Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Red Moon People
Red Moon People
Red Moon People
E-book185 pagine2 ore

Red Moon People

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Fantasy - romanzo (133 pagine) - Se vuoi restare vivo, salta.


Un lampo improvviso, un’abbagliante luce bianca e Ryo si ritrova in una città sconosciuta e deserta. E, quel che è peggio, senza la sua ragazza, che teneva per mano fino a pochi secondi prima.

Ci vorrà qualche giorno di episodi surreali e strani incontri per rendersi conto di come, al tramonto, viene trasportato dalla luce in epoche diverse e soprattutto in luoghi ogni volta differenti: a volte deserti, a volte affollate strade metropolitane, a volte dove è possibile avvistare un dinosauro in una piazza abbandonata. Solo grazie all’aiuto della gente della Luna Rossa potrà capire come saltare per spostarsi nel tempo e nello spazio e raggiungere il suo unico scopo: ritrovare Claudia, l’amore della sua vita.

Di salto in salto, Ryo dovrà imparare a interpretare messaggi nascosti e scegliere di chi fidarsi. I ricordi di Claudia saranno la bussola che gli fornirà i punti di riferimento per non smarrire se stesso. Riuscirà a ritrovare anche lei?


Napoletano di nascita, latinense d’adozione, Antonio Cuomo scrive per lavoro e passione. È responsabile editoriale di Movieplayer, ma ha potuto assecondare l’amore per film e serie tv anche in tre saggi di cui è co-autore: Cult. I film che ti hanno cambiato la vita e i due volume di 100 serie tv in pillole – Manuale per malati seriali. In ambito narrativo ha pubblicato racconti in alcune antologie e ha vinto il Wattys 2019 della piattaforma Wattpad per la sezione fantascienza.

LinguaItaliano
Data di uscita5 mar 2024
ISBN9788825428285
Red Moon People

Correlato a Red Moon People

Ebook correlati

Fantasy per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Red Moon People

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Red Moon People - Antonio Cuomo

    A Erika

    mia moglie, la mia vita, senza la quale sarei perso.

    Parte 1

    Bianco

    Capitolo 1: Un luogo misterioso

    L’ultima cosa che ricordava era il bianco. Puro, esplosivo, accecante.

    Aveva serrato gli occhi, aveva stretto la dita attorno alla mano di Claudia, aveva aspettato che finisse lo tsunami di luce. Istanti possenti come ore, che pure erano passati lasciando la realtà immobile e muta. E vuota.

    Poco per volta il bianco si era macchiato di grigi, di sagome che emergevano delicate diventando forme conosciute. Un albero, un muro, un cespuglio. Dettagli di una realtà che si riempiva… ma tradiva una immensa, incommensurabile mancanza: aprì la mano destra e la trovò smarrita e vuota.

    Claudia non c’era più.

    * * *

    Seduto a terra, sfinito, sfibrato e smarrito, Ryo rimase a lungo immobile. Era caduto, come travolto da un’onda, e non si sentiva pronto a rialzarsi e affrontare la realtà dei fatti: erano stati attaccati e bombe erano esplose, ma il mondo che conosceva non era stato distrutto. Era piuttosto svanito. E poi cambiato.

    Si guardò intorno e non riconobbe nulla del luogo in cui era con Claudia quando gli ordigni erano piovuti dal cielo. Non era la sua città, non c’era la sua gente, non c’era nulla di riconoscibile. Non c’era, soprattutto, la sua ragazza.

    Era ai margini di un piazzale, alle sue spalle si ergeva un grosso edificio squadrato e grigio con un enorme portone centrale e una serie di ordinate finestre rettangolari disposte su più piani; davanti a lui una strada desolata e poi uno spiazzo. Aiuole e piante fuori controllo lo rendevano quasi un piccolo bosco selvaggio. In mezzo, sepolto tra quell’esplosione di verde, si intravedeva una specie di monumento a forma di W, rosso e blu, e oltre spuntava ciò che sembrava il cadavere di un vecchio stadio. Ogni dettaglio di quel luogo tradiva abbandono e morte, come se nulla calcasse il suolo di quella piazza da molto tempo.

    Si alzò in piedi, timoroso e cauto. Nel farlo toccò con una mano il pavimento e lo trovò freddo, quasi ghiacciato. Morto. Fece dei primi passi che echeggiarono ampi e sfilacciati, come se mossi nelle spaziose navate di una algida cattedrale.

    – Che diav… – iniziò a dire, ma si fermò perché anche il suono della sua voce produsse lo stesso innaturale riverbero.

    Si mosse piano e incerto. Come in un sogno… o forse un incubo.

    * * *

    Ryo si mosse cauto per tutta la lunghezza dell’edificio squadrato, costeggiando la parete coperta di scritte e disegni disordinati. Era ancora stordito e confuso, ma doveva forzarsi e muoversi per raggiungere l’angolo e sbirciare la strada che vedeva sparire oltre. Alla ricerca di Claudia, anche se dentro di sé sentiva che non l’avrebbe trovata, che qualunque cosa fosse ad averlo condotto lì, l’aveva anche strappato alla ragazza che teneva per mano. A quel punto la prima necessità era una e una soltanto: capire la natura del luogo in cui si trovava e i suoi eventuali pericoli. Subito dopo avrebbe affrontato la seconda, in prospettiva ben più seria. Dove avrebbe passato la notte?

    L’ombra di un pallido Sole si avviava minacciosa verso l’orizzonte e Ryo stimò di non avere più di un paio d’ore di luce a disposizione per trovare un rifugio sicuro, un luogo dove mettere a dormire i pensieri sperando che si svegliassero più attivi e lucidi all’indomani.

    Si sporse oltre l’angolo del muro imbrattato e scrostato, ma nulla di ciò che vide fu in grado di instillare gocce di speranza nel suo cuore agitato: la stessa desertica desolazione, lo stesso triste grigiore, la stessa sensazione di abbandono. E poi c’era quel freddo. Quello che aveva percepito toccando il suolo e che ora faceva scivolare dita ghiacciate lungo le sue gambe.

    Decise di dare un’occhiata a un altro paio di strade prima di alzare una momentanea bandiera bianca e scegliere un edificio a caso in cui infiltrarsi per passare la notte. E ne percorse due, tre, poi quattro. Stupito, smarrito, preoccupato e agitato, passando sotto caverne di alberi abbracciati, saltando buche ampie e profonde come crateri sfrangiati e irregolari, superando edifici che sembravano mangiati dal tempo, con finestre divelte o sfondate che lo guardavano cieche e buie, insegne di antichi negozi che pendevano a brandelli, desolanti e stanche. I brividi che provava non erano solo di freddo, ma procedette ugualmente, fino a paralizzarsi all’ennesima svolta: una sagoma scura se ne stava rannicchiata e immobile dall’altra parte dell’ampio piazzale.

    Per un attimo rimase immobile a fissarla, incapace di scorgerne i tratti con la luce del Sole calante che l’inglobava dalle spalle, poi azzardò un richiamo, un semplice – Ehi! – che echeggiò sfibrato e spettrale nel silenzio di quella città abbandonata.

    In un attimo, la sagoma si mosse è sparì dietro un muro.

    Provò a inseguirla, strappando tonfi dolenti che rimbalzarono stanchi da una parte all’altra della piazza. Provò, ma non riuscì.

    La figura misteriosa si rivelò più rapida e sicura di Ryo nel passare da una strada all’altra e la perse di vista nel giro di tre svolte. Continuò inutilmente a cercarla per un’altra ventina di minuti, poi si arrese all’evidenza dell’arrivo imminente del tramonto e della notte. Si guardò intorno lì dov’era e scelse un palazzo diroccato con una delle finestre a piano terra mancanti: una via d’ingresso agevole in un posto come un altro. Avrebbe dedicato la giornata successiva alla scelta di un luogo da usare come propria base. Una tana in quel posto sconosciuto che sperava di dover tenere solo provvisoriamente.

    All’interno vecchi mobili lo accoglievano mentre passava da una stanza all’altra. Alla fine trovò ciò che cercava: una poltrona su cui appollaiarsi in attesa del giorno. La spostò spalle al muro in una posizione che gli permetteva di controllare la finestra aperta, per sentirsi più protetto. Si addormentò lì, stringendo un lembo della maglietta con Baby Groot che Claudia gli aveva regalato per i suoi sedici anni, guardando fuori, fissando la strada, il cielo scuro e il volto familiare di una Luna quasi piena.

    Capitolo 2: Nuovi incontri

    Tra le tante cose che si possono fare tenendosi per mano, correre è tra le più difficili. Sincronizzare il passo tanto quanto i cuori, tenere la presa senza che diventi un traino o un freno, guardarsi negli occhi senza perder di vista il cammino. Eppure Ryo e Claudia lo facevano, con gioia, esuberanza e dedizione.

    Il sussurro delle onde a carezzare i timpani, la brezza fresca a solleticare i capelli, la sabbia umida ad accogliere i piedi che si alternavano leggeri. C’era tutta l’adolescenza in quella corsa in riva al mare, nei sorrisi, nella gioia e libertà, nei pensieri e timori chiusi con veemenza fuori la porta della mente.

    Si fermarono in prossimità degli scogli e passeggiarono gli ultimi metri fino a sedersi. Lo sguardo rivolto al tramonto che tingeva il mare, Ryo lasciò che il respiro prendesse il ritmo dei suoi pensieri.

    – Avremo altri giorni così? – chiese più a se stesso che alla ragazza al suo fianco, che comunque non mancò di rispondergli. Come aveva sempre fatto.

    – Finché saremo insieme… – mormorò stringendo la sua mano per difendersi dall’invasione di immagini tristi che la gravità del momento operava nei confronti dei suoi pensieri. – Fino a quando…

    * * *

    Ryo si svegliò con la testa e il cuore pieni della sua ragazza smarrita e lo stomaco vuoto e borbottante. I primi flaccidi raggi di un sole timido filtravano nella stanza devastata che si soffermò a esaminare a mente lucida: era circondato dai segni del tempo passato… ma non c’era polvere. Ripensò alla giornata precedente e si rese conto che non ce n’era nemmeno per le strade che aveva percorso o al suolo quando lo aveva toccato.

    Si riscosse, si attivò e guardò fuori con occhi diversi da quelli del giorno prima. Cominciò a notare i dettagli: non c’erano auto per le strade, non c’erano cadaveri, oggetti, né altro che facesse pensare a un mondo travolto nel mezzo della sua vita quotidiana. Quella che osservava era una città smantellata più che degradata lentamente. Un set in disuso.

    Il cervello si mise in moto e si sentì carico, pronto al punto giusto per trovare una soluzione all’enigma che stava vivendo. Carico… ma affamato: aveva rigenerato le energie mentali, ma si era accesa la spia che indicava le sue riserve di carburante. L’esigenza di quella mattina era necessariamente quella di riempire lo stomaco prima che la fame che provava iniziasse a diventare un ulteriore ostacolo. Tutto sarebbe dovuto passare per l’esplorazione e a quella si dedicò: strade su strade, alla ricerca di indizi e informazioni.

    Alla ricerca di Claudia, prima di tutto. La grande assenza impossibile da colmare, il vuoto che gli appesantiva il cuore. Ma l’unica figura vivente che aveva visto era quella che gli era sfuggita il giorno prima.

    Si fermò in una grande piazza. Una palma imponente si ergeva al centro, assalita da rampicanti e piante infestanti che reclamavano il territorio. Ne percorse il perimetro ottagonale fino a trovare una delle indicazioni del nome ancora leggibile in uno degli angoli: Piazza Vanvitelli. Non ricordava una grande piazza con quel nome nella sua città e sentì di non trovarsi a Roma. Una sensazione confermata pochi passi più avanti, da una grande bacheca in vetro, vuota ma con l’indicazione della città ancora impressa nella parte bassa: comune di Napoli. Napoli. Come c’era finito lì?!

    Debole e stanco, si mise a sedere su un muretto e rimase lì a ragionare su quell’informazione, a fissare la piazza deserta e ascoltare il silenzio. Fece dondolare le gambe e prese a stuzzicare con un piede il traliccio di una pianta rampicante, la stessa che vedeva avvolgere il tronco della palma e che striava le pareti dei palazzi.

    La stessa.

    Osservò a fondo e si rese conto che non erano gli alberi a essere cresciuti fuori controllo, né l’erba a sollevarsi alta nelle aiuole. Era piuttosto quella stessa pianta infestante a crescere ovunque e bramare di impossessarsi di ogni cosa. Con quella nuova consapevolezza negli occhi, si rimise in cammino, procedendo piano e attento, studiando ogni dettaglio.

    Ma si bloccò quasi subito: un fruscio frettoloso si muoveva tra i cespugli dell’aiuola al centro della piazza.

    Con un brivido a graffiargli la pelle, fece un passo indietro senza distogliere lo sguardo dalla fonte del rumore. Osservò le foglie danzare e scuotersi, il primo segnale di attività colto da quella mattina, solo il secondo da quando era lì, spinto dalla voglia di correre a vedere di che si trattasse ma terrorizzato dall’idea di scoprirlo.

    Amico o nemico? L’unico incontro avuto, quello del giorno precedente, si era chiuso ancor prima di iniziare, con la fuga della figura misteriosa. E proprio quel punto poteva indicare una situazione di pericolo costante che aveva spinto la fuga.

    Che cosa doveva aspettarsi?

    Senza nemmeno rendersene conto, fece un passo in avanti. Poi un altro e un altro ancora. Attese, ascoltò e osservò. Poi la sorpresa, il colpo e il salto all’indietro: da qualche parte alla sua sinistra arrivò un tonfo sordo, potente e vibrante, seguito da un altro paio in rapida successione che si sfilacciarono nell’aria come ogni suono di quel maledetto luogo. In tutta risposta, una figura non più grande di un cane saltò fuori dai cespugli e corse nella direzione opposta. In evidente fuga. Veloce, troppo rapida per poterne percepire i dettagli nel frullare di colori, zampe e coda.

    A colpo d’occhio l’avrebbe definito un grosso uccello, ma se lo fosse stato sarebbe scappato volando e non correndo. Decise di imitarlo, in ogni caso, e corse nella medesima direzione, lasciandosi alle spalle i colpi che proseguivano lenti ma costanti.

    Corse per qualche centinaia di metri, fino a quando i polmoni ressero allo sforzo: qualcosa in quel luogo lo appesantiva e gli impediva di sostenere sforzi prolungati. Era forse quel gelo che si sollevava minaccioso dal suolo?

    Si fermò e si piegò fino a poggiare le mani sulle cosce irrigidite dalla breve corsa, una sensazione alla quale non era abituato, lui che correva abitualmente e faceva almeno una partita a tennis a settimana. Ma non si era fermato nel posto ideale per riposare, troppo esposto al centro di un crocevia di ampie strade, non con quei suoni che riverberavano nell’aria e sembravano protendersi fino a lui. Si guardò intorno per scegliere la direzione in cui muoversi, alla ricerca di un riparo anche temporaneo… e lo vide.

    Era lontano, almeno a un centinaio di metri in fondo alla strada che saliva alla sua destra, ma era enorme e

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1