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Adorata amica
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E-book188 pagine1 ora

Adorata amica

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Un celebre direttore d’orchestra tedesco s’innamora di Luciana, moglie italiana dell’ambasciatore polacco a Vienna. Alla vigilia dell’annessione dell’Austria alla Germania (1938), la storia di una relazione impossibile per un riscatto esistenziale. Può la musica compiere il miracolo? Sullo sfondo la vicenda drammatica di un’attrazione fatale, quella tra Giulia e Philipp. Quale rapporto li lega? Adorata amica è un intreccio di vicende e incontri, gelosie e rivalità (emblematica la presenza di Arturo Toscanini), nell’Europa a ridosso degli sconvolgimenti del secondo conflitto mondiale.
LinguaItaliano
Data di uscita1 set 2018
ISBN9788893781183
Adorata amica

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    Adorata amica - Mario Merigo

    paziente

    1

    Figlio di un archeologo tedesco, Guglielmo credeva che l'essenza di ogni atto creativo potesse essere colta solo da un atto altrettanto intuitivo e mistico. Aveva fatto così della propria arte direttoriale l'emblema di un'esperienza unica e irripetibile di conoscenza dell'Assoluto. Il problema dell’esecuzione musicale era stato da sempre al centro della sua riflessione filosofica. Riteneva che l’interprete, avendo sotto gli occhi soprattutto i particolari dell’opera, per giungere alla totalità non potesse limitarsi a saldarne i singoli pezzi, ma li dovesse rifondere, ricreando il caos primordiale, come ben ci racconta Richard Wagner presentandoci la leggenda della spada Nothung, che solo Sigfrido è in grado di forgiare nuovamente mettendone insieme i frammenti. Quella spada che spezzata da Wotan era servita a Sigfrido per uccidere il drago Fafner, custode del tesoro in cui si trovava anche l’anello magico per il dominio del mondo, plasmato con l’oro un tempo conservato sul fondo del Reno.

    Luciana si era accorta subito, quella sera di primavera del 1937 in cui avvenne il loro primo incontro all’ambasciata polacca di Vienna, che il grande Maestro era stato conquistato dalla sua bellezza. Lo conosceva di fama e lo aveva già visto dirigere in alcune occasioni. Era la prima volta però che lo aveva ospite e poteva avvicinarlo, conversare con lui, guardare da vicino quegli occhi luminosi, capaci di leggere al di là dei segni grafici delle partiture. Mai avrebbe potuto immaginare che sarebbe diventata la sua ragione di vita, la sua persistente idea musicale. D’altra parte, come avrebbe potuto Guglielmo non rimanere ammaliato dal nobile volto e dall’elegante figura della giovane e raffinata italiana il cui sguardo sembrava penetrare nei pensieri più reconditi? Aveva provato un brivido intenso nel baciarle la mano e con disarmante e ingenuo candore non aveva più smesso di fissarla negli occhi, profondi e intensi. Istintivamente si erano staccati da tutti gli altri per iniziare a dialogare, quasi in un gioco di reciproca provocazione intellettuale.

    – Quale entusiasmo le ha riservato il pubblico stasera! – si complimentò dapprima Luciana, elogiando la compattezza del suono dei Filarmonici di Vienna, ma anche la capacità del loro direttore di proiettare in spazi infiniti la sofferta elegia del Deutsches Requiem di Brahms.

    – La ringrazio, ma deve sapere che il pubblico reagisce senza criterio a qualsiasi suggestione. In fondo, è solo una massa amorfa che si entusiasma quando viene raggiunto un certo effetto, ma non sa giudicare se quell'effetto sia lecito o meno, – rispose come volesse metterla alla prova.

    – Non le sembra di essere troppo severo? – aggiunse l’avvenente interlocutrice, sorridendo con affetto e complicità.

    – Pensi solo a questo: la stessa ammirazione che il pubblico manifesta per una mia esecuzione delle Sinfonie di Beethoven, la riserva anche ad altri direttori che propongono una lettura completamente opposta alla mia, opposta allo spirito di Beethoven, – affermò con tono allusivo.

    Luciana rimase un istante a riflettere. Intuì che il riferimento abbastanza esplicito era a un musicista italiano che ben conosceva e frequentava. Un Maestro a volte burbero e capriccioso, ma stimato per il rigore e la statura morale. Un uomo che aveva avuto il coraggio di scontrarsi con Mussolini, di ignorare disposizioni e decreti del duce.

    – Io sono amica di Arturo Toscanini e della sua famiglia. Lei Maestro probabilmente lo sa. Apprezzo la sua forza, il coraggio con cui difende le sue idee, la convinta opposizione al regime, – ribatté Luciana, mostrando di aver colto il velato riferimento, ma anche la sua vicinanza alle scelte del grande direttore italiano, a lei particolarmente intimo e caro.

    La interruppe Guglielmo con risentito orgoglio: – Non sono un politico, né lo sarò mai. Con profondità e rispetto svolgo il mio compito che è quello di difendere la musica tedesca, di proteggerla proprio in un momento di crisi qual è quello che stiamo vivendo. Come artista, figlio e testimone della genialità di un grande passato, del suo messaggio di libertà e di fratellanza universale, non mi sottraggo al mio dovere, – sostenne con piena convinzione e il volto trasfigurato.

    Luciana lo osservava con stupore e rapita attenzione, affascinata dalla fierezza del suo atteggiamento, dal suo sguardo ispirato, dalle sue lunghe braccia tese in avanti in un inappagato anelito d'infinito. Alto, occhi azzurri, splendenti e sognanti, la fronte spaziosa e una stempiatura che il tempo aveva sempre più accentuato, Guglielmo nascondeva in sé qualcosa d’inespresso. Sembrava avere ogni meritato riconoscimento, fama e successo, eppure non era del tutto appagato. C’era in lui un tormento inconfessato, come si trovasse a un punto fermo della sua esistenza e attendesse il momento per imprimere una svolta alla sua vita, per rinnovarla e darle quel senso che sembrava aver perduto. Cercava qualcuno e qualcosa per cui valesse la pena di lottare ancora, di continuare la propria battaglia di civiltà. Aveva cinquantun anni e il suo lucido delirio dionisiaco si alimentava ancora di vibranti bagliori romantici.

    Se dapprima la conversazione fu formale e si tenne sui toni dell’ufficialità, ben presto tra i due interlocutori fu raggiunto un certo grado di confidenza.

    – Mi piacerebbe poterla rivedere ancora, Luciana. Lei ha una particolare sensibilità musicale e sarei davvero felice di coltivare la sua amicizia, – disse con trasporto, mentre le stringeva la mano destra che aveva preso tra le mani e la continuava a guardare con indescrivibile forza magnetica.

    – Ne sarei molto onorata, Maestro, – rispose ritirando teneramente il braccio.

    – Dopodomani ritornerò a Potsdam, dove vivo, ma le farò avere gli altri miei recapiti. Vorrei rimanessimo in contatto anche quando sarò in viaggio per i miei concerti…

    Il colloquio venne a questo punto interrotto da Giulia, moglie di Carlo, un corrispondente de La Stampa. Luciana, infatti, presa dal suo illustre ospite l’aveva momentaneamente lasciata in disparte, ignorando il fatto che da alcuni minuti le gironzolasse attorno per introdursi nel discorso.

    – Maestro, – disse con voce stridula e infantile, – mi voglio anch'io congratulare con lei. Ho tanto applaudito la sua esecuzione. Non sono un’esperta, ma vado sempre a teatro! – aggiunse reclinando la testa sulla spalla destra e sorridendo a labbra strette.

    Luciana non apprezzò quell’inopportuna intrusione. Sapeva che Giulia poteva mettere in imbarazzo chi la vedeva per la prima volta: le sue affermazioni superficiali spiazzavano l’interlocutore che ne traeva immediatamente un’immagine negativa. Pur non avendo alcuna competenza artistica e culturale, Giulia non perdeva mai l’occasione di commentare a suo modo tutto ciò che le echeggiava intorno. Sosteneva di aver preso in passato lezioni di canto, ma non aveva mai imparato a leggere una sola nota e non aveva acquisito alcuna nozione musicale. Luciana, prima di presentarla ufficialmente a qualcuno, doveva descriverne i pregi perché i difetti del carattere, immediatamente evidenti, non la allontanassero subito dalle persone appena conosciute. Non aveva ancora quarant'anni e nell’aspetto era piacente e curata. Qualche eccesso nel trucco, nel modo di vestire e di rapportarsi agli altri rivelava tuttavia un’educazione trascurata che nemmeno il tempo aveva raffinato o in qualche modo perfezionato. Il costante desiderio di apparire e di porsi sempre in evidenza la rendeva spesso detestabile. Con i suoi grandi occhi verdi, di eterna adolescente, sapeva però trasfigurare anche la realtà più prosastica. Un tono di superlativa meraviglia, di stupore ingenuo e fantastico, ammantava anche il più trascurabile particolare di ogni suo racconto, che poi altro non era che la cronaca puntuale di giornate trascorse con ripetitiva banalità. Aveva sposato un anonimo giornalista de La Stampa, per lei «la prima firma del giornale», che non aveva esitato un solo istante a rimanere al suo posto anche quando Alfredo, il padre di Luciana, fondatore e direttore del giornale, ne era stato allontanato per la sua ferrea opposizione al fascismo. A Luciana ciò era chiaramente dispiaciuto e non risparmiava di sottolineare con sarcasmo il tono enfatico e servile degli articoli di Carlo, che peraltro era stato assunto, dopo aver tentato diversi altri lavori, grazie a influenti sollecitazioni politiche.

    Verso Giulia, di cui non amava certo il profluvio incontrollato di parole, Luciana aveva un atteggiamento quasi materno e protettivo. Al di là del temperamento, per diversi aspetti fastidioso e deplorevole, le riconosceva soprattutto una spontanea generosità d'animo e l'indubbia capacità di saper sempre rubare un po' di felicità nei momenti di distrazione del destino. Quando Luciana aveva una giornata in cui si sentiva malinconica o pensierosa, era certa che uscendo con Giulia si sarebbe potuta facilmente svagare, sommersa da inverosimili racconti.

    Né valeva la pena di far ragionare l’amica, di riportarla con i piedi per terra, perché si era costruita tutt’attorno un mondo d’invenzione in cui si sentiva protetta oltreché protagonista indiscussa. Guai se tutto ciò le fosse crollato addosso: sarebbe stata sopraffatta, incapace com’era di costruire la propria esistenza su autentici valori.

    Luciana, suo malgrado, fu costretta dunque a presentare l’amica a Guglielmo, senza alcuna premessa. Dopo un paio di frasi del tutto convenzionali di Giulia, che continuò a commentare alla sua maniera il concerto e la musica di Brahms, le due donne salutarono Guglielmo e si diressero verso i rispettivi consorti, rimasti in disparte a parlare animatamente fra loro.

    – Caro, – disse Luciana avvicinandosi al proprio sposo, l’ambasciatore polacco, – ho conosciuto il Maestro.

    Venne però subito interrotta da Giulia che, rivolta a Carlo, affermò: – Tesoro, sicuramente il grande direttore d’orchestra ti rilascerà un'intervista. Abbiamo parlato a lungo, sai… Ha apprezzato le mie conoscenze musicali. Qui a Vienna, poi, ho ascoltato così tanti concerti! – sottolineò con voce ferma, quasi a convincere più se stessa che gli altri.

    Luciana lanciò uno sguardo complice al marito che, conoscendo bene le esagerazioni di Giulia,

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