Rimario dialettale con glossario della lingua vicentina e veneta
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Anteprima del libro
Rimario dialettale con glossario della lingua vicentina e veneta - Augusto Ferrari
principale
Presentazione
Opera preziosa e mirabile, questo Rimario di AUGUSTO FERRARI, da sempre membro attivo ed apprezzato del CENACOLO DEI POETI DIALETTALI VICENTINI. Diverso e sicuramente assai più completo dei numerosi Vocabolari del Dialetto Vicentino e di quello di altri centri del Veneto, mette a disposizione un modo sicuro e veloce di verifica della scrittura e della pronuncia dei vocaboli nelle loro varie e talvolta numerose accezioni. La facile consultazione offre la possibilità di arricchimento e di aiuto a chi si accinge, ma anche a chi è già addentro, alla non facile arte della poesia e della prosa in dialetto. E’ questo infatti, come il Ferrari scrive, più povero di vocaboli dell’italiano e tuttavia più complesso, in quanto uno stesso vocabolo si presenta in numerose e diverse accezioni e grafie, a seconda delle diverse località e di fattori legati alla tradizione o alla memoria.
Il lavoro di certosina
ricerca linguistica rende quest’Opera uno strumento essenziale di lavoro e, come scrive l’Autore, offre una base di ricerca e scelta armonica… per migliorare la poetica e lo stile
.
Amedea Mantovan Regazzo
Presidente del
Cenacolo dei Poeti
Dialettali Vicentini
Il Cenacolo Poeti Dialettali Vicentini
e il Rimario Dialettale con Glossario
di Augusto Ferrari
Il Cenacolo Poeti Dialettali Vicentini già attivo nel 1977, si è dotato di una veste giuridica il 21 ottobre 1982. L’Associazione ha lo scopo di promuovere manifestazioni di poesia in vernacolo e in lingua italiana e diffondere lo studio e la conoscenza del dialetto parlato e scritto, delle tradizioni, dei costumi e della cultura delle popolazioni venete. In questi quarant’anni ha divulgato le opere di moltissimi letterati e artisti, poiché la cultura veneta abbraccia tutte le arti, nessuna esclusa. Inoltre ha prodotto antologie, quaderni e pubblicazioni che hanno privilegiato le poesie in vernacolo locale vicentino.
La complessa lingua italiana si è formata dall’assimilazione di idiomi regionali che hanno contribuito a renderla unica e ricca di sfumature. Anche per questo motivo il Cenacolo Poeti Dialettali Vicentini, facendosi carico di salvare termini e modi di dire quasi dimenticati, aggiunge una veste moderna all’originalità del suo valore antico.
Dopo il Vocabolario del Dialetto Vicentino di Eugenio Candiago edito nel 1982, il Cenacolo dei Poeti Dialettali Vicentini si fa promotore di un’altra opera di indubbio valore culturale.
Trattasi del Rimario Dialettale con Glossario di Augusto Ferrari. Il testo proposto è, non solo uno strumento di consultazione che agevola la costruzione del verso per chi ama la rima
come scrive l’Autore, ma anche scrigno di vocaboli tratti dai più importanti dizionari, glossari e libri di autorevoli scrittori di opere in vernacolo vicentino e veneto.
L’Autore, iscritto al Cenacolo da molti anni propone un testo di consultazione per i poeti che vogliono, attraverso questo strumento, rendere più musicali e armoniosi i propri versi.
Augusto Ferrari, che ha al suo attivo un altro testo molto importante per le tradizioni vicentine dal titolo Da un San Martino all’altro
, propone il suo Rimario Dialettale con Glossario, frutto di molti anni di lavoro, all’attenzione del Cenacolo, come segno tangibile del legame che lo unisce alla sua Associazione. Con grande piacere è stata accolta la sua proposta vista la qualità e l’originalità del lavoro e il Direttivo si assume il compito di proporla e veicolarla nei luoghi culturali più idonei.
Il dialetto vicentino rappresenta ancora per tutti noi il lessico familiare dell’infanzia che fa parte delle nostre tradizioni e ci identifica in radici comuni; chi non conosce filastrocche, poesie, ninne nanne, detti, proverbi e canzoni nel vernacolo locale?
In un tempo di globalizzazione del linguaggio, il Cenacolo Poeti Dialettali Vicentini, pone in primo piano il Rimario Dialettale e Glossario di Augusto Ferrari, convinto che salvare e risaltare le antiche lingue o dialetti locali sia un’importante eredità culturale da lasciare alle future generazioni.
Paola Martello
Vice Presidente del
Cenacolo Poeti Dialettali Vicentini
Prefazione
Il verso è una sequenza ritmica di parole che ordinate secondo varie cadenze e modulazioni producono musica e armonia. In poesia, nel verso in rima, la sequenza di gradevoli suoni è dovuta a svariate componenti, principalmente al numero di sillabe e al succedersi degli accenti; in quello libero alle pause e alle assonanze. Il tono, altra componente essenziale nella diversità di fare poesia, si ottiene dall’alternanza ritmica dei versi.
Oggi molti - sembrerebbe il contrario - amano scrivere poesie in dialetto e, in mancanza di validi suggerimenti ritmici, devono affidarsi e fidarsi del proprio estro senza consultare una base di ricerca e scelta armonica più ampia.
Ecco dunque il rimario: un elenco di vocaboli raggruppati per rima e disposti in ordine alfabetico. Uno strumento che agevola la costruzione del verso per chi ama la rima e le scelte per chi predilige il verso libero.
Il rimario non obbliga il proprio sentimento a canoni di disciplina, semplicemente dà un suggerimento, anche interpretativo, utile per migliorare la poetica e lo stile senza nulla togliere alla spontaneità della propria ispirazione. La rima tuttavia dà un senso di forza all’espressione.
Nel presente rimario sono elencati tutti quei termini che compaiono nei principali vocabolari dialettali e in molti glossari. È il frutto di una paziente ricerca tra quegli autori, in particolare del Cenacolo Poeti Dialettali Vicentini
che hanno pubblicato opere che riguardano l’uso della lingua dialettale vicentina e anche veneta in generale. Mi ha spinto il desiderio di creare un’opera utile ad agevolare la ricerca e che disciplini anche l’uso dei vocaboli in modo da compendiare la consultazione dei vocabolari e le proprie conoscenze.
Il lessico dialettale è più povero dell’italiano, per tale ragione i vocabolari dialettali sono limitati rispetto a un dizionario in lingua, ma, poiché regola prima è scrivere come si pronuncia, e questa nel dialetto differisce da zona a zona, la materia è complessa e difficile.
La diversità di fonica che si nota in alcune zone della nostra provincia risente dell’influenza di quella limitrofa, e anche la posizione geografica è un fattore che non aiuta l’uniformità. E c’è pure chi usa un lessico di propria personale memoria. Quindi, benché abbia cercato di penetrare la linguistica del dialetto vicentino, soprattutto, ho la consapevolezza di ritenere l’opera sempre perfettibile.
La morfologia dei vocaboli dialettali è complessa, innumerevoli le sfumature. Quasi impossibile elencare tutte le varianti così ho riportato l’espressione più comune, comunque agevolmente riconducibile alla preferenza linguistica di chi intende farne uso.
Ribadisco: il rimario è una semplice guida non certo la regola di pronuncia e nemmeno un vocabolario. Uno strumento di consulta per agevolare o migliorare la costruzione del verso per chi ama la rima, valido aiuto per chi predilige il verso libero e cerca qualche appropriata assonanza: suggerimento utile quindi per la scelta del vocabolo appropriato. Infatti l’esatto collocamento delle parole produce musica, e una buona poesia deve essere eufonica: una gradevole e appropriata sequenza di suoni. Per la ragione ho inteso quindi, per molti vocaboli che si prestano a interpretazioni differenti, proporre - tra parentesi - un glossario per una corretta comprensione, lasciando i più noti alla memoria generale.
Non basta scrivere poesie: per diventare poeta è necessaria un’attitudine particolare. Poco vale anche avere sensibilità, buone idee e sentimento se poi non si riesce ad esprimersi con chiarezza, proprietà ed efficacia di linguaggio: e la parola è lo strumento di cui ci serviamo. La poesia non è ragionamento, è la sintesi musicale di un sentimento: non servono pleonasmi. Ovvero non serve chiacchierare troppo altrimenti di fa prosa: il vizio di molti poeti
.
Oltre che uno studio e un aiuto a soddisfare le scelte, ritengo il rimario sostanziale per conservare la memoria del vero dialetto ad evitare, per quanto possibile, italianismi che imbarbariscono la genuina espressione popolare.
Avvertenze
Per chiarire quanto espresso nella prefazione, per quanto concenne la difformità di pronuncia, porto ad esempio il verbo scoprire: scovèrsare, scoèrsare, scovèrsere, scoèrsere, descovèrsare, descoèrsare, descovèrsere, descoèrsere, quindi la sequenza in dis e pure descuèrsare, ecct., poiché molti autori privilegiano la c al posto della q e il contrario.
Ho voluto farlo notare, perché ho dovuto fare delle scelte, tuttavia, per disparità di sillabe e diversa rima, ho ripetuto molti termini di medesimo significato.
Di norma ho privilegiato la forma con la s semplice e doppia, quindi la voce con la z è da ricercarsi tra quelle con la s semplice o doppia, mentre nei vocaboli ove la pronuncia della z risulta più marcata l’ho mantenuta. Lo stesso dicasi per la l semimuta o muta, per la d e v intervocaliche mute e altre espressioni come la g trasformata in j consonantica.
Ho elencato vocaboli che, pur non avendo un corrispettivo in rima, possono avere interesse di assonanza. Per la stessa ragione, per quanto ne abbia tralasciato la maggior parte, ritenuti di poco interesse poetico, ho riportato molti termini tecnico-scientifici e floro-faunistici.
Non ho rubricato i vocaboli del tutto simili all’italiano e molti che si differenziano solo per la non pronuncia delle doppie, di qualche diversa consonante o vocale, poiché il ricercatore può rintracciarli consultando un rimario in italiano e ricondurli all’espressione di gradimento.
In presenza di disparità di sillabe, ho scelto di elencare sia la forma rustica, cioè quei termini che presentano il prefisso iniziale rafforzativo, sia la più corrente, es.: descovèrsare e scovèrsare, desgropare e sgropare, inpasturare e pasturare, inrabià e rabià. Ho privilegiato di massima la forma rustica cioè la vocale e invece della i, la a al posto della e, di conseguenza: desligare e non disligare, slissegare al posto di slissigare, spentonare anziché spintonare, retégno e non ritégno, ràdare anziché ràdere, spàndare e non spàndere, conseguentemente la consonante s iniziale: sbrancà e non brancà, spironà e non pironà ecct., facilmente riconducibili all’uso personale. Nelle forme meno antiquate ho preferito l’espressione più comune, per quanto lasciata alla consuetudine del fruitore, es.: grenbiale e non grunbiale, legname e non ligname. Per molti vocaboli di numero eguale di sillabe, di medesimo significato e rima simile, es.: tra basilicà e basiricà, cioè basilico ho preferito basilicà, tra lissigare, lissegare e slissigare, ho scelto la forma più comune slissegare, jovane e non zovane, ecct.; tuttavia per alcune, es.: nagare e nare, cioè andare le ho elencate entrambe per disparità di sillabe, come terìssia e literìssia ecct.
Se non di significato diverso, ho omessi molti femminili e plurali, inoltre, se non hanno spiccato valore di aggettivo o di sostantivo, molti participi passati e forme riflessive, poiché espressioni ottenibili dall’infinito del verbo, non trascurando che la forma riflessiva a volte esprime diverso significato.
Per i molti vocaboli che derivano dai verbi è il verbo stesso cui fare riferimento per esigenze sillabiche e lessicali, per tale ragione gli infiniti sono stati riportati in modo più esaustivo possibile. Riportare tutti i vocaboli che possono derivare dai verbi, tenendo presente le varianti e le sfumature di pronuncia, è quasi impossibile considerato che nel conversare comune si creano vocaboli a proprio uso. Anche molti sostantivi e aggettivi si possono trasformare in verbo, nella maggioranza dei casi anteponendo il rafforzativo in, qualche esempio: da mastego deriva inmastegare, da morsa inmorsare, da mastice inmasticiare ecct. Troveremo sì sonare e sonarse ma non sonarsele e sonarghele; tegnere e tegnerse e non tegnerghe e tegnerghele; dire e dirse non dirsele, dirghele, dirghene, dirtene.
Essenziale comunque consultare sempre anche un rimario in lingua, poiché molti vocaboli dialettali simili all’italiano o facilmente ricavabili con l’intuizione sono stati omessi per non appesantire l’opera.
L’Autore
Abbreviazioni
accr. = accrescitivo
agg. = aggettivo
avv. = avverbio
cong. = congiunzione
coniug. = coniugazione
def. = deformazione
deriv. = derivati
dispr. = dispregiativo
euf. = eufemismo
femm. = femminile
infant. = infantilismo
inter. = interiezione
masch. = maschile
n. = nome
n.p. = nome proprio
num. = numero
part. pass. = participio passato
part. ps. = participio presente
pl. = plurale
prep. = preposizione
pron. = pronome
rif. = riferimento
sinon. = sinonimo
sing. = singolo o singolare
sost. = sostantivo
spreg. = spregiativo
ter. = termine
vb. = verbo
vezz. = vezzeggiativo
à
a boà (a bizzeffe) - acanà - (accanito, accalorato, veste acanà: vestito stretto) - afanà - afessionà - agorà (piazza) - agroatà (sbocconcellato) - aguà (tipo di rete) - ajà (agliata) - amalà - amalatà (malaticcio) - amorbà (appestato, contagiato) - andà (deteriorato) - angonà (forcata) - ansimà (ansioso, preoccupato) - apassionà - arconà (arco di piante, rete da caccia) - armoà (armadio) - arpigà (rappreso) - arsà (arso) - arsirà (assetato) - asià (anatra codone) - assà (assai) - assalà (ferro acciaioso) - assidità - assorà (raffreddato) - bacalà (agg. allampato, magro, babbeo) - badanà (affaccendato, affannato) - balconà (balconata) - bancà (impalcatura) - barcà (gran quantità) - barelà (quantità di una barela) - basilicà (basilico) - bastonà (demoralizzato) - becà (beccato, vb. preso) - becolà (piluccato, vb. colto sul fatto) - benarivà - bentornà - boà (gran quantità) - bocà (boccata, sapore) - bonmarcà - boranà (uggioso) - brassà - brentà (quantità di una brenta) - broà - brosà (brinata) - brusà - bruscà - brusolà (tessuto a due colori o da poco) - brustolà - bugà (bucato) - bussolà - ca (che) - cà (casa) - cagà (azzimato) - cajà (cagliata, vb. cagliato) - calierà (quantità di un caliero) - canselà (sost. cancellata) - cantonà (stretto vicolo, svarione) - capelà - carburà (su di giri, al colmo) - caresà (viottolo campestre) - caressà (sostenuto) - castrà (sost., agg. e vb. castrato) - castronà (corbelleria) - ciaciarà - ciacolà - cincià (azzimato) - cincinà (attillato, acconciato) - cincionà (acconciato ridicolmente) - cintà - ciocà (covata) - ciucià (imbellettato, succhiato) - coà (avv. qua, sost. nidiata, moltitudine) - codognà (cotognata) - cofa (come) - cogolà (sassata, agg. e vb. selciato) - colà (strutto, lardo sfatto, vb. liquefatto) - colmà (colmata, aratura a colmata) - colonà (colonnato) - comià (commiato) - comodà (messosi comodo) - consà - cortelà - considerà (impasto d’interiora di maiale, agg. importante) - contrà - copà (avvilito, umiliato, vb. ucciso) - corà (interiora animale) - crepà - cuciarà - cufolà (ingobbito) - cugnà - cupà (con tetto di coppi) - dafarà - danà - decolà (senza testa) - derucà (malmesso) - desbigolà (scomposto, trasandato) - desbonbolà (sciancato, sfinito) - desborassà (squinternato) - desbrojà (escoriato, liberato da impaccio) - desbuelà (sciattato, sbrindellato, sbudellato) - desbussolà (sciancato) - descalsà (divelto) - descantà (scaltro, sveglio, vb. svegliato, ridestato) - descolà (liquefatto, scollacciato, scollato) - descomodà (non comodo, incomodato) - descordà (slogato, vb. dimenticato) - desculà (sciancato) - desfigurà - desfodrà (sfoderato) - desfortunà - desgalonà (storpio, affaticato) - desgoernà (slogato) - desgovernà (senza governo) - desgrassià (disabile, agg. malformato, sfortunato) - desgravegnà (slogato) - desgustà - deslancà (sciancato) - deslupià (affamato) - desmorsà - desnamorà (disinnamorato) - desnoà (snodato, agile) - desnocolà (dinnocolato) - despanà - despajà - desparà (disperato, vb. disimparato) - desparità - despatà (disuguale) - despeocià - despetenà - despiantà (nulla facente, privo di piante) - despirolà (sconnesso) - despojà - despolpà - despupilà (ridotto in povertà) - desquilibrà (scriteriato) - desterminà (esorbitante, vb. sterminato) - destirà - destropà - destuà - desumanà (sfinito, stravolto, sguaiato) - desusà (disabituato, divezzato) - desvegrà (dissodato) - desvià - desvojà - disbuelà (malmesso, sbudellato) - dislubià (affamato, sfinito) - disnoà (sciancato) - disturbà (indisposto) - dolentrà (dolente) - dolorà - dopodisnà - enfià (gonfio, tumefatto) - esosità - fa (avv. quanto, come) - fadà (stregato) - falbalà (piega, crespa) - famà - fasolà (con fagioli) - fassà - fassendà - fastidià (infastidito) - faturà (stregato, adulterato) - fazà (facciata) - felissità - felpà (felpato, morbido) - feltrà (infeltrito) - ferià (inferiata) - fià - fiacà - fiapà - figà (fegato) - filà (sost., agg. e vb. filato) - fiorà (affiorato, lavorato a fiori) - folà (infeltrito, pigiato) - forbesà - forcà (forcata, sostegno a forcella) - forconà - fortunà - fracà (calcato, fisicamente ben messo) - fraudà (truffato) - frecià (frecciato) - fregà (buggerato, lucidato) - frolà (intenerito) - fruà - fufignà (gualcito) - furbità - fusilà - fusulà (affusolato) - gajà (quantità di un grembiale rivoltato) - gavegnà (cesto rotondo) - giassà - goernà (accudito) - gomità (gomitata, vb. vomitato) - gonarà (gugliata) - gratà (rubato, grattato) - gravà (aggravato, fatto carico) - guà (piccola rete a sacco, agg. e vb. affilato) - gucià (gugliata) - gugià (pungolo) - gujà (pungolo, gugliata, vb. versato) - gumià - imesà (filandiera addetta al controllo) - inà (in là) - inamorà - inbalà (agg. sbronzo, vb. imballato) - inbaossà (impiastricciato di bave) - inbarcà (contorto) - inbaucà (incantato, infinocchiato) - inbautà (coperto o mascherato da cappuccio) - inbavà - inbessilità - inbestià - inbolognà (defraudato) - inbonbà - inboscà (imboscato, nascosto) - inbranà (maldestro) - inbrasà (infuocato, messo sulla brace) - inbrenà (impettito) - inbrodà (affetto da pustole) - inbronsà (abbronzato, messo alla brace, adusto) - inbrosà (brinato, purulento) - inbrosemà (brinato) - inbudà (sofferente di meteorismo, gonfio) - inbugà (ingozzato) - inbulà (insuperbito) - inburascà - incaecià (fissato con cavicchio) - incagnà (rachitico, rappreso) - incajà - incanà - incantà - incantonà - incapelà (impacciato, protetto da cappello) - incaramelà (abbigliato con ricercatezza, candito) - incarnà (incarnito, vb. sgridato) - incarolà - incasinà (intricato, in difficolta) - incassà (messo in cassa, arabbiato, vb. ricevuto) - incatijà - incaucià (incavicchiato) - incavejà (capelluto) - inciocà