Giovani e lotta alla ’ndrangheta
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L’autore presenta un nuovo e rigoroso scavo sulla ’Ndrangheta – antica e moderna – attraverso un approccio sviluppante intrecci interdisciplinari capaci di attingere ad ambiti come l’antropologia, la sociologia e la teologia. Un quadro di dinamica complementarietà che, oltre a includere ulteriori percorsi di decifrazione del fenomeno, si presenta valorizzato dal riuscito tentativo di fare entrare a pieno titolo del testo una rigorosa riflessione su taluni fattori configuranti quella che egli definisce la “pedagogia dell’onore e della violenza”. In questa direzione di senso sono indagati e analizzati – grazie anche a fasi di rilevazioni sul campo – fondamentali e implicanti dispositivi educativi che impattano in modo particolare nell’immaginario giovanile, ingenerando non solo modelli organizzativi, ma anche l’acquisizione di aspetti personologici strutturalmente correlati a comportamenti criminali. L’autore, di fronte ai sottovalutati rischi scaturenti dalla perpetuità e dalla molteplicità di tali rappresentazioni, propone la forza dirompente e alternativa di uno scenario culturalmente decostruzionista, indicando liberanti itinerari di formazione al pensiero critico, ispirati da un’interpellante e incarnata spiritualità cristiana.
(Mimmo Petullà, Sociologo)
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Anteprima del libro
Giovani e lotta alla ’ndrangheta - Vincenzo Leonardo Manuli
VINCENZO LEONARDO MANULI
GIOVANI E lotta
alla ’NDRANGHETA
Temi di teologia pastorale
e percorsi prassici di liberazione
Proprietà letteraria riservata
© by Pellegrini Editore - Cosenza - Italy
Stampato in Italia nel mese di settembre 2019 per conto di Pellegrini Editore
Via Camposano, 41 - 87100 Cosenza - Tel. 0984 795065 - Fax 0984 792672
Siti internet: www.pellegrinieditore.com
E-mail: info@pellegrinieditore.it
I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.
Ai miei genitori,
a Cesarina e Santo.
Ai miei amati nipotini, Caterina, Emmanuel,
Laura e Mattia,
siete sempre nel mio cuore.
Presentazione
«Il morso del più»
Il volume che mi accingo a presentare con queste brevi note, non è un semplice saggio sul rapporto giovani-’ndrangheta in Calabria, come d’altra parte ben chiarisce l’Autore (onde evitare equivoci) sin dal suo incipit. È molto di più, come cercheremo di mostrare. Intanto perché don Vincenzo Leonardo Manuli, che certo non è un novizio
nell’affrontare il delicato e complesso tema della ‘ndrangheta, non si lascia tentare da facili analisi socio-psicologiche sul mondo giovanile calabrese, contribuendo così ad incrementare gli studi del settore. Men che meno ha bisogno di scrivere sul fenomeno criminale tutto calabrese, tanto per rincorrere la moda che da qualche anno si è prepotentemente insediata attraverso la pubblicazione di centinaia di libri, articoli, saggi, interviste e trasmissioni televisive. Per non parlare, poi, di quella piattaforma mediatica che si chiama Facebook, dove tutti esprimono le proprie opinioni. Dicono ciò che pensano ma spesso, però, ahinoi, senza pensare a ciò che dicono.
Nulla di tutto ciò. Di per sé, già titolo e sottotitolo sono abbastanza eloquenti nel comunicare l’intento dell’Autore. Il suo è un tentativo di offrire uno strumento agile – senza però mai perdere di vista la scientificità teologica e l’approfondimento spirituale del suo argomentare – non solo di riflessione per le Agenzie Educative ma, altresì, di indicare le vie
di liberazione da questo male ormai divenuto endemico, attraverso una proposta di prassi pastorale rivolta alle comunità parrocchiali e percorsi educativi per le scuole.
Un lavoro davvero impegnativo, certo, ma assai utile proprio perché l’obbiettivo che percorre tutto il testo (a volte sotteso, a volte esplicito) è quello di contribuire ad offrire soluzioni e non semplicemente fermarsi all’analisi del fenomeno.
L’Autore, è un prete che ama la Calabria e la piana di Gioia Tauro
in particolare. Ha incontrato e continua ad incontrare tanti giovani studenti di ogni ordine e grado. Ha ascoltato le loro domande, e letto attraverso di esse le loro attese e speranze. La profonda identità del suo essere chiamato e mandato a servire i fratelli
, lo spinge ad interessarsi del fenomeno e delle sue drammatiche conseguenze su tanti giovani rapiti al loro destino dal fascino del denaro facile, del falso onore, del potere della violenza dell’uomo sull’uomo che incute timore, rispetto
, obbedienza, impone omertà. Ciò contribuisce a creare un clima di sfiducia e di rassegnazione che solcano profondamente le anime di tanti calabresi.
Occorre reagire e per farlo bisogna lasciarsi provocare da quel morso del più
, come lo definisce Luigi Ciotti, che il Vangelo propone a tutti i credenti: più profezia, coraggio, creatività.
Tale provocazione
evangelica don Leonardo la conosce assai bene e per questo invita a scoprire anche nel Magistero della Chiesa, e negli ultimi documenti di Papa Francesco in particolare, nella forza disarmata e disarmante della preghiera, nella testimonianza gioiosa dei credenti, gli strumenti necessari ieri come oggi per fronteggiare con decisione detto cancro esiziale
, come lo aveva puntualmente definito un grande testimone e maestro, don Italo Calabrò.
Sarà bene ribadire che dal Sacro Testo emerge un volto di Dio che non è neutrale: vittime e carnefici non sono la stessa cosa davanti al suo Volto. Tra i potenti e poveri si rivolge ai primi tramite i profeti invitandoli alla conversione e si schiera decisamente con i secondi.
Il Dio biblico, dunque, non sta a guardare ciò che succede sulla terra, non è indifferente al dolore delle vittime innocenti della storia, non porta la falsa pace della neutralità o dell’inerzia, ma «ascolta il gemito» e prende posizione contro i satrapi, gli arroganti e i violenti di sempre.
La divisione tra il bene ed il male che manifesta soprattutto attraverso l’incarnazione del Verbo, evoca il coraggio di esporsi e lottare contro il male, di essere partigiani
, cioè di prendere parte e schierarsi apertamente, «perché si uccide anche stando alla finestra» (L. Ciotti), muti davanti al grido delle vittime innocenti delle mafie, dei disoccupati, dei malati costretti ad emigrare dalla nostra Regione, degli immigrati sfruttati nei campi, nelle nostre città e paesi, dei poveri e di madre terra, mentre a livello di alcuni governi centrali, compreso il nostro, soffiano i veleni degli odi, si chiudono i porti, si alzano muri.
Non si può restarsene indifferenti a contemplare il dramma di tanto male che ci scorre dinanzi, senza alzarsi a lottare contro la morte, la violenza, la corruzione, il malaffare, la malasanità, la malapolitica. Altrimenti il male si fa sempre più arrogante e legittimato come è accaduto in questi giorni in Italia anche con il cosiddetto Decreto Sicurezza bis.
L’Autore mi consentirà se mi permetto di far notare un particolare a mio avviso davvero importante che sta accadendo in Calabria: il «Progetto Liberi di Scegliere». L’idea messa in atto dal Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria sin dal 2012, intende offrire «una via alternativa, credibile e culturalmente significativa, capace di restituire ai minori una identità reale e libera»[1].
Al Progetto hanno aderito mediante la sottoscrizione di un protocollo d’intesa, la Procura Nazionale Antimafia, guidata da Federico Cafiero De Raho, Libera, la Conferenza episcopale italiana, che ha messo a disposizione anche una cospicua somma, onde poter fronteggiare le non poche spese per le famiglie, mamme e figli minori provenienti da contesti mafiosi, che intendono aderire al Progetto e quindi accompagnate ad inserirsi in altri luoghi, prevalentemente del Nord Italia. Una sfida non semplice, direi un’autentica rivoluzione, che ha avuto inizio anche grazie al coraggio di alcune mamme, mogli di boss, che non intendono far fare la stessa fine ai loro figli. Queste coraggiose decisioni hanno consentito che in tali famiglie si rompesse, finalmente, quella spirale di violenza e cultura criminale trasmessa generazionalmente da padre in figlio.
Recidere tale spirale e cultura criminale è anche l’intento proposto da don Leonardo che nel presente volume offre quella prassi pastorale attesa da troppo tempo. Nel Vangelo di Luca (12,49) leggiamo quella frase pronunciata da Gesù che proprio non ci si spetterebbe ascoltare dalle sue labbra: «Sono venuto a portare il fuoco, e come vorrei fosse già acceso». Solo attraverso quell’alta temperatura morale
avvengono le trasformazioni positive del cuore e della storia.
Papa Francesco, lo ricorda spesso don Leonardo nel presente volume, ci ripete che abbiamo bisogno estremo di discepoli geniali, creativi. Soprattutto nell’Evangelii gaudium invita i credenti a essere creativi, nella missione, nella pastorale, nel linguaggio. Propone instancabilmente non l’omologazione, la rassegnazione ma appunto la creatività; invoca non l’obbedienza ma l’originalità dei cristiani. Fino a suggerire di non temere eventuali conflitti che ne possono seguire (Cfr. EG, n. 226), senza conflitto non c’è passione
.
Un invito pieno di speranza e di gioia, rivolto a tutti: non seguite il pensiero dominante, non accodatevi alla maggioranza o ai sondaggi d’opinione, non lasciatevi vincere dalla paura, dalla rassegnazione, non rintanatevi nella oltraggiosa omertà.
Abbiate il coraggio di prendere il largo. Duc in altum!
Ennio Stamile
Referente regionale Libera per la Calabria
[1]R.
Di Bella-G.M.P. Surace
, Liberi di scegliere. La tutela dei minori di ‘ndrangheta nella prassi giudiziaria del Tribunale dei Minorenni di Reggio Calabria, Rubbettino, Soveria Mannelli 2019, p. 8.
INTRODUZIONE
Un saggio sui giovani in Calabria e il rapporto con il fenomeno della ’ndrangheta nel complesso più allargato delle dinamiche antropologiche e socio-culturali, potrebbe rientrare nella retorica o nell’inflazionato numero delle diverse e svariate pubblicazioni su questo tema, articolato e sfidante.
Da calabrese, impegnato nello studio interdisciplinare della ’ndrangheta e a contatto con i giovani, dopo alcuni studi e pubblicazioni, ho pensato di scendere ancora di più nello specifico.
La ’ndrangheta è un fenomeno, storico, sociale e culturale, economico, dietro al quale c’è soprattutto una pedagogia, l’uomo, nella sua dimensione fragile, e dentro una società, quella calabrese e non solo, dove si è sviluppata una patologia che non basta diagnosticarla, occorrono cure e interventi appropriati.
I giovani sono la regione
più sensibile, perché non solo si affacciano alla vita, essi preparano un nuovo mondo, una nuova cultura, ma chiedono agli adulti smarriti, nella crisi dei valori e di saldi riferimenti, un aiuto e una collaborazione, esigenza che ho riscontrato nei miei incontri.
La scuola è un punto nodale e rilevante per la loro crescita, essa ha un ruolo determinante per lo sviluppo della loro intelligenza. Qui ci si incontra, si sviluppano cultura, affetti, solidarietà, conoscenza reciproca, si sperimenta la vita di una comunità allargata e il senso civico. Essa è una istituzione che non può rimanere isolata, è un luogo di promozione culturale e sociale dove occorrono anche docenti carismatici, appassionati di futuro e di plasmare un nuovo umanesimo.
La chiesa, purtroppo occorre riconoscerlo, non ha un buon feeling con i giovani, li accompagna solo per un certo periodo perché dopo i primi sacramenti questi scappano, non trovando un ambiente accogliente e premuroso, mentre la politica li ricerca per rinnovare i loro partiti, il mercato li seduce con proposte seducenti spersonalizzandoli, e la ’ndrangheta li attira perché fa promesse e li illude.
Questo nuovo contributo scientifico, nasce dall’incontro con gli alunni delle scuole della Piana di Gioia Tauro, con i docenti, dal 2017 al 2019, e dal confronto quotidiano con la realtà.
Qui si vogliono offrire dei suggerimenti e dei consigli, per continuare questa lotta etica e culturale, nonviolenta, per amore dei giovani e dell’avvenire della Calabria, e la chiesa non può stare alla finestra con pastorali conservative, autoreferenziali e inefficaci sul territorio, trascurando la risorsa
più importante.
La ’ndrangheta può essere sconfitta, e la battaglia è prevalentemente la cultura
da cui essa trae giovamento e complicità, tenendo presente, che essa nelle molteplici alleanze e legami, gode di intrecci che si intersecano in diversi ambiti sociali.
Il terreno di lotta è corroborato dalla speranza, questa è come un fiume carsico che scorre sotto terra, ed è rappresentata da tutte quelle risorse positive di cui la Calabria è dotata, anche da quei piccoli germogli di resistenza e di battaglia quotidiana che rifiutano la complicità del male, che non incensano gli idoli del potere e del denaro e non fanno parte di cerchi magici di asservimento.
Ci si interroga anche come le chiese di Calabria non siano riuscite ad essere alternative, lente nella comprensione del fenomeno, poco propense in passato ad assumere in alcuni suoi rappresentati posizioni ferme e decise, con ambiguità e complicità che hanno creato scandalo e dubbi sulla missione ecclesiale.
Essa ha ancora qualcosa da dire?
Si riscontra tuttora la mancanza nell’episcopato calabrese di una presa di posizione unanime, pur considerando la complessità del territorio e l’influenza dell’organizzazione criminale nelle diverse province calabresi.
La pastorale, usando una metafora evangelica, è chiamata a spargere il seme evangelico della carità,