In cima alla montagna: Romanzo
Di Leon Marchi
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Info su questo ebook
Protagonisti: un passero e un piccione viaggiatore di rara bellezza e di nobile discendenza, impegnati in una impresa che metterà a rischio la loro vita; nonna passera, ispiratrice del pericoloso viaggio verso la caverna sacra, in cima alla montagna.
La comunità dei passeri, prima incredula e distaccata, parte-ciperà al duro allenamento del passero sotto la guida del pic-cione di rara bellezza e di nobile discendenza e alle varie fasi del viaggio.
Colpi di scena arricchiscono il racconto, sempre fluido e av-vincente, adatto ai ragazzi e agli adulti in cui ancora respira e pulsa l’adolescenza desiderosa di scoprire i segreti della vita e il senso di parole importanti, come amicizia, amore, credere, essere, vivere.
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Anteprima del libro
In cima alla montagna - Leon Marchi
Softbrainstorm©
1
Agosto infuocato. Caldo anche tra le foglie mosse dal venticello proveniente dalla vicina montagna.
L’evento è prossimo. «Entro due ore,» assicura la passera anziana, rivolta alla giovane mamma che non stacca gli occhi dalle cinque uova da cui ogni tanto si leva un colpetto. Sì, quei colpetti non sono frutto della sua immaginazione; la giovane mamma adesso li percepisce distintamente: forti, dalle tre uova centrali; deboli, dalle due uova laterali. «Non preoccuparti,» le dice la passera anziana: «c’è chi ha fretta e chi se la prende con calma… Prima o poi, usciranno tutti».
Uno dopo l’altro dalle uova centrali escono tre pulcini: pelle e ossa, bagnati, così vispi da tentare subito di camminare con le loro deboli zampette.
Il novello padre si stacca dal gruppetto di passeri, molte volte spettatori di quell’evento, alcuni di loro essendo nonni e bisnonni, altri addirittura trisnonni.
La giovane passera, con un cenno della testa, invita il novello padre ad assistere alla fatica dei due ultimi pulcini, che, pur beccando debolmente, alla fine sono riusciti ad aprire una breccia sul guscio: minuscola, che non consente loro di uscire.
«Devono fare da sé,» ammonisce la passera anziana, prevenendo il novello padre, pronto a intervenire con il proprio becco. «Eccoli fuori!» annuncia.
Il gruppetto di passeri, subito scioltosi, si dispone in cerchio attorno ai pulcini. Altri passeri accorrono, insieme a un piccione di rara bellezza e di nobile discendenza.
Nel mondo degli umani si nasce in un ospedale o in una clinica o, in casi di assoluta emergenza, sulla nuda terra; nel mondo degli uccelli si nasce in un nido costruito dai genitori, pagliuzza dopo pagliuzza e rametto dopo rametto, tra le accoglienti braccia di un albero.
Il nido dei cinque nascituri, confortevole e ben ancorato, è al secondo piano dell’enorme quercia, molto più grande rispetto all’altra, là, a una ventina di metri, che stenta a crescere e a espandersi perché, triste dalla nascita, accoglie uccelli di passaggio, anch’essi tristi, per i quali il volo è diventato una fatica e il canto non esprime più né gioia né voglia di vivere.
Episodi straordinari che avvengono in natura sfuggono all’occhio umano, disabituato a vedere più in là del proprio naso: distanza troppo ridotta, che a malapena consente di cogliere l’insieme di un quadro, impedendo di focalizzarne i particolari.
In natura non esistono le infinite distrazioni che sottraggono tempo prezioso agli umani: ogni secondo e ogni minuto sono vissuti intensamente e consapevolmente perché possono essere gli ultimi. Gli animali apprezzano ogni secondo e ogni minuto della loro esistenza, che non è serena come sembra, poiché ci sono pericoli dappertutto e bisogna vigilare ogni istante e combattere per sopravvivere. La nascita dei pulcini rappresenta uno dei rari momenti di gioiosa serenità: dei genitori e dell’intero gruppo.
Al secondo piano della grande quercia, i genitori dei cinque pulcini stanno vivendo momenti di gioia e serenità. Tutti intenti a guardare, anche nei due piani superiori, con gli occhi rivolti in giù. Un coro di canti, in sottofondo; ogni tanto, un volare breve da un ramo all’altro.
Il più ardimentoso dei pulcini sorprende la madre e, ormai sull’orlo del nido, sta per cadere giù; ma, con un acrobatico atterraggio, il piccione di rara bellezza e di nobile discendenza gli impedisce di compiere il suo primo volo, avventatamente prematuro, per il quale sarà pronto dopo avere messo carne e penne, dopo avere irrobustito le ali con idonei esercizi e dopo avere acquisito consapevolezza con simulazioni di volo, verso il basso e verso l’alto, in apparenza di uguale difficoltà.
Il piccione di rara bellezza e di nobile discendenza risponde con un cenno del capo al grazie
dei genitori e della passera anziana, subito tornando al suo posto, più in alto rispetto al nido: da lì potrà vigilare e intervenire, anche se non sarà necessario, poiché la vigilanza, dopo il pericolo corso, sarà più attenta e serrata.
Adesso dai beccucci spalancati escono pigolii acuti.
Il primo a spiccare il volo è papà passero, seguito da mamma passera, che ancora un po’ si è fermata ad ammirare i pulcini. Toccherà a papà passero allontanarsi fino alla montagna, dove abbondante è il cibo; mamma passera cercherà in mezzo ai filari del vicino vigneto, dove, se sarà fortunata, troverà qualche vermicello.
E tanto è fortunata mamma passera da trovare vermicelli in quantità: così, insieme a papà passero, risparmiando tempo e fatica, procurerà un ricco pasto ai pulcini.
La sera; poi la notte.
Nel nido, attorno ai pulcini, insieme ai genitori, sosta la passera anziana, rimasta sola da quando la sua famiglia è stata sterminata dai fucili dei cacciatori.
Verso l’una, mentre la luna piena illumina il cielo e in un fresco venticello viaggiano i respiri e i battiti della natura in parte sveglia, mamma passera e papà passero, stremati dalla stanchezza, si addormentano.
Verso le tre, la passera anziana, che ha il sonno leggero, è l’unica testimone del triste evento. Mentre gli altri dormono tranquilli, il pulcino nato per ultimo emette due pigolii, simili al lamento di chi non riesce a respirare con regolarità. La passera anziana capisce subito che il piccolino, un maschietto, è in difficoltà; lo capisce, ma non sa come intervenire. Il triste evento si svolge con rapidità, non consentendole, innanzitutto, di svegliare i genitori.
Scosso da un tremito, il piccolino sta morendo… è morto.
La passera anziana, che durante la sua vita ha versa to tante lacrime al punto di non averne più, versa una lacrima lenta e silenziosa in cui è racchiuso il dolore per quel piccolino: non volerà, non canterà, non godrà le gioie generosamente offerte dalla vita! Che fare?
si domanda. Riflette: È inutile, svegliare i genitori: il piccolino ormai è volato verso il paradiso degli uccelli; lì vivrà la vita riservata a chi crede
. Altre riflessioni sfilano nella sua testa, accompagnate da immagini e da frammenti felici, anteriori a quelle fucilate assassine. Gli uomini pensano che la morte provochi dolore soltanto nei loro cuori! Anche gli animali, anche le piante, provano dolore!
.
Su uno dei rami in cui è incastonato il nido si posa leggero il piccione di rara bellezza e di nobile discendenza. Con un cenno saluta la passera anziana; col capo piegato da un lato, osserva il corpicino inerte; poi, rivolto alla passera anziana, verso la quale nutre profondo rispetto, dice, a voce bassa: «In tali casi, poiché nulla si può fare, occorre prendere atto della situazione». Riflette alcuni istanti; poi: «I genitori, per loro fortuna, hanno altri quattro pulcini: ciò li aiuterà a superare il dolore… A te che sei tanto saggia, a te domando se vi sia un modo per rendere meno triste il risveglio di mamma passera e papà passero».
La passera anziana