Iena. Diario di un partigiano
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Anteprima del libro
Iena. Diario di un partigiano - Giuseppe Lazzarini
Fenoglio
Introduzione
La resistenza in Garfagnana è stata negli ultimi anni studiata, cercando di capirne le dinamiche, le azioni e l’impatto che questa ha avuto sull’andamento del conflitto.
Diverse centinaia furono i giovani che salirono all’alpe
formando piccole formazioni e bande partigiane. Tra queste le maggiori furono il Gruppo Valanga e la 1° brigata della divisione Garibaldi Lunense
.
Questo libro nasce intorno al diario di un ragazzo di 19 anni che nel 1944 scelse di fare
il partigiano entrando nel battaglione Marco
, passando poi in uno degli altri tre (dallo scritto non si comprende quale tra il 2°, 3° o 4°), partecipando all’attacco delle Rocchette di fine novembre e al successivo sbandamento della formazione.
Ma mentre molti dei suoi compagni scelsero di passare il fronte, lui con pochi altri rimase in Garfagnana. Iniziò un periodo di tormenti e sacrifici. Poi l’esplosione di una bomba e il grave ferimento lo immobilizzarono a letto, fino a quando, forse per delazione, venne arrestato e condotto in carcere a Camporgiano.
Qui rimase fino alla fine di aprile, quando furono i Carabinieri a prendere in custodia i prigionieri con l’ordine di scortarli verso Piazza al Serchio e poi fucilarli.
Ma il Capitano dell’Arma aveva già deciso che per quei ragazzi il destino doveva essere un altro e così si portò fino a Sillano in territorio libero dai nazifascisti.
Era la fine della guerra. Iena così come tanti altri partigiani tornò a casa riprendendo le proprie faccende di vita, senza però dimenticare gli orrori della guerra e i valori per i quali aveva combattuto.
Il libro è introdotto da un saggio che ricostruisce la galassia partigiana e da una cronistoria dove si delineano, attraverso i grandi eventi, i sette mesi di guerra in Garfagnana.
I piccoli maestri. Un ritratto del movimento partigiano italiano di Andrea Giannasi
Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati.
Piero Calamandrei
Le scelte
Il movimento partigiano italiano trae le proprie origini ideali dall’Antifascismo, rimasto latente in strati sociali operai e intellettuali a seguito della presa di potere di Mussolini, con la Marcia su Roma, e l’attività repressiva che ne seguì. Ma non fu solamente scelta ideologica o strettamente antifascista quella che compirono migliaia di giovani che decisero di salire in montagna o militare nei Gap in città.
Dietro quel passo senza ritorno spesso si celava l’unica via di salvezza, l’ultima strada da poter cogliere, o semplicemente il trovarsi di fronte alla sola scelta possibile.
Il nascere del movimento resistenziale dunque non fu solo moto istintivo di repulsione al regime fascista risorto intorno alle aquile della R.S.I., ma fu passaggio obbligato per chi venne inserito nelle liste dei ricercati, dei renitenti, degli antifascisti, fin dalle prime settimane del 1944.
Il bando Graziani del febbraio fu una delle vere molle che sospinse in montagna migliaia di giovani, molti dei quali desiderosi solamente di salvarsi la vita per non dover andare in guerra.
Sarebbe sbagliato cercare i prodromi della guerra civile soltanto in una scelta di campo netta, precisa, con bandiere ben alte al vento.
La politicizzazione e le ideologie massificate vennero dopo tra le bande in montagna, prima e per molti anche durante
, citando Renzo De Felice, venne la zona grigia
.
È comunque certo che l’embrione e i primi gruppi partigiani si mossero su uno spirito di rivalsa antitedesco e antifascista da parte di nuclei di ufficiali e soldati del Regio Esercito, provati dalla partecipazione a una guerra in cui regime e alleati tedeschi non avevano risparmiato alle nostre Forze Armate umiliazioni e coinvolgimenti in numerosi atti di guerra totale, sia in Africa che nei Balcani.
In questo si inseriscono i fatti di Cefalonia, delle unità nella penisola balcanica, di Porta San Pietro a Roma, durante i quali furono i militari, i soldati italiani, seppur senza ordine a creare Resistenza
all’occupante ex alleato tedesco.
Dopo, e solamente dopo alcuni mesi, con la liberazione di Mussolini sul Gran Sasso, con la costituzione dei Regno del Sud a Brindisi e della R.S.I. a Salò, e soprattutto con la discesa in campo dei partiti politici, che la Resistenza diventa fenomeno ideologico che inizia ad imporre scelte.
Ma il movimento non entra in clandestinità armata subito. Si formano bande e gruppi, che però per colpa dell’inverno e soprattutto della iniziale carente azione di controguerriglia tedesca e italiana repubblicana – seppur in alcuni casi si verificarono già nel novembre scontri – non ingrossano la fronda resistenziale.
Si deve attendere lo stringimento (forse sarebbe meglio scrivere strangolamento
) del patto tra tedeschi e repubblicani di Salò, con il fascismo italiano che ritorna a grondare di sangue. Il processo di Verona al termine del quale si consuma la vendetta nei confronti dei traditori della notte del 25 luglio 1943 è il primo squillo di tromba. Seguirà la coscrizione con il bando Graziani e la ricerca di ricostituire un esercito in grado di difendere ciò che rimaneva dell’Italia fascista.
A quel punto la scelta per molte classi è un passaggio obbligato e molti lo compiono riempiendo soffitte e cantine. I giovani italiani rimasero ben nascosti e alla fine se sommiamo chi ingrossò le fila partigiane e chi volente o nolente servì nella R.S.I., neppure un milione di italiani partecipò alla guerra civile. Un milione su quarantaquattro che scelsero di attendere la fine.
Non si può disegnare il periodo 1944-1945 senza iniziare la disamina da questo punto di partenza.
Gli ideali di libertà e di democrazia che albergano nella nostra Costituzione sono stati frutto del sangue di pochi. Pochi appoggiati e sostenuti da una popolazione che comunque viveva contrastanti esigenze. E quindi il nemico per grossisti, proprietari, contadini, commercianti, ma anche per molti altri, non erano solamente il tedesco occupante o il fascista sanguinario, ma anche il partigiano affamato.
In questa guerra civile per molti italiani gli ideali venivano dopo la fame.
Si consuma tra il 1944 e il 1945 una guerra atroce che vede i civili al centro delle azioni di rappresaglia degli occupanti e dei bombardamenti aerei degli Alleati. I tedeschi con le squadracce fasciste compiono stragi aberranti, torturano, impiccano, bruciano. La repressione è decisa e vede sempre in primo piano i civili e chi veniva catturato con le armi in mano.
E mentre la guerra civile si infiamma nell’Italia centro-settentrionale i Partiti ricostituiti (Partito Comunista Italiano – P.C.I., Democrazia Cristiana – D.C., Partito d’Azione – P.d’A., Partito Liberale Italiano – P.L.I., Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria – P.S.I.U.P. e Democrazia del Lavoro - D.L.) danno vita al Comitato di Liberazione Nazionale, avente al suo interno una struttura militare
, il C.V.L. (Corpo Volontari della Libertà) delegata al coordinamento, organizzazione e pianificazione militare dei reparti partigiani formatisi e attivi dietro il Fronte, nelle zone occupate dai tedeschi e nel territorio della R.S.I.
Il C.L.N. renderà poi più agile la propria organizzazione in base al territorio in cui si svilupperanno le azioni offensive alleate. Avrà così origine il C.T.L.N. (Comitato Toscano di Liberazione Nazionale), il C.L.N.A.I. (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) e C.L.N.C. (Comitato di Liberazione Nazionale Centrale); la struttura militare dei Partigiani delle formazioni combattenti farà capo al Generale Cadorna a capo del C.V.L. (Corpo Volontari della Libertà).
Resteranno fuori dai C.L.N., ma dando un valido e importante contributo politico e militare, il Partito Repubblicano, le Formazioni combattenti Anarchiche, i Reparti militari ricostituiti da reparti sbandati del Regio Esercito (i cosiddetti Badogliani).
Gli ultimi tre mesi del 1943 vedono la nascita dei primi embrioni delle future formazioni partigiane nel centro- nord Italia formate sia da patrioti civili, armati alla meglio tramite recuperi di armi conseguenti la dissoluzione del Regio Esercito, sia con formazioni di soldati e ufficiali sbandati, sia con formazioni miste.
L’entrata in guerra contro la Germania da parte del Regno del Sud, in cobelligeranza con gli alleati, consente anche la formazione, al sud, di Reparti del vecchio Regio Esercito, riorganizzati nel nuovo Esercito Italiano. Nel corso del 1944 tali reparti acquisiranno consistenza numerica e organizzativa dando vita al C.I.L., Corpo Italiano di Liberazione, formato da efficienti Gruppi di Combattimento.
Fu nei primi mesi del 1944,