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sentiero: storie italiane e leggende metropolitane
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sentiero: storie italiane e leggende metropolitane
E-book274 pagine3 ore

sentiero: storie italiane e leggende metropolitane

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Info su questo ebook

storie italiane e leggende metroplitane
LinguaItaliano
Data di uscita16 mag 2018
ISBN9788828324614
sentiero: storie italiane e leggende metropolitane

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    Anteprima del libro

    sentiero - carlo battimelli

    Il sentiero

    storie verosimili italiane e leggende metropolitane

    di

    carlo battimelli

    Chi sono?

    "Come definire una persona che si dedica alla scrittura per esprimere se stesso ,gli altri e

    gli accadimenti che lo hanno plasmato in una sorta di autoanalisi

    Autodidatta scrive nel linguaggio parlato con le sue forme dialettali e gergali

    .Che scrive,insomma come parla,ignorando la costruzione stilistica

    Uno che si ritiene un primitivo,qualcuno direbbenaive

    Scrive prevalentemente in lingua napoletana

    Vuole solo affermare a se stesso, la propria esistenza come persona

    Nato a Napoli nel 1946 il 13 maggio

    Ha cominciato a lavorare come benzinaio a 13 anni,nel 1968 si è trasferito a Milano dove

    ha vissuto fino al 1971,

    Attualmente vive a Bologna

    Ama scrivere ,dipingere e occuparsi di politica

    Non ha mai voluto fare delle sue passioni un "mestiere"

    Gli piace soprattutto la provocazione come mezzo di conoscenza

    I suoi interlocutori… finiscono per diventargli amici."

    Così mi ha descritto qualcuno leggendo le mie cose.

    Premessa:

    Chest’è a storia e tant’e nuie

    nat’cu e pezze n’culo,

    che doppo à resistenza hannu creduto

    e cagnà e cose e stù Paese

    Che comme diceva Antonio*

    ò popolo ch’è stato sempre schiavo

    primma o poi se leva stì catene

    Je che nun tengo chiese int’ò giardino

    penzo che st’ommo è stato nù grand’ommo

    si pè libberà à gent’e stà nazione

    è muorto tiseco m’priggione

    Cu stà certezza song’iuto nanze*

    A mia ,cu tutto che è cose pareno* ò cuntrario,

    nunn’è nà speranza,è nà convinzione

    :a’gente che ha fatto e stà democrazia

    cosa mia

    Che s’è vennuto à resistenza

    Pè degnere a credenza*

    Primma o poi ha storia le dà ò cunto*

    *Gramsci,* andato avanti,* sembrano,*per riempirsi la dispensa -per arricchire

    *riscuote

    Gli orfani

    Quello che si trovarono davanti era per loro, che avevano vissuto fin dalla nascita in un

    convento, qualcosa che non si aspettavano

    Conoscevano solo la descrizione che ne facevano i frati , le suore,ma soprattutto i libri ,di

    quello che c’era fuori da quelle mura e cancelli troppo alti per loro.

    L’ abbecedario…poi!

    Bambini con le divise mai rattoppate.

    Tutti ritti, allineati che cantavano canzoni di patria e di eroi.

    Molti dai riccioli biondi,come i capelli del bambino Gesù vicino alla Madonna e a San

    Giuseppe

    Si mormorava nel convento che tutti quei bambini nei libri erano figli di questi santi,gli

    orfani invece figli del peccato o della guerra che, dicevano i frati, erano opera del demonio.

    Ecco perché loro erano tanto diversi

    Per la verità c’erano due fratelli nell’orfanotrofio dai capelli rossi ,e un altro biondastro ,ma

    aveva i capelli lisci

    I disegni e le foto sui libri mostravano delle signore con vestiti sgargianti e i signori con

    casacche nere alla guida di belle macchine,a volte su cavalli bianchi ; erano certamente

    principi e principesse ; come quelli delle fiabe

    Quello che colpiva di più la loro fantasia erano le fotografie delle case

    Il mobilio, i letti , le tavole apparecchiate con vasi di fiori al centro e piatti ricolmi di cose

    che dovevano, forse, essere buone ;loro non potevano saperlo,

    Le sedie non come gli sgabelli di legno pesanti che dovevano trascinarsi sempre dietro:al

    refettorio,in classe,in chiesa ,in tutti i posti dove c’era necessità di sedersi.

    Per la verità anche i frati e le monache facevano lo stesso,tranne il priore;ma lui era il capo

    dei frati aveva una sedia con spalliera in ogni posto

    ,Nino teneva per mano i fratelli, solo di cognome, si chiamavano Esposito tutti e tre:

    Giovanni e Ciro più giovani di lui .

    Ciro era il più piccolo.

    Scendevano per la salita del presepe una viuzza che dalla Sanità porta a Capodimonte

    Leggevano i manifesti

    Uno che proclamava lo stato d’assedio in città, con l’ordine di passare per le armi ogni

    cittadino che si fosse reso responsabile di azioni ostili al governo con rappresaglie di cento

    civili per ogni tedesco ucciso.

    Ebbero paura

    Alla reggia di Capodimonte i frati raccontavano che ci veniva il re,la regina e i

    principi,quando passavano le vacanze a Napoli

    Loro non li avevano mai visti ;tanto che pensavano fosse un’altra favola raccontata dai

    monaci.

    Si domandarono cosa avessero combinato i napoletani contro il re per meritarsi quella

    punizione :cento per un tedesco ucciso

    Ma perché questa minaccia non erano amici con i tedeschi come asseriva fra Marco ?

    Il bosco di Capodimonte è un immenso giardino, allo interno del quale c’è il palazzo reale

    E’ grandissimo

    Tanto che i napoletani lo chiamano bosco di Capodimonte

    . Quando i monaci li portava a visitare quello che loro chiamavano meraviglia,ai bambini

    non è che facesse molto piacere ; anzi …

    .Girare a bocca aperta per quei corridoi,salire quelle scale di marmo bianco,vedere quei

    quadri con quelle facce che sognavano negli incubi la notte,ma soprattutto vedere quei

    lettia baldacchinodicevano i frati che confrontavano mentalmente con i loro:di legno e a

    castello dove quello che dormiva di sotto spesso veniva svegliato di notte dal gocciolio della

    piscia del compagno di sopra,nel caso di Nino…Ciro.

    Quelle immense stanze li mettevano a disagio.

    Rientravano sfiniti : dalla fatica,dalle spiegazioni e dalle domande che si ponevano

    La stessa fatica che Nino sentiva in quel momento

    Al di qua e al di la della strada cumuli di macerie,uomini e donne vestiti non come nei

    libri;indossavano stracci.!

    Forse più stracci delle loro divise,cucite e ricucite chi sa quante volte da suor Rosaria,.

    Qualcuno con pantaloni e casacche verdastri.

    Con badili e qualcuno servendosi delle sole mani cercavano di liberare la strada da quelle

    pietre buttandole con violenza lontano su carriole,carretti e camion infangati.

    Ogni tanto qualcuno si fermava e con un braccio cercava di liberarsi dalla polvere nera e dal

    sudore che gli grondava dalla fronte impasticciandosi il viso inevitabilmente

    .Un po’ come faceva Ciro alla recita di carnevale che per liberarsi dalla maschera di

    Pulcinella che gli disegnavano sul viso con il carbone,finiva sempre con l’annerirselo del

    tutto mettendo in risalto rigagnoli di lacrime a testimoniare qualcosa che i grandi gli

    avevamo imposto ma che lui non condivideva.

    cos’è stato...domandò Nino ad una ragazza ,facendo un largo gesto con la mano

    à….guerra !! centinaia e bumbardament…

    La guerra!?

    Ne aveva sentito parlare i monaci quando li riunivano in un grande salone nel seminterrato.

    Spesso,anzi quasi sempre di notte,e li facevano sedere o sdraiare in un angolo.

    Molti preferivano continuare a riprendere i sogni interrotti.

    Nino restava sveglio a guardare attraverso il lucernario,una fessura rettangolare posta su di

    una parete troppo grande per quella finestra dalla quale s’intravedevano bagliori che

    sembravano fulmini e boati simili a tuoni

    Ombre rosse che s’innalzavano al cielo per poi magicamente scomparire

    lo incantavano,era abbagliato dal susseguirsi di luci e colori.

    Come i fuochi d’artificio che i monaci qualche anno prima li fecero vedere da sopra il

    terrazzo del refettorio,in occasione di una festa importante

    I ragazzi che restavano svegli,quasi tutti, non avevano paura,anzi trovavano quello

    spettacolo fantastico,meglio di quelle immagini in bianco e nero che nelle feste

    comandate,con la presenza del priore e anche delle monache,proiettavano sulla stessa

    parete.

    Commentavano la magnificenza di quei colori e di quei bagliori e qualcuno preferiva non

    tapparsi le orecchie ,come Nino,anche se sussultava ad ogni boato.

    Pensavano tutti che al di la del convento si festeggiassero avvenimenti e feste come

    dicevano i frati profaneche era meglio non vedere.

    Continuavano a scendere, facendosi prendere divertiti dalla velocità inevitabile che

    prendeva il loro correre per la ripidità della strada

    Si fermarono davanti ad una chiesa

    Dentro una piccola folla imprecava,si dimenava,qualche donna si strappava i capelli e

    mandava ingiurie al cielo strappandosi le vesti.

    Qualche altra piangeva stringendo tra le mani il Rosario.

    Qualcuno restava in silenzio continuando a guardare una fotografia che mostrava a San

    Gennaro.

    Il parroco lo teneva un tabernacolo raffigurante il santo più in alto che poteva passando

    attraverso quella folla che sembrava indemoniata tanto urlava e si dimenava

    Poi c’era qualcuno che tenendo in mano il breviario muoveva le labbra senza pronunciare

    parola.

    Ciro rideva con le lacrime nel vedere quella scena ,come faceva quando in convento al

    vespro i frati li riunivano nel refettorio a dire il rosario.

    Loro e i frati muovevano solo le labbra ripetendo con un mormorio indecifrabile quello che

    il priore con una litania monotona ripeteva per un tempo indefinito.

    Lui non riusciva a capire perché nessuno gridasse le preghiere,oppure tutti facevano come

    lui che con il pensiero era da tutta altra parte ?

    Non diceva niente a nessuno anche perché dopo il rosario, si mangiavano i confetti

    Il parroco innalzava e dondolava quella testa del santo ripetendo una litania incomprensibile

    .

    Un santo che ,dicevano i frati, era il protettore della città .

    Nino guardando le macerie che lo circondavano e com’ era vestita quella gente,si spiegò le

    urla e le invettive contro il santo

    Un po’ come faceva lui,quasi tutte le mattine ,quando svegliandosi in quel convento se la

    prendeva con Gesù che aveva pregato la sera prima di fare un miracolo e farlo volare via da

    quel posto

    Perché non aveva accolto le sue preghiere?

    era proprio vero,lui era figlio del peccato

    Forse anche tutta quella gente era figlia del peccato.

    Mai Nino ,avrebbe pensato di trovare il coraggio di fuggire dal convento,che per tutti gli

    altri era il posto più sicuro e bello al mondo

    Molto probabilmente perché conoscevano solo quello e anche per il fatto che tutto quello

    che gli veniva detto o mostrato nei documentari e nei libri,e nei film in bianco e nero era un

    qualcosa di estraneo,di irreale,a volte di pauroso.

    Spesso la domenica,dopo il riposo,giù nel seminterrato si proiettava un film

    Sulla parete dove stava il lucernaio,l’unica che fosse libera da libri e scaffalature,ma

    purtroppo per la poca distanza dal proiettore lo schermo era poco più grande di quel buco e i

    bambini dovevano allungare il collo ed aguzzare la vista per poter mettere a fuoco le

    immagini

    S’iniziava sempre con un documentario che mostrava un signore che fiero descriveva

    episodi di eroismo e scene di uomini vestiti di nero che marciavano cantando litanie,un po’

    come quelle che recitava il priore

    Chi sa, pensava Nino se anche tra quella immensa folla ci fossero quelli che come loro

    muovevano solo le labbra ma con la testa pensavano a tutt’altro?

    A volte si parlava di uomini malvagi che avevano tradito Gesù e che mangiavano una volta

    all’anno per tradizione bambini , questi mostri dovevano essere eliminati, giustamente

    Altre volte lo stesso signore dietro una grande scrivania parlava di popoli selvaggi che

    avevamo ospitato nel nostro impero che bisognava rendere civili come noi,ma che purtroppo

    uomini cattivi volevano impedircelo,bisognava combatterli e punirli.

    I film , gira e rigira erano quasi sempre gli stessi ,parlavano di Gesù,di eroi romani,e poi le

    comiche di Ridolini,poi c’erano storie di signore nobili che per le loro opere di bene erano

    diventate sante

    Come quelle che a Natale e alla epifania venivano nel convento a farli visita portando

    dolcetti,abiti dimessi dai figli,o raccolti in giro dalle loro conoscenti ,ma anche giocattoli ,a

    volte gia rotti.

    Per Nino e i suoi compagni che non ne conoscevano altri,quello era un giorno di festa e ogni

    volta baciavano la mano della santa donna befana facendo l’inchino come aveva insegnato

    loro il priore.

    Ad un certo punto della strada le macerie finirono,al loro posto c’erano delle montagne di

    roccia nera,e tutte caverne scavate,come quelle che avevano visto nei libri che parlavano di

    uomini primitivi

    All’imbocco delle caverne coperte marroni ,come quelle del convento,facevano da porte

    S’intravedevano: letti e mobili, come nelle case,ma non erano case,come avevano visto nei

    film degli uomini civili

    Fuori su sedie poggiate al muro erano sedute delle signore vestite a festa che parlavano con

    soldati strani ,non erano quelli vestiti di nero,ma altri.

    Nino che di natura era curioso si avvicinò ad una ragazza che se ne stava da sola mangiando

    qualcosa,o dicendo il rosario ,visto il movimento della bocca

    chi sono quei soldati?

    "come chi sono…ma da dove vieni!?….non li vedi sono gli alleati quelli che sono venuti a

    liberarci...a civilizzarci…"

    "ah quelli?!..... quelli…..ho visto al cinema il loro capo…

    Andiamo!! Andiamo!! disse ai fratelli vi ricordate cosa diceva quel signore dal

    balcone…..ci sono i cattivi che sono nemici…che non vogliono essere civili ,che credono a

    un altro Dio… non a Gesù...che a Pasqua si mangiano i bambini cristiani….e dai…

    muoviti!"disse a Ciro che si era incantato a guardare quella ragazza .

    Non ne aveva mai vista una così bella,sembrava una madonna .

    Non come quelle signore tutte vestite di nero,che vedevano la mattina a messa .

    Pensò in quel momento che la madre doveva essere così : giovane e bella...non come quelle

    altre;infatti quelle non era mai riuscito ad associarle al pensiero di madre .

    Non era alta,,bruna ,con dei capelli tagliati alla maschietta e degli occhi nerissimi

    Poco più che una bambina

    Con lo sguardo lontano,e quel vestito a fiori,bello ma forse troppo grande per lei.

    Un po’ come i calzoncini che portavano in dono le signore a Natale…sempre troppo lunghi

    e inadatti per il convento

    Come quel vestito sgargiante che il ragazzo associò a feste

    Lei continuava a masticare,un po’ come facevano loro all’orfanotrofio la domenica quando a

    pranzo avevano a volte la carne,continuavano a tenerla in bocca masticando lentamente per

    riempirne la lunga assenza e la fame

    Mentre faceva questa considerazione un militare si avvicinò alla ragazza e dopo aver parlato

    alcuni minuti, gli mostrò il contenuto aprendo un sacchetto di tela bianco ,come quello che i

    frati li obbligavano a tenere appeso al letto per riporvi la biancheria sporca.

    La ragazza chinò la testa in segno di consenso trascinando il militare per mano all’interno

    della grotta .

    Alcuni secondi dopo fece capolino dalla tenda

    guagliù…viene a cà facendo segno con la mano ai ragazzi di avvicinarsi.

    a vulit à ciucculata…?mostrando un pacchetto di carta argentata..tiè.. … lasciò il

    pacchetto sulla sedia e richiuse la tenda.

    I ragazzi divoravano quel ben di dio,correndo ancora di più per quella discesa,come se non

    gli fosse stata regalata,ma che l’avessero presa di nascosto

    Era troppa e troppo buona per essere vera...divoravano per non farla sparire

    Come in orfanotrofio quando fra Marco dava a loro tre dei dolcetti o un confetto in

    più.,rispetto agli altri. Ingurgitavano tutto immediatamente quasi vergognandosi di questo

    trattamento di favore e anche per evitare che i compagni scoprissero il loro piccolo segreto.

    Gli orfani 2

    Arrivarono in fondo alla strada

    Un bivio

    Da una parte una lunga stradina che sembrava più un cunicolo,tanto era stretta, dall’altra

    davanti a loro un ampia scalinata

    sono stanco…stanco…stanco!!! cominciò a lamentarsi Giovanni,girando in tondo a quella

    che una volta era una fontana

    Sedettero ai bordi del primo scalino

    La gente era strana

    Bassi a destra e a sinistra

    Le porte e le finestre sembravano quelle disegnate da bambini come loro,forse da bambini

    ancora più piccoli tanto erano approssimate

    Fuori a queste porte: bancarelle,pentoloni fumanti,pollai,e corde tenute distanti dai muri con

    delle assi di legno, con una infinità di cose appese ad asciugare

    La gente si muoveva distratta parlando e muovendosi lentamente ,come se non avesse altro

    da fare,nessuna meta da raggiungere

    Da una grossa pentola fumante ,una signora che stava a malapena seduta su di uno sgabello

    tanto era grassa,riempiva scodelle di liquido rosso

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