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Una scommessa
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E-book43 pagine41 minuti

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Dall'incipit del libro:
Era una scura notte di autunno. Il vecchio banchiere andava da un angolo all’altro del suo studio e ripensava a come quindici anni innanzi, di autunno, egli aveva dato una serata. A quella serata erano intervenuti molti uomini intelligenti e si erano fatti discorsi interessanti. Fra le altre cose, s’era parlato della pena di morte. Gli invitati, fra i quali c’erano non pochi uomini di cultura e giornalisti, per la maggior parte disapprovavano la pena di morte.
LinguaItaliano
Data di uscita21 nov 2017
ISBN9788868812096
Una scommessa
Autore

Anton Chekhov

Anton Chekhov (1860-1904) was a Russian doctor, short-story writer, and playwright. Born in the port city of Taganrog, Chekhov was the third child of Pavel, a grocer and devout Christian, and Yevgeniya, a natural storyteller. His father, a violent and arrogant man, abused his wife and children and would serve as the inspiration for many of the writer’s most tyrannical and hypocritical characters. Chekhov studied at the Greek School in Taganrog, where he learned Ancient Greek. In 1876, his father’s debts forced the family to relocate to Moscow, where they lived in poverty while Anton remained in Taganrog to settle their finances and finish his studies. During this time, he worked odd jobs while reading extensively and composing his first written works. He joined his family in Moscow in 1879, pursuing a medical degree while writing short stories for entertainment and to support his parents and siblings. In 1876, after finishing his degree and contracting tuberculosis, he began writing for St. Petersburg’s Novoye Vremya, a popular paper which helped him to launch his literary career and gain financial independence. A friend and colleague of Leo Tolstoy, Maxim Gorky, and Ivan Bunin, Chekhov is remembered today for his skillful observations of everyday Russian life, his deeply psychological character studies, and his mastery of language and the rhythms of conversation.

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    Una scommessa - Anton Chekhov

    SEGRETO

    Una scommessa

    Anton Čechov

    1

    Era una scura notte di autunno. Il vecchio banchiere andava da un angolo all’altro del suo studio e ripensava a come quindici anni innanzi, di autunno, egli aveva dato una serata. A quella serata erano intervenuti molti uomini intelligenti e si erano fatti discorsi interessanti. Fra le altre cose, s’era parlato della pena di morte. Gli invitati, fra i quali c’erano non pochi uomini di cultura e giornalisti, per la maggior parte disapprovavano la pena di morte. Essi giudicavano questa punizione una cosa arretrata, indegna di nazioni cristiane e immorale. Secondo l’opinione di alcuni fra loro, si sarebbe dovuto sostituire dappertutto la pena di morte con la reclusione a vita.

    «Io non sono d’accordo con voi» disse il banchiere, padrone di casa. «Non approvo né la pena di morte né la reclusione a vita, ma, se si può giudicare a priori, secondo me, la pena di morte è più morale e più umana della reclusione a vita. La pena di morte uccide di un sol tratto, mentre la reclusione a vita uccide con lentezza. Qual è il carnefice più umano? Colui che vi uccide in qualche minuto o colui che vi toglie la vita nel corso di molti anni?».

    «È egualmente immorale l’una o l’altra cosa» osservò uno degli invitati «poiché raggiungono entrambe un medesimo scopo: togliere la vita. Lo Stato non è Dio. Esso non ha il diritto di togliere ciò che non può ridare, anche volendolo».

    Fra gli invitati c’era un giurista, un giovane di venticinque anni.

    Quando chiesero la sua opinione, disse: «Io giudico la pena di morte e la reclusione a vita egualmente immorali, ma se mi offrissero la scelta fra la pena di morte e la reclusione a vita, di certo sceglierei la seconda. Vivere in qualsiasi modo è meglio che non vivere».

    Nacque una disputa vivace. Il banchiere, che allora era alquanto più giovane e più caldo, a un tratto perse il controllo di sé, batté il pugno sulla tavola e gridò, rivolgendosi al giovane giurista: «Non è vero! Scommetto due milioni che voi non durereste in un carcere neppure cinque anni».

    «Se parlate sul serio,» gli rispose il giurista «allora tengo la scommessa, e ci starò non cinque ma quindici anni».

    «Quindici? E sia!» gridò il banchiere. «Signori, io metto due milioni!».

    «D’accordo! Voi mettete due milioni e io la libertà!» disse il giurista.

    E questa selvaggia, stolta scommessa si fece! Il banchiere, che allora non sapeva neppure il conto dei suoi milioni, spensierato e viziato, era entusiasta della scommessa. A cena, mise in canzonatura il giurista e disse: «Rinsavite, giovanotto, finché siete ancora in tempo. Per me due milioni sono un’inezia, ma voi rischiate di perdere tre o quattro dei migliori anni della vostra vita. Dico, tre o quattro, perché voi non durerete più di

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