La Pioggia
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Giuseppe Favata
Giuseppe Favata was born in 1952 at Mazzara del Vallo western Sicily. Having moved to Genova in early life, he has been a secondary teacher. Currently seeking is third University Degree in philosophy he poured his passion for sociology, literature, art and science into his debut book: “Gli Specchi” (Mirrors).
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Anteprima del libro
La Pioggia - Giuseppe Favata
pioggia
LA PIOGGIA
Giuseppe Favata
Impaginazione e immagine di copertina: Zenith Books
Copyright © 2016 Giuseppe Favata
ISBN: 9788891185006
Youcanprint Self-Publishing
Tutti i diritti riservati dalla legge sui diritti d’autore
Disponibile su Amazon.com, CreateSpace.com e altri punti vendita.
Era di notte. La pioggia cadeva fitta e incessante, i lampi balenavano un paesaggio sinistro e i tuoni continuavano a urlare minacciosi sul sibilo agghiacciante del vento. Il povero Paolo era zuppo fradicio, ma serrava i denti, più per non sentirli battere che per farsi forza. Andava lento dietro i frammenti di strada che il bagliore dei lampi gli suggeriva di volta in volta. Soffriva ma una inspiegabile energia gli faceva continuare il cammino. E il cammino lo portò finalmente in vista di una luce lontana che lo attrasse e gli accelerò il passo. La luce, man mano che si avvicinava, andava prendendo forma sino a presentarsi chiaramente come un grande ostello. Quale fu la gioia di Paolo! E gli ultimi passi li fece di corsa. Vide delle guardie alla porta d'entrata; ma queste davano l'impressione di non curarsi di lui; allora avanzò piano fino a trovarsi nell'androne dell'edificio. Era uno spazio enorme, al momento vuoto, forse perché la giornata era terminata da un bel po'; ai lati partivano numerose scale, e in fondo stava la portiera seduta al suo banco con dietro le lunghissime file di gancetti per le chiavi delle camere. Paolo le si avvicinò e le disse tutto concitato:
Sono tutto bagnato, stanco e affamato... Potreste ospitarmi? Ho con me dei denari.
Certamente
gli rispose la donna con molta calma, siamo qui apposta.
Gli porse quindi una delle poche chiavi rimaste e chiamò un cameriere in divisa per farlo accompagnare su al piano, fino alla stanza assegnatagli. Lungo le scale il cameriere chiese a Paolo cosa voleva che gli portasse da mangiare alla mattina. A un certo punto smisero di salire, lasciarono i gradini e si immisero in un corridoio largo e lungo e deserto. Lo percorsero quasi tutto fino a che non furono giunti al numero 5138, sul lato destro, e qui si fermarono. Questa è la vostra stanza, signore; i servizi li troverete poco più avanti, sempre sul vostro lato.
Così dicendo, il cameriere salutò Paolo e se ne andò lasciandolo solo. Solo, senza nessuno che potesse dargli delle spiegazioni, si ricordò della chiave che teneva ancora in mano. Era attaccata ad un dischetto di legno con su scritto: 5138 – Ostello Vieni da me che ti amo. Ma che razza di nome è questo? E che disdetta essere arrivato in piena notte!
Quel corridoio gli appariva adesso troppo grande e silenzioso, e un indefinito timore lo prese d'improvviso. Speriamo almeno che questa chiave apra!
La chiave aprì senza difficoltà e una vasta ma squallida camera lo accolse.
*****
Non era ancora l'alba e ai servizi non trovò nessuno. Si fece una calda doccia ristoratrice e finalmente asciutto indossò un morbido pigiama che gli era stato piegato e steso pronto sul cuscino. Mettersi a letto, poi, e addormentarsi fu un tutt'uno.
Venne svegliato alcune ore dopo: posato il vassoio con la colazione sul comodino e alzate le serrande, un cameriere lo scrollava ma senza esagerare, quel tanto che bastasse a vincere il suo sonno.
Signore, signore... è giorno, vi ho portato la colazione!
Paolo aprì con fatica gli occhi alla fioca luce che veniva dai vetri.
Va bene, grazie, adesso mi alzo.
Ma più che la fame poté la stanchezza. E appena il cameriere ebbe abbandonata la stanza, si lasciò cascare avvolgendosi nelle lenzuola. Ancora una volta, all'ora di pranzo, si risentì scrollare, ma ora con più decisione. Era un altro cameriere che come lo vide sveglio gli rimproverò di non aver consumato la colazione, e aggiunse con aria compassata:
"Se non avete mangiato vuol dire che non avete fame; avete solo sonno e continuate a dormire, e chi dorme non ha diritto a