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Sul fascismo
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E-book459 pagine4 ore

Sul fascismo

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Questa raccolta di scritti gramsciani, presentati in ordine cronologico, mette in luce l'evoluzione del pensiero dell'autore sul fenomeno fascista. Gramsci coglie progressivamente, quasi come una cronaca, i caratteri e il ruolo storico-sociale di quei fasci di combattimento, di quelle squadre d'azione che sulla scena italiana ed europea del dopoguerra costituivano agli occhi del movimento operaio un dato del tutto nuovo. Nell'interpretazione del nuovo, Gramsci si richiamò, fra i primi in Europa, al metodo di Marx. È la prima volta che un comunista si avvia su questa strada, verso una definizione del fascismo su cui più tardi, su scala europea e nell'ambito della Terza Internazionale, fioriranno dibattiti e si misureranno posizioni diverse.
LinguaItaliano
Data di uscita1 feb 2018
ISBN9788827811146
Sul fascismo

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    Anteprima del libro

    Sul fascismo - Antonio Gramsci

    Ruggieri

    Lotta di classe e guerra

    La dottrina di Carlo Marx ha dimostrato anche ultimamente la suafecondità e la sua eterna giovinezza offrendo un contenutologico al programma dei piú strenui avversari del partitosocialista, ai nazionalisti. Corradini saccheggia Marx, dopo averlovituperato. Trasporta dalla classe alla nazione i principi, leconstatazioni, le critiche dello studioso di Treviri; parla dinazioni proletarie in lotta con nazioni capitalistiche, di nazionigiovani che debbono sostituire, per lo sviluppo della storiamondiale, le nazioni decrepite. E trova che questa lotta si esplicanella guerra, si afferma nella conquista dei mercati, nelsubordinamento economico e militare di tutte le nazioni a una sola,a quella che attraverso il sacrifizio del suo sangue e del suobenessere immediato, ha dimostrato di essere l'eletta, ladegna.

    Perciò Corradini non avversa, a parole, la lottadi classe.«Sopprimere la lotta di classe, egli dice, val quantosopprimere la guerra. Non è possibile. Entrambe sono vitali,l’una all'interno delle nazioni, l'altra fuori. Servono amuovere e rifornire di materiale umano fresco, classi, nazioni, ilmondo». Ma questo saccheggio delle idee marxistiche ai fininazionalistici ha il torto di tutti gli adattamenti arbitrari;manca di una base storica, non poggia su nessuna esperienzatradizionale. Per cui dal punto di vista della logica formale iragionamenti corradiniani non fanno grinza, ma perdono ogni valorequando vogliono diventare norma di vita, coscienza di un dovere. Lastoria non ha esempi di uno uguale a uno; questa uguaglianza èformulamatematica, non constatazione di rapporto fra duerealtà affermatesi nel passato o attuali. Tizio è ugualesolo a se stesso, e volta a volta, anche; non Tizio bambino ugualea Tizio uomo adulto. E cosí la classe non è uguale allanazione e quindi non può averne le stesse leggi. Tanto veroche dopo affermato il principio, lo stesso Corradini pone talilimitazioni che finisce, senza avvedersene, col fare rovinare tuttala sua costruzione. Egli afferma che bisogna insegnare alproletariato il massimo rispetto per la produzione.

    E perproduzioneegli intende il capitalismonazionale,cioè quel complesso di attività economiche, buone ecattive, naturali e fittizie, che in parte servono ad aumentare laricchezza investita in macchine ed in aziende [una parolacensurata] i socialisti vogliono socializzare lo sfruttamento,e ingran parte vivono ai danni del benessere generale e quindispecialmente di quello proletario. E rispettare questo pare siaalquanto difficile ai proletari, i quali non fanno la lotta diclasse solamente per aumentare i salari, come crede il Corradini,ammiratore naturalmente dei riformisti nazionali, ma specialmenteper sostituire la propria classe che lavora a quella deicapitalisti che la fa lavorare. E ciò per quei principifondamentali dello spirito umano, per cui ogni uomo vuole che lasua attività siaautonoma e non subordinata alla volontà eagli interessi di estranei. E come la borghesia francese, esaltatadal Corradini, lottò per la sua autonomia economica eraggiunse contemporaneamente anche la realizzazione dell'autonomianazionale, che prima nonesisteva, cosí ora il proletariatointernazionale lotta per una cosa che ancora non esiste,perché si lotta sempre per raggiungere qualche cosache non sipossiede ancora.

    E questa nazione proletaria che è l'unificazione di tutti iproletari del mondo, supera la nazione di quanto Carlo Marx, che lasua logica nutriva di realtà storica, è superiore adEnrico Corradini, che si diverte a riempire la botte senza fondodella logica formale con i torniti periodi della lingua italiana edi quanto la lotta di classe, morale perché universale superala guerra, immorale perché particolaristica, e fatta non pervolontà dei combattenti, ma per un principio che questi nonpossono condividere.

    Il riformismo borghese Avanti, ed. piemontese, 5 dicembre 1917. Non firmato.

    LaGazzetta di Torinoha finalmente trovato un direttore:il signor Italo Minunni. LaGazzetta di Torinoassumecosí, finalmente, un carattere netto e preciso.

    Il signor Italo Minunni vieneallaGazzettadallaPerseveranzadi Milano, ed eraandato allaPerseveranzadall'Ideanazionale. Ma non è la sua carriera giornalistica che ciimporta. Ci importa notare un fenomeno che in questa carrieraè anche esteriormente marcato. Lo sviluppo del nazionalismo inItalia ha segnato e sta segnando il sorgere della classe borghesecome organismo combattivo e cosciente. Finora abbiamo avuto inItalia una borghesia politica, senza programmi chiari ed organici,senza attività economica coerente e rettilinea. Le grandibattaglie politiche-economiche, che si sono verificatenegli altripaesi sono sempre ignorate in Italia appunto per questo.

    [Otto righe censurate]

    Il nazionalismo sta dando coscienza di sé alla classeborghese.L'Idea nazionaleè, da questo punto di vista,il giornale piú importante d'Italia(dopol'Avanti!):è riuscito a dare il la a tutta lastampa borghese italiana. È il fornitore di idee, di spuntipolemici, di coraggio per tutta la stampa borghese italiana. Edè diventata anche l'incubatrice di energie giornalistiche chesciamano dalla sua redazione e galvanizzano le gelatinose colonnedegli altri giornali borghesi. Una di queste energie è appuntoItalo Minunni, che a Torino sosterrà le ragionideltrustdi Dante Ferraris. Non è un economista,quantunque sia specializzato in «articoli» economici.È un audace, è uno spregiudicato, è un«muso» duro. È un documento vivo dell'impotenzaliberale italiana, se non dell'idea liberale. Rappresenta, inconfronto dell'idea liberale, un pensiero immaturo, un pensieroconfuso e inorganico che si impone con l'audacia.

    Tra l'idea liberale e l'idea nazionalista c'è la stessadifferenza che tra il socialismo rivoluzionario e il riformismo. Inazionalisti, come Italo Minunni, sono i riformisti dellaborghesia. La borghesia italiana, nel suo sviluppo, è arrivataappena allo stadio corporativista. I nazionalisti sono i paladinidei «diritti» delle corporazioni borghesi che fannocoincidere, naturalmente, coi «diritti» della nazione,cosí come molti riformisti fanno coincidere con tutto ilproletariato una o un'altra categoria dilavoratori, per la qualebrigano e cercano strappare dei benefici.

    Il riformismo nazionalista si esprime specialmente nelprotezionismo, che è conquista di benefici particolari a dannodell'intiera classe produttrice borghese e a danno di tutti iconsumatori. I siderurgici, i cotonieri, gli armatori, gli agrarisono le quattro categorie borghesi che il riformismo nazionalistasostiene, e ai rappresentanti delle quali chiede che lo Stato dia imezzi per arricchire privatamente a danno dell'industria edell'agricoltura e a danno dell'intiera nazione. Ora questoriformista si occupa anche di alcuni ceti proletari. Filippo Carli(anch'egli covato nella redazione dell'Idea nazionale) hateorizzato i futuri rapporti fra capitale e lavoro:

    [cinque righe censurate].

    Nello stesso numero dellaGazzetta di Torinoincui ItaloMinunni fa la sua presentazione, Filippo Carli stampa appunto laconclusione di un suo studio — presentato al Congresso diParigi delle Camere di commercio interalleate —sull'organizzazione dell'industria dopo la guerra, dal punto divista dei rapporti tra capitale e lavoro. Luigi Federzoni haaderito e ha sostenuto nell'Ideanazionalela proposta di legge Ciccotti peruna distribuzione di terre incolte (senza una distribuzione dicapitali per metterle in valore) ai contadini reduci di guerra.

    Ora questo riformismo pianta le sue tende anche a Torino.Conquisterà probabilmente la classe borghese. Il liberalismo,che pure come pensiero è superiore a questo conglomerato diretorica e di voracità parassitaria, non avrà il coraggiodi contrastargli il terreno, e se volesse non riuscirebbe.

    Il liberalismo dovrebbe aspettare che i borghesi, dalcorporativismo, dallo spirito di categoria, arrivassero fino allacomprensione della classe, degli interessi totali della classe, chepossono anche domandare il sacrifizio delle categorieparassitarie.

    [Undici righe censurate]

    Cavour e Marinetti Il grido del Popolo, 16 marzo 1918. Non firmato.

    È stato lanciato un nuovo programma politico. Eccolo nellesue partiessenziali:

    Lotta contro l'analfabetismo. Viabilità. Costruzionedì nuove strade e ferrovie. Scuole laiche elementariobbligatorie con sanzioni penali. Insegnamento tecnico obbligatorionelle officine.

    Parlamento: equa compartecipazione di industriali, agricoltori,ingegneri e commercianti al governo del paese — limite minimodi età per la deputazione portato a 22 anni; abolizione delSenato.

    Dopo un periodo di prova, un Parlamento cosí compostopotrà essere abolito, per giungere a un governo tecnicosenzaParlamento, composto di 20 tecnici eletti mediante ilsuffragio universale e controllato da un'Assemblea di 20 giovaninon ancora trentenni, anch'essi eletti col suffragiouniversale.

    Abolizione dell'autorizzazione maritale. Divorzio. Suffragiouniversaleuguale e diretto a tutti i cittadini, uomini e donne.Scrutinio di lista a larga base. Rappresentanza proporzionale.

    Costituzione di un vasto demanio mediante la proprietàdelle Opere pie, degli Enti pubblici e con la espropriazione ditutte le terre incolte e mal coltivate.

    Energica tassazione dei beni ereditari e limitazione dei gradisuccessori.

    Imposta diretta e progressiva con accertamento integrale.

    Libertà di sciopero, di riunione, di organizzazione, distampa.

    Trasformazione ed epurazione dellapolizia. Abolizione dellapolizia politica. Abolizione dell'intervento dell'esercito perristabilire l'ordine.

    Giustizia gratuita e giudice elettivo.

    I minimi salari elevati in rapporto alle necessità dellaesistenza. Massimo legale di 8 ore di lavoro. A uguale lavorouguale salario per gli uomini e le donne. Trasformazione dellabeneficenza in assistenza e previdenza sociale. Pensionioperaie.

    Sequestro della metà di tutte le sostanze guadagnate conforniture di guerra.

    Esercito: mantenerlo fino allo smembramento dell'imperoaustro-ungarico, per quindi diminuirne gli effettivi al minimo.

    Religione: anticlericalismo integrale; espulsione dei preti, deifrati e delle monache.

    Amministrazione: riforma radicale della burocrazia, divenutaoggi fine a se stessa eStato nello Stato. Sviluppo delle autonomieregionali e comunali. Decentramento. Diminuire gli impiegati di dueterzi, raddoppiando gli stipendi. Concorsi difficili ma nonteorici. Dare ai capi-servizio la responsabilità diretta.Principio elettivo nellecariche maggiori.

    Sviluppo della marina mercantile e della navigazione fluviale.Canalizzazione delle acque e bonifiche. Difesa dei consumatori.

    Questo programma è stata scritto da Filippo TomasoMarinetti per conto del nuovo partito politico futurista.Sfrondatodelle amplificazioni verbali, delle imprecisioni di linguaggio, diqualche lieve contraddizione, esso non è altro che ilprogramma liberale che i nipoti di Cavour avrebbero dovutorealizzare per i migliori destini d'Italia. Ma i nipoti di Cavourhanno dimenticato gli insegnamenti e le dottrine del loro antenato.Il programma liberale sembra cosí straordinario e pazzesco chei futuristi lo fanno proprio, persuasi di essere originalissimi eultra-avveniristici. È lo scherno piú atroce delle classidirigenti. Cavour non riesce a trovare in Italia altri discepoli eassertori che F. T. Marinetti e la sua banda di scimmieurlatrici.

    Nazionalismo rivoluzionario

    La malafede degli innovatori popolareschi —scrive MaurizioMaraviglia nell'Idea nazionale— ha accreditato ilpreconcetto che il nazionalismo sia una dottrina conservatrice, laquale tende a mantenere e consolidare i privilegi di classe.

    Il nazionalismo è invece essenzialmente rivoluzionario,anzi la solaveradottrina rivoluzionaria, perché hacome punto di riferimento la nazione — nella sua unitàpolitica, economica e spirituale —, mentre le altre dottrinenon hanno punto di riferimento o ne hanno uno molto minore: laclasse, il partito, la fazione, e magari le persone proprie deglistessi innovatori. Il nazionalismo è principio d'energia ecome tale non rifugge dalle piú ardite innovazioni: uneconomista nazionalista — Filippo Carli —si èfatto banditore del «partecipazionismo» edell'«azionariato sociale», e la sua propaganda hatrovato larga eco nel campo nazionalista.

    Maurizio Maraviglia, come gli altri nazionalisti, crede averesaurito trionfalmente la sua dimostrazione, affermandola«storicità» del punto di riferimento della suadottrina. Ma le affermazioni hanno valore dogmatico, ed èquesto uno strano modo di essere storicisti e rivoluzionari. Ladistinzione effettiva tra la dottrina nazionalista e le altredottrine è implicitamente posta dal Maraviglia stesso in unaquestione di «dignità», non di storicità; lanazione èpiú degna della classe, dei partiti, dei singoliindividui. Il rivoluzionarismo internazionalista si riduce quindiad un'elegantissima questione retorica, similein tutto allequestioni che i vecchi letterati facevano nel bel tempo antico perstabilire la maggiore dignità di un genere poetico piuttostoche di un altro, di un'opera d'arte piuttosto che di un'altra.

    Nella storia non c'è il piú o il meno degno: c'èsolo il necessario, il vivo e l'inutile, il cadavere. La classe, ilpartito, hanno altrettanta dignità che la nazione; essi anzisono la nazione stessa, che non è un'astratta entitàmetafisica, ma concreta lotta politica di individui associati peril raggiungimento di un fine. Il fine è l'unica discriminantepossibile di «dignità». E il fine non è unfatto, ma un'idea che si realizza attraverso i fatti. Finerivoluzionario è la libertà, intesa come organizzazionespontanea di individui che accettano una disciplina per trovar inmodo piú adeguato e idoneo i mezzi necessari allo sviluppodell'umanità spirituale loro; intesa come massimo incrementodell'individuo, di tutti gli individui, ottenuto autonomamentedagli individui stessi. I nazionalisti sono conservatori, sono lamorte spirituale, perché di «una» organizzazionefanno la «definitiva» organizzazione, perché hannoper fine non un'idea, ma un fatto del passato, non un universale,ma un particolare, definito nello spazio e nel tempo.

    Il rivoluzionarismo nazionalista è pertanto soloconfusionarismo. Se i partiti, le classi, gli individui sononecessari storicamente, hanno un loro compito da svolgere, ilproporsene l'annullamento significa anche annullare il punto diriferimento cui si dice di tanto tenere: la nazione. E il finereale cui i nazionalisti effettivamente rivelano di tendere nonè altro che il consolidamento e la perpetuazione dei privilegidi un ceto economico: gli industriali odierni, e di un cetopolitico, quello costituito dalle loro proprie persone di sedicentiinnovatori. A danno delle energie economiche e politiche che lalotta politica, nel libero giuoco della concorrenza, puòsuscitare e avvalorare. A danno della nazione, che non èalcunché di stabile e definitivo, ma è solo un momentodell'organizzazione economico-politica degli uomini, è unaconquista quotidiana, un continuo sviluppo verso momenti piúcompleti, affinché tutti gli uomini possano trovare in essa ilriflesso del proprio spirito, la soddisfazione dei propri bisogni.Essa si èallargata dal Comune artigiano allo Stato nazionale,dal feudo nobilesco allo Stato nazionale borghese, in una affannosaricerca di libertà ed autonomie. Tende ad allargarsimaggiormente, perché la libertà ed autonomie realizzatefinora non bastano piú, tende a organizzazioni piú vastee comprensive: la Lega delle Nazioni borghesi, l'Internazionaleproletaria,

    Il rivoluzionarismo nazionalista, la storicità delladottrina nazionalista è retorica e confusione.

    Un romanzo economico-politico

    Il nazionalismo èprincipio di energia e non rifugge dallepiú ardite innovazioni. Una di queste ardite innovazionisarebbe, per il Maraviglia, il «sindacalismo integrale»di Filippo Carli.

    Filippo Carli ha scritto, in numerose puntate, un deliziosissimoromanzoeconomico-politico. È una costruzione ciclopica, quelladel Carli, che non trascura nulla:l'economia, la finanza, lamorale, la politica vi trovano il loro piano prestabilito. Trascurauna cosa sola: la storia, e la storia italiana in particolare. PerilCarli il maggior delitto che si sia perpetratoin omnibussaeculis saeculorumè l'assassinio delle corporazioniartigiane medioevali. Il suo sindacalismo integrale non èinfatti che una programmazione delle corporazioni, ed èintegrale perché non limitatoai comuni, ma esteso a tutta lanazione.

    Il Carli propugna nient'altro che la instaurazione di uno Statosecondo ragione, uno Stato a priori, estratto dalla coscienza dellaclasse dirigente. In esso si arriverebbe alla soppressione dellalotta di classe, della cosí detta faziosità, dellademagogia. Perché queste terribili cose non esistevano, per ilCarli, nel Comune medioevale. E infatti non esistevano nel Comunecome circoscrizione territoriale chiusa (almeno in determinatiperiodi), ma esistevano tra ilComune e il castello feudale, tral'artigiano e il signore feudale, tra la città e ilcontado.

    Le classi si trovarono, in certi momenti, ad essere divise ancheterritorialmente, ecco tutto, ed è naturale che in seno a ognicomunità territoriale non esistesse lotta di classe,perché la comunità era omogenea e la lotta di classe erala guerra intercomunale, o tra guelfi e ghibellini. Larestaurazione del corporativismo, il sindacalismo integrale, non haquindi alcun punto di riferimento storico nel passato, che non siaillusorio e arbitrario.

    Né per il presente la sua arbitrarietà è minore.Il proletariato dovrebbe rinunziare alla lotta politica. La suacollaborazione sarebbe ottenuta mediante la«compartecipazione» e l'«azionariato sociale»:il proletariato economicamente dovrebbe diventare solidale con laborghesia, equindi non pensare piú alla rivoluzione sociale,all'abolizione dei privilegi. Il proletariato sarebbe sottoposto auna «cultura» intensiva, sarebbe educato allacomprensione dei fini sociali diproduzione e di vita nazionale. IlCarli ha dell'educazione e della cultura un concetto molto vago edempirico: le immagina come veste esteriore, come abito da festa perla fiera nazionalistica. Esse infatti porrebbero come fineeducativo due esteriorità,due fatti, la nazione e laproduzione, mentre queste sono strumenti di vita morale, non finimorali. La nazione-ipotesi del Carli dovrebbe essere una Germaniaabitata da italiani; uno Stato germanico nel quale gli italianialla barbarie morale sostituirebbero la gentile civiltàlatina; un luteranesimo cattolico, una botte per aceto riempita dimarsala.

    Dilettantismo nazionalista

    Il Carli appartiene a quel certo numero di studiosi che, perl'ammirazione che hanno per certi fenomenieconomico-politicitedeschi, finiscono col confondere in essi tuttala vita tedesca, tutta l'attività tedesca. Non tengono contodelle screpolature, degli antagonismi che esistono anche inGermania; immaginano che la Germania debba perpetuare il suosistema attuale e, perfezionato, propongono questo sistema amodello universale. La verità è alquanto diversa, e anchein Germania la borghesia stava subendo fatalmente la sua evoluzioneliberale, stava distruggendo le sue corporazioni: la guerra èstata il massimo tentativo di conservazione di un sistemaantieconomico di produzione, il tentativo di integrareildeficitsociale col bottino della vittoria. Il Carli,ipnotizzato dalle apparenze, confonde queste col tessuto storicovivo, e la suaopera letteraria, che pure si presentairta didimostrazioni, filata logicamente, e viziata dal dilettantismo,dall'amplificazione gratuita, dall'astrattismo ideologico.

    Ardita innovazione davvero! Ma il Maraviglia stesso ne fagiustizia. Il Maraviglia chiama «ardita» l'innovazione,ma non l'accetta, e non si comprende l'aggettivo se appunto non cisi rifà al dilettantismo e al metodo accademico delledimostrazioni nazionaliste: si chiama «ardito» ancheciò che si ritiene falso, si porta a comprovare l'energiavitale di una dottrina una costruzione che si giudica barocca einconsistente. Il Maraviglia chiamerebbe questo metodofaziosità e demagogismo nei socialisti. Nei nazionalisti noici accontenteremo di chiamarlo confusionismo e dilettantismo.

    Il regime dei pascià Avanti!,ed. piemontese,il 28 luglio 1918, in "Sotto la Mole".

    L'Italia è il paese dove si è sempre verificato questofenomeno curioso: gli uomini politici, arrivando al potere, hannoimmediatamente rinnegato le idee e i programmi d'azione propugnatida semplici cittadini.

    Quando l'on. Orlando proibisce il congresso del partitosocialista, egli continua questa tradizione gloriosa. Infatti l'on.Orlando è un santone del liberalismo, e nei libri, nelledefinizioni contenute nei libri essere liberali significa:governare col metododella libertà, essere persuasi che gliavvenimenti si verificano solo quando sono necessari ed èperfettamente inutile avversarli, che le idee e i programmid'azione trionfano solo quando corrispondono a bisogni e sono losvolgimento di premesse solidamente affermatesi, pertantoirriducibili e incoercibili, essere persuasi che il metodo dellalibertà è il solo utile perché evita conflittimorbosi nella compagine sociale. Ma l'on. Orlando diventapresidente del consiglio e il suo liberalismo un errore digioventù.

    Cosí l'on. Nitti. Il finanziere F. S. Nitti è semprestato un liberista: deputato d'opposizione ha pronunziato vigorosidiscorsi di critica costruiti su idee larghissime di libertàeconomica, sulla teoria che lo Stato non deve mai immischiarsinell'attività privata commerciale, non deve farsi distributoredi ricchezze, non deve farsi promotore di consorzi e monopoli.Diventato ministro, l’on. Nitti propugna il cartello dellebanche, fa da levatrice alla nascitadi elefantiaci bambinelliindustriali,che vivono solo in quanto abbondantemente sfamatidall'erario nazionale.

    Cosí Giolitti, cosí Crispi, cosí tutta latradizione gloriosa del nostro geniale paese.

    Perché questo fenomeno? È solo esso dovuto allamancanza di carattere e di energia morale deisingoli?

    Anche a ciò, indubbiamente. Ma esiste anche un perchépolitico: i ministri non sono mandati e sorretti al potere dapartiti responsabili delle deviazioni individuali di fronte aglielettori, alla nazione. In Italia non esistono partiti digovernoorganizzati nazionalmente, e ciò significa che inItalia non esiste una borghesia nazionale che abbia interessiuguali e diffusi: esistono consorterie, cricche, clientele localiche esplicano un'attività conservatrice non dell'interessegenerale borghese (che allora nascerebbero i partiti nazionaliborghesi), ma di interessi particolari di clientele localiaffaristiche. I ministri, se vogliono governare, o meglio sevogliono rimanere per un certo tempo al potere, bisogna s'adattinoa queste condizioni: essinon sono responsabili dinanzi a un partitoche voglia difendere il suo prestigio e quindi li controlli e liobblighi a dimettersi se deviano; non hanno responsabilità disorta, rispondono del loro operato a forze occulte, insindacabili,che tengono poco al prestigio e tengono invece molto ai privilegiparassitari.

    Il regime italiano non è parlamentare, ma, come èstato ben definito, regime dei pascià, con molte ipocrisie emolti discorsi democratici.

    Covre Avanti!, ed. piemontese, il 19 marzo 1919, in "Sotto la Mole".

    Falsi capitani, falsi tenenti, falsi eroi, falsi mariti: lacronaca diventa ogni giorno piú ricco repertorio di spuntinovellistici e farseschi. Ma la cronaca del falso capitano, falsotenente, falso ardito, falso eroe del Montello, LuigiCovre, èalquanto diversa dalle altre. Covre non è un avventurierecomune. Covre è un «eroe» sociale, è unindividuo rappresentativo, ha rappresentato per otto giornil'«anima» collettiva della classe dirigente torinese,è stato per otto giorni il dittatore di Torino, ha sostituitoil prefetto, ha sostituito l'eccellenza sua generale del Corpod'armata, ha esercitato funzione stataria. Ed era un avventuriero,un falso capitano, un falso tenente, un falso ardito, un falso eroedel Montello, ed era stato licenziato dalla Cassa di risparmio edenunciato per truffa, licenziato dalla Cassa di risparmio dellaquale è presidente il senatore di Cambiano, il marcheseFerrero di Cambiano, proprio il senatore marchese Ferrero diCambiano che presiede l'Unione liberalemonarchica, proprio ilsenatore marchese che presiede l'organizzazione politica dellaclasse dirigente torinese e il quale parlò ad una riunione diufficiali, chiamati a rapporto nel salone Ghersi in seguito alleimprese da Masaniello gallonato del falso capitano, ecc., ecc.,avventuriero truffatore Luigi Covre.

    Perché Masaniello Covre poté, per ben otto giorni,scorrazzare le vie e le piazze di Torino col suo codazzo di armatidi coltello, potè capeggiare un pronunziamentocontro laprefettura, potè oltrepassare, le tasche piene di sassi, inun'automobile «ufficiale», il cordone di carabinieri checircondava la Casa del popolo di corso Siccardi, poté lanciarei sassi nel salone gremito di operai, di donne, e di bambini,potè [cinque righe censurate]? Perchénon fuarrestato, perché il senatore marchese di Cambiano non loindicò come un truffatore, il senatore marchese che presiedela Cassa di risparmio e l'organizzazione politica della classedirigente di Torino? No, non è un avventuriere comune questofalsocapitano Luigi Covre; Torino non è una trattoria dove unfalso eroe riesca a sbafare cibi e vini; il prefetto, l'eccellenzasua generale del Corpo d'armata non sono ingenui filistei che sipossano lasciar abbagliare dal luccichio di medaglie e didiscorsetti; gli assembramenti che applaudivano le concionicannibalesche di questo avventuriere tra il Masaniello e ilCoccapieller, non erano lazzaroni napoletani affamati dalla gabellasulle frutta, o artigiani romaneschi incantati dalla fraseologiademagogicadi un paranoico della politica.

    [Quattro righe censurate]. E Torino ebbe il suoMasaniello, ebbe il suo Coccapieller, Luigi Covre, che non èun avventuriere comune, non è un volgare scroccone, ma uneroe, un eroe sociale, un uomo rappresentativo, il qualecontinua laserie di quegli eroi rappresentativi che nella Terza Italia,nell'Italia del capitalismo, abbondano piú dei Cromwell, deiMartin Lutero e dei Mazzini.

    Spagna Testo largamente censurato nell'Ordine Nuovodel 1° maggio1919; ripubblicato col titolo:Un paese senza Stato, e con alcune integrazioni al posto dei brani censurati, sull'Avanti!, ed. piemontese del 6 maggio 1919. Tra parentesi quadre riportiamo i

    La crisi in cui si dibatte la vita politica spagnuolas'èiniziata il 1° giugno 1917 col pronunciamentopretoriano dei Comitati (Juntas) di difesa militare, chedeterminarono lo scoppio di uno sciopero generale rivoluzionario,soffocato con la strage nell'agosto successivo.

    I rapporti di classe si sono profondamente modificati in Ispagnaper effetto della guerra mondiale: si è formata una classenuova di proprietari, per lo spostarsi della ricchezza nazionalenelle mani dei nuovi ricchi, che hanno trafficato sulla miseria ela morte dei concittadini; si è esasperata la tensione socialeper il formarsi di una moltitudine di poverissimi, che mancanodella elementare sicurezza fisiologica del domani; si ècostituito un proletariato organizzato rivoluzionario energico edisciplinato, che risorge piú potente e piú audace daogni lotta.

    Dall'agosto 1917 la Spagna è controllata e oppressa daiComitati militari, consigli irresponsabili di pretoriani cheoperano localmente, pensosi solo di mantenere intatti e accrescereprivilegi e immunità ottenuti in un momento di paura.

    Lo Stato non ha piú alcun potere e alcuna funzione; ildominio della legge è soppiantato dall'arbitrio di rozzi ecrudeli uomini che si credono competenti in ogni scibile pervirtù della sciabola e dei galloni. I generali minacciano,approvano, biasimano l'opera dei governi che non riescono areggersi e ad esplicare una attività sistematica per questaingerenza continua e provocatrice che toglie ogni prestigio alleistituzioni ed ha abolito di fatto lo Stato: il parlamento, lamagistratura, la pubblica amministrazione sono state incorporatenell'attività generale del militarismo.

    La vita collettiva della nazione è cosí uscita fuori,anche formalmente, da ogni legalità costituzionale eattraversa una fase sussultoria, che rende impossibile ogniprevisione delfuturo prossimo, che è distruzione di ricchezzae di vite umane, che è disordine crudele e caos barbarico. LaSpagna è un paese senza Stato; [essa è entrata in mododefinitivo, in quella fase oscura e catastrofica, caratterizzatadallo sciogliersi di ognivincolo sociale omogeneo e daldisfacimento di ogni disciplina politica unitaria, verso la qualesi avviano tutti gli aggregati capitalistici].

    Le reazioni sociali a una tale «sistemazione» degliaffari pubblici sono state diverse e di varia natura. Icetiregionali della classe proprietaria iniziarono movimentiantidinastici, per l'autonomia della Guascogna e della Catalogna,che mascheravano malamente il desiderio degli armatori, deiproprietari di miniere e di aziende industriali (la Catalogna e laGuascogna sono le due zone piú ricche della Spagna) disottrarre al fisco dello Stato accentrato a Madrid lo scelleratofrutto delle forniture di guerra all'Intesa, di esonerarsi da ognitributo allo Stato, proprio quando lo Stato maggiormente avevabisogno dicespiti per l'amministrazione generale, di risanare, conprovvidenze e lavori pubblici, le ferite mortali inferte allasocietà spagnuola dalla speculazione sfrenata degliavventurieridell'industria e del commercio.

    Cosí la classe proprietaria si decomponeper lo stimolo deifermenti particolaristici ed egoistici disgregando e sgretolando laproduzione e la vita politica mentre il proletariato, sul qualericadono pesantemente le conseguenze economiche del disordine, sicompone come personalità distinta, consapevolmente eenergicamente fattiva.

    Lo spirito di classe si educa, il movimento sindacale attingeuna ampiezza e una pienezza spirituale sbalorditive, diventando laprima e la piú potente forza sociale organizzata edisciplinata nazionalmente della Spagna.

    La «plebe» spagnuola, individualista come tutti gliaggregati umani che non hanno subito le esperienze dolorose dellosfruttamento intensivo dell'industrialismo, s'assoggetta neisindacati operai a una disciplina che stupisce e addolora gliammiratori letterati della Spagna romantica tradizionalegitani-mandole-tauromachie. In pochi mesi il proletariato spagnuoloha realizzato uno sforzo rude, la cui efficacia è rivelata dairecentissimi avvenimenti: lo sciopero generale è statoproclamato e attuato a Barcellona con una fulminea unanimitàche ha sorpreso e interrorito la classe proprietaria. Ma il fattopiú esemplare è stata l'istituzione della censura rossaoperaia come pegno di fraterna solidarietà fra i lavoratori.Appena il governo sospese le garanziecostituzionali e comunicòil catalogo delle quistioni che i giornali non potevano trattare,il sindacato dei tipografi decretò una contro censura einterdisse ai giornali di pubblicare notizie e giudizi che potevanospezzare la disciplina rivoluzionaria degli operai; i tipografi sirifiutarono di comporre le informazioni riguardanti ripreseparzialidi lavoro, atti di sabotaggio, di intimidazione governativa opadronale, repressioni poliziesche o militaresche ecc.; il decretosindacale sulla censura rossafu scrupolosamente rispettato anchedai tipografi disorganizzati dei giornali clericali.

    Il movimento operaio, sviluppatosi per contraccolpi socialicosí repentini e anormali, si è organizzato e ha presoforma all'infuori dei tradizionali partiti sovversivi di Spagna:[esso è orientato decisamente verso il comunismo dei Consiglidegli operai e contadini e ha fatto proprio il linguaggio deibolscevichi russi (oltreNuestra palabra, i comunistispagnuoli pubblicanoEl sovieteElmaximalista).]

    Questa formidabile spinta proletaria ha determinato nuovereazioni e nuovi orientamenti nella mentalità della classepossidente e nei ristretti gruppi politici che si succedonoininterrottamente al governo.

    Pochi mesi fa la Catalogna borghese pareva tutta fieramenteunita contro il governo centrale, che si appoggiava sull'esercitocontro la minaccia separatista. Gli operai rimanevano indifferentisulla quistione dell'autonomia e il governo lusingò gli operaicon leggi sociali e cercò di punire quegl'imprenditori che,abusando e approfittando del disordine pubblico, contravvenivano aidecreti sul contratto di lavoro e licenziavano chi osasseprotestare.

    [L'alta borghesia e gli industriali, interroriti dal montaredell'onda proletaria, si allearono perciò ai Comitati didifesa militare contro gli operai e il governo centrale.] Laborghesia stessa si armò. Già nell'agosto 1917 i membridel circolo piú aristocratico di Madrid avevano domandato alministro dell'interno la patente di «poliziottionorari».Oggi la borghesia si èarmata regolarmente, costituendo i corpidi milizia deiSomaten(«Stiamo attenti!») che,[in unione ai Comitati militari,] esercitano sul paese un poterearbitrario e terroristico che inceppa la produzione economica esvuota e paralizza l'azione dello Stato.

    Il Parlamento era un fantasma; esso è rimasto chiuso quasisempre durante la guerra; nessun governo vitale poteva nascere daun Parlamento i cui 400 deputati si dividono in 22 cricchepersonali. L'azione parlamentare è stata sostituita dal regimedei decreti a getto continuo, che rimangono lettera morta per ilmarasma amministrativo [e il prevalere dei gruppi pretoriani e deiSomaten.

    La mentalità del militarismo spagnolo è tutta dipintada questo episodio: il governatore militare di Madrid, generaleAguilera, chiamato dal presidente Romanones, quando la minacciadello sciopero generale incombeva sulla capitale, pose questecondizioni per ubbidire al capo dello Stato: «Ogni cartucciasparata deve significare un morto. Si batterà duramente, senzadistinzione di sesso. Si dovrà essere implacabili contro tuttii manifestanti, uomini e donne».] Il potere arbitrarioconcesso ai privati «difensori della proprietà» hasignificato nel mese [di febbraio l'uccisione a revolverate di trepiccoli contadini saliti in ferrovia senza biglietto.]

    L'insanabile conflitto tra lo Stato regolare e lo Stato deicomitati militari e deiSomatensi è rivelato in tuttala sua gravità nella caduta del ministero Romanones el'assunzione al governo del ministero Maura-La Cierva. Ilgovernatore civile di Barcellona, signor Montanes, aveva fattoscarcerare gli organizzatori dei sindacati operai arrestati per losciopero generale. I comitati militari minacciarono di morte ilMontanes se non si dimetteva dalla sua carica dopo aver rimesso inprigione gli scarcerati. I comitati militari erano spalleggiati dalgenerale Milan Del Bosch, governatore militare, che inviò unaintimazione a Romanones, rimproverandolo di non avergli concesso ipieni poteri assoluti per mobilizzare gli operai e costringerli ailavori forzati. Il ministero Romanones si dimette: i pretorianidelle Juntas pongono il veto alla formazione di un ministero di cuifacciano parte il riformista Melquiades Alvarez e il liberale Alba;solo il ministero del sangue Maura-La Cierva èdi lorogradimento.

    [Esso non può vivere nell'orbita costituzionale. Gode la«fiducia» delle forze irresponsabili, non gode la fiduciadel parlamento. Cosí il re ha concesso l'autorizzazione alloscioglimento delle Cortes: i comizi elettorali dovrebbero essereconvocati immediatamente. Ma non si può dire ancora se leelezioni avranno luogo; i rivoluzionari si asterranno e nonsarà un'astensione pacifica.]

    L'Italia, le alleanze e le colonie Avanti!, ed piemontese, 10 maggio 1919. Non firmato.

    La Lega delle nazioni doveva rappresentare, nel mito dellaguerra democratica, il superamento storico di ogni sistema diequilibrio ottenuto attraverso le alleanze parziali e le intesecordiali. Appunto perciò, contemporaneamente al trattatopreliminare

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