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Adele: Il motivo del nostro vivere è  lo stesso per cui si è disposti a morire
Adele: Il motivo del nostro vivere è  lo stesso per cui si è disposti a morire
Adele: Il motivo del nostro vivere è  lo stesso per cui si è disposti a morire
E-book123 pagine1 ora

Adele: Il motivo del nostro vivere è lo stesso per cui si è disposti a morire

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Info su questo ebook

«Mi chiamo Etienne Natlov sono un killer e oggi è il mio primo giorno da uomo morto»
Inizia così un racconto ricco di suspence e colpi di scena.
Adele coinvolge il lettore in un labirinto di emozioni, con un finale appropriato che svela ogni mistero e fa commuovere, invitando a riflettere sulla definizione di vittima e carnefice, su azioni giuste e giustizia. Un romanzo avvincente che racconta la notte buia che scende nel cuore di chi vuole proteggere la vita attraverso la morte. 
Il motivo del nostro vivere è  lo stesso per cui si è disposti a morire.
LinguaItaliano
Data di uscita24 dic 2018
ISBN9788829582402
Adele: Il motivo del nostro vivere è  lo stesso per cui si è disposti a morire

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    Anteprima del libro

    Adele - Angelo Favini

    Facebook/Nutriamolamenteagenziaeditoriale

    Dedica

    A chi voglio dedicare questo racconto?

    Lo dedico a chi, intrecciando la sua vita con la mia, è stata musa ispiratrice.

    Dedicato a tutte quelle persone straordinarie che spesso non sanno di esserlo, ma che hanno un posto speciale dentro di noi.

    Prologo

    ​Il motivo del nostro vivere è lo stesso per cui si è disposti a morire…

    Mi chiamo Etienne Natlov e oggi è il mio primo giorno da uomo morto.

    Devo essere sincero con voi, me lo aspettavo da tempo che qualcuno ponesse fine alla mia esistenza,

    e quel giorno è arrivato. Questo sono io con la testa insanguinata sulla sabbia bagnata dalle onde del mare.

    Seppur continuamente bagnati dall'acqua salata, gli occhi stranamente non mi danno fastidio. Trovo invece fastidiose le urla isteriche delle donne che sento provenire in lontananza. Probabilmente non ci sto facendo una bella figura, ma, in tutta confidenza, dovete sapere che della cosa non me ne frega un accidente.

    Piuttosto, la risposta è sì! Se vi state chiedendo se è la bozza di un sorriso quella che ho disegnata sul volto, nonostante abbia la faccia per metà nella sabbia, la risposta è sì. Quello che potete scorgere è il sorriso furbetto dettato dalla soddisfazione nel sapere che il mio piccolo segreto lo porto con me nella tomba.

    Lei è salva e lontana da tutto lo schifo che la vuole riavere.

    Che ne dite di iniziare questo casino di storia con una breve cronologia dei fatti di questa mia ultima giornata? Cominciamo!

    Arrivo nel parcheggio a pochi metri dalla spiaggia in sella alla mia amata motocicletta dal colore scuro, profilata da sottili linee color argento, con il suo bel motore brunito a cilindri contrapposti e dopo aver lasciato girare il motore a vuoto alcuni istanti, la spengo. Le chiavi restano inserite nel cruscotto, il pensiero che possa essere rubata non mi sfiora neanche mentre abbasso la grossa zip del giubbotto. Mi levo il casco e lo appoggio sulla sella.

    La giornata non è caldissima e il sole è piacevole, mi riscalda la pelle del viso, quella non coperta dai capelli e dalla barba. A pieni polmoni inspiro a fondo, rimanendo immobile e con gli occhi socchiusi ad assaporare la brezza unita al profumo dell’acqua salata proveniente dal mare. Li riapro guardandomi intorno, le calde giornate estive regalano sempre sensazioni positive e io ho la sensazione che sarà una giornata straordinaria.

    Mi incammino verso la spiaggia poco affollata fino ad arrivare laddove le onde terminano la loro corsa, e mi fermo, con lo sguardo fisso verso il mare aperto e l’orizzonte.

    Il mormorio della gente mi arriva come un suono lontano, distaccato. Dalla tasca recupero il mio fedele lettore MP3, metto le cuffie con movimenti lenti e calibrati e inizio ad ascoltare la mia personale playlist, dove rock, pop e le nuove correnti musicali si alternano in una miscellanea di suoni. In particolare due o tre pezzi sono quelli che continuo ad ascoltare ripetutamente.

    Avverto movimento vicino a me, la sensazione mi porta a voltarmi leggermente e seguo l’avanzare di una donna di mezza età che, con passo deciso, sembra intenzionata a raggiungermi. Si ferma a una decina di metri, entra in acqua fino alle ginocchia, si volta verso di me e mi lancia uno sguardo fugace cercando l’incrocio con i miei occhi, nessuna espressione sul viso. È una bella donna dall'aspetto curato, i capelli biondi raccolti dietro la nuca, il fisico mostra i segni del tempo anche se ancora di piacevole aspetto. Ricambio lo sguardo fissandola senza abbassare gli occhi, lei si volta verso il mare, che nel frattempo è increspato da una serie di piccole onde. Entrambi, a pochi metri uno dall’altra, siamo immobili a guardare il nulla in silenzio.

    La vedo farsi con il segno della croce cristiana in petto, poi ritornare sui suoi passi fino a raggiungere una sedia piantata nella sabbia distante qualche decina di metri. Quanto visto non è casuale, mi dico. Nonostante tutto rimango calmo e continuo ad ascoltare la mia canzone preferita che intanto ha iniziato a risuonarmi nelle orecchie.

    Knocking on heaven’s door

    Bussando alle porte del paradiso...

    Un fiume di pensieri mi attraversa la mente mentre una lacrima solca il mio viso. Mi tolgo gli occhiali da sole e la asciugo con la mano, mentre i pensieri di colpo si interrompono quando mi sento chiamare da una voce dal marcato accento russo. La sento ripetere e scandire il mio nome, Etienne Natlov.

    La convinzione che la donna abbia comunicato con qualcuno è diventata certezza, mentre la voce profonda e potente di nuovo pronuncia il mio nome con un tono più deciso.

    Senza voltarmi mi tolgo uno dei due auricolari, sulle mie labbra una smorfia beffarda.

    «Viktor, fottutissimo bastardo, alla fine hanno incaricato te» rispondo con voce calma, controllata.

    «Non ci hai messo molto…»

    Mi parla mentre lo sento avvicinarsi.

    È tempo di guardarlo in faccia e affrontare quello che mi aspetta, lo cerco con gli occhi, il mio è uno guardo di sfida mentre lo scannerizzo dalla testa ai piedi

    «Sei sempre impeccabile, Viktor, con le tue giacche in stile Miami Vice portate alla Don Johnson e la maglia sotto aderente a esaltare il fisico palestrato.»

    La vanità non è solo una prerogativa da donne, penso mentre lo sento farmi una sorta di resoconto nel suo italiano stentato e dal forte accento marcato dalla lingua madre.

    «Avevamo perso le tue tracce a Tangeri, ti abbiamo ritrovato quando sei andato a riprenderti la moto, sì, la tua bella Bmw a casa di quella tua amica, Helena, si chiama così, giusto? Mettere un piccolo localizzatore è stato un gioco da ragazzi ed eccoci qui.»

    Bla bla bla bla parlare non è il tuo forte, ma non sei qui per usare la lingua.

    «Bravo Viktor, vuoi il bacino in fronte e che ti faccia i miei complimenti?» lancio una battuta carica di sarcasmo.

    «Non è necessario ma grazie per il bel pensiero, sai benissimo che sono qui per altro, mi serve altro!»

    «Altro? Non ho molto da darti se non la moto. La vuoi? Le chiavi sono nel cruscotto, è tua.»

    «Non rendere le cose più difficili di quanto già non siano, sai perché sono qui, e sai anche che vorrei essere dall’altro capo del mondo. Nel nostro lavoro non facciamo distinzioni quando accettiamo l’incarico, quindi niente di personale, Etienne, è solo lavoro.»

    «Già, è solo lavoro, Viktor, e in fondo hai ragione tu, anche io al tuo posto mi sarei comportato nello stesso modo.»

    Ha ripreso la parola

    «A differenza delle nostre vittime tu conosci molto bene chi mi ha ingaggiato e per conto di chi io mi trovo qui adesso. Mi chiedo solo se ne vale la pena.»

    «Intanto ti lascio nel dubbio, ma davvero credi che io sappia tutto questo? Io dico di no, ti prego, illuminami.»

    «Lo stronzo, Etienne, lo sai fare molto bene, anche se non ti conviene farlo con me. Non farmi perdere altro tempo, risolviamo la questione in modo che nessuno si faccia del male. Dov’è la bambina?»

    Ri bla bla bla non farmi perdere tempo, Etienne, io russo cattivo. Mi viene da ridere ma soffoco il tutto e rimango serio.

    «Viktor, che io ti consegni o no la bambina, da questa storia non ne esco vivo. Le voci su quanto vale la mia testa mi sono arrivate, quindi solo una parola uscirà da questa bocca, ascoltala bene perché sarà una e una sola… fottiti!»

    Il mio killer non demorde, è consapevole che non uscirà nessuna informazione utile da me, ma deve insistere, lo deve fare, me lo deve.

    «Te lo chiedo per l’ultima volta in nome della nostra amicizia poi non potrò più fare nulla per te. O parli o sei un uomo morto.»

    «Siamo colleghi, non amici, Viktor. Fai quello che devi fare, altrimenti levati dai piedi e vattene all’Inferno.»

    «Etienne Etienne, non avrei voluto finisse così ma non mi

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