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Il rapimento di Jenny
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E-book248 pagine3 ore

Il rapimento di Jenny

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Info su questo ebook

Jenny Callahan è una giovane donna, mamma di cinque figli e moglie appagata. Dopo tre tragici aborti sta per realizzare, nonostante la contrarietà dei familiari e i superficiali giudizi degli estranei, il desiderio di avere tra le braccia il suo sesto figlio. Dopo un’ennesima gravidanza difficile, infatti, mancano ormai poche settimane al cesareo che le permetterà di stringere tra le braccia il suo nuovo bambino, accanto al marito Tom.

Denise Kramer è una donna senza interessi che vive nel passato con un solo obiettivo per il futuro: avere un figlio. Non la fermeranno il suo essere sterile, la fine del suo matrimonio né vari tentativi di inseminazione artificiale o tantomeno una richiesta di adozione respinta.  Denise avrà il suo bambino, a tutti i costi.

Cosa possono avere in comune queste due donne? Può il desiderio di maternità portare a organizzare un rapimento?

Due donne, due destini che si uniscono tragicamente, intrecciandosi per il resto delle loro vite. 

LinguaItaliano
EditoreEllen
Data di uscita4 nov 2018
ISBN9781547549276
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    Anteprima del libro

    Il rapimento di Jenny - Ellen Gable

    Per mia sorella, Laurie

    "In Dio confido e non temerò.

    Cosa può farmi l’uomo?"

    Salmo 56 11

    4 agosto

    Un altro bambino da tenere tra le sue braccia. È tutto quello che voleva Jenny Callahan.

    Dopo tre strazianti aborti spontanei, ogni fitta o crampo all’inizio di quella gravidanza le aveva fatto temere per la vita del nascituro. Ma ora che mancavano meno di sei settimane alla data prevista, si sentiva come se fosse fuori pericolo.

    Jenny inizialmente non notò quel liquido rosso scuro sul fondo della doccia nascosto dal suo pancione. Quando alla fine vide quel rosso nell’acqua, soffocò un urlo e iniziò a tremare incontrollabilmente. L’unico in casa era Caleb, di tre anni, che era seduto davanti alla televisione a guardare un DVD di Barney. Il marito di Jenny, Tom, e le loro quattro figlie erano a un’ora di distanza, in un cinema di Ottawa. Chiuse rapidamente la doccia, si infilò un asciugamano tra le gambe e indossò l’accappatoio. Cominciò a respirare affannosamente e dovette trovare la forza per calmarsi. Devo chiamare mamma. La madre arrivò in pochi minuti e accompagnò lei e Caleb in ospedale. Per tutto il tragitto, di soli cinque minuti, pregò Dio affinché permettesse al piccolo Buddy di nascere sano e salvo. Il suo bambino era in pericolo, visto il sangue che aveva già impregnato l’asciugamano e che stava ora macchiando il sedile. L’odore era disgustoso. Per favore Dio, farò tutto quello che vorrai, ma fa in modo che il piccolo Buddy stia bene. Sua madre continuava a ripetere che sarebbe andato tutto bene, ma dopotutto quello era il suo ruolo. Qualche attimo dopo Jenny tirò un profondo sospiro di sollievo quando l’ecografia le rivelò il battito cardiaco e i movimenti del bambino. Tuttavia, il dottore l’avvertì che sarebbe dovuta restare a letto in ospedale per un giorno o due, sino a quando non fossero riusciti a fermare l’emorragia.

    Capitolo uno

    8 settembre

    Un mese dopo

    Jenny si inginocchiò davanti al gabinetto, il pancione premuto contro la tazza di porcellana. Il bambino la fissò con aria interrogativa.

    Mamma ‘kay?, chiese Caleb.

    Uh-huh. Sto solo..., svuotò il contenuto del suo stomaco, poi si raddrizzò, respirando a fondo.

    Bleah! Caleb si sporse, ma tenendosi a distanza di sicurezza.

    La nausea non le piaceva particolarmente, ma l’accettava volentieri perché il dottore le aveva detto che era un segnale che il piccolo Buddy stava al sicuro nel suo grembo.

    La maternità e la gravidanza avevano già la loro buona dose di sfide, figuriamoci con cinque bambini piccoli. Ma quando aveva tenuto per la prima volta sua figlia, Christine, tra le braccia aveva capito che quello era lo scopo della sua vita: essere una mamma.

    Il riposo forzato dell’ultimo mese era stato difficile, a dir poco. Fortunatamente, la settimana prima, il dottore le aveva dato il permesso di occuparsi di piccole faccende domestiche e di andare a prendere le bambine dalla fermata dello scuolabus, ma le aveva consigliato di stare con le gambe sollevate per la maggior parte del tempo.

    Prese l’asciugamano dal ripiano e si asciugò la bocca.

    Non mi piace. La piccola mano di Caleb le accarezzò la testa. Kay, mamma?

    Sì, tutto okay. Si sollevò e guardò la propria immagine riflessa nello specchio. Alcune donne incinte risplendevano, invece, la gravidanza di solito mostrava il peggio di lei, dai capelli grassi alla leggera acne fino a quella costante sfumatura verdognola. Almeno il suo abito prémaman era simpatico e carino, con quei fiori blu e bianchi.

    Andiamo, Caleb. Prese il figlio per mano e lo portò in cucina per uno spuntino, poi si accorse che non aveva finito il suo sandwich al formaggio grigliato. Adesso che aveva lo stomaco vuoto, quel pranzo mangiato a metà le sembrava appetitoso. Ne addentò un paio di bocconi poi, sentendo di nuovo la nausea, decise di non finirlo.

    Prese un pacco di cracker dalla credenza e ne diede una manciata a Caleb, che se li spinse in bocca. I piatti sporchi erano accatastati sul bancone. Era consapevole che avrebbe dovuto lavarli, ma a quell’ora del giorno il suo corpo chiedeva riposo più di ogni altra cosa. In più, il dottore le aveva consigliato di stare in piedi il meno possibile.

    Appoggiatasi alla porta, Jenny fissò lo spazioso cortile sul retro. Era una bella giornata estiva e respirò un po’ d’aria fresca. Una delle cose belle della gravidanza era la maggiore sensibilità dell’olfatto, ma poteva essere anche uno svantaggio, a seconda dell’odore.

    Alle sue spalle, Bootsie abbaiò per andare fuori. Jenny aprì la porta del patio e il beagle scappò via.

    Prese il figlio per mano, lo fece sedere davanti alla tv e l’accese con un DVD di Blue Clues.

    Jenny si lasciò cadere sul divano, il corpo appesantito dalla gravidanza affondò nei cuscini. Immediatamente, il cane cominciò a piagnucolare e grattare la porta sul retro. La donna sospirò, si sollevò in piedi e arrancò per il soggiorno e la cucina per poi aprire la porta che dava sul giardino. Il cane corse dentro.

    L’orologio sul muro batté le tre meno un quarto. Tra mezz’ora le bambine sarebbero arrivate alla fermata dello scuolabus. Il nuovo anno scolastico era iniziato da una settimana. Jenny aveva sperato di convincere Chris ad accompagnare le sorelle a casa per un isolato e mezzo. Sfortunatamente, Chris aveva paura di camminare per strada da sola da quando aveva sentito i suoi compagni di classe parlare di una bambina rapita a Toronto. Aveva cercato di rassicurare la figlia che quel genere di cose non succedevano in una comunità piccola come la loro, ma Christine non aveva voluto sentir ragioni.

    Jenny si avvicinò di nuovo al divano, si lasciò cadere sui morbidi cuscini e appoggiò la testa all’indietro.

    Chiuse gli occhi, cominciò ad addormentarsi. In quel preciso istante il nascituro iniziò a darle dei calci nelle costole. Piccolo Buddy, falla finita! Piccolo Buddy era il modo in cui Tom aveva chiamato tutti i loro bambini mentre erano nella sua pancia. Era, naturalmente, il soprannome che Skipper dava a Gilligan nella famosa sitcom degli anni sessanta: L’isola di Gilligan.

    Durante l’ultima ecografia, il bambino non era in posizione tale da consentire di vederne il sesso. Tom era certo che fosse un altro maschio, mentre Jenny non aveva alcun presentimento.

    Come aveva sospettato, quando il marito aveva informato la madre, Doris, di quell’ultima gravidanza otto mesi prima, la donna aveva rivolto loro parole dure. Jenny era rimasta in silenzio al fianco di Tom, ascoltando l’intero scambio, mentre la suocera aveva parlato come se lei non fosse stata lì.

    Stai cercando problemi.

    Problemi?

    Jenny ha già avuto tre aborti di fila.

    Chiamaci testardi, mamma. Entrambi vogliamo un altro figlio.

    Non puoi essere grato per i cinque che già hai?

    Certo che lo siamo, mamma.

    Beh, è da irresponsabili.

    Vogliamo una famiglia numerosa e possiamo permettercela. Tu e papà avete avuto noi quattro, no?

    Nessuno può permettersi così tanti figli in questi tempi, aveva detto Doris. E io non avevo i problemi di tua moglie. Jenny e Tom erano rimasti in silenzio mentre Doris aveva continuato: In più casa tua è troppo piccola.

    Più tardi, quando l’avevano detto al padre, questi era semplicemente rimasto in silenzio, ma aveva scosso la testa per tutto il tempo con uno strano tsk che gli usciva dalla bocca. Tom assomigliava molto al padre, anche se i capelli rossi dell’uomo più anziano si stavano ingrigendo e la sua pelle chiara si stava riempendo di rughe. A dispetto di quella somiglianza, però, il padre sorrideva di rado.

    A lavoro, Tom era stato preso di mira, con battute tipo: Sai come si fa? Non riesci a controllarti? Tom si comportava come se stesse alle loro battute, ma dentro ci stava male. Jenny avrebbe voluto andare lì e dire ai suoi colleghi che Tom aveva più autocontrollo nel suo mignolo di quanto loro ne avessero loro in tutto il corpo.

    Jenny lanciò un’occhiata all’orologio, mentre era sul divano. Cinque minuti alle tre. Giusto il tempo di fare un sonnellino di dieci minuti e poi sarebbe andata a prendere le ragazze alla fermata dello scuolabus.

    Capitolo due

    Denise Kramer dalla finestra del suo salotto sbirciò verso la fermata dello scuolabus dall’altra parte della strada. Inspirò l’ultima boccata di sigaretta, poi la spiaccicò nel posacenere mentre espirava lentamente il fumo. Jenny Callahan avrebbe presto arrancato sulla strada per prendere le figlie alla fermata.

    Aveva notato Jenny per la prima volta quattro mesi prima, nella clinica veterinaria in cui Denise lavorava come tecnico veterinario. Denise non aveva sopportato il modo in cui Jenny le aveva sbattuto in faccia il suo ventre gravido, come a voler dire che lei era incinta mentre Denise no. Poco dopo, quella stessa settimana, Denise era rimasta sola per qualche ora in ambulatorio per alcuni trattamenti su degli animali in degenza post-operatoria. Aveva tirato fuori il fascicolo di Bootsie Callahan e aveva scoperto che Jenny viveva a solo due isolati di distanza. Meglio ancora, le figlie di Jenny prendevano lo scuolabus per la scuola dalla fermata proprio di fronte casa sua.

    Nelle settimane successive, Denise di tanto in tanto aveva parcheggiato dall’altra parte della strada e li aveva osservati attraverso le finestre del loro soggiorno, le cui tende erano chiuse raramente. Non poteva sopportare la loro pittoresca famiglia felice, nella loro piccola pittoresca casetta, e quei ridenti pittoreschi bambini. Nessuna famiglia poteva essere così felice.

    Negli ultimi quattro mesi, aveva trascorso molto tempo a fare delle ricerche sui Callahan. Più li studiava e più li odiava: erano quel tipo di coppia alla quale bastava uno sguardo per rimanere incinta.

    Denise, invece, aveva cercato per anni una gravidanza con il marito, Lou. Aveva preso dei farmaci per la fertilità, ma nonostante questo e tre tentativi falliti in vitro non era arrivato nessun bambino. L’ultima goccia era stata quando l’agenzia di adozione li aveva rifiutati, dicendo che il vizio del fumo di Denise e la sua valutazione psicologica discutibile impedivano loro di affidare alla coppia uno qualsiasi dei loro bambini. Alla fine, Lou se n’era andato proprio a causa di questa sua ossessione.

    Denise aveva presto confessato a colleghi, vicini e parenti di essere incinta. Alle domande che le venivano rivolte, rispondeva che aveva deciso di tentare di nuovo con il vitro senza Lou e questa volta aveva funzionato. Molte celebrità e mamme di parti gemellari avevano provato che le donne possono avere bambini anche senza un uomo. Che bisogno c’era del padre, quindi?

    Se non fosse stato per il fatto che non avrebbe mai fatto un altro tentativo con il vitro. Aveva un piano migliore.

    A lavoro si precipitava in bagno più volte al giorno, riproducendo persino i conati di vomito, per completare l’illusione. Anche se era già un po’ rotonda, aveva ordinato un pancione in gomma (con gli inserti, per poterlo rendere più grande con il passare dei mesi), da un negozio di costumi teatrali online e alla fine aveva anche iniziato a indossare abiti prémaman.

    S’infilò la mano sotto la maglietta per grattarsi lo stomaco, sotto la pancia di gomma. Era una vera seccatura indossarla, ma Denise apprezzava tutte quelle attenzioni in più che i suoi colleghi le riservavano, così come anche i vicini e persino i perfetti estranei che le sorridevano.

    La settimana prima aveva comunicato al suo capo che avrebbe presto preso il congedo di maternità perché stava avendo problemi con la gravidanza.

    La dr.ssa Eastman, la veterinaria che era appena rientrata a lavoro dopo aver dato alla luce il suo bambino solo pochi mesi prima, le era sembrata stranamente sollevata.

    Denise aveva programmato di passare la maggior parte del tempo a spiare i Callahan. Aveva bisogno di tempo per mettere a punto il proprio piano.

    Il piano A dell’operazione Bambino prevedeva che Jenny fosse a una o due settimane dal parto per rapirla alla fermata dello scuolabus. Aveva sentito Jenny dire alla receptionist che la data prevista per il parto era il 20 settembre, il che significava che Denise avrebbe dovuto agire nei prossimi giorni.

    Ciò che rendeva quello il luogo ideale era l’enorme campo che si estendeva parallelamente all’abitazione di Denise, l’unica con una vista completa. In più, quello era uno dei quartieri più tranquilli di tutta la contea, con molte madri, inclusa Loretta, la proprietaria della casa a fianco, che lavoravano durante il giorno.

    Dopo la nascita del bambino, Denise aveva pianificato di tingersi i capelli, probabilmente biondi, e assumere un altro nome. Aveva già acquistato dei documenti falsi, inclusa una tessera sanitaria dell’Ontario usando il suo secondo nome e il suo nome da nubile, Joanne Cox, e una targa falsa dell’Ontario. Aveva anche ordinato un certificato di nascita falso per il bambino. Aveva optato per uno di quei nomi che andavano bene per entrambi i sessi, Taylor. I documenti falsi e la targa le erano costati una somma enorme, ma era fondamentale per l’attuazione del piano. Era stato facile per lei procurarsi tutto, al giorno d’oggi tutto può essere acquistato online.

    Se, per caso, Jenny avesse partorito prima che Denise avesse potuto rapirla, sarebbe stato messo in atto il piano B.

    Accese un’altra sigaretta e andò a guardare dalla finestra.

    Con un fischio e l’odore di scarico, lo scuolabus della scuola si fermò e le ragazze Callahan scesero. Dov’era Jenny? La ragazza più grande sembrava sconcertata e guardò dall’altra parte della strada, in direzione della finestra da dove lei le fissava. Denise si nascose dietro la tenda, ma continuò a sbirciare. La ragazza si chinò per sussurrare qualcosa alle sorelle più piccole, poi tutte si presero per mano. Mentre si allontanavano, Denise strinse i pugni. E se Jenny avesse già cominciato il travaglio? Non farti prendere dal panico, cercò di calmare se stessa. Devo scoprire cosa è successo a Jenny.

    Denise uscì di casa e seguì le ragazze, restando molto indietro e dal lato opposto della strada. In un’occasione la ragazza più grande si voltò e Denise distolse lo sguardo, cercando di sembrare naturale, poi si era nascosta dietro una macchina finché le ragazze non furono quasi a casa.

    Quando le quattro bambine raggiunsero la loro casa, Denise proseguì. Una volta che furono entrate, si mise a osservare tutta la scena attraverso la grossa finestra sul davanti della casa. Jenny era sul divano, il ragazzino stava guardando la televisione. Denise si rilassò contro il palo del telefono, sollevata. L’indomani avrebbe messo in atto il proprio piano.

    ***

    Mamma, siamo a casa!, la voce di Christine svegliò Jenny. Aprì gli occhi e si raddrizzò quando tutte e quattro le ragazze entrarono nel salotto.

    Come mai non ci sei venuta a prendere alla fermata? Mi sono spaventata quando non ti ho vista. Ho visto una donna che ci guardava in modo strano dalla casa di fronte alla fermata. Mi ha terrorizzata. Credo di averla vista anche seguirci a casa. La figlia maggiore si chinò sulla madre, imbronciata. Chris era l’unica dei Callahan a non aver ereditato i capelli rossi di Tom. Con i suoi lunghi capelli castani, ricordava a Jenny sé stessa alla sua età.

    Tesoro, mi dispiace. Mi sono addormentata. Grazie per aver portato a casa le ragazze. Una signora vi guardava in modo strano?

    La figlia annuì.

    Jenny fece un profondo sospiro. Chris era ansiosa e un po’ paranoica.

    Sai che alle persone è permesso guardare fuori dalle finestre e camminare per strada?

    Sì, beh, aveva qualcosa di familiare.

    Familiare?

    Sì, ma non riesco a ricordare dove l’ho già vista.

    Beh, se abita vicino alla fermata dello scuolabus potresti averla incontrata nel quartiere.

    Non credo. Chris tirò fuori un foglio dallo zaino. Ehi, ho ottenuto cento al test di ortografia. Tenne il foglio davanti alla faccia di Jenny.

    Ma è fantastico, Chris.

    Ciao mamma, dissero Callie e Cassie all’unisono.

    Ciao, ragazze.

    Mamma, guarda il mio disegno, disse Chloe, sei anni, mentre lo poggiava sulle ginocchia di Jenny.

    "È bellissimo,

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