Il Risorgimento d'Abruzzo, dal 1859 ai briganti
Di Nicola Monti
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Anteprima del libro
Il Risorgimento d'Abruzzo, dal 1859 ai briganti - Nicola Monti
pazienza.
Introduzione
Questo non è un testo per addetti ai lavori. E’ un testo il cui intendimento primario è quello di far comprendere un fenomeno. Fenomeno che non è univoco ed è difficilmente classificabile. E’ diretto a tutti con la speranza che anche chi non è già interessato al Risorgimento si avvicini alla conoscenza della nostra storia.
Ma perché ho deciso di occuparmi di questo argomento? Perché riprendere le fila di una storia mai veramente approfondita scrivendo un libro? Perché leggendo i testi originali dal 1859 in poi, e cercando i documenti a riprova di quanto leggevo, mi sono reso conto che nelle informazioni alla portata del cittadino, non addetto ai lavori, c’era molta superficialità. Soprattutto per gli avvenimenti del periodo risorgimentale che ci riguardano più direttamente. Difficilmente troverete altrove la concentrazione di trascrizioni documentali e la cronistoria puntuale degli avvenimenti abruzzesi. La realizzazione di questo lavoro è stata possibile grazie alla fruttuosa consultazione di decine di testi dell’epoca e di documenti d’archivio. La difficoltà più grande da affrontare, contrariamente a quanto si possa pensare, non è la ricerca o la catalogazione delle fonti. La problematica viene spiegata dallo storico De Sivo nel trafiletto di seguito.
Solendo i popoli tornar sempre agli errori medesimi, le lezioni della storia parrebbero non riuscire a niuno ammaestramento per l'umanità; nondimeno chi studia i fatti avvenuti vi trova in azione verità eterne e imperiture; perché siccome in natura tornan le piante e gli animali stessi riprodotti dal seme primiero, così nell'ordine morale, essendo una l'indole umana, si rinnovellano l'opere ne' tempi, benché con altri riscontri d'eventi. Il passato è quello che avverrà.
La storia insegna questo vero, quando dipinge la seguenza dell'esperienze involontarie che l'uman genere va facendo ne' secoli; laonde ella esercita sua potenza nelle opinioni contemporanee e posteriori, nelle opere governative, nelle sorti delle nazioni; dà norme di principii, di leggi; e mena le genti ver la perfezione sociale.
Pertanto chi scrive storia s'alza a giudice delle nazioni e de' loro reggitori, se ne fa ministro di biasimo e di lode, s'erge quasi a interprete de' santi giudizii di Dio: balda impresa che vuol magnitudine di mente e coscienza, e animo impavido e forte.¹
Scriveva bene il De Sivo. Divulgare i fatti legati alla storia richiede un animo impavido e forte perché si guardano i fatti della storia con gli occhi del presente e non con la mente del passato. E’ quindi facile trascendere in giudizi affrettati e di conseguenza non corretti. Ma lo storico deve, per quanto possibile, immedesimarsi nella storia che racconta, non solo per capire, ma soprattutto per trasmettere la storia stessa. Ed è questo il momento più ostico. Non è difficile rintracciare i documenti, è difficile epurarli dalle correnti di pensiero e rimanere dritto verso la propria meta che deve essere la verità storica. Mi è capitato di leggere i resoconti di avvenimenti descritti con il punto di vista sia degli attaccanti che dei difensori. Ebbene, i felloni, masnadieri si scambiavano le parti in egual misura. E quindi a chi dare ragione? A nessuno dei due evidentemente. Poiché è necessario riportare i fatti. Quelli documentati, e quelli soltanto.
Un altro problema che ho dovuto risolvere è stato che gli storici del passato, ma soprattutto quelli del presente, hanno spesso focalizzato la loro attenzione sull’impresa dei mille, sulle battaglie per l’indipendenza o sulle figure che hanno gestito il trapasso a quei tempi. Tenendo presente questa ottica, e con rigore imparziale, mi sono impegnato, quindi, a cercare e ad analizzare con attenzione la storia risorgimentale abruzzese. Queste vicende, solo accennate in più fonti, sono state da me datate e allineate, riscoprendo fatti e documenti che rivelano retroscena importantissimi nel panorama nazionale. Ciò che la nostra regione ha vissuto è parte fondamentale negli avvenimenti per il resto della campagna di guerra che ha portato alla nascita del Regno d’Italia. Questa ricerca è stata poco fruttuosa nella consultazione delle fonti contemporanee poiché mi è capitato di vedere che i fatti abruzzesi venivano tralasciati, o giudicati minori rispetto ad altri ed in alcuni casi nemmeno ci si preoccupava di approfondirli. La consultazione delle fonti dal 1859 al 1861 invece ha rivelato nella loro interezza l’importanza dei fatti, non solo d’arme, ma soprattutto politici e sociali dell’Abruzzo.
E’ quindi necessario riprendere le fila della storia, partendo dai primi momenti del 1859 fino alla resa della fortezza di Civitella del Tronto, per meglio comprendere il Risorgimento e per porsi degli interrogativi sull’andamento della storia che ci è poi tanto prossima. Tali interrogativi di natura storica, ma anche politica e umanitaria. Insomma gli interrogativi che si celano dietro alla lettura di questo testo non possono essere del tutto risolti. Ma ci si può fare un’idea.
Mi sento però di affermare che dopo la lettura di questo saggio, rimarrà nel lettore una certezza. Senza la storia dell’Abruzzo non ci sarebbe stata la storia dell’unità d’Italia.
Nicola Monti
¹ Storia delle due Sicilie dal 1847 al 1861 - di Giacinto De Sivo - Roma Tipografia Salviucci 1863.
Capitolo 1
Gli uomini che fecero la storia
1.1 Vittorio Emanuele II – 1.2 Francesco II – 1.3 Camillo Benso – 1.4 Carlo Filangieri – 1.5 Giuseppe Garibaldi - 1.6 Giuseppe Mazzini - 1.7 Liborio Romano - 1.8 Giovanni Gabriele -
1.1. Vittorio Emanuele II
Vittorio Emanuele Maria Alberto Eugenio Ferdinando Tommaso di Savoia, figlio di Carlo Alberto di Savoia, Principe di Carignano e Maria Teresa di Lorena. Nacque il 14 marzo 1820. Divenne re di Sardegna dopo l’abdicazione del padre nel 1849.
Perseguì il sogno dell’unità d’Italia con caparbietà. Il 10 gennaio 1859, a pochi mesi dagli accordi di Plombiers del 1858, Vittorio Emanuele II si rivolse al parlamento sardo con un discorso, poi ricordato come del «grido di dolore», il cui testo originale è conservato nel castello di Sommariva Perno.
Andiamo risoluti incontro all’eventualità dell’avvenire. Questo avvenire sarà felice, riposando la nostra politica sulla giustizia, sull’amore della libertà e della patria. Il nostro paese, piccolo per territorio, acquistò credito nei Consigli d'Europa perché grande per le idee che rappresenta, per le simpatie che esso ispira. Questa condizione non è scevra di pericoli, giacché, nel mentre rispettiamo i trattati, non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d'Italia si leva verso di noi!
Poco dopo questo discorso, al comando di 65.000 uomini dichiarò guerra all’Austria, invase lo Stato Pontificio e si riunì a Garibaldi verso Teano. Il 17 marzo 1861 il Parlamento proclamò la nascita del Regno d’Italia con a capo Vittorio Emanuele II. Fu una figura controversa, ora combattente sempre pronto a menar le mani, meno evidenti le doti politiche.
1.2. Francesco II
Francesco II, salito al trono dopo la morte del padre, Ferdinando II, fu incoronato Re del Regno delle Due Sicilie il 22 maggio 1859. Sua madre era la prima moglie di Ferdinando II, Maria Cristina di Savoia, a sua volta figlia di Vittorio Emanuele I.
Sposò nel 1859 la duchessa Maria Sofia in Baviera, sorella dell'imperatrice Elisabetta d'Austria e cugina del re Ludovico II di Baviera.
Nonostante gli stretti legami di parentela sia con i Savoia che con l’imperatrice d’Austria non riuscì a trovare l’accordo per confederare il Regno delle due Sicilie con quello Sardo. Anche se il Governo borbonico continuò le sue funzioni dall’esilio a Roma, di fatto il suo Regno finì quando abbandonò Gaeta il 14 febbraio 1861.
Il periodo in cui Francesco II fu Re è controverso. Non ebbe né la forza, né il seguito del padre e questo fattore provocò sentimenti di slealtà verso la corona. L’utilità di alcune scelte che decise di adottare, che vedremo più avanti, non mi sono chiare, ma contribuirono, a volte anche in maniera decisiva alla sua deposizione dal trono.
Durante la sua breve reggenza pagò principalmente l’inesperienza, l’isolamento del Regno delle Due Sicilie, ed il fatto di non poco conto, di non avere il carisma del padre.
1.3. Camillo Benso Conte di Cavour
Camillo Benso, conte di Cavour, nacque a Torino il 10 agosto 1810. Fu prima ufficiale dell’esercito e successivamente iniziò a viaggiare. Fu il vero artefice dell’unità d’Italia mediante un’azione politica che durò diversi anni.
Fu presidente del Consiglio dei ministri e in questa veste poté tessere i legami che scongiurarono l’intervento delle potenze europee a favore del Regno di Napoli.
Con la proclamazione del Regno d'Italia, divenne il primo presidente del Consiglio dei ministri. Disse:
L'Italia del Settentrione è fatta, non vi sono più né Lombardi, né Piemontesi, né Toscani, né Romagnoli, noi siamo tutti italiani; ma vi sono ancora i Napoletani. …... Bisogna moralizzare il paese, educar l'infanzia e la gioventù, crear sale d'asilo, collegi militari: ma non si pensi di cambiare i Napoletani ingiuriandoli. ….. Niente stato d'assedio, nessun mezzo da governo assoluto. Tutti son capaci di governare con lo stato d'assedio. Io li governerò con la libertà, e mostrerò ciò che possono fare di quel bel paese dieci anni di libertà. In venti anni saranno le provincie più ricche d'Italia. No, niente stato d'assedio: ve lo raccomando
. ²
Non fu ascoltato!! Fu liberale, anticlericale ed esponente della destra storica di D’Azeglio. Di lui si ricordano anche le idee in campo economico. Oltre al liberismo, studiò la rivoluzione industriale ed i suoi effetti. Grazie alle sue attività bancarie divenne uno degli uomini più ricchi del Piemonte. In campo politico il suo obiettivo primario fu di rendere il Piemonte uno stato costituzionale, liberista e progressista.
² citato da Giosuè Carducci in Lettere del Risorgimento Italiano
1.4. Carlo Filangieri
Carlo Filangieri, principe di Satriano, duca di Cardinale e di Taormina, barone di Davoli e di Sansoste, nacque a Cava de’ Tirreni il 10 maggio 1797. Era figlio di Gaetano, notissimo giurista ed illuminista.
Dopo gli studi, voluti dalla madre, si avviò alla carriera militare come Ufficiale di Cavalleria nel reggimento Principe Leopoldo
. Nel 1800 fu a Milano e successivamente seguì