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Una chiesa tra sfide e speranza: Il respiro della diplomazia vaticana
Una chiesa tra sfide e speranza: Il respiro della diplomazia vaticana
Una chiesa tra sfide e speranza: Il respiro della diplomazia vaticana
E-book549 pagine6 ore

Una chiesa tra sfide e speranza: Il respiro della diplomazia vaticana

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Info su questo ebook

Il volume raccoglie testi di varia natura, scritti nel corso dell’attività del card. Lajolo come Nunzio Apostolico in Germania, come Segretario per i Rapporti con gli Stati e come Presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Tra i moltissimi interventi, lo stesso Card. Lajolo ha scelto quelli a suo giudizio più interessanti ed ancora attuali.
I temi sono focalizzati su esigenze della società, di diversa natura ma tutte molto concrete, alle quali la Chiesa cerca di rispondere infondendo, in forma diretta o indiretta a seconda dell’opportunità, il fermento evangelico.
LinguaItaliano
Data di uscita14 feb 2018
ISBN9788865125502
Una chiesa tra sfide e speranza: Il respiro della diplomazia vaticana

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    Una chiesa tra sfide e speranza - Giovanni Lajolo

    Giovanni Lajolo

    Una chiesa tra sfide e speranza

    Il respiro della diplomazia vaticana

    © 2015, Marcianum Press, Venezia

    Marcianum Press S.r.l.

    Dorsoduro 1 – 30123 Venezia

    Impaginazione: Tomomot, Venezia

    ISBN 978-88-6512-550-2

    ISBN: 9788865125502

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    Prefazione

    I. Dio al centro dell'uomo

    1. Sul futuro della Chiesa. Pensieri di un semplice cristiano

    2. Esperienza di Dio e Politica

    3. Ebrei e Cristiani Settimana della Fraternità e Collaborazione Cristiano-Ebraica

    4. Un futuro affascinante. E già presente. Dio.

    5. Fede cristiana, problemi del mondo, sfide alla Chiesa

    II. La chiesa in cammino con i Popoli

    1. La Santa Sede e l’ONU: Sostegno e riserve

    2. Fra conflitti e diritti

    3. Tentazioni di violenza e fattori di pace

    4. Vicino Oriente e islam

    5. Evoluzione del concetto di diritti dell’uomo Conseguenze in relazione a sessualità, vita e famiglia

    6. Osservatori permanenti della Santa Sede e Organizzazioni Non Governative (ONG) cattoliche

    7. Migrazione e itineranza da e per Paesi a maggioranza islamica

    III. Utopia e visione

    1. Ombre e luci alla soglia del terzo millennio

    2. La diplomazia del Papa al servizio dell’unità

    3. Pericoli e sfide: per un futuro più umano

    4. La diplomazia provata

    IV. In libertatem vocati (cf. Gal 5, 13)

    1. La Santa Sede e alcune sfide contemporanee alla libertà religiosa

    2. Il ruolo della Chiesa e dei Cristiani nel futuro dell’Europa

    3. Il volto dell’Europa

    4. Situazione dei diritti fondamentali: diritto alla vita, diritto alla libertà

    5. Sovranità della Chiesa e ordine costituzionale in Italia

    6.Il giudice della Chiesa di fronte al giudizio di Dio

    V. Attese e sfide

    1. Economia globale e crescita sociale nell’enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI

    2. La famiglia: una sfida di civiltà. L’attività internazionale della Santa Sede per la famiglia

    VI. La Chiesa dalla parte dei poveri

    1. Giovanni Paolo II e l’Africa

    2. Uno sguardo sull’Africa

    3. Ricordo del Malawi

    VII. Vivum Commercium (cf. Gaudium et Spes, 44) Scambio di doni tra la Chiesa e la cultura dei Popoli

    1. Cristianofobia

    2. La diplomazia vaticana a confronto: islam, terrorismo, Cina

    3. La piccola comunità cattolica di Thailandia di fronte a grandi problemi

    4. Un dilemma: Rapporti con la Repubblica Popolare Cinese o con la Repubblica di Cina (Taiwan)?

    5. Condizioni per i rapporti diplomatici con Beijing

    6. La Santa Sede in dialogo con le nazioni e le religioni

    7. Rapporti diplomatici ed ecumenici con la Russia

    8. Rapporti diplomatici ed ecumenici con la Serbia

    9. Rapporti diplomatici ed ecumenici con la Romania

    VIII. Christus heri, hodie et in saecula

    1. Il messaggio della Santa Sede all’Expo 2000 di Hannover

    2. Da Hannover a Liepaja: un bilancio aperto

    IX. Civitas Vaticana

    1. Un Governo diverso

    2. Bilancio di un anno

    3. Ottant’anni: uno Stato giovane!

    X. Autonomia intramondana e presenza del Trascendente

    1. Infinitamente grande Scienza e Fede in dialogo sull’universo

    2. L’energia del sole in Vaticano

    3. L’Apollo del Belvedere

    4. I Barbari che presero Roma. Il sacco del 410 e le sue conseguenze

    5. Aspetti storici e giuridici della storia del Santuario di Loreto

    6. L’incontro storico di due Madonne

    XI. Umanità e Divina Sapienza nel genio femminile

    1. Santa Ildegarda di Bingen

    2. ­Edith Stein: Santa Teresa Benedetta della Croce

    Post Scriptum

    STRUMENTI DI CATECHESI

    Catechesi

    12

    Giovanni Lajolo

    Una chiesa

    tra sfide e speranza

    Il respiro della

    diplomazia vaticana

    Ai Romani Pontefici

    Paolo VI e Giovanni Paolo II

    di venerata memoria,

    Benedetto XVI e Francesco:

    guide sapienti e amabili

    nel mio servizio alla Chiesa di Cristo

    Prefazione

    di Pietro Parolin

    Volentieri ho accettato di presentare l’ultima pubblicazione del Cardinale Giovanni Lajolo, Una Chiesa tra sfide e speranza, che vede la luce per i tipi della casa editrice Marcianum Press di Venezia.

    Ho avuto il piacere e l’onore di conoscere da vicino il Card. Lajolo durante il suo mandato di Segretario per i Rapporti della Santa Sede con gli Stati. In quanto Sotto-Segretario della medesima Sezione, avevo con lui in quegli anni (2003-2006), contatti quotidiani.

    Queste pagine, prima che una introduzione al contenuto del libro, il cui stile espositivo fluido e scorrevole, chiaro e lineare lo rende immediatamente e facilmente comprensibile, intendono piuttosto essere un personale tributo all’autore – che fu per quasi un triennio mio Superiore in Segreteria di Stato e che ha speso tutta la sua vita nel servizio generoso e competente della Santa Sede – soffermandomi su alcuni tratti della sua figura.

    Al Cardinale Lajolo va riconosciuta, innanzitutto, una straordinaria conoscenza della sensibilità contemporanea, dell’attualità culturale e delle sfide politiche e diplomatiche internazionali. Si tratta di realtà che egli non solo sa percepire e leggere, ma anche analizzare e vagliare con giudizio critico.

    Sui punti più significativi ha sempre esposto, con chiarezza, precisione e fedeltà, la posizione della Santa Sede, senza tuttavia mancare di aggiungervi un’originale coloritura, frutto della sua personale convinzione e del suo profondo sentire ecclesiale.

    In un’intervista al mensile Progress, nel settembre 2008, alla domanda su cosa faccia la Chiesa riguardo al terrorismo, alla violenza, alla fame nel mondo, ecc., il Cardinale rispondeva: " Posso dare una risposta semplice ed esauriente: predicando e praticando l’amore. L’amore cristiano non è un sentimento o concetto astratto. Esso si sostanzia anzitutto del riconoscimento e del rispetto dei diritti della persona umana in quanto tale: sono i cosiddetti ‘diritti fondamentali dell’uomo’, i quali non possono essere diversi all’est e all’ovest, al nord e al sud, perché diversa non è la persona umana, anche se le forme di attuazione possono e devono avere varianti nelle diverse culture" (pag. 46).

    In questa pubblicazione il lettore troverà numerosi testi, pronunciati in circostanze e sedi diverse nell’arco di tempo che va dal 1998 al 2012, sui temi che da sempre stanno a cuore alla Santa Sede e che costituiscono il riferimento generale della sua attività diplomatica, quali la pace tra i popoli, il disarmo, il terrorismo internazionale, il dialogo tra le culture, il dialogo interreligioso, la diplomazia in generale e l’azione diplomatica della Santa Sede in particolare, le radici e l’identità culturali dell’Europa, i diritti fondamentali della persona, specialmente il diritto alla vita e alla libertà religiosa, la povertà e lo sviluppo, l’economia globalizzata e le sue conseguenze sulla vita sociale, la famiglia e le sfide che la riguardano.

    Di particolare spessore e valore sono i due interventi pronunciati davanti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 29 settembre 2004 e il 27 settembre 2006. In quello del 2006 non esitò a denunciare che " non è tanto la mancanza di esperienza e di mezzi atti a fare e a conservare la pace che causa la sofferenza e la morte delle persone vulnerabili non coinvolte nei conflitti: prima di questo v’è la difficoltà a dar corpo ad una coerente volontà politica da parte della comunità internazionale (pag. 73). Ed aggiunse: La pace può essere raggiunta solo attraverso un impegno condiviso, mirante ad assicurare a tutti una vita decorosa e degna" (pag. 74).

    Non sono di minore interesse gli interventi riportati nella sezione intitolata " Vivum commercium – Scambio di doni tra la Chiesa e la cultura dei Popoli". Si tratta di interviste rilasciate a vari quotidiani, in occasione di celebrazioni d’anniversari delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e alcuni Paesi o di viaggi ufficiali, come quello nella Federazione Russa o in alcuni Paesi dell’Asia (cf. pagg. 273-318).

    Un’altra dimensione della personalità del Cardinale Lajolo sottesa a questi testi è l’amore per la Chiesa, concretizzatosi nel servizio incondizionato e fedele alla Santa Sede e alla sua presenza sulla scena internazionale. Lo si evince chiaramente dal suo percorso di vita e di servizio ecclesiale: un ministero di sempre più alte ed esigenti responsabilità, sia nel campo diplomatico, sia nell’amministrazione e nel governo della Santa Sede, assunte non come burocrate, ma con la disposizione d’animo del servitore fedele e del pastore d’anime.

    In un’intervista al quotidiano The Straits Times di Singapore, rispondendo ad una domanda sul servizio diplomatico della Santa Sede, l’allora Segretario per i Rapporti con gli Stati dichiarò: " Mentre nel servizio diplomatico di altri Paesi si richiede che i possibili candidati presentino una domanda e si sottopongano a un esame, nella diplomazia pontificia non si entra per domanda personale … Penso che la mia chiamata sia stata occasionata da un libro sui Concordati che avevo pubblicato… Come sacerdoti non abbiamo ‘attese’ o meglio non dovremmo avere altra ambizione che quella di servire il Signore nel miglior modo possibile" (pag. 281).

    Nella sua esperienza di studente a Monaco di Baviera e poi di servizio nella Nunziatura Apostolica in Germania, prima come Segretario e poi come Nunzio Apostolico, il Cardinale Lajolo ha conosciuto bene la vita e l’evoluzione della Chiesa in quel Paese. Ne parla con passione in un’intervista alla Deutschlandradio del 30 maggio 2001 (cf. pagg. 141-145). In alcune sue frasi, riferendosi alla missione del Rappresentante Pontificio, emerge il suo anelito a fare in modo che il Vangelo conquisti il cuore delle persone: " L’incontro con gli uomini è per me più importante di tutto il resto. Non è forse l’uomo il libro più interessante e istruttivo che Dio ci dona, affinché mediante la sua frequentazione cresca in noi la sapienza?"

    Tra i temi che il fine diplomatico ha sempre affrontato con convinzione vi è quello della libertà religiosa e della libertà della Chiesa, la " libertas Ecclesiae", che nelle parole del Decreto conciliare Dignitatis humanae, " è il principio fondamentale nelle relazioni fra la Chiesa e i poteri pubblici e tutto l’ordinamento civile" (n. 13).

    Il Porporato spiegava in una relazione tenuta alla Pontificia Università Gregoriana, il 3 dicembre 2004: " La libertas Ecclesiae, la libertà che è ad essa intrinseca, è in ogni caso più forte di ogni possibile limitazione che venga ad essa imposta, perché deriva dal mandato di Cristo ed ha il profondo e vasto respiro dello Spirito: è la libertà di quell’amore che l’abita – così antico e sempre nuovo – per l’uomo, che è immagine viva di Dio" (pag. 168).

    Tale convinzione poggia su un’ecclesiologia solida, approfondita con studi sempre più ampi ed esigenti. Invitato dalla Pontificia Accademia di Teologia di Cracovia ad intervenire alla V Conferenza Internazionale nel ciclo di incontri dal titolo: " Il ruolo della Chiesa Cattolica nel processo dell’integrazione europea", il 9 settembre 2005, il Cardinale tenne un’erudita conferenza, nel corso della quale illustrò le due coordinate fondamentali dell’agire della Chiesa, sintetizzandole così: " La prima: la Chiesa è ‘columna et firmamentum veritatis ’ (1Tim. 3, 15)… La seconda: la Chiesa è ‘communio caritatis’ (cf. Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica Lumen gentium, 13)… È così che la Chiesa si fa spontaneamente fattore di unità tra le diverse nazioni; e non sorprende pertanto che la Chiesa inviti l’Europa ad una maggiore coesione sociale e politica, ma al contempo a respirare a due polmoni (intendendo con tale metafora la cultura dell’Occidente e quella dell’Oriente europeo), nel rispetto della identità propria delle singole nazioni" (cf. pagg. 169-185).

    Occorre aggiungere che il Card. Lajolo è un conoscitore fine del diritto pubblico ecclesiastico e delle relazioni che intercorrono tra Chiesa e Stato, tra il potere civile e quello ecclesiastico, ciascuno autonomo (sovrano) ed indipendente, nel proprio ordine. Nel presente libro, si troverà una presentazione, dotta, ma al contempo comprensibile, dell’argomento. Si tratta della Conferenza tenuta all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, il 17 aprile 2012, dal titolo Sovranità della Chiesa e ordine costituzionale in Italia (cf. pagg. 199-221).

    Amerei, infine, citare, come emblematico del modo di vedere e sentire la Chiesa da parte del Cardinale Lajolo, l’affermazione che si ritrova nell’omelia pronunciata nella chiesa parrocchiale di Eibingen (Germania), il 17 settembre 1998, in occasione della festa di Santa Ildegarda di Bingen: " La santità della Chiesa, Sposa del Signore, Madre della nostra fede, può apparire velata a causa della debolezza della nostra fede, offuscata dai peccati dei suoi figli, ma non può essere messa in questione e tanto meno venir distrutta" (pag. 401).

    Uomo di fede e di Chiesa, dunque! Ciò potrebbe apparire scontato, trattandosi di un sacerdote, di un Vescovo, di un Cardinale. In quante occasioni, davanti a situazioni complicate e dolorose, ho potuto percepire ed apprezzare la sua totale confidenza nella divina Provvidenza, che guida i destini dei singoli e dei popoli!

    Non a caso la prima sezione della presente pubblicazione è dedicata a Dio al centro dell’uomo e si apre con la riflessione sul futuro della Chiesa, Conferenza tenuta all’Accademia Cattolica di Berlino, il 9 ottobre 2001, presentata come pensieri di un semplice cristiano.

    La constatazione di una crisi che attraversa l’umanità di questi nostri travagliati tempi e che tocca anche la Chiesa, pone la domanda di sempre: cosa può fare e cosa fa la Chiesa? Il Cardinale offre la seguente risposta: " Io credo che la Chiesa debba – oggi come sempre – semplicemente adempiere con fedeltà la sua missione originaria: proclamare il lieto messaggio del suo Signore e amministrare fedelmente i mezzi della grazia. Essa deve parlare di Dio come Padre, che accompagna ogni singolo uomo nel suo faticoso viaggio e al contempo dirige tutta la Chiesa, tutta la storia – certo, per vie imperscrutabili – verso il suo fine sicuro. Essa deve parlare di Gesù Cristo, il Salvatore del mondo, pieno di grazia e verità. Deve chiamare gli uomini alla conversione, esporre le ragioni della propria speranza, vivere secondo lo spirito delle Beatitudini. Come sacramento di unità in mezzo al genere umano la Chiesa deve annunciare la pace e impegnarsi per essa, sempre e dovunque. Come testimone dell’amore evangelico essa deve costantemente dimostrare la sua scelta prioritaria per i poveri. Come Mater et Magistra deve dedicare in maniera preferenziale la sua attenzione ai giovani. Se essa parla loro di Cristo e delle sue Beatitudini, non mancherà di suscitare entusiasmo per Lui (ed è lì certamente anche il luogo dove risolvere il problema delle vocazioni)" (pagg. 9-10).

    La fede, se così posso dire, è per il Cardinale non una questione di strategie, ma una certezza che urge a riconoscere la bontà paterna di Dio che si rivela, fa il primo passo e chiede d’entrare in comunione con l’uomo, attendendo da lui una risposta libera e gioiosa. Come egli stesso scrive, " nel suo elemento umano la fede è sempre debole, eppure essa è così forte e vasta perché è sostenuta dalla grazia di Dio. In realtà si potrebbe dire che ogni cristiano che crede è un mistico" (Discorso all’Accademia Cattolica di Magdeburgo, 8 gennaio 2003, pag. 20).

    Il nostro autore conosce dall’interno le sfide e le questioni che interpellano il mondo. Le ha studiate, analizzate e segnalate con forza – quando richiesto – all’attenzione e all’intervento della classe politica responsabile del bene pubblico. Il suo impegno sulla scena diplomatica internazionale ha reso manifesta inoltre una ben più solida ed abituale disposizione d’animo, coltivata serenamente, quale la speranza, virtù spesso confinata all’ultimo posto, un’aspirazione che, pur nobile, i più giudicano utopistica. Ma non è così! E nemmeno va identificata o confusa con l’ottimismo, il quale, come il Cardinale avverte, " può essere anche una semplice attesa di bene e di successo, basata su calcoli razionali. La speranza va al di là del calcolo: è attrazione e slancio che vive di una finalità superiore (Intervista al quotidiano Il Messaggero", 29 settembre 2007, pag. 40).

    Colui che per anni ha fatto della diplomazia la sua professione, ponendola al servizio di alti ideali, sa che il frutto di una tale azione non sarà forse da lui stesso raccolto. Come il seminatore della parabola evangelica, il diplomatico sa che vi è un tempo di necessaria e paziente attesa e nutre in cuor suo la speranza che, al momento opportuno, il seme del bene posto nella terra germogli e produca frutti. Le angosce che l’uomo vive nel tempo presente – come d’altronde in ogni tempo – non devono intimorirlo ed inibire l’innato desiderio di tendere al bene. Il Cardinale Lajolo è un uomo di speranza e questo libro lo attesta, dal momento che in ogni suo intervento non mancano mai un’esortazione ed un invito ad andare oltre la difficoltà o il problema contingente e a tendere sempre verso l’alto.

    Non è facile mantenere viva la speranza, questa virtù che Papa Francesco ha definito " rischiosa (Omelia, 29 ottobre 2013). Ad un giornalista che gli chiedeva se ormai il mondo non avesse perso ogni speranza, il Cardinale non esitò a rispondere: Ma non del tutto e non in tutti. Nonostante i vari maestri del ‘nulla’, v’è ancora molta brace viva sotto le ceneri di tante delusioni. La speranza può essere riaccesa ed essere partecipata. Si tratta di avvicinarsi con umanità a chi è scoraggiato o a chi, come i giovani, non è in realtà scoraggiato, ma solo disorientato" (pag. 40).

    Concludo con un ringraziamento ed un auspicio. Un sincero ringraziamento va all’autore, il Cardinale Giovanni Lajolo, per aver voluto condividere con un pubblico più ampio il suo pensiero, le sue convinzioni, la sua esperienza. L’auspicio è formulato per il lettore, affinché si senta incoraggiato ed interiormente fortificato dalla testimonianza di un uomo di grande cultura e preparazione e di un sacerdote che ama profondamente la Chiesa, perché sostenuto da fede profonda e da incrollabile fiducia nella speranza che non delude (Rom 5, 5).

    + Pietro card. Parolin

    Segretario di Stato Vaticano

    I.

    Dio al centro dell’uomo

    I. Dio al centro dell'uomo

    1. Sul futuro della Chiesa. Pensieri di un semplice cristiano

    *Nota al titolo: Conferenza al Ricevimento di S. Michele del Katholisches Büro di Berlino, Accademia Cattolica. 9 ottobre 2001. Testo originale tedesco.

    1. Non so se nella storia della Chiesa vi sia stata mai un’epoca da essa – e forse anche da altri – non percepita come un tempo di crisi. Forse, per il fatto che la Chiesa è in questo mondo, ma non è di questo mondo (cf. Gv 15, 19; 17, 16), e forse anche perché la Chiesa proprio per tale ragione, ma anche per altri motivi, più umani, si è trovata molto sovente in difficoltà ad adattarsi a nuove conquiste, a sviluppi sociali, a sovvertimenti politici, al mutamento di orizzonti culturali. E la Chiesa, è proprio essa che ha portato la più grande rivoluzione della storia! O forse, al contrario, è avvenuto che la Chiesa si avvertisse coinvolta dalla crisi del tempo, perché essa – come taluni affermano - troppo facilmente si adattava alle condizioni sociali da cui era circondata? Non lo so. In un’epoca di crisi, come quella in cui noi ci troviamo, è però ovvio porsi la questione del futuro della Chiesa.

    Del futuro. Per un non credente si potrà porre persino la questione se vi sia un futuro per la Chiesa. E molti nel passato, come al presente, sono pronti a scommettere che la Chiesa, a lunga scadenza, non ha futuro. Già ora le grandi decisioni politiche, sociali e culturali sono prese senza di essa. In passato, peraltro, e anche nel passato più recente, scommesse del genere sono state fatte già tante volte. E perse.

    Per il credente non v’è un tale dubbio, e la storia gli dà ragione. Imperi, sistemi politici e culture passano; la Chiesa no. Resta, per vero, un quesito inquietante. Lo ha posto nostro Signore: Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?(Lc 18, 8).

    Quesito terribile. Ma esso va certo interpretato come una provocazione, una scossa, un impulso ad una riflessione in profondità. La certezza della fede sul futuro della Chiesa deriva dalla parola del Signore stesso: Le potenze degli inferi non prevarranno su di essa (Mt 16, 18). E nell’affidare agli Apostoli la loro missione universale, assicurò: Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt 28, 20). Per il credente la questione può quindi essere soltanto: Come avverrà? Che aspetto potrà avere il futuro della Chiesa?

    2. Porsi una tale questione non significa osare una profezia, ma dedicare l’attenzione a quelle aperture nelle attuali circostanze, a quelle speranze, o anche a quei timori, che hanno il loro fondamento nella situazione presente e, in ogni caso, a quell’atteggiamento dello spirito, a quelle forme di vita della Chiesa, e, sì, a quelle certezze di cui è bene essere consapevoli.

    Porsi una tale questione può essere interessante per colui che crede, ma ancor più per colui che non crede, o per colui che crede poco, per il fatto che la Chiesa, sebbene non sia di questo mondo, sarà pur sempre in questo mondo. E sarà interessante sapere, o almeno prefigurarsi, con quali possibili cambiamenti del suo viaggio attraverso il tempo – nel presupposto che pur ve ne saranno – si debba contare. Chi sia interessato ad udire una parola autorevole in merito, potrebbe ricorrere alla Lettera Apostolica Novo millennio ineunte del Papa Giovanni Paolo II, o alla sua allocuzione a chiusura del concistoro straordinario del maggio 2001, nella quale egli esprime apprezzamento per i suggerimenti e le proposte del medesimo come apprezzabili aiuti per il successivo lavoro. In quei testi parla il timoniere della nave. Le riflessioni che io mi accingo a presentare, invece, non sono che annotazioni, pensieri sparsi, derivanti dalla mia limitata esperienza in riferimento alla visione che posso avere, ed occasionali impulsi. Per questo io posso solo affidarvele come pensieri di un semplice cristiano.

    3. Vorrei incominciare con alcuni macrodati. Si tratta di semplificazioni. Ma talvolta, quando si tratta di rappresentare stati di cose complessi, è necessario avere delle coordinate del tutto semplici. Nel concistoro straordinario di alcuni mesi fa un cardinale osservò che la storia della Chiesa è, propriamente, una storia giovane. L’uomo è sulla terra – così ci viene assicurato – da alcune centinaia di migliaia di anni. La rivelazione abramitica conta soltanto quattromila anni. E la Chiesa ha soltanto duemila anni. Lasciamo però ai teologi e agli storici di determinarne le date con esattezza…

    Se noi, per venir subito al presente, ci limitiamo alla storia della Chiesa negli ultimi vent’anni, dal 1978 al 1999, possiamo rilevare che il numero dei cattolici è cresciuto da 757.000.000 a 1.033.000.000 (che corrisponde al 17,4% della popolazione mondiale), con un incremento è di circa il 37%. La massima crescita si registra in Africa con il 127%. Il baricentro della Chiesa, con circa il 50% dei cattolici, si trova in America.

    Ho parlato all’inizio della crisi. I dati appena riferiti non possono ingannarci. Che vi sia una crisi della Chiesa lo si può riconoscere anche (non solo, ma in qualche modo con evidenza) da alcuni dati statistici. La crescita del numero dei cattolici in questi ultimi venti anni è di circa il 4% inferiore alla crescita della popolazione mondiale. Il numero dei sacerdoti è sceso a 402.961 da 420.409, cioè di circa il 3,27% (in Europa del 15,95%). Ciò significa per conseguenza che il numero di sacerdoti a disposizione per 1000 cattolici si è ridotto statisticamente dallo 0,55% allo 0,39%. In altre parole, per ogni prete, invece di 2000 fedeli, ve ne sono ora 2.500. Questi numeri non considerano l’età media dei sacerdoti, la cui valutazione renderebbe le prospettive ancor più buie. Le indagini demoscopiche relative al settore delle religiose conducono a risultati analoghi. Il loro numero complessivo è calato da 990.768 a 809.351, cioè del 18,31% (in Europa del 31,42%).

    Q uesti dati possono e devono farci riflettere (limitando la considerazione ai numeri dell’Europa o della Germania, si avrebbe ragione non solo di riflettere, ma di essere allarmati).

    Una non piccola luce di speranza viene dal numero dei candidati al sacerdozio, che a livello mondiale è cresciuto da 63.882 a 110.021. Ciò significa una percentuale del 41,94% (nella Repubblica Federale di Germania peraltro v’è una diminuzione di più della metà). Qui vorrei chiudere con l’esposizione dei dati. Chi ne vuole sapere di più può consultare l’ Annuario Statistico della Chiesa, edito annualmente dalla Segreteria di Stato della Santa Sede.

    4. Tenendo questi dati sullo sfondo, ci si può domandare: quali fenomeni della storia, della vita a noi contemporanea si presentano alla Chiesa come imprescindibili elementi di riferimento per la sua azione?

    Sono le sfide dell’umanità di fronte alle quali essa non può rimanere indifferente. Esse sono ravvisabili anzi tutto in alcuni grandi mali che opprimono l’umanità, che si possono compendiare in tre concetti: ignoranza, povertà, violazione dei diritti degli uomini e dei popoli. All’ombra di questi mali prolifica tutta una serie di piaghe dell’umanità: guerre, dittature, strutture sociali ingiuste, terrorismo, instabilità economica, minaccia del sistema ecologico dei continenti e del globo terrestre, ecc.

    A ciò si aggiungono alcuni fenomeni universali, che caratterizzano la nostra epoca.

    Noi ci troviamo nel mezzo di una rivoluzione che ha avuto il suo inizio nell’informatica, con conseguenze ormai avvertibili, anche se non ancora definitivamente individuabili, nell’accelerazione del progresso tecnico – ma anche con un enorme influsso sulle diverse culture, anzi, con una dinamica che minaccia di esploderle , con un potente influsso sui rapporti internazionali, come anche sulla politica delle singole nazioni, e sugli stessi sistemi democratici. La globalizzazione di cui oggi tanto si parla non è che una delle sue conseguenze.

    E già siamo di fronte a un’altra rivoluzione, che si basa sulle ricerche nel campo della genetica e minaccia di diventare ancor più sconvolgente. Di fronte ad essa i poteri politici sembrano trovarsi del tutto impreparati, non soltanto per mancanza di competenza scientifica specifica, quanto per il clima culturale del cosiddetto mondo occidentale (sottolineo: mondo occidentale). Al presente, vale a dire negli ultimi decenni, tale clima è caratterizzato da un relativismo onni-avvolgente, che va sotto il nome di cultura postmoderna. Caduta la sicurezza degli ultimi fini, si vuol far valere l’autogiustificazione dei penultimi fini, o anche solo dei mezzi, come sufficienti per il senso della esistenza umana. Con ciò non si vuole certo affermare che l’uomo sia a disposizione; con ciò, però, il suo sguardo verso l’alto, e con esso i tratti del suo volto, sono in pericolo d’essere offuscati.

    A merito del Papa Giovanni Paolo II si deve riconoscere di aver individuato, nella ricordata allocuzione del 24 maggio a chiusura del concistoro straordinario in Roma, le enormi sfide e i giganteschi problemi che pongono oggi in questione il destino del genere umano e mettono a prova la fiducia e l’impegno degli annunciatori del Vangelo.

    In tale situazione, che ho cercato di abbozzare in tratti approssimativi – ne sono consapevole: con grande semplificazione e con non poche lacune –, si pone la questione: che cosa può dire la Chiesa? Che cosa può fare la Chiesa? Che cosa ci si può da essa attendere?

    Io credo che la Chiesa debba – oggi come sempre – semplicemente adempiere con fedeltà la sua missione originaria: proclamare il lieto messaggio del suo Signore e amministrare fedelmente i mezzi della grazia. Essa deve parlare di Dio come Padre, che accompagna ogni singolo uomo nel suo faticoso viaggio e al contempo dirige tutta la Chiesa, tutta la storia – certo, per vie imperscrutabili – verso il suo fine sicuro. Essa deve parlare di Gesù Cristo, il Salvatore del mondo, pieno di grazia e verità. Deve chiamare gli uomini alla conversione, esporre le ragioni della propria speranza, vivere secondo lo spirito delle Beatitudini. Come sacramento di unità in mezzo al genere umano la Chiesa deve annunciare la pace e impegnarsi per essa, sempre e dovunque. Come testimone dell’amore evangelico essa deve costantemente dimostrare la sua scelta prioritaria per i poveri. Come Mater et Magistra deve dedicare in maniera preferenziale la sua attenzione ai giovani. Se essa parla loro di Cristo e delle sue Beatitudini, non mancherà di suscitare entusiasmo per lui (ed è lì certamente anche il luogo dove risolvere il problema delle vocazioni).

    Questo. Ovviamente questo. E anche molto altro la Chiesa deve fare, che vada nella stessa direzione, senza lasciarsi impressionare dalle difficoltà della situazione. La Parola di Dio, di cui essa è portatrice, ha in sé la forza per cambiare l’uomo dal di dentro, per trasformare il mondo nelle sue strutture, per avvicinare agli uomini il Regno di Dio, e realizzarlo.

    Parlare del futuro della Chiesa nel senso indicato, è certamente giusto, anzi, è necessario e imprescindibile. Nella presente circostanza, tuttavia, mi porterebbe a diffuse considerazioni, affaticando troppo gli ascoltatori. Permettetemi pertanto di limitarmi ad alcuni temi di particolare attualità, anche se, in riferimento al futuro della Chiesa, toccano settori piuttosto circoscritti.

    5. Il primo è la vita. Qui si tratta di un problema originario. La Chiesa annuncia l’ Evangelium vitae , il lieto messaggio della vita. Non soltanto della vita futura, ma anche di quella presente. È questo un tema qualificante del pontificato di Giovanni Paolo II.

    Ma proprio in questo campo appare come se la Chiesa non venisse considerata, nemmeno percepita, anzi, come se essa fosse irrimediabilmente travolta dagli sviluppi che hanno luogo. Eppure la Chiesa sa che di fronte a tali sviluppi – che, come già accennato, sono determinati dalla cultura utilitaristica postmoderna – il suo compito è semplicemente quello d’incontrare l’uomo in un atteggiamento di apertura. Qui si tratta della chiarezza del pensiero e dell’azione. Ogni posizione che veramente voglia essere aperta all’uomo e al futuro, deve rispondere a due questioni:

    È vero – sì o no – che, dal momento della fecondazione, cioè dall’attimo della fusione dello sperma con l’ovulo, inizia un processo naturale in sé irreversibile (quale che sia l’indirizzo dell’embrione fino al 14° giorno dopo la fecondazione dell’ovulo) verso un individuo umano, la cui destinazione è la nascita e lo sviluppo autonomo al di fuori del grembo materno? Si può pensare a qualcosa di diverso – sì o no – dal fatto che l’uomo adulto nella sua esistenza storica è ultimamente la stessa individua realtà del minuscolo zigote dal quale esso si è sviluppato, vale a dire dal fatto che egli sta con esso in un inscindibile vincolo di destino? E il comandamento di Dio: Non uccidere ha forse una minore obbligatorietà quando l’uomo è bisognoso di difesa, e lo è in misura maggiore?

    La seconda questione: può l’io, che si manifesta in un individuo umano nato, considerarsi padrone della propria esistenza corporea, come se la vita fosse una scelta da lui fatta, o come se egli fosse stato immesso in un diritto di proprietà su se stesso? Può chi non ha scelto né la sua esistenza né la sua collocazione nel tempo considerarsi signore di se stesso, della sua vita e della sua morte? Il valore della sua esistenza non trascende anche quello della sua libera scelta? E il comandamento: Non uccidere deve valere soltanto in riferimento della vita degli altri e non anche in riferimento alla vita di se stesso come destinatario della divina Parola?

    Principio e fine della vita umana: due momenti decisivi della palese contingenza dell’uomo, della sua inevitabile debolezza.

    La posizione della Chiesa in tali questioni non è presa in considerazione dalle ideologie e dalle politiche correnti. Ma, nella fluttuante instabilità delle ideologie, delle antropologie e delle correnti politiche, la Chiesa sa di essere al servizio della difesa dell’uomo. Dell’uomo come tale. E di ogni individuo. Con una chiarezza che non può essere confusa da alcun sofisma. Con umile fermezza, anzi, intransigenza.

    L’uomo nella sua individualità è sempre un fine, mai un mezzo. È sempre degno di vivere e di essere amato. Come Dio lo ama.

    6. L’uomo. Dio , si legge nella Bibbia, creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò (Gen 1, 27). Dignità dell’essere umano. Uguale dignità dell’uomo e della donna. Entrambi creati a immagine di Dio.

    Uomo e donna. Entrambi necessitano l’uno dell’altro. Dall’inizio della storia dell’umanità il loro reciproco rapporto è così necessario e naturale, così sognato e ricercato come anche denso di tensioni, determinato da sviluppi sociali e culturali, sovente molto problematici, ma che proprio quel rapporto ha al contempo determinati.

    Il femminismo – movimento tipico del mondo occidentale – ha portato il tema donna all’attenzione dei responsabili politici in diversi contesti sociali. Esso richiede per la donna una posizione nella società, diversa da quella delle epoche precedenti: di uguaglianza assoluta, totale con l’uomo. Tale movimento ha mostrato in passato – e mostra ancor oggi – nei diversi continenti caratteristiche differenti, condizionate dalle rispettive esigenze e culture. A livello mondiale, si deve costatare che il femminismo – sebbene possa registrare considerevoli successi sia nella legislazione di diversi Paesi, come anche in congressi di rilievo giuridico e politico internazionale – si trova ancora in uno stadio iniziale. Esso avrà o potrà avere effetti non ancora prevedibili nello sviluppo delle civiltà e nei rapporti tra diversi ambienti culturali.

    Qual è l’atteggiamento della Chiesa nella questione della posizione della donna nella società, e quale sarà il suo atteggiamento in futuro? Lo so: molti, femministe e femministi, guardano con astio alla Chiesa a causa di determinate posizioni prese dalla Chiesa e di determinati sviluppi nell’ambito delle sue istituzioni in passato, ma

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