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Il senso delle parole: Romanzo
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E-book282 pagine3 ore

Il senso delle parole: Romanzo

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Info su questo ebook

IL SENSO DELLE PAROLE
Insieme a Davide, enigmatico protagonista del roman-zo, personaggi di rilievo: Arianna, Chiara, nonno Gio-vanni; Ruggero, Ellen, Nicole; Francesco, Martina, A-rianna, Max…
Durante il corso di scrittura creativa, Davide insegna come osservare-vedere la vita.
Il suo modo di operare, racchiuso in pochi consapevoli concetti: la sua parola, goccia nell’oceano, ambisce ad essere seme, azione (seme cosciente e azione tenace, per risanare il degrado del pensiero, della società, dell’umanità). Ma sa bene che, a differenza del Davide biblico, con la sua fionda non può sconfiggere Golia, il degrado di oggi, inattaccabile e invincibile, maligna-mente diffuso in ogni settore, in ogni latitudine. Da solo può poco: perciò chiede aiuto, perché le sue energie all’improvviso si esauriscono, mettendo a repentaglio la sua sanità mentale.
Per poter comporre il messaggio, Davide dovrà scavare in profondità e scoprire il filone della genuina-incontaminata vita umana, dal quale estrarre “il senso delle parole” necessarie per ricreare il dialogo, chiaro e costruttivo, con se stesso e con gli altri.
Pagine anche per l’amore: amore soffocato, amore che imprevedilmente sboccia.

 
LinguaItaliano
Data di uscita31 ago 2018
ISBN9788829502080
Il senso delle parole: Romanzo

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    Anteprima del libro

    Il senso delle parole - Leon Marchi

    Softbrainstorm©

    1

    Alla nascita, primo inizio, seguiranno altri inizi, per ogni essere sulla Terra.

    Da alcuni mesi la vita di un uomo, in viaggio nel tempo a lui concesso, è alimentata da un pulsare nuovo, conseguenza di una decisione covata a lungo e finalmente attuata: di porre in risalto la diversità esistente tra il cittadino (tenuto al rispetto delle leggi dello Stato) e l’intellettuale (tenuto al rispetto delle proprie, a volte in disaccordo con le leggi dello Stato, che, anziché aiutarlo nel proprio libero percorso, ottusamente lo ostacolano e lo imprigionano in inaccettabili recinti). Così, come cittadino, ha lasciato invariato il nome e il cognome e, come intellettuale, ha adottato un nome d’arte: Davide (con il proposito di lottare contro il Golia di oggi, il degrado, che minaccia le fondamenta del proprio essere, la cui integrità è necessaria per svolgere un’azione costruttiva nella società).

    In quel pulsare nuovo, gli è stato proposto di tenere un corso sull’uso corretto della lingua italiana e di scrittura creativa, che ha accettato, ritenendo, attraverso quello, di poter offrire il proprio contributo.

    Anche se già si è cimentato in tale ruolo, si è iscritto a un corso intensivo, allo scopo di confrontare il proprio metodo con quello dei due insegnanti. Così, eccolo dietro a un banco, in veste di allievo, defilandosi al momento del colloquio finale: consapevole di non potersi più nascondere ai colleghi.

    Essere allievo, lo ha aiutato a cogliere aspetti inerenti al comportamento del singolo in seno al gruppo e in relazione alle dinamiche che lo governano, e a capire che l’insegnante deve puntare sul rispetto legato al credito che si acquisisce giorno dopo giorno, offrendo il proprio sapere con leggerezza e senz’alcuna imposizione: l’unico modo per suscitare interesse e coinvolgere. Ha capito, inoltre, quanto sia importante percepire il momento in cui l’attenzione è sul punto di cessare e quanto, un attimo prima, sia necessario offrire una pausa, che, alla ripresa, sarà ricompensata con un soddisfacente livello di partecipazione.

    Grazie alla pubblicità di Chiara, dopo due lezioni, Davide ha visto crescere il numero delle allieve: ognuna con un proprio modo di essere e un proprio carattere. Deve capire chi siano le leader, per dialogare con loro e tenere sotto controllo il gruppo di ognuna. Essendo due le leader e due i gruppi, il compito, il primo mese, è risultato leggero, fino a quando, il secondo mese…

    Nel primo mese, sereno e senza scosse, cresce in Davide quel pulsare nuovo, e cresce nelle due leader la consapevolezza di avere una strategia per espugnare la rocca in cui il loro insegnante crede di essere al sicuro da ogni genere di attacchi: quel suo sorriso è una dichiarazione di guerra per la loro volontà pronta all’attacco.

    Nel secondo mese, l’attacco inizia a strisciare lungo le mura della rocca e a penetrare all’interno.

    Davide riesce a neutralizzare l’attacco di Sonia, non quello di Arianna, più efficace, perché paziente e studiato con cura.

    Sonia ha fatto ricorso alle armi della seduzione; Arianna alle frecce scoccate dalla lingua, sotto forma di domande e riflessioni-risposte, che, lanciate al momento giusto, sono andate a segno.

    La mira infallibile di Arianna, biondina con gli occhi azzurri, ha consigliato a Davide di lasciare un discreto spiraglio all’azione di Sonia, in modo da sottrarre potere alla sua rivale. È apparso subito chiaro, tuttavia, che quella tacita alleanza non gli avrebbe procurato alcun vantaggio, poiché ogni volta il temporaneo sorriso trionfale di Sonia, mora con gli occhi scuri, statuaria rispetto alla biondina, è annullato dalla vivacità diffusa e dal vibrare misterioso di quest’ultima, dai quali Davide finisce per essere avvolto.

    Come di solito accade, i consensi confluiscono verso la leader vincente, al cui fianco (avvolta dalla sua vivacità diffusa e dal suo misterioso vibrare) anche Sonia alla fine è costretta a porsi: dopo aver tentato, in extremis, di ribaltare la situazione.

    Il tentativo, ben incastonato all’interno dell’argomento trattato in quel momento, ha colto di sorpresa Davide; il quale, rivolto alle allieve, ha affidato loro, eccezionalmente, il compito di rispondere. Il quesito, formulato al termine della lettura di Chichibio e la gru e del Sabato del villaggio: quale sia la differenza tra la prosa e la poesia.

    Anche Arianna è colta di sorpresa; e il tentativo, garbato e intelligente, avrebbe fatto guadagnare a Sonia preziosi punti, se non avesse commesso l’errore, dopo avere abbassato umilmente lo sguardo, di alzarlo dritto in direzione della rivale, che, in attesa di ascoltare la risposta al quesito posto (ben formulato e per nulla banale), non era intervenuta per esercitare alcun tipo di ostruzionismo o per toglierle la parola.

    La sfida contenuta in quello sguardo è accolta da Arianna quando la legge nello sguardo di altre: soltanto allora decide di rispondere al quesito, e difendere il credito acquisito grazie al suo pallino per la grammatica e per la lingua italiana. Prima rivolge una rapida occhiata a Davide, che, annuendo, concede il proprio consenso; poi, come sua abitudine, indietreggiando, poggia la schiena alla parete e inizia: «Ringrazio Sonia per avere posto tale domanda… Molte parole sono usate abitualmente senza che di esse si conosca il significato. Leggendo un brano di prosa, ci accorgiamo che lo scrittore utilizza la riga fino in fondo, andando a capo ogni tanto: la scrittura, in questo caso, è continua (la parola prosa deriva dall’aggettivo latino prorsus: ciò che va in linea retta). Leggendo un testo poetico, invece, notiamo che il poeta non utilizza tutta la riga e va a capo dopo alcune parole: la scrittura, in questo caso, è in versi (la parola verso deriva dal verbo latino vertere: tornare indietro, ovvero andare a capo)».

    Silenzio; poi un applauso, durante il quale Sonia abbraccia Arianna e si pone al suo fianco, in veste di luogotenente.

    La lezione è terminata. Tutte attorno e dietro ad Arianna. Davide, rimasto solo, si siede, arcuando la schiena e fissando il soffitto. Chiude gli occhi: se non fosse andata via così di fretta, si sarebbe congratulato con lei, per l’eccellente risposta. Aprendo gli occhi, guarda in direzione della porta: non ha avuto il tempo d’inviarle un cenno, perché è stata sospinta fuori, festosamente circondata dalle altre allieve. Scuote la testa: deve affrettarsi a riporre libri, blocco e penne nella ventiquattrore, e correre a teatro, dove insieme a un amico scenografo butterà giù il progetto di uno spettacolo per bambini, tratto dal racconto di una scrittrice esordiente. Già avviato all’uscita, si volta verso il muro, dove alcuni minuti prima la biondina… Voltandosi, il cuore gli si arresta nel petto e alcuni istanti dopo impazzisce: Arianna, là sulla porta, indicando con la mano, si dirige verso il proprio banco e, chinandosi, recupera libri, blocco e penne.

    Voci e passi. Entrando, Sonia, movendo incontro ad Arianna, dice: «A un certo momento sei scomparsa…».

    «Andiamo,» aggiunge Antonietta.

    Escono: Arianna, circondata alla vita da Sonia; in coda, valletta di entrambe, Antonietta.

    Davide, immobile alcuni istanti, scotendo la testa, si dirige verso l’uscita. Là, dove il corridoio forma un gomito, passi e voci. Accelera l’andatura, ma subito si ferma: quando sarà arrivato là, certamente saranno già fuori. Accelera l’andatura: uscendo e gettando lo sguardo fuori, forse farà ancora a tempo a… Trasferisce la ventiquattrore all’altra mano, credendo, con quello spostamento, di renderla più leggera, e di poter percorrere gli ultimi metri più velocemente.

    In lontananza, ultima del gruppo, prima di girare, Antonietta si volta, piegando la testa da un lato, e correndo poi via, per raggiungere le altre.

    Nella mente di Davide un vuoto improvviso, subito invaso da un caotico insieme di immagini e dati, in cui s’intravede un filo sottile, che il ragionamento, a tempo debito, renderà robusto e solido. Gli occorre un po’, per sgrovigliarli; alla fine eccoli, in ordine:

    il padre Iesse chiede a Davide di lasciare le greggi e recarsi dai fratelli nella valle del Terebinto, dov’è l’accampamento di re Saul, per portare cibo e informarsi sulla loro salute;

    Golia, gigante filisteo, da quaranta giorni sfida l’esercito d’Israele a scegliere chi deve affrontarlo in duello: l’esito del duello è importante, perché il vincitore decreta la sottomissione del popolo dello sconfitto;

    Davide, ottenuto da Saul il permesso di affrontare Golia, si libera della corazza offertagli dal re e, armato soltanto della sua fionda, si dirige verso il campo di battaglia. Golia, vedendo che era un ragazzo, lo deride. Davide scaglia con la frombola una delle 5 pietre lisce raccolte da un torrente e uccide Golia;

    Golia, di Gat, era alto sei cubiti e un palmo, corrispondenti a 3 m, 13 cm e 74 mm (1 cubito = 7 palmi; 1 palmo = 7,47 cm) , per una disfunzione ormonale (come hanno sostenuto eminenti studiosi), soffriva di acromegalia e di problemi di vista. La sua corazza a piastre bronzee pesava 5.000 sicli (1 Samuele 17,5), ovvero 65 kg (1 siclo = 13 gr x 5.000 = 65.000 gr = 65 kg);

    Davide, re d’Israele dopo Saul, nacque a Betlemme nel 1040 a.C. e morì a Gerusalemme nel 970 a.C.

    2

    Quando tra due persone c’è sintonia, le idee scorrono gioiose come le acque di un ruscello, con saltelli e guizzi di spuma lungo il percorso mai uniforme.

    Nel regno della fantasia, fiaba moderna (secondo Filippo) o racconto (secondo Davide), è (evitando di sostenere la tesi dell’uno o dell’altro) un lavoro destinato ai bambini dai sette anni in su, ma anche ai loro genitori e a quegli adulti in cui ancora è vivo, e ancora chiede di essere nutrito, il fanciullino di Giovanni Pascoli.

    Fiaba o racconto: è l’unico punto in cui non vi è accordo tra loro. In apparenza, perché, in verità, Davide è sostanzialmente d’accordo con l’amico: sì, Nel regno della fantasia è una fiaba; ma lui la definisce racconto per elevarla a un rango superiore, perché la fiaba, dai più, è relegata a un rango di minore importanza rispetto alla narrativa per adulti.

    Così Davide spiega il proprio punto di vista: « Fiaba, al giorno d’oggi, a causa delle diavolerie che l’industria dell’informatica con una pubblicità martellante impone a grandi e piccoli, è una parola che ha quasi perduto la propria intrinseca magia, e affascina un numero sempre più ristretto di bambini. Ai genitori e agli insegnanti spetta il compito d’intervenire, e di guidarli alla scoperta del mondo fantastico, proprio della loro età, necessario alla loro formazione. Racconto, invece, anche se meno importante di romanzo (di fantascienza o di avventura o poliziesco o di altro genere), è una parola che colpisce l’orecchio vulnerabile del bambino (desideroso di essere già adulto)».

    Filippo, accogliendo le argomentazioni dell’amico, dice: «E sia: eleviamo Nel regno della fantasia al rango di racconto!». E intanto pensa: Fiaba o racconto, nulla cambia; il lavoro di Rachele, orginale e vivo, merita; nella versione teatrale, grazie alla spontaneità dei piccoli-grandi interpreti, avrà una calorosa accoglienza.

    Durante la cena, in una trattoria a conduzione familiare, in un angolo appartato, definiscono alcuni aspetti inerenti alla messinscena. Quando si parla, il tempo vola e non ci si rende conto che er sor Giulio gironzola là intorno perché è ora di chiudere. Tutti usciti, sono rimasti soltanto loro: si alzano, pagano, escono e, appena fuori, dicendo: «Ci sentiamo,» subito si separano, diretti verso la loro abitazione, alle estremità di quella porzione di via.

    Filippo cammina a passo svelto, ogni tanto voltandosi, perché la prudenza non è mai troppa: arrivato a casa, una doccia e a letto.

    Davide procede con passo lento: vigile e con l’orecchio teso, e allo stesso tempo in serena compagnia dei propri pensieri. È abituato, prima di addormentarsi, a passare in rassegna gli avvenimenti della giornata e ad analizzarli velocemente. Poiché il tratto di strada è abbastanza lungo, analizzerà adesso gli avvenimenti della giornata: così, dopo la doccia, augurata buonanotte al mondo!, nell’arco di alcuni secondi, scivolerà nel sonno. Gli avvenimenti della giornata si presentano, davanti al suo sguardo mentale, chiari e in ordine: aspettando disciplinatamente il loro turno.

    A quell’ora, i marciapiedi deserti e il traffico notevolmente ridotto contribuiscono al diffondersi del silenzio, al risuonare dei passi, all’amplificarsi dei rumori.

    Sì, se non fosse andata via così di fretta, si sarebbe congratulato con Arianna, per la sua eccellente risposta. Tutte dalla sua parte: una leader!

    Due gatti si azzuffano selvaggiamente. A tre-quattro metri, una gatta, in attesa. Un altro maschio, rasentando il fianco della macchina per non essere visto dai due gagliardi contendenti, vorrebbe approfittare del campo libero, ma è respinto dalla femmina, decisa a concedersi a uno dei due valorosi, in lotta per lei: tra gli animali, ancora ha valore per una femmina essere conquistata e per un maschio mettere a rischio la propria vita nel tentativo di conquistarla.

    Velocemente la scena scorre davanti ai suoi occhi: Arianna, là sulla porta, indicando con la mano, si dirige verso il proprio banco e, chinandosi, recupera libri, blocco e penne… Voci e passi… Dalla porta, entrando, Sonia, movendo incontro ad Arianna, dice: «A un certo momento sei scomparsa…». «Ti abbiamo cercata,» aggiunge Sonia, apparsa al suo fianco.

    Si china a bere; poi, facendo pressione con il dito, lancia lontano lo zampillo, confrontando la distanza raggiunta tra un lancio e l’altro, segnata sull’asfalto dalla punta di quelle frecce d’acqua. Divertimento di quando era bambino! Sorride, ricordando la battuta di uno grande: «Andiamo da Nasone… offro io». E loro dietro. E alla fine quello, indicando la fontanella: «Offre… nasone!» dice, e subito giù a ridere; e giù a ridere anche loro, per non dargli soddisfazione. Così, a loro spese, avevano imparato che nasoni sono le fontanelle pubbliche di Roma, così chiamate per la somiglianza del rubinetto di ferro a un grande naso adunco.

    Un flashback, come un lampo: in lontananza, ultima del gruppo, prima di girare, Antonietta si volta, piegando la testa da un lato, e correndo poi via, per raggiungere le altre.

    Si ferma, poggia le spalle al muro, pronto, se necessario, ad affrontarli. Quei due, che nemmeno si sono accorti di lui, proseguono, ondeggiando lievemente. Non sono… Ben vestiti, tornano da una festa… Poiché sono brave persone, li avverte mentalmente di stare attenti, perché a quell’ora possono imbattersi in qualche balordo. Come se avessero percepito il messaggio, quei due affrettano il passo. Sì, quella volta, con le spalle al muro, concentrando il proprio attacco sul boss, al centro del terzetto, se l’è cavata: gli altri due immobilizzati; il boss, mogio mogio… In prossimità del portone, pensando alla doccia e a una bella dormita, decide di chiudere la giornata, prima di salire, con il rituale spegnimento del cellulare. Si ferma, a metà della prima rampa: una telefonata persa; poi il messaggio, che non ha sentito arrivare, con il quale Max gli annuncia… Alle 21.18, mentre stava cenando… Non gli va di salire; ha bisogno di camminare… È tardi, per chiamare… Alle 21.18, mentre… Una notizia simile è una bomba che devasta l’udito e stringe in una morsa il battito e il respiro: pure se non si è finiti sotto, la paura è penetrata nel sangue che fugge nelle vene e il tremore, attraverso la carne, è arrivato fin dentro alle ossa… Togliersi la vita… togliersela, con le proprie mani!

    Davide, che sempre, con la mano, frena la corsa del portone, questa volta, sovrapensiero, lo ha lasciato andare: la botta, tremenda, lo ha fatto sobbalzare. I problemi, in un condominio, con un po’ di buon senso, potrebbero essere risolti; ma c’è l’intelligente di turno, che, abitando al secondo o ai piani ancora più su, si rifiuta di capire che al primo piano la botta arriva davvero forte e occorre provvedere: nel peggiore dei casi, anche con la sostituzione della pompa di chiusura del portone.

    Una scena, attraendo la sua attenzione, lo ha catapultato in altra realtà: in quell’angolo, nella stretta curvatura del marciapiede, mèta e rifugio per ubriachi, arriva uno che, pure oggi, grazie alla bontà dei passanti, chiedendo l’elemosina in prossimità della chiesa, ha raggranellato la cifra sufficiente per fare il pieno. Scotendo la testa, solleva il piede per mollare un calcio a chi gli ha rubato il posto; ma, già traballante, perde quel po’ di equilibrio che gli è rimasto e, complice una maligna torsione del busto, cadendo come mai ci si augura di cadere, centra con la nuca lo spigolo del muro del palazzo: piegato in avanti, immobile; l’altro, al rallentatore, ha girato la testa, e adesso gli tende la mano.

    Davide è sul punto di attraversare la strada per soccorrerlo, quando quello, al rallentatore, solleva la testa e tende anche lui la mano, nel momento in cui l’altro ripiomba nel suo stato d’incoscienza. Non adesso; gli mollerebbe un calcio quando è sobrio… e rivolgerebbe una domanda (sai che stai facendo?) che induca a riflettere chi, con la propria bontà, lo aiuta a sprofondare ogni giorno più giù.

    Le parole del messaggio, di colpo, sfilano davanti ai suoi occhi. Togliersi la vita… togliersela, con le proprie mani! Ricorda, come fosse adesso… Ricorda quando, ragazzo, guardandolo con ammirazione, diceva alla madre: «Quanto è alto!» e Annalisa gli rispondeva: «diventerai alto anche tu!». Un balzo indietro… A quel tempo, Francesco gli arrivava al petto: occhi grandi, scuri, curiosi. Di due anni più piccola, Martina: occhi grandi, chiari, sorridenti. Compagno della madre: anni felici, con lei e con loro, fino a quando quella sera…

    L’ultima volta che si sono incontrati, alcuni mesi prima, alto come lui e con le spalle larghe, Francesco lo ha invitato al bar e gli ha raccontato tutto della sua vita.

    Togliersi la vita… «No!» dice Davide, scotendo la testa: vuole pensare a oggi, a domani; non vuole sprofondare nel tempo andato. Conserverà dentro di sé il ricordo di Francesco, quando gli arrivava al petto e quando, alto come lui e con le spalle larghe, lo ha invitato al bar e gli ha raccontato tutto della sua vita: lavoro, ragazza e progetti, tacendo la sua disperazione di figlio.

    Al funerale si terrà in disparte, in silenzio, perché le parole, soprattutto in simili casi, non hanno senso.

    3

    Sotto la doccia, scotendo la testa, Davide ha detto di nuovo no!: vuole pensare a oggi, a domani; non vuole sprofondare nel tempo andato.

    Si è addormentato, dopo un altro no!, che ha ripetuto all’alba, quando si è svegliato. Ha telefonato a Martina, poi a Max.

    Max parla di suo cugino con calore, con ammirazione: con il rammarico di non avere potuto nulla contro la sua volontà di farla finita. Quando Francesco gli ha parlato del suo proposito (di lasciargli, con una dichiarazione olografa, la casa e altro di sua proprietà), Max lo ha mandato a quel paese: preoccupato, perché per la seconda volta era tornato su quel delicato argomento.

    Davide lo ascolta e non lo interrompe; poi, quando Max si dichiara colpevole di non essere intervenuto, gli dice, in modo crudo: «L’atto di Francesco merita rispetto… Nessuno poteva entrare nel suo animo e capire le motivazioni che lo hanno spinto a farla finita… Nessuno avrebbe potuto sradicare la disperazione che covava dentro di lui, irrivelata, segreta… Ha voluto, e noi dobbiamo rispettarne la volontà… Devi conservare dentro di te il ricordo di una persona allegra, buona… di un giovane sensibile, che ha sofferto perché gli è mancato il padre, gli è mancata la madre, gli è mancata la famiglia… Devi ricordarlo con serenità, senza assumerti colpe… Francesco non vorrebbe che tu ti sentissi in colpa». E aggiunge, poiché Max ancora si rammarica di non essergli stato vicino: «Ognuno ha problemi: ne ha avuti Francesco, ma ne hai avuti anche tu. I tuoi non sono stati di poco conto: la società presso la quale eri impiegato ha chiuso l’attività e, all’improvviso, senza lavoro fisso, hai fatto di tutto per mandare avanti la famiglia… Non avresti potuto farti carico dei problemi di altri, oltre che dei tuoi… Ognuno ha la propria vita… Mi hai detto che anche il suo amico più caro, standogli vicino e parlandogli, non è riuscito… Francesco ha voluto, e nessuno avrebbe potuto opporsi alla sua volontà, nessuno avrebbe potuto sradicare la disperazione che covava dentro di lui, irrivelata, segreta…».

    Parlando a ruota libera, perché ne ha bisogno, ma anche perché Davide ha fatto parte della famiglia ed è suo amico, Max rivela particolari che gli orecchi e il cuore subito espellono: soltanto uno

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