disse lui con un tono di voce che, a stento, mascherava una preoccupazione inesistente, conoscendo la precisione di Laura.

    "Non sei affatto divertente! La chiesa è stata la prima cosa che ho fissato -lo interruppe Laura- come sempre ho fatto in modo di dare tempo al tempo e fra due mesi io e te saremo marito e moglie – si voltò verso di lui facendo una smorfia-e fino ad allora sarò contenta ogni giorno un minuto in più…per cui, caro il mio futuro marito, non sprecare energia e tempo: non ci sarà nulla che mi renderà triste " e togliendo le mani dalla sua nuca, le distese davanti a sé con il palmo rivolto verso la luce che entrava obliqua nella vettura, come se volesse prendere la luce di quel giorno e trattenerla per sempre."Vuoi rubare il sole? – disse Giulio nel vederla chiudere i pugni intorno a un fascio di luce che sembrava investirla- beh, ho provato a vedere se riuscivo a scalfire la tua perfetta organizzazione, ma con te è partita persa Di artisti imprevedibili in famiglia ne basta uno…o preferiresti una tipetta che non ricorda nemmeno dove ha messo le chiavi di casa?" lo stuzzicò Laura "No, per l’amor di Dio! – le rispose ridendo Giulio- è che sembra tutto facile, troppo facile: tuo padre che non fa una piega e dà i soldi per una casa perfetta come la volevi tu…noi – si corresse vedendo lo sguardo di lei- io, artista spiantato con molti sogni e poco denaro, che si ritrova accanto una donna come te, innamorata come lo sei tu…è troppo! Qualche cosa deve andare storto!"

    "Tutti gli artisti veri non hanno un soldo, e tu, essendo molto bravo, sei anche senza molti soldi; non vedo motivo del tuo sorprenderti. E non voglio più sentire quella parola; tu non sei uno spiantato!-e l’ultima frase la ripeté con rabbia e a denti stretti-Non devi dimostrare nulla a qualcuno o alla vita. Per me sei unico, forse non il migliore, ma sicuramente unico e questa è la sola cosa importante."Giulio si volse verso di lei con lo stesso sguardo grato che rivolgeva a sua madre, quando, molti anni prima, gli ripeteva quasi le stesse parole per consolare quel figliolo con pochi amici e tanti sogni nella testa che nessuno riusciva a capire. Era tutto vero: migliori di lui forse ce ne erano, ma come lui no; lui non si sarebbe mai venduto perché non aveva un prezzo: lui non era in vendita perché era unico.

    Siamo arrivati, finalmente! la vettura provocò un rumore stridulo e, a

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