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L amore che aspettavo: Harmony Bianca
L amore che aspettavo: Harmony Bianca
L amore che aspettavo: Harmony Bianca
E-book152 pagine1 ora

L amore che aspettavo: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Del: Ho deciso di avere un bambino anche senza un uomo al mio fianco, e non ho mai rimpianto un secondo questa scelta. Adesso io e mio figlio siamo felici e appagati e, con una promettente carriera in Pediatria, non ho tempo per una relazione. Ma da quando ho incontrato il dottor Michaels, un dubbio si è insinuato nella mia mente: e se non volessi affrontare tutto questo da sola?



Simon: Del è forte, intraprendente, coraggiosa, un ottimo medico. E la donna più sexy che abbia mai visto. Entrare a far parte della sua piccola, meravigliosa famiglia sarebbe un onore per me. Ma se poi finissi per rovinare tutto? Non me lo potrei mai perdonare. Meglio quindi mantenere le distanze per non correre il rischio di cadere in tentazione. Anche se è una delle cose più difficili che abbia mai fatto.
LinguaItaliano
Data di uscita21 ago 2017
ISBN9788858968963
L amore che aspettavo: Harmony Bianca
Autore

Dianne Drake

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    L amore che aspettavo - Dianne Drake

    1

    La dottoressa Del Carson si alzò e si trascinò a fatica fino alla stanza del figlio. Con un sospiro accese la luce sopra il letto, illuminando il soffitto azzurro con le nuvole dipinte e le pareti gialle decorate con immagini di anatre bianche e blu e cagnolini.

    «Che cosa c'è, tesoro?» domandò con voce stanca, guardando il piccolo di sei mesi, che la stava osservando e rideva contento, come avesse già voglia d'iniziare la giornata, pur essendo notte fonda. «Hai bisogno di cambiare il pannolino o è soltanto un modo per assicurarti che la tua mamma non possa dormire più di un'ora di fila?»

    O magari voleva che gli stringesse il ditino. Dal momento che erano loro due soli, Del aveva trascorso i primi sei mesi di vita del figlio a soddisfare ogni suo più piccolo bisogno.

    Diventare mamma era stata una scelta e considerava benvenuta ogni opportunità di rendere migliore la vita al suo bambino.

    Quella notte Charlie appariva particolarmente vivace. Aveva gli occhi che brillavano e sembrava desideroso di mettersi a giocare. Del però era esausta. Anche se sembrava asciutto, decise di cambiargli il pannolino. Poi si sedette sulla vecchia sedia a dondolo, sulla quale anche sua madre l'aveva cullata, e cominciò a far dondolare il piccolo Charles Edward Carson, sperando che si addormentasse almeno per un'altra ora. O magari due, se era fortunata.

    Essere una madre single non era facile, nonostante l'appoggio della propria famiglia e di qualche amico. Essendo a sua volta figlia unica, le mancavano sorelle e fratelli che entrassero a far parte della vita di Charlie. Il bambino non aveva né zii, né cugini. Il padre era un donatore anonimo e quindi non contava.

    Del aveva valutato l'ipotesi di dare un fratellino a Charlie, per non farlo crescere da solo. Era convinta che fosse meglio avere dei fratelli, ma era un pensiero che aveva riposto in un angolino della mente, con l'intenzione di recuperarlo in seguito. «Troveremo una soluzione, Charlie...» mormorò, cullandolo. «In qualche modo ci sarà un lieto fine.»

    Si meravigliava che un esserino tanto piccolo richiedesse così tanto tempo. Assorbiva ogni suo secondo. Eppure era contenta di aver deciso di diventare madre senza un partner, se non il donatore numero 3045, al quale era grata per l'ottimo patrimonio genetico, che le aveva permesso di avere un bambino tanto sano e bello. Lo considerava il figlio perfetto e adorava stare con lui. «Il mio unico vero amore» diceva di solito. «Siamo noi due contro il mondo intero.»

    I genitori di Del si erano trasferiti in Costa Rica. E questa era una delle ragioni che l'aveva convinta a prendere la decisione di mettere al mondo Charlie. Se fossero stati più vicini, avrebbero finito per viziarlo.

    Quando lei aveva trovato il coraggio di porre fine a una relazione sbagliata, durata cinque anni, l'avevano coccolata all'inverosimile. Ma non desiderava un bambino viziato.

    «Bene, Charlie» affermò, rimettendo il figlio nella culla. «Hai intenzione di lasciare dormire la tua mamma?» Era così stanca che pensò perfino di rimanersene rannicchiata sotto il piumino sulla poltrona a dondolo, ma il piccolo si era quasi addormentato e sperava di poter avere almeno altre tre ore di sonno, prima che lui si svegliasse di nuovo.

    Nel giro di un paio di settimane sarebbe tornata a lavorare nello studio medico di cui era socia, pur esonerata dalle reperibilità e dai turni di notte. Charlie sarebbe andato al nido dell'ospedale adiacente, dove lei avrebbe potuto facilmente raggiungerlo. Sicuramente le sarebbe mancato. Ma le mancava anche la sua vecchia vita ed era una di quelle donne che cercavano di non rinunciare a niente. Desiderava tutto tranne un uomo, perché non si sentiva pronta per una nuova relazione. E se fosse capitato, voleva accanto a sé una persona davvero speciale. Qualcuno che volesse bene a Charlie, quanto gliene voleva lei.

    Del, diminutivo di Delphine, emise un sospiro. Adorava il lavoro di pediatra nello studio privato vicino al Lakeside. Nutriva una vera passione per la sua professione. Eppure, ora che era diventata mamma, capiva che le sue priorità erano cambiate e l'istinto materno tendeva a prevalere. Sapeva che non sarebbe stato facile star dietro a tutto, ma era estremamente determinata a far sì che ogni cosa funzionasse nel migliore dei modi.

    «Buonanotte, tesoro...» mormorò, mentre si allontanava in punta di piedi per tornarsene a letto.

    Rimase sveglia al buio per una mezz'ora. «Sono una donna fortunata...» sussurrò, mentre lasciava vagare il pensiero. «Ho tutto quello che desidero.» Un bambino bellissimo, una famiglia protettiva alle spalle e un buon lavoro. E, soprattutto, nessun uomo che potesse interferire.

    Aveva concesso cinque lunghi anni a un compagno, sperando che completasse la sua vita, ma si era resa conto che completava la vita di parecchie altre donne, senza aver costruito niente con lei.

    Così, quando finalmente aveva aperto gli occhi, lo aveva lasciato, decidendo di realizzare i propri sogni da sola. In fondo non aveva bisogno di nessuno, se non di un anonimo donatore di sperma.

    Si addormentò con il sorriso sulle labbra, consapevole di aver fatto la scelta migliore.

    Il dottor Simon Michaels gettò un'occhiata alle madri e ai padri in attesa con i figli. Era il periodo del raffreddore e dell'influenza e sarebbe stato un miracolo se non si prendeva qualcosa anche lui. «Quanti ancora da visitare?» domandò a Rochelle, la ragazza alla reception. La giovane era minuta, ma doveva fare attenzione a non trattarla come una bambina, perché aveva già ventun anni ed era decisamente efficiente.

    Lei lo guardò al di sopra degli occhiali e scoppiò in una risata. «Questi sono quelli della mattina. Nel pomeriggio ne arriveranno ancora e stanotte lei è reperibile, quindi cerchi di fare attenzione.»

    «Sa quando rientrerà la dottoressa Carson?» Era stato assunto dallo studio per rimpiazzare Del durante il periodo di maternità, ma alla fine gli avevano chiesto di restare. Aveva molto sentito parlare di lei, però non l'aveva ancora conosciuta. Sapeva che era un ottimo medico, ma anche una madre ultraprotettiva, che non voleva rientrare al lavoro, per paura di portare a casa al bambino qualche malattia. E quando fosse tornata, sarebbe diventata il suo capo.

    «Abbia pazienza» lo rassicurò Rochelle con gentilezza. «Tornerà, quand'è pronta. Il bambino sta assorbendo tutto il suo tempo, ma rientrerà probabilmente tra un paio di settimane, a meno che non decida di restare a casa per un altro anno.» Accennò un sorriso. «Adora fare la mamma.»

    «Ma non esiste un padre?»

    La ragazza scosse la testa. «È stata una sua scelta e ne è orgogliosa. Non ha problemi a parlarne.»

    «Da ammirare. Una donna che sa quello che vuole e cerca di ottenerlo.» Non doveva essere stato facile e sarebbe diventato ancora più complicato una volta che avesse ripreso a lavorare. Simon si chiese se si rendesse conto di cosa l'aspettava. «Non vedo l'ora di conoscerla. Sarà piacevole avere un po' di aiuto» affermò, senza intenzione di lamentarsi. Era riuscito a trovare un lavoro nel luogo dei suoi sogni. Era tornato a Chicago, dopo aver trascorso parecchi anni a Boston e, come si suol dire, nessun posto è come casa propria.

    Viveva a pochi isolati da dov'era cresciuto, vicino al Navy Pier e alla riva del lago. Trovare lavoro come pediatra non era affatto facile e, quand'era stato chiamato per un colloquio allo studio, quasi non ci credeva. Al County Hospital e all'ospedale di Lakeside non c'erano posti disponibili e quell'offerta era stata come la manna dal cielo. Aveva appena divorziato da Yvette, che si era rivelata molto diversa dalla donna che aveva creduto. Essere tornato a casa gli faceva bene, anche se il carico di lavoro era molto elevato.

    Non che avesse molto di cui occuparsi al di fuori del lavoro. Stava cercando di raccogliere i cocci della sua vita e, per evitare lunghe serate solitarie, spesso si offriva di sostituire i colleghi per le reperibilità notturne.

    «Quindi crede che rientrerà tra un paio di settimane?» domandò con una specie di smorfia. Gli altri due colleghi erano a casa con l'influenza e non gli restava che rimboccarsi le maniche e sperare di non ammalarsi. Sollevò la mascherina e infilò un paio di guanti puliti con un sospiro. «Faccia pure entrare il prossimo.»

    Rochelle accennò una risatina. «Perché non chiede loro di sedersi in cerchio e li visita tutti insieme?»

    «La cosa più semplice sarebbe vaccinarli contro l'influenza. Ma la gente non ci pensa finché non si ammala.»

    «Io ho fatto la vaccinazione!» esclamò Rochelle, indicandosi il braccio. «Spero che l'abbia fatta anche lei.»

    «Sono pediatra da troppo tempo per non averci pensato.» Ma le vaccinazioni non erano sempre a prova di bomba e ci si poteva ammalare lo stesso. «Non pensa che potremmo convincere la dottoressa Carson a rientrare prima, vero?» domandò poi, afferrando la cartella clinica del paziente successivo. Si trattava di un bambino di cinque anni con febbre, raffreddore, tosse e una sensazione di malessere generale.

    «Per lei stare con il figlio è importante. Tornerà, quando tornerà.»

    Simon fece un cenno all'infermiera e si rimisero al lavoro. «Cominciamo!» esclamò, entrando nello studio quattro. «E ne faccia preparare altri due intanto.» Alzò lo sguardo verso l'orologio appeso alla parete e scosse la testa. Non ci sarebbe stato tempo a sufficienza per vederli tutti.

    Dopo che Del ebbe consegnato Charlie alla direttrice del nido, s'incamminò lungo il sentiero che portava allo studio. Aveva le lacrime agli occhi e non cercò nemmeno di nasconderle. Il personale del nido era estremamente qualificato, ma si trattava del suo bambino. Non sopportava di lasciarlo. Si era perfino chiesta se fosse veramente pronta per tornare al lavoro o se avrebbe dovuto domandare altri sei mesi di aspettativa.

    Le bastò uno sguardo alla sala d'aspetto stracolma, per sapere di aver preso la decisione giusta. Altri bambini avevano bisogno di lei e doveva riconoscere di aver provato un brivido di eccitazione nel momento stesso in cui era entrata. Era lì che doveva essere.

    Un sacco di mamme single lasciavano i figli ogni giorno per andare a lavorare. Eppure lasciare Charlie l'aveva fatta sentire incredibilmente sola. «Devi fartene una ragione» si disse, mentre indossava il camice con il nome ricamato sulla tasca. «Sapevi che sarebbe stato così.»

    Ma non aveva messo in conto il fatto che sarebbe stato tanto difficile. Si sentiva dilaniata. Fece un respiro profondo, uscì dall'ufficio e si scontrò con un medico che non conosceva. Era per caso il nuovo assunto? «Scusi...» affermò, sforzandosi di sorridere.

    «Lei dev'essere la dottoressa Carson...» replicò il collega, porgendole la mano.

    Del l'afferrò senza stringere troppo. «E lei... lei è il dottor Michaels, vero?»

    «Mi chiami pure Simon.»

    «Io sono Del» affermò lei, studiando l'uomo assolutamente notevole che le stava di fronte. Quello che attirò la sua attenzione, a parte le mani morbide, furono gli occhi verdi. Aveva uno sguardo serio, ma in qualche modo sexy,

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