Route
Di Dilan Darco
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James è il protagonista di questa storia, è un uomo di mezza età che vive in Florida, a due passi dall'oceano Atlantico. Il suo viaggio sta per cominciare, o meglio, per ricominciare.
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Anteprima del libro
Route - Dilan Darco
Route
Dilan Darco
Quando questo corpo sarà troppo vecchio e troppo stanco, troverò ancora altre sfide, sfide per la mente, sfide per l'anima. Così avrò nuove ragioni ancora per continuare ad andare.
Buio e silenzio intorno a me. Apro gli occhi, ancora oscurità. Muovo le braccia e le gambe, sono completamente avvolto, immerso in un liquido. Continuo ad agitarmi con tutto il corpo in cerca di una direzione, il liquido è tutt'intorno alla mia pelle nuda. Sento i battiti del mio cuore aumentare, mi rimbombano nelle orecchie, è l'unico rumore che riesco a sentire. Nuoto con tutta la forza che ho negli arti fendendo il liquido con le mani nel tentativo di venirne fuori, ma ho l'impressione di restare sempre nello stesso punto. I miei muscoli presto si stancano, mi fermo per recuperare energia e resto sospeso nel liquido.
È come volare, è una sensazione incredibilmente piacevole. Sento che questa è la mia casa da sempre, sono totalmente a mio agio, come un pesce dentro la vastità degli abissi. Il liquido mi culla con il suo lieve ondulare, mi tiene al caldo e al sicuro. Il mio battito è tornato normale, non lo sento più, si confonde con il silenzio e la pace del luogo.
D'un tratto il breve stato di estasi viene interrotto da un boato che arriva dal fondo, dalla profondità. Il liquido inizia ad agitarsi. Sembra che un'onda sopraggiunga dal basso, sotto di me. Provo di nuovo panico. I battiti del mio cuore accelerano di nuovo, picchiando come un tamburo nelle mie orecchie. L'onda che viene dal fondo è sempre più vicina e la pressione che esercita mi spinge verso l'alto. Provo ad opporre resistenza con le braccia e le gambe, ma la corrente è troppo forte, non riesco a contrastarla. Scorgo una piccola luce lassù, nella direzione in cui la corrente mi sta spingendo. Man mano che mi avvicino riesco a vederla meglio. Ha una forma rotonda e un colore tendente al giallo, un giallo molto chiaro. Dev'essere la luna.
Mi lascio andare e lascio che la corrente mi trascini su. L'oscurità pian piano lascia il posto alla luce che viene dall'alto e che si diffonde nell'ambiente in cui sono immerso. Il liquido si rivela per quello che è, trasparente come un vetro. Riesco a vedere la superficie sopra di me e con un certo timore mi preparo a venire fuori da lì. La mia testa esce dall'acqua per prima, emetto un respiro profondissimo e sento i polmoni bruciare. È come se respirassi per la prima volta.
Mi guardo intorno e vedo delle luci in lontananza, non sembrano troppo distanti. È una città, forse ce la faccio a raggiungerla. Comincio a nuotare con tutte le mie forze, ansioso di mettermi in salvo. Mi avvicino abbastanza da poter vedere una spiaggia e una grande ruota panoramica. Muovo le braccia ancora più rapidamente nuotando in direzione della spiaggia. Finalmente con i piedi riesco a sentire il fondale morbido sotto di me. Smetto di nuotare e con fatica cammino in acqua verso la riva, sfinito.
Esco dall'acqua e mi trascino debolmente strisciando sulla sabbia soffice e asciutta, le gocce scivolano sul mio corpo accarezzandomi la pelle. Sento freddo e tremo, non sono più protetto come quando poco fa ero immerso nell'acqua. Provo a sollevarmi dalla sabbia. Prima procedo ginocchioni, poi pian piano mi alzo in piedi e a piccoli passi mi incammino verso degli alberi dal tronco molto alto. Credo siano delle palme. La spiaggia è davvero enorme. Sulla sinistra riesco a vedere bene la ruota panoramica, si trova sopra ad un pontile. All'improvviso un suono forte mi entra con violenza nelle orecchie.
Il suono acuto della sveglia continua a martellarmi nella testa con enorme fastidio, mi ha appena svegliato da un sonno profondo e riposante. Apro gli occhi e leggo le cifre digitali impresse sul display della sveglia sopra al comodino, accanto al letto. Sono rosse e marcate, risaltano nell'oscurità della stanza: cinque zero zero. Allungo la mano per spingere il pulsante di spegnimento dell'allarme e rimango disteso nel letto a pancia in su per rilassarmi ancora un po'. Osservo il soffitto illuminato dalla poca luce che filtra attraverso le tende della finestra, il lampadario è diverso da quello della mia stanza. Dopo qualche istante, ancora un po' intontito dal sonno, realizzo che non mi trovo a casa mia. Ho poca voglia di alzarmi, resterei volentieri a poltrire fino a tarda mattinata, ma devo riprendere il mio viaggio.
Di malavoglia mi tiro su dal letto, poggio i piedi sul pavimento di legno e mi alzo facendo forza sulle gambe. Sento il pavimento scricchiolare sotto il mio peso ad ogni passo che faccio camminando verso la porta del bagno. Apro la porta e mi avvicino al lavandino per sciacquarmi il viso. Il freddo dell'acqua che bagna la mia faccia è la sveglia definitiva, manda via una volta per tutte i sogni. Come quello che ho fatto poco fa, prima che quel terribile suono mi riportasse alla realtà. Quel sogno continua a tornare nella mia mente.
Esco dal bagno e osservo la mia roba sparsa qua e là nella stanza. Raccolgo i vestiti di ricambio e gli altri oggetti che mi porto dietro. Prendo il cellulare e il pacchetto di sigarette appoggiati sopra alla scrivania, vicino al posacenere pieno di mozziconi. Cerco di risistemare tutto come meglio posso nella borsa di tessuto nera. Mi rivesto lentamente infilandomi i jeans, i calzini e le scarpe da ginnastica bianche con il collo alto, poi metto indosso la maglietta e la giacca di pelle nera. Rimetto al polso il mio vecchio orologio con il cinturino in pelle, regalo di mio padre. Prendo il casco e la borsa e raccolgo le chiavi e gli occhiali da sole dal comodino accanto al letto. Metto le chiavi nella tasca dei jeans e appendo gli occhiali allo scollo della maglietta. Apro la porta ed esco dalla stanza del motel.
Fuori è ancora semibuio e la brezza del primo mattino mi avvolge e mi coglie di sorpresa. È gradevole, una freschezza inaspettata in questo periodo dell'anno. La strada che passa accanto al motel è liscia e pulita. Sembra appena costruita, come se nessuno c'abbia ancora mai messo piede, o per meglio dire, ruota. Mi avvicino alla porta della reception, abbasso lentamente la maniglia ed entro. Dietro al bancone c'è l'uomo che ieri sera mi ha accolto quando sono arrivato. È un signore di età avanzata, capelli corti grigi, occhi neri, pelle scura, stempiato e pieno di rughe. Sta sonnecchiando. Non appena la porta si chiude dietro di me, l'uomo si sveglia con uno scatto improvviso, sobbalzando sulla sedia. Mi avvicino all'anziano, metto la borsa sul pavimento e appoggio il casco sul bancone.
«Buongiorno, ecco la chiave della stanza. Il mio nome è...»
«Ah, sì, recuerdo» dice l'anziano, interrompendomi prima che possa finire la frase. «El senor...» continua, aprendo il vecchio registro dove sono scritti i nomi delle persone che si fermano nel motel. Inizia a scorrere l'indice sulla pagina e ferma la punta del dito su di un rigo.
«James Rising, non è vero?» mi chiede. Annuisco con la testa.
«Già pronto a ripartire? Dove è diretto senor Rising?»
«L.A.» rispondo. Il vecchio mi guarda con aria smarrita, forse non ha sentito bene quello che ho detto. «Los Angeles!» dico con voce più decisa.
«Ah, Los Angeles, muy bien!» esclama a voce alta. «Sono quaranta dollari por una noche, senor.»
Pago la stanza.
«Buena suerte y adiòs senor!» dice il vecchio con una mano alzata in segno di saluto e un sorriso sdentato. Credo mi abbia augurato buona fortuna, per quel poco di spagnolo che ricordo dai tempi della scuola.
«Adiòs!» esclamo, facendo un cenno con la testa. Raccolgo la borsa dal pavimento, la tiro su e metto