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Justine ovvero Le disgrazie della virtù
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E-book456 pagine5 ore

Justine ovvero Le disgrazie della virtù

Valutazione: 3.5 su 5 stelle

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Info su questo ebook

Cura e introduzione di Claudio Rendina
Saggio introduttivo di Gianni Nicoletti
Traduzione di Maurizio Grasso
Edizione integrale

Justine e Juliette, figlie adolescenti di un ricco banchiere parigino, educate in collegio, si trovano improvvisamente sole, in seguito alla rovina finanziaria della famiglia e alla morte dei genitori. Justine, fedele ai princìpi morali dell’educazione ricevuta, dovrà affrontare un terribile viaggio nell’inferno della Francia dell’ancien régime, tra giudici corrotti e frati libertini, aristocratici viziosi e borghesi delinquenti. Vittima di violenze e umiliazioni inaudite, la sventurata è destinata a una fine agghiacciante, mentre la sorella, che incontrerà poco prima di morire, si è conquistata, attraverso l’entusiastica accettazione del vizio, un’esistenza libera, ricca e serena.
D.-A. François De Sade

Donatien-Alphonse-François de Sade, noto come «il divin marchese», nacque nel 1740 a Parigi. La sua condotta immorale e una serie di condanne penali ne hanno fatto un personaggio leggendario. Trascorse più di trent’anni della sua vita in carcere o in manicomio. Accusato di empietà, oscenità e perversione in seguito alla pubblicazione del romanzo Juliette, venne dapprima imprigionato e poi rinchiuso nell’ospedale dei pazzi di Charenton, dove morì nel 1814. Di Sade la Newton Compton ha pubblicato Justine ovvero Le sventure della virtù, Le 120 giornate di Sodoma e il volume unico I romanzi maledetti (Le sventure della virtù; Justine ovvero le disgrazie della virtù; La nuova Justine ovvero le sciagure della virtù; Juliette ovvero le prosperità del vizio; Le 120 giornate di Sodoma).
LinguaItaliano
Data di uscita16 dic 2013
ISBN9788854130487
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  • Valutazione: 2 su 5 stelle
    2/5
    Very, very preachy. No good deed goes unpunished being the moral of the story. That she was given even a modicum of comfort at the end seemed to negate his entire premise. Way too wordy to be erotic and way too sadistic to be interesting. A very tiresome book.
  • Valutazione: 3 su 5 stelle
    3/5
    I confess I am a fan of the Marquis de Sade but although I still admire the style presented here I couldn't connect with the content as much as his other work. An interesting concept but one that ultimately is flawed.
  • Valutazione: 3 su 5 stelle
    3/5
    Read out of curiosity, I'm still pondering the writer's purpose. The vehicle of the abused, virtuous and foolish Justine seems to be merely to put forth his opinions on religion and philosophy of life. Mild by today's standards, this is a relic of its time.
  • Valutazione: 3 su 5 stelle
    3/5
    One can only imagine De Sade cackling madly as he penned this hilarious and maybe even unintentional send-up of the self-righteous whiner. Narrated by Justine, a selfish, perpetually-stupid, "virtuous" princess-type who is shocked to find out that her beloved God is not her own personal Santa Claus, the book is rife with rants on the place of vice over virtue - some of which actually make some good points.

    Mostly loved it, tired of it before the lame ending.
  • Valutazione: 4 su 5 stelle
    4/5
    I did get confused over who was listening at what time and to whom. This is the story of a young orphan whose inheritance was lost. Although everyone keeps telling her to sell her body or to become a bad person as then the money will come, she is determined to live a pious life, ultimately meaning she has to suffer horrific sexual and physical abuse anyway.I do believe it is possible to live a happy life, whilst being 'good', without having to prostrate myself in front of every rich (and obviously evil) man or woman I come across, begging they listen to my story as I have no skills, and will not spend the time to learn any either. I just want your charity thank you.Interesting, but the young heroine is no heroine of mine.
  • Valutazione: 4 su 5 stelle
    4/5
    I actually enjoyed this book. However it is not for the easily offended, or squeamish. Justine and Juliette are orphaned sisters. They were raised, in a rich family, to be good virtuous girls and had no skills. When orphaned at 12 and 15, with no money, the girls went their separate ways, Justine to be virtuous and seek people's kindness, and Juliette to 'surrender herself to libertinage'. This book is mostly about Justine's struggles trying to make her way through life where everything seems to be against her. There is a lot of sexual abuse, and rape and horrific sadism. Justine goes through a lot and just when you think her life is going to get better, misfortune awaits. The moral of the story is "that true happiness is to be found nowhere but in Virtue's womb, and that if, in keeping with designs it is not for us to fathom, God permits that it be persecuted on Earth, it is so that Virtue may be compensated by Heaven's most dazzling rewards."
  • Valutazione: 2 su 5 stelle
    2/5
    Here we go! (Again. I quit the first time because some of this stuff is - spoiler alert - rather unpleasant.)

Anteprima del libro

Justine ovvero Le disgrazie della virtù - Donatien

La machina sadista

*

I. VARIA PROBLEMATICA

Una corretta frequentazione dell'opera di Sade ingenera la necessità di affrontare i problemi non quali soggettive incertezze, disamine, scelte, ma situazioni critiche che implicano divergenze alternative. Costante dell'indagine sembra infatti essere una molteplicità di risposte in tendenza contraddittoria, per il disordinato concorso di esegeti di differente estrazione, per la specie particolarissima della scrittura sadiana, atta a occupare ambiti eterogenei, per la cintura sanitaria che ne tenne lontana la comunicazione reputandola apportatrice di vizi e impulsi criminali. Sembra oggi giunto il momento della conoscenza se non del giudizio, di acquisizione se non di collocamento, che sono impediti talvolta, ostacolati a ogni passo, da quelle tre medesime difficoltà da porsi in successione inversa: il ghetto in cui l'opera fu tenuta determinò la sua esclusione da molte analisi storiografiche, quasi che non parlare di qualcosa ne costituisca la pacifica sparizione; Usuo organismo assai complesso e disteso fra vita e letteratura, patologia ed esistenza, genere narrativo e filosofia, in quel silenzio si aggrovigliò come vegetazione in un tropico di significati; gli studiosi provenienti da questi o quei principii, o da idee fisse, si articolarono a loro maggior agio in manipolazioni interessate o, chissà, inconscie, scrivendo selva su selva, intrico sopra intrico. Chi prenda il groviglio fra le mani, e per quanta accortezza ponga nella bisogna, rischia pur sempre di imbrogliare ancora la matassa.

Questa è la premessa giustificatrice di un primo atto dell'approccio crìtico operante non per diretto confronto ma per linee esterne, ovvero non dando inizio alla individuazione di un centro operativo dell'organismo sadiano ma alla esclusione di ipotesi accrescitive o diminutive, in ogni caso lontane da verìfiche primarie, spesso evidenti di per sé. Occorre cioè spazzare almeno in parte il campo da luoghi comuni, piccole viltà dell'io giudicante, conformismi in cui sono precipitate alcune rivolte, divagazioni strutturologiche, quiproquo psicanacritici, apparenti limpidezze storicistiche, o all'incontrano pallonisonda astorici, giuochi di retorici tarocchi, falsi impegni di ultrasinistra e spennacchiati impegni di destra, insomma da intoppi frequenti e, purtroppo, anche recenti, che ingombrano la procedura di una interpretazione del caso, - nella fattispecie la parola è appropriata - e ne ostruiscono i canali di penetrazione. Sia fatta lode nel contempo a questa medesima caligine, e onorato di ciascuno il suo, siccome senza tali abusi, senza il ghirigoro di bisbetiche congetture, non sarebbe pensabile una ricerca di aspirazioni, e senza il libro degli errores non si potrebbe vagheggiare la terra promessa. Una osservazione difficile da respingere è d'altronde che se Sade fu circostanza di qualche naufragio, non solo per ciò stesso acquista complessità ma in qualche modo è causa efficiente dell'ambigua fortuna. Non è anzi da escludere, e la indagine dovrebbe confermarlo, che la importanza dell'opera sadiana sia proporzionalmente correlata al variare di prospettive generali oggi in fase dinamica, buona o (piuttosto) maligna che sia la finalità verso cui paiono avviate.

Il primo rilievo pertinente è che quest'opera, in quanto scrittura, non può essere considerata se non in specialissimo senso prosecuzione di una vita non concessa a Sade uomo, e che egli avrebbe trasmigrato nel libro. Evitando la consueta confusione dei biografisti, intenti a unificare la pagina e la trascorsa esistenza del suo autore, se è indiscutibile la particolarità di un individuo-scrittore nel chiuso di un isolamento carcerario, - di cui bisogna tenere il dovuto conto - e se pure è indiscutibile che in certo modo la scrittura è tavola di salvezza (ma lo fu per Sade in modo anomalo se non straordinario), occorre guardarsi dal profittare non solo ingenerosamente ma con difetto metodologico di quanto siamo venuti a sapere della sua tempestosa biografia, quindi dall'inserire un atto privilegiato fra le funzioni di una esperienza personale. E difficile gradire sempre il distacco fantaretorico di una scrittura dallo scrittore, condannandola al feticismo dell'autarchia strutturologica; ciò non toglie che l'attinenza primaria sta fra il testo e l'atto critico, che il testo vale nel momento conoscitivo come problematica più ampia di quella del soggetto empirico. La utilizzazione di notizie biografiche è salutare all'individuazione di un processo, purché rimangano distinte dal prodotto scritturale. Il perìcolo maggiore di una spiegazione che per altro ha il merito dell'enunciato netto, consiste nel rapporto quasi deterministico fra la causa o patologia di Sade e l'effetto o sua scrittura, credendo a lui stesso quando, il 19 agosto 1782, scrìveva alla moglie che «toutes ces choses là et leur ressouvenir [sont] toujours ce que j'appelle à mon secours quand je veux m'étourdir sur ma situation»¹ . Ad analogo ordine di fatti appartiene il curioso rilievo di Klossowski quando disse che Sade «doveva» subire tutte le conseguenze della «lettre de cachet» per attuare il suo processo interiore, e non si accorse di introdurre, in un discorso crìtico, una idea di provvidenza.

A un estremo opposto va collocata la formulazione inversa, che esalti in Sade una scrittura pura, una geometrica predominanza delle figure retoriche, accantonando in modo elegante, asettico, quasi manageriale, il serbatoio di significati che turbano, o almeno disturbano, perfino qualche specialista in psichiatria. Si rischia così la forzatura di un integrale trasferimento in pagina del materiale che, nelle intenzioni di Sade, non doveva costituire soltanto una raffigurazione enunciata in un momento di sospensione di ogni attività reale, ma una proposta concreta. Specie sine qua non di una prospettiva assoluta di autonomia del testo è la sua dichiarata intenzione solipsista e immaginifica, la costruzione di un verbo che programmaticamente escluda ogni altro dal linguaggio medesimo, il quale intento fu ideato e raggiunto appena, e non sempre, nel diciannovesimo secolo, con il prevalere in verticale della sortita lirica (gli strutturologhi voluttuosamente sdraiati a sognare diffìcilmente scuotono la loro pigrizia, per feconda che sia, onde pensare qualcosa di diverso su ciò che è diverso dalla poiesi lirica). Il settecento, il cui rapporto dialettico con il romanticismo è irrinunciabile, ne costituì la premessa in fieri ma sulla scorta di qualifiche particolari, prima fra tutte la investigazione in luogo della invenzione, - quindi la verifica sperimentale e la comparazione mediata - non avendo ancora concepito un paradigma simbolico immediato. Se l'ottocento fu onnivoro, con la spietata fame del trionfalismo borghese, è una ragione storiografica supplementare per restituire al settecento legittimi caratteri e contrassegni. Sade ebbe per scopo la scrittura ma non come prevalente resa metaforica bensì come proposta esistenziale, - e per giunta con qualche biscornuta fregola rivoluzionaria - in quanto, malgrado il convincimento di Gilbert Lely ²e tuttavia non per dare ragione ad André Rousseaux ³, non ebbe «genio poetico», non fu poeta né poteva esserlo. Va da sé che con ciò non si nega una organizzazione articolata del mondo sadista, ma connessa a impegni ragionativi per tramiti, al più, allegorici.

A questo punto si impone un corollario in due parti strettamente connesse. Sade non si è mai creduto uno scrittore pornografico, mentre tale è considerato tuttora più spesso di quanto si pensi; si è fermamente creduto un «philosophe», e così è giudicato da molti non esenti da sospetti agiografici né dal timore di apparire conservatori agli occhi dell'ala più avanzata, diciamo avanguardista, della società contemporanea (esiste un conformismo di sinistra forse meno meschino ma molto più risibile). Data la etimologia della parola «pornografico» è inoltre arduo, come si è detto, usarla in genere per la letteratura erotica, in particolare per l'opera sadiana in cui il meretricio è fatto accessorio. Scelta la parola diversa, c'è poi da dire che solo marginalmente essa è «erotografica» nel senso che il suo scopo primario non è una eccitazione sessuale⁴ ma il costituirsi di un sistema. Che questo sia concepito riduttivamente come attività sessuale è un fatto specifico da indagare, ma che non è possibile esaurire nella sfera sessuale, essendo anzi avviato e concretato in una problematicità più ampia. Il mondo sadico è conseguenza e non causa del sadismo. Ma il sadismo è proprio una «philosophie» oppure una sua bizzarra creatura, uno scarto improprio, un incidente ragionativo? E possibile che senza sufficiente causa pensatori e scrittori che in altre e non certo meno gravi occasioni si sono impegnati contro le «idées reçues» hanno esitato dinanzi alla difesa di Sade? Forse la verità è che non Verotografia è scandalo della morale bensì il sadismo scandalo della ragione. Il Marquis de Sade, divinizzato poi per spirito involontariamente, forse, antifrastico, era un cattivo pensatore sia nella teoresi che (importante) nella pratica. E va individuato come e perché, prima di ricorrere alla giustificazione storica e salvarlo dalle grinfie luciferìne, per riporlo, - come se non avesse sofferto abbastanza in vita - in un purgatorio magari lungo, magari doloroso, ma di media durata.

II. MONSIEUR DE L'ÊTRE

Louis-Aldonse-Donatien, - diventato per errore dei servi e forse per l'orecchio duro di un sacerdote Donatien-Alphonse-François - figlio dell'alto e potente Sgr Mr Jean-Baptiste Comte de Sade, era ovviamente un sincerissimo ateista, cioè l'esatto contrario del teista, come tantissimi suoi contemporanei confortati da filosofi, matematici, medici, astronomi, e da illustri predecessori quali Francesco Colonna, Jean-Baptiste Mirabeau, Nicolas Fréret, l'autore del Theophrastus redivivus (1659), più addietro da quasi tutta la segreta congregazione dei «libertini» (in pensiero e atti), fra iprimi il Naudé o Jean-Jacques Bouchard. Per costoro Dio, soprattutto il Dio cristiano, era flatus vocis, e siccome ogni particella di materia conterrebbe, a loro giudizio, intelligenza, non pareva accettabile, anzi era del tutto inaccettabile, la necessità logica di una prima causa senza causa per spiegare la evoluzione organizzatrice della materia: nihil in terra non organicum est.

Sade non inventò quindi nulla, almeno in principio, neppure allorché collegò teismo e dispotismo, giudicò quello mera funzione di questo. Era così fermamente ateista da scagliarsi contro Dio con le più feroci invettive, e Antoine Adam castiga la ingenuità, - «plaisante subtilité! et qui témoigne d'une belle ignorance de l'histoire» - di credere che, se insultava l'essere con tanto furore, bisognava che sia pure inconsciamente continuasse ad avere fede in lui; invece, siccome insultava la idea di Dio e non Dio, per lui inesistente, «qu'on ne vienne donc pas nous parler d'une ambivalence de l'athéisme de Sade, qûi aboutirait à diminuer la ferme netteté de ses négations» ⁵. Discorso nerboruto ma erroneo, come si vedrà; e per incominciare, se a suo sostegno Adam trova in Sade intimamente connesse la concezione teista e dispotica, - «l'idée de Dieu est inséparable d'un état social d'injustice et de violence»⁶ -c'è da ribattere che nello stesso Sade il dispotismo è connesso intimamente anche all'ateismo. Nel suo pensiero (pensiero?) vi fu, certo, una evoluzione, o permeglio dire una involuzione, dal materialismo naturalistico virtuoso a un materialismo naturalistico criminale tra il 1782 e il 1787 (Les 120 Journées de Sodome furono finite il 28 novembre 1785), ma per procedere a questa inversione del tutto immotivata e immotivabile, aprioristica se non gratuita, bisognava pure che fosse almeno latente, in Sade, una tendenza a personalizzare il divino, o, in sua mancanza, una specie qualsiasi di antidivino, in un viscerale impulso di malintesa religiosità. Se così stanno le cose, la scrittura di Sade è inseribile, come altri indizi confermano, in posizione protoromantica e non razionalistica soltanto, - o è ignoranza della storia? - quindi con una apertura verso problematiche differenti.

La matrice del sadismo, come conferma Antoine Adam, sta nelle dottrine di Lamettrie e d'Holbach, dell'Homme-machine e nel Système de la nature (1748 e 1770), il cui materialismo deterministico era corretto dai concetti di umana simpatia e virtù generatrice di felicità, - essere felice consiste nel procurare felicità agli altri - che sono totalmente estranei al sistema sadista. Se nel Discours sur le bonheur dubitava già che la virtù sia sempre fonte di «bonheur», la natura era comunque «féconde, source de vie et de joie», la Mater panspermia di Toland ⁷, mentre nel sadismo è crudele, vorace, distruttiva. Come si diceva, siccome non c'è alcuna spiegazione nel processo ragionativo di Sade che giustifichi il salto, nessuna mediazione fra natura buona e natura cattiva che indichi una svolta del pensiero, né astrattamente si può in qualche modo immaginarla, è inevitabile dedurre che si trattò di una irruzione dogmatica, di un impulso irrefrenabile, connessi a un sentimento teofobico anomalo secondo qualsiasi corretto atteggiamento ateista. La questione diventa biscornuta: fu l'esperienza esistenziale di Sade a provocare lo scarto ragionativo, o questo ad alimentarne l'esperienza? Ma non solo le due ipotesi sono intercambiabili sul piano logico se non cronologico (almeno allo stadio attuale delle nostre conoscenze sulla biografia) bensì risultano dialetticamente unificate dalla connessione teoretico-pratica, per cui data quella premessa solo questa poteva essere la conseguenza, e viceversa. In tutti i suoi scritti, con precisa volontà di fare scrittura fin dal 1758 come risulta dalle Oeuvres diverses ⁸, Sade cercò di formulare un organismo coerente, impeccabile e monolitico, della prospettiva pessimista e fino a raggiungere un nihilismo, il che non può non apparire contraddittorio e inaccettabile per la intrìnseca difficoltà di dare ordine a un disordine. Bisogna quindi ammettere che il sadismo fu naturalismo ateistico, dogmatico e rovesciato, a priori ovvero uno speciale atto di fede, in certa misura nuovo, rispetto al razionalismo illuminista, in quanto scandalo della ragione.

Infatti, se non bisogna dilatare il concetto fino a travestirlo di satanismo, connotazione ottocentesca improntata a un insidioso rimpianto del paradiso perduto, Sade tuttavia non fu caso isolato nella ricerca di un supplente della divinità cattolica, e l'essere supremo di Robespierre, anche se assai lontano dal sadismo e desunto da Rousseau, fu per esempio un altro modo di risolvere il vicolo cieco, almeno politicamente parlando, dell'ateismo. La natura ateista diventò sadista quando il «philosophe» fece intervenire un coagulo di qualificazioni negative ma non per questo meno organizzate, o forzate a organizzarsi, in conformazione autonoma. Ciò permette una indagine altrettanto organica della invenzione ma non del sistema, poiché non vi è sistema le cui parti siano prive di ponti logici, ovvero di connessioni comunicanti. Il mondo di Sade è bolgia gratuitamente ermetica almeno quanto lo fu lo scrittore. Eh, peccato che Mme de Montreuil non possa verificare, oggi, a che disastro diede occasione, volendo salvaguardare la dignità della famiglia e della religione.

III. «VIE» COME «VIT»

Forse la coppia omofonica è utile almeno quanto la catena etimologica di «Sade, Sado, Sadone, Sauza», in cui per grandissima disgrazia si sarebbe perduta la zeta «qui zèbre et fustige», facendo posto alla più dolce delle dentali?⁹ Nel sadismo lo slancio vitalistico della Natura doveva riempirsi, come «vie», di un «vit» capace di prendere il posto della idea di Dio: non solo perché Sade era un libertino, e patire le conseguenze di una «débauche» in prigione o nel manicomio ne esaltava l'inoperoso strumento, ma perché coincideva con una lunga tradizione fallica, e in epoca rivoluzionaria le antichità greco-romane andarono di moda, - infine perché così decise la sua umanità di carcerato. La Natura del sadismo non poteva che essere sessuata.

Un «vit» non solo lontanissimo dall'allegro pazzo che riempiva la braghetta di Panurge, e presumibilmente anche quella celata fra le pieghe della tonaca di Jean des Entommeurs, o dalla lancia in resta delBandello, - il che è storiograficamente di facile comprensione - ma dai giuochi di un altro libertino (che però dal carcere riusciva a fuggire senza lasciarsi riprendere) quando raccontava di una ingenua fanciulla: «Signore, me ditelle, sono incantata di vi vedere in buona salute. - Je vous remercie, mademoiselle; mais pour traduire je suis charmée, il faut dire ho piacere, et pour rendre de vous voir il faut dire di vedervi. - Je croyais, monsieur, qu'il fallait mettre le vi devant. - Non, mademoiselle, nous le mettons derrière» ¹⁰. Casanova era nato solo quattordici anni prima di Sade, ma nel secondo settecento prodigo in variazioni storiche era sufficiente per passare dal divertimento avventuroso alla crisi protoromantica, da una scrittura eufemistica alla scrittura aspra, priva di schermi e sottintesi. Il meccanismo formativo della erotografia sadiana si conferma così connesso allo scarto ragionativo poiché parallelamente alla idea di Natura mostruosa, e affermando assoluta preminenza nel rapporto con qualsiasi altro aspetto della condizione umana, il «vit» si dilatò fino a occupare ogni angolo della realtà, non solo ratificando il primato del settecentesco «rendre heureux» ma sostituendolo con la brutalità lessicale della «décharge». Il fallo, in Sade, divenne totalitario, espellendo tutta la restante antropologia.

La espulse ma la utilizzò: eticamente perché la virtù era necessaria al trionfo del vizio, il quale altrimenti non avrebbe saputo di che trionfare; socialmente perché la comunità è serbatoio di materia prima, da consumare al banchetto libertino. Come vedremo meglio in seguito, è il punto in cui il sadismo provoca, in rigorosa conformità con una cosmogonia del massacro, la completa e irreversibile catastrofe politica. Sade crede infatti di poter pensare che il «philosophe», quale egli si reputava, dovesse modellare il proprio comportamento sul prototipo naturalistico, ed essendo il suo naturalismo elaboratore di sempre rinnovata materia nella morte, concretare in modo ripetitivo analoga operazione per mezzo di una altrettanto sistematica proposta criminosa. In questo Sade non poteva essere più lontano dagli ideali repubblicani o, nella più vasta accezione, democratici, affermando anzi una sorta di dottrina della demofagia a opera di pochi, e in stretta concomitanza con una volontà «divina». Ne deriva che l'umanità sarebbe mero deposito di carni più o meno ben disegnate, prescelte secondo le finalità di godimento dell'operatore, ed è veramente imbarazzante chiedersi cosa accadrebbe in un mondo tutto convertito al sadismo poiché inevitabilmente non esisterebbe più alcun modo di professarne la filosofia, e per poter ricominciare occorrerebbe, in maniera paradossale, insegnare la virtù, ovvero produrre dei virtuosi, allo scopo di alimentare le forniture.

Secondo questa prospettiva Sade superò quindi assai presto la semplice adesione al materialismo, e se ne adottò pedissequamente il lessico, facendo risiedere la ragione nella glandola pineale, o il meccanismo del piacere nella irritazione dei nervi, cioè identificando l'attività psichica con gli organi corporei, - ciò che agevolava sia lo smontaggio che la distruzione della macchina umana - nella narrazione analitica raggiunse livelli di alta (acuta) tensione con strumenti retorici accrescitivi, adeguati alla motivazione naturalistica abnorme: la moltiplicazione, la variazione, la complicazione, soprattutto la ripetizione, l'accumulo e l'amplificazione. Benché siano caratteristiche comuni alla letteratura erotica in genere, all'Aretino come a Cleland o a Miller (Sexus), in Sade spiccano per particolare improbabilità, ovvero per potenziale immaginifico. Ancora una volta c'è da dire che l'operazione riduttiva dell'umano a felicità («bonheur») e della felicità a soddisfacimento sessuale imponeva allo scrittore l'esclusivo catalogismo di tutte le combinazioni erotografiche, e quindi, con la esclusione di ogni altra sfera di attività, quella erotica era costretta a compensare ogni mancaza, a mimare nella intensità quantitativa e qualitativa la varietà problematica dell'essere. Da ciò deriva la impressione di monotonia persistente in stesure diverse della medesima opera, - esempio tipico sono Les infortunes de la Vertu redatte alla Bastiglia fra il 23 giugno e l'8 luglio 1783, il cui manoscritto fu scoperto da Apollinaire nel 1909, la Justine ou les Malheurs de la Vertu del 1791, la Nouvelle Justine del 1797 - che nella successione si allarga approfondendo e complicando. Il cumulo figurativo ingrossa autogeno, in colossale erezione, perché si manifesta trasgressivo della norma, risposta al divieto, allarme e contrapposizione di reiterato slogan. Non poteva esservi, nel sadismo, uno svolgimento tematico. La situazione erotica è unica, la sua drammaticità priva di scampo, una ferrea solitudine, - appunto - carceraria.

Qui cade opportuno un chiarimento sulla gravità della psicopatia di Sade quale risulta dai documenti e dalle deduzioni, pur senza invadere competenze della psicologia, della psicanalisi, - da non coinvolgere senza specifiche motivazioni metodologiche nella indagine critica - o della medicina legale. Qualora si chiedesse sic et simpliciter se il Marquis de Sade manifestò tendenze degenerative della libido, sarebbe difficile negarne l'evidenza non tanto per gli accadimenti accertati da testimonianze, confessioni e atti processuali, quanto per l'impulso incontrollabile cui evidentemente non solo non riuscì a resistere, ma che non cercò di mascherare in alcun modo. E vero che per il libertinismo, nel diciottesimo secolo, era reprensibile l'adozione di qualsiasi schermo come segno di ipocrisia, ma egli avrebbe pur dovuto accorgersi che stava diventando il capro espiatorio di inimicizie estranee ai fatti (come quella del Premier Président de Maupeou all'epoca della vicenda di Rose Keller) o di una tentata diversione della pubblica opinione da scandali ben diversamente clamorosi. È quindi probabile che non riuscisse a fare alcun calcolo di prudenza, provvisto altresì di una aristocratica presunzione di impunità, che per altro (senza il definitivo irrigidimento della Présidente) gli avrebbe permesso di vivere assai meno perseguitato. D'altronde, non ostante le molte digressioni mediche intorno alla liceità della conformazione psichica sadomasochista, - la donna godrebbe nella sofferenza, l'uomo nel vederla, almeno un poco, soffrire - e non ostante la microscopia cui si sottopone il rapporto per cui senza eccezione tutti, secondo una predisposizione assai frequente in psichiatria, sarebbero psicotici, non è convincente anzi, assai spesso, sospetta l'affermazione di totale sanità del Marquis de Sade, non solo incline al rapporto sodomitico e alla verberazione amatoria, ma al cosiddetto (oggi) «amore di gruppo» (una volta si diceva orgia ma le nuove generazioni, come le vecchie, sanno cambiare solo le parole), all'omosessuale oltre che eterosessuale, alla masturbazione, infine, - meriterà un discorso a parte - alla coprofagia. Se però si vuol con questo interpretare in modo affatto negativo la biografìa di Sade, accomunandolo a un qualsiasi criminale di cui le cronache del passato e del presente ci forniscono numerosi esempi, non solo in essa non è reperibile alcun atto delittuoso ¹¹, come è stato sovente rilevato, ma risulta che esaurito l'orgasmo tornava a una normalità non priva di pentimenti e sollecitazioni riparatrici. Come ha detto Lely, fu certamente la relazione incestuosa con Anne-Prospère de Launay, sua cognata ¹², che indusse Mme de Montreuil a privarlo della libertà, con le conseguenze scritturali che vediamo. Giudicato responsabile di libri osceni, sospetto autore della Nouvelle Justine, la pessima considerazione in cui era tenuto non fece che peggiorare, in regime monarchico come in quello dei giacobini camaleonti.

Non è invece improbabile che le voci circolate a Parigi dopo la fustigazione di Rose Keller; secondo le quali «on veut qu'il ait fait cette folle flagellation en dérision de la Passion» ¹³, fossero assai vicine alla verità. La vicenda di Arcueil è forse più interessante di altre perché il Marquis de Sade era, se non alle prime armi, non troppo «roué», quindi più scopertamente spontaneo ed aggressivo. Fu proprio un caso se il giorno in cui rastrellò Rose Keller ¹⁴, alle nove del mattino, era la domenica di Pasqua 3 aprile 1768, e quindi l'infelice, durante il «supplizio», minacciata di «morte», chiese di non essere uccisa prima di aver potuto fare la comunione? Come è abbastanza risibile giudicare il comportamento di Mme Lambert, prima testimone che ospitò la vittima in fuga, sintomatico di un «sadomasochismo inconscio»¹⁵ perché non volle ascoltare il racconto di disavventure che a suo dire la turbavano, non è nemmeno molto serio definire tutta la faccenda la storia di una «fessée»¹⁶ e sottovalutare le motivazioni sadiste, sia pure come ragionamento in formazione. La scelta del giorno, di una mendicante di trentasei anni, - e dopo che le preferenze di Sade erano sempre state per donne assai più giovani - la presenza delle altre due prostitute nella casa, la risposta di Sade alla Keller, - «à quoy le dit particulier luy a répondu qu'il la confesseroit et même a voulu l'y obliger» - sono fatti che coincidono perfettamente con una professione di fede sadista e libertina. Si trattò di un simulacro in atti e operazioni dissacratori, coincindenti con la scelta teofobica. Se la psicopatia del Marquis de Sade è quindi irrefutabile, non si tradusse però in azioni di grave rilevanza penale, bensì in idee e intenzioni. Ciò non sfuggì forse agli organi del potere costituito, e rese più inflessibile il rimedio.

Fu rigore meritato? La società settecentesca e la stessa famiglia di Sade non erano mattoni da sacrestia. Il primo amore del Marquis, non privo di sinceri risvolti appassionati, Mlle Laure-Victoire-Adeline de Lauris, come risulta dalla lettera del 6 aprile 1763, era affetta da malattia venerea che trasmise all'amante, e Sade minacciò di rivelarlo in un impeto di gelosia probabilmente assai fondato: «Je t'avoue que je ne le cacherai pas à mon rival, et ce ne serait pas la dernière confidence que je lui ferais» ¹⁷ ; Jacques- François-Paul-Aldonse, abbé de Sade, nato nel 1705 e zio del nostro eroe, era di forte «complexion amoureuse» anche a detta di Voltaire (ciò spiega il suo atteggiamento comprensivo di fronte alle scapestrataggini del nipote) e se da un lato fu elegante umanista nei Mémoires pour la vie de François Pétrarque ¹⁸, - il Petrarca, per via della poetica Laura de Noves sposata a Hugues de Sade e che fece testamento il 3 aprile 1348, era parte, per così dire, della famiglia - dall'altro non fu insensibile nemmeno alla medesima «chanoinesse» Anne-Prospère de Launay, scrìvendole con audace variazione della epistolografia galante: «Si vous continuez d'en faire de cette espèce, je ne serai plus maître de moi: je rassemblerai tous mes feux, j'irai fondre toutes vos neiges et j'en ferai un torrent qui vous inondera» . ¹⁹ della Marquise de Sade, la quale condivise certi giuochi erotici del marito almeno all'epoca della «affaire des petites filles», tra il dicembre del 1774 e il gennaio 1775, e dopo avere preso con molto «spirito» la intromissione della sorella? Anche la severità del padre Comte de Sade, soprattutto in questioni di danaro, non era impenetrabile. Infine, a scorrere i rapporti dell'ispettore Marais, si ha l'impressione che nobili e ricchi borghesi fossero numerosi nella concorrenza a Sade, M. Douet de la Boulay, il Sieur de Penne, M. de Saint-Contest, M. de Sénac «fermier général», M. Hocquart de Coubron, e molti altri, gareggiando per i favori della Beauvoisin, della demoiselle Rivière, o della infelice Colet, Collet o Colette. Vi erano topici di approccio epistolare di cui Sade abusava sperando che a nessuna delle prescelte venisse in mente di confrontare le lettere: «Vous voir et vous aimer, Mademoiselle, est l'ouvrage d'un moment», scriveva a una, e «Il est difficile de vous voir sans vous aimer, et plus difficile encore de vous aimer sans vous le dire» all'altra, che evidentemente meritava un fiore in più. Non c'era quindi ragione né di meraviglia né di scandalo per un «caso» che non lo era affatto, precedendo di molto la prospettiva amorosa del lirismo romantico, fatta di dolore, sacrificio e gelosia, e ancor più lontano, non ostante qualche superficiale accostamento, dalla promiscuità funzionale e commercialista della sessuologia ultimo grido.

IV. SCHEMA IN PIANO

1. Dentro il Settecento

Quindi l'opera sadista e la sua animazione rappresentativa, vista in planimetria, appartiene intera al Settecento, protoromantica, come si disse, per quel tanto che risentì della crisi di un trapasso, non di una qualsiasi, ma svolta di fondo per la spinta progressiva (Leopardi ne rideva amaro), il macchinismo speranzoso, la sociologia incipiente, medicina come astronomia, chimica e fisica, che assediavano il dottor Purgone, l'astrologia e l'alchimia. Si spenzolò perfino, forse, un po'fuori del secolo, o si dice ad arte da qualcuno cui viene in mente di considerarlo precursore della psichiatrìa (a Gilbert Lely è venuto), più un colpo pubblicitario che altro, con il quale si rischia di dimenticare, allora, Gilles de Rais. Nessuno inventa nulla di bel nuovo, ma bisognerebbe dire che quanto cantavano i pretoriani di Cesare, - Caesar Gallias subegit, Nicomedes Caesarem - è sadista ante litteram? Certo è che l'impulso catalogico di Sade, non lontano (non sembri irrispettoso) dalla volontà sistematrice dell'enciclopedismo, è uno sforzo organizzativo insuperato a tutt'oggi in tale materia. Ma per il resto Sade rientrava nella letteratura del tempo. Ne mimava i topici. Non sempre era un'assoluta novità, dopo Crébillon fils e soprattutto Laclos, che si guardò bene dal nominare ²⁰, il quale in fatto di erotismo, oltre che di sapienza scritturale, la sapeva più lunga di lui. Si eviti quindi ogni eccesso agiografico. Il settecento fu un grande momento storico. Lasciamo Sade là dove fu, non rischia di decrescere (anche se la storia è in disuso per alcuni strutturologi, e può essere perché temono di invecchiare in fretta e sperano di evitarlo confezionando sincronie).

2. Il rovescio e il numero

L'opera di Sade utilizzò le forme sperimentate del «romanesque», il romanzo epistolare, la memoria, lo scioglimento dialogico ai confini dell'azione teatrale, l'avventuroso, la narrazione di una o molte narrazioni. Anche l'appoggio degli accadimenti su un «pensiero» (o macchia ragionativa), in modo da farli corrispondere a una teorìa, è modulo settecentesco non solo in esempi minori in cui l'uomo di mondo indottrina un allievo prescelto e predisposto, o un'allieva da «déniaiser», ma in Rousseau che, con la Nouvelle Héloïse, stravolse una raffinata vicenda amorosa in tesi sociologica. Neppure è difficile reperire in Sade l'articolazione della «rêverie», meditazione-fantasticherìa con errabonde delucidazioni riflessive, e la connessa «promenade», o il viaggio alla ricerca del luogo in cui spalancare la recettiva sensibilità all'accoglienza del «bonheur». Ma ognuno di questi elementi è alterato o invertito da specifici connotati. Felicità è il vizio, luogo chiuso il «boudoir» filosofico, la sala riservata all'orgia, il sotterraneo-scannatoio; il viaggio è ricerca di società libertine, la «rêverie» non pausa ma acuta tensione preparatoria dell'orgasmo; il paesaggio da contemplare esclusivamente umano, anzi corporeo; la natura interessante solo quando è attiva in cambiamenti tellurici, come la zona vulcanica che Juliette e i suoi amici reperiscono intorno a Firenze ²¹provocando amplessi e «décharges». Allo schema del romanzesco Sade aggiunge infine inquadrature intenzionali, come nelle 120 Journées de Sodome, con la funzione di attribuirvi un ordine di specie allegorica, mediazioni suscettibili di articolare il macchinismo materialista in significati. E nota la inclinazione di Sade per il numero, i disperati conti che faceva per capire quale sarebbe stato il giorno della sua liberazione, le cifre (215, 179, 225, 240) scritte sul tubo del caminetto in casa di Marie Borelly detta Mariette, a Marsiglia, - erano le frustate ricevute masochisticamente? una operazione, in questo caso, di notevole ampiezza²² - l'aritmetica del romanzo di Sodoma: centoventi giornate, seicento «perversions», suddivise fra le quattro «historiennes», quarantadue oppressi e quattro oppressori, trenta vittime e sedici sopravvissuti, per un totale di quarantasei.

Il numero non era soltanto «un plaisir supplémentaire, qui est celuilà même de Vaddition... la somme devient à son tour une unité qui s'ajoute à ses composants²³ , voluttà superiore perché idea matematica, bensì forma del cosmo sadista che il «philosophe» attribuiva, come un ritmo interiore, alla universale bolgia. Il tumulto caotico, lo sconcerto integrale, il disordine assoluto, non potevano rientrare in un paradigma del diciottesimo secolo poiché avrebbero ostacolato la dimensione progressista in cui Sade, come i suoi contemporanei, credeva fermamente, - fino a sollecitare le future madri a imporre alle loro figlie la lettura della Philosophie dans le boudoir - anche se in direzione contrapposta. Il numero è quindi il principio ordinativo di una struttura antitetica, e tuttavia matematicamente fondata, secondo regole coerenti, e il sadismo raffigurato in scenografica azione attraverso il rito afferma una aspirazione alla completezza, senza di che non potrebbe dilatarsi, occupare il tutto, soddisfare la esigenza della creatura umana, scomponendo e ricomponendo secondo ritmi teratologici, - ma ritmi comunque - la mescolanza molecolare della materia. Pur non escludendo la ipotesi di una ossessione come sintomo patologico, la numerazione catalogista è un altro incidente ragionativo del sadismo, contraddicendo con una ricerca di simmetria la mostruosità del principio primo: ulteriore conferma del teofobico rovesciamento, inversione come sovvertimento.

3. Coprofagia

Questa dinamica del capitombolo è descritta, disegnata, sottolineata con ogni variante nelle molte situazioni erotografiche, ed è la causa efficiente dei numerosi casi di coprofagia che perfino Gilbert Lely rimprovera a Sade, adducendo realisticamente una scarsa casistica anche in individui di pronunciata psicopatia ²⁴. Se nel soggetto normale, - una approssimativa normalità è concepibile almeno come unità di misura - permane una teorica titubanza per la collocazione escrementizia degli organi sessuali, subito superata nella indagine emotivamente offerta e ricevuta, la copulazione amorosa non adotta mai la sistematica ripulsa di una «posizione» corrispondente, - in cui parti del corpo e organi corrispondano - cioè l'amplesso secondo natura, e tiene conto di un parallelismo delle funzioni anche senza il predisposto fine procreativo. Contro natura, o per meglio dire contro la natura, è invece l'atto sadista, nel senso geometrico di prendere la base per il vertice o viceversa, il fondo per l'alto, e fino a dichiarare inconcepibile (per il libertino) diversa maniera, ovvero altro luogo in cui eiaculare. A ben vedere, posto a questo livello filosofico sessuale perché è il solo livello al quale può essere valutato, ovvero inteso, il sistema sadista che prende la bocca per vagina o lo sfintere per vagina o per bocca non è mera ripetizione né approfondimento della pratica antica bensì, in Sade, prassi da coniugare in uno con la teoresi: l'escremento in espulsione dalla sua sede è l'autentico, mostruoso, - meraviglioso - prodotto del corpo naturale, microcosmo fatto a immagine e somiglianza del macrocosmo teratologico, da ricevere, masticare, bere, digerire. Anche in questo caso al lodato vizio fa riscontro la contropartita della virtù, cioè la ingestione di cibi virtuosi senza di che la evacuazione non si produrrebbe, - e infatti il banchetto diventa sadista quando se ne sposta meditatamente la finalità, per i libertini il modo di procurarsi le energie necessarie, e per ottenere dalle vittime quella che Rimbaud chiamerà, in diversissimo contesto, la «céleste praline». Come la virtù mercificata è indispensabile al vizio che quella consuma e di cui ha quindi continuo bisogno, così il cibo rettamente ingerito è indispensabile per fornire il «piacere» della ingestione escrementizia. Nella simmetria è specificato ed esaltato il sotto-sopra della procedura ateista (ovvero, per meglio dire, controateista). Inutile aggiungere, e non per ironia, che nel sistema è contemplata la coprostasi come preparazione della fornitura.

4.Gerarchia del «trou»

La più triviale scatologia si esercita dalla notte dei tempi intorno al «trou», e il giovinastro insolente vi trova un modo di sopraffazione e lo squallido risarcimento delle sue - sessuali o meno -frustrazioni. In Sade, invece, un puntiglioso elenco opera la scelta di ano [i] e cunnus [n], ai quali si aggiunge la bocca, se nella introduzione alle 120 Journées de Sodome quest'ultima sembra essere il «troisième temple», mentre il cunnus è «un autre temple, moins délicieux sans dute»²⁵ . L'ano è quindi sodomiticamente il «trou» preferito, e il Vescovo de Blangis detestava il secondo «si souverainement que leur seul aspect l'eût fait débander pour six mois», con la sola eccezione della cognata nella speranza di averne un figlio e potersi quindi concedere la voluttà dell'incesto ²⁶. Un caso speciale, se per altro nella Philosophie dans le boudoir è addotto a maggior sostegno di questa preferenza, l'utilità di evitare la fecondazione ²⁷ , e per quanto attenuata da toni scherzosi non manca traccia di tale dispregio nel liguaggio francese familiare e grasso, per il quale Madame Guetteau-trou è la levatrice.

5. L'eiezione e l'Orca universale

Più evidente risulta siffatta semantica se confrontata alla «décharge» prodotta dalla zona vulcanica di Pietramala, cui si accennava sopra, poiché la «voluttà» è offerta da una eiezione, una espulsione dalle viscere, - duplice semantema - della terra e della creatura (sua) umana. L 'episodio è rilevante perché attuando l'accoppiamento, e perciò la «décharge», si mima Vaccoppiamento con la natura mostruosa, e il camino magmatico dal quale fuoriescono scorie è l'organo dell'Orca universale. Per questo Juliette e i compagni incontrano subito dopo un gigante rabelaisiano, - probabilmente lo fu come prima sollecitazione, seguita però da svolgimenti diversissimi - e molteplici quantità di grandezze e misure falliche, misfatti madornali e mastodontiche eiaculazioni. Il numero, nel sadismo, sta quindi a significare anche la procedura dell'ingigantimento e della molteplicità, confermandosi supplente dell'infinito, essere enormemente esteso benché non simile, per assolutezza, a nessun dio teista, quindi continuo, autarchico, sempre rinnovato dalle sue ceneri, dalle sue scorie, prevalentemente intestinale perché in quella sede opera il meccanismo digestivo e rigenerativo. La scrittura sadiana non compie, ancora una volta, una scelta pornografica ma adotta un comportamento speculativo (contraddittorio e fallace), e solo una presunta scoperta ontologica provoca soddisfacimenti sessuali. Gioia eccellente è precipitare nel cratere del Vesuvio la Principessa italiana, già compagna di orge di Juliette: un gesto sacrificale ma non sanamente primitivo, ideale (russoviano), anzi della più corrotta attività pensatorìa che Voccidente sia riuscito, finora, a foimulare.

6. Fisiognomica

Fedele alla planimetria del capovolgimento è il ritratto dei personaggi dell'azione filosofico-romanzesca, opposto al modello umano quale fu ed è concepito, attraverso la mediazione protoromantica e romantica, dalla classicità e dall'umanesimo. Una volta invertita l'idea del macrocosmo, anche la sua euritmica creatura è distrutta, deformata o esagerata, dalla violenza del «crimine» e del «vizio», cui corrisponde una fisiognomica altrettanto anomala. Per agevolarne la verifica i libertini sadisti si spogliano con stupefacente velocità, - come d'altronde con pari destrezza spogliano le vittime - e sono presentati nudi anche nelle descrizioni preliminari e introduttive, fra le quali sempre preziosa per l'indagine è quella che precede le 120 Journées; il nudo fisico è inoltre accompagnato da nudità interiori, allo scopo di sottolineare la reciprocità secondo i canoni del meccanismo materialista. Esemplare il ritratto del Due de Blangis, ricchissimo, falso, duro, imperioso, barbaro, egoista, mentitore, avido, pigro, sodomita, incestuoso, assassino, incendiario, ladro, incapace di qualsiasi pentimento, semplice «macchina mossa a suo piacere» dalla natura malvagia, e che modellava «sa conduite sur sa philosophie». Fisio gnomicamente era un erculeo colosso di cinque piedi e undici pollici (circa un metro, ottantuno centimetri e tre millimetri), dotato di superbe natiche e ovviamente di un membro di dodici pollici, ovvero un più che marchiano arnese di quasi venticinque centimetri. Non solo questo protagonista di gran lignaggio giungeva all'orgasmo schiumando, annitrendo, bestemmiando, e così fuori di sé da strangolare a volte inavvertitamente il succube della sua concupiscenza, ma un tempo capace di diciotto «décharges» quotidiane e ancora di sette almeno a cinquantanni, tuttavia pusillanime al punto di scappare dinanzi a un ragazzino solo che avesse dovuto affrontarlo a viso aperto, e tanto che, pretendendo di identificare codardia e istinto di conservazione, si era disonorato in una o due campagne. La tipologia erotografica del comportamento di Blangis è spiegata da Sade a proposito del suo congegno erettile, messo in moto dal dolore o violenta commozione altrui, per cui la massa dei nervi, con la irritazione degli spiriti animali che scorrono «dans la concavité de ces nerfs», produce «d'après cet ébranlement ce qu'on appelle une sensation lubrique» ²⁸.

Più esemplare, antitetico e allegoricamente anticlericale, appare il fratello Vescovo de Blangis, padre di Aline, dal membro smilzo quanto il corpo malaticcio, sapiente nelVamministrare la scarsa potenza sessuale centellinandola in piccole «décharges» e mantenendo così sempre accesa l'immaginazione. Con il Président de Curvai Sade scatena poi l'irrefrenabile odio contro ipubblici amministratori della giustizia, - e «pour cause» - attribuendogli un profilo scheletrico, natiche molli e cascanti simili a due strofinacci sporchi sventolanti in cima alle cosce, al cui centro si apriva un immenso orifizio somigliante più

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