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Il dono del cuore: Harmony Bianca
Il dono del cuore: Harmony Bianca
Il dono del cuore: Harmony Bianca
E-book156 pagine2 ore

Il dono del cuore: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Brooke:
Il maggiore Matt Galloway è il mio nuovo capo. Non solo, lui era anche il marito della mia migliore amica che ora non c'è più. L'attrazione che provo per lui è assolutamente inopportuna, fuori luogo, scandalosa! Peccato che le nostre situazioni siano così simili... mi domando se lo siano anche i nostri cuori.

Matt:
Sono venuto al London Grace Hospital per iniziare un nuovo lavoro e una nuova vita con la mia bambina. Nulla deve distrarmi da questo obiettivo, eppure come posso ignorare il turbine di emozioni che mi travolge non appena vedo la dottoressa Brooke Bailey? Lei era la migliore amica di mia moglie, e ora scopro che, come me, è sola e ha una bambina! Possibile che lei sia il dono che il destino mi ha concesso per convincermi del fatto che posso essere ancora felice?
LinguaItaliano
Data di uscita18 ott 2018
ISBN9788858989128
Il dono del cuore: Harmony Bianca

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    Anteprima del libro

    Il dono del cuore - Louisa Heaton

    successivo.

    1

    Stava facendo tardi. Molto tardi. E mentre guardava l'orologio sul cruscotto dell'auto sembrava che i minuti scorressero troppo velocemente, come se un diavoletto dispettoso stesse premendo con forza su un pulsante per fare andare avanti il tempo.

    Perché stava succedendo proprio oggi? Il suo primo giorno dopo il congedo per maternità. Il suo primo giorno come madre single lavoratrice, di nuovo nel reparto di Pronto Soccorso che amava tanto. Un reparto che adesso sarebbe stato molto più tranquillo perché Jen non c'era più.

    La dottoressa Brooke Bailey avrebbe tanto voluto che quel giorno cominciasse bene. Perché se fosse andata così... se l'avesse superato... allora avrebbe avuto la prova che la sua decisione di fare tutto da sola era stata una buona decisione.

    Era sembrato realizzabile nei primi mesi di gravidanza, quando la spavalderia e l'ottimismo le avevano fatto superare quei giorni. Non aveva bisogno di un uomo. Non aveva bisogno di nessuno. Solo di se stessa... ed era meglio così, dato che non c'era tanta gente cui rivolgersi in quel momento. Milioni di altre madri single avevano un lavoro e ce la facevano, no? Perché sarebbe dovuto essere più difficile per lei?

    Solo che non aveva previsto che sarebbe rimasta sveglia la notte prima di tornare al lavoro, per dare da mangiare ogni ora a Morgan perché non riusciva a calmarsi. Non si aspettava che nel momento in cui avrebbe deciso di metterla in auto per andare al lavoro, la figlia avrebbe avuto una grave emergenza pannolino e avrebbe avuto bisogno di essere riportata a casa per un bagnetto ed essere cambiata.

    Né aveva preventivato che sarebbe rimasta bloccata in un ingorgo di traffico, costretta a battere nervosamente le dita sul volante mentre guardava verso il London Grace Hospital, così vicino ma allo stesso tempo così irraggiungibile.

    Accanto a lei, sul sedile del passeggero, il suo cellulare emise un suono alla ricezione di un messaggio e, dato che il traffico non si muoveva, decise di controllare chi l'aveva inviato.

    Era di Kelly.

    Dove sei? Bacio.

    Non poteva rispondere, non con le mani sul volante. Anche se era bloccata in mezzo al traffico. Aveva visto troppo spesso cosa accadeva alla gente quando guidava e mandava messaggi. Le auto avrebbero potuto muoversi da un momento all'altro.

    Non solo doveva trovare un posto e parcheggiare, doveva anche portare Morgan al nido d'infanzia dell'ospedale.

    Un evento che la preoccupava da settimane.

    Le era sembrata una cosa così semplice quando all'inizio l'aveva pianificata... Non devo fare altro che mettere la bambina nel nido d'infanzia. Ma se alla sua bambina non fosse piaciuto? Se si fosse messa a piangere? E se si fosse aggrappata alla madre e si fosse rifiutata di lasciarla andare via?

    Non aveva mai lasciato Morgan da sola con un'amica, figuriamoci in un nido d'infanzia per dieci ore al giorno. Eric aveva fatto in modo che perdesse i contatti con la maggior parte dei suoi amici. L'aveva isolata finché non ne era rimasto neanche uno. Così quando se n'era andata, quando aveva riconquistato la sua libertà, si vergognava tanto che sentiva di non poter chiamare nessuno.

    Erano solo lei e Morgan. Ed era stato sufficiente. Fino a ora.

    Sentì un nodo allo stomaco per l'ansia di dovere lasciare la figlia e stava prendendo in considerazione di suonare anche lei il clacson quando alla fine il traffico iniziò a scorrere e lei poté svoltare nel parcheggio dell'ospedale.

    Parcheggiò in un posto libero e scese dall'auto, prima di aprire il bagagliaio per montare il passeggino.

    Vi sistemò Morgan in tempo record e si diresse verso l'ascensore.

    Mentre l'ascensore la portava al piano che voleva, si chiese come sarebbe stato lavorare senza Jen.

    Lei e Jen erano diventate amiche di recente, era stata fantastica. Un tesoro inaspettato che Brooke aveva trovato appena aveva cominciato a lavorare al London Grace. A quel tempo lei stava ancora con Eric, ma iniziava ad avere seri dubbi e poi a essere sicura di dovere andarsene da lui.

    Un giorno era triste e pensierosa nella Sala Medici e immergeva in una tazza una bustina di tè. A un certo punto era entrata una donna con una fascia rosa nei capelli corti e biondi... una sfumatura di rosa che si abbinava allo stetoscopio che aveva attorno al collo.

    Aveva dato uno sguardo a Brooke, le si era avvicinata, le aveva messo un braccio attorno alle spalle e aveva detto: «Chiunque sia, lascialo. Nessun uomo dovrebbe farti stare così!».

    Era stato l'inizio di una splendida amicizia e quando Brooke aveva lasciato Eric, e poi alcune settimane dopo aveva scoperto di essere incinta e che Eric non voleva avere niente a che fare con lei o con il bambino, Jen era andata a prenderla, le aveva dato una spolverata e l'aveva portata a uno spettacolo in cui c'erano spogliarellisti uomini e un sacco di muscoli guizzanti.

    Brooke sorrise mentre ricordava quella serata. Jen era stata preziosa come un diamante. Grezzo, forse, ma pur sempre un diamante. E quando Jen aveva scoperto di essere anche lei incinta, e che entrambe avrebbero partorito in giorni vicini, ciò aveva rafforzato ancora di più la loro amicizia.

    Il marito di Jen si trovava nel Servizio Sanitario dell'Esercito e raramente a casa, così lei e Jen avevano portato avanti la gravidanza insieme, confrontando le dimensioni delle loro pance e le caviglie gonfie, vedendo chi riusciva a trattenere più a lungo la pipì prima di correre in bagno.

    Ma non c'è più Jen che viene a prendermi. Non c'è nessuno che mi consolerebbe se questa giornata risultasse il più grande errore della mia vita.

    Quando l'ascensore si aprì e Brooke cominciò a camminare lungo il corridoio che l'avrebbe portata al nido d'infanzia dell'ospedale, cercò di non ricordare di nuovo quella telefonata. Quando Kelly aveva chiamato per farle sapere che Jen era morta durante il parto, per complicazioni dovute a eclampsia.

    A quel tempo, anche lei aveva appena partorito Morgan. Era a casa da soli tre giorni.

    Ricacciò indietro le lacrime. Non poteva piangere oggi. Era già tutto abbastanza stressante anche senza ricordare ogni volta la morte di Jen. La vita andava avanti. Non si poteva fermare la sua inesorabile marcia. Jen era morta. Brooke era sola. Di nuovo. Era tornata al lavoro. Ed era in ritardo. Doveva sbrigarsi o avrebbe dovuto avere a che fare anche con un capo arrabbiato.

    Suonò alla porta e uno dello staff la fece entrare.

    «Ho portato Morgan Bailey. È il suo primo giorno...» Cercò di sembrare più coraggiosa e più sicura di sé di quanto non si sentisse in realtà.

    L'infermiera del nido d'infanzia indossava un vivace corpetto senza maniche decorato con una moltitudine di orsacchiotti e sul badge c'era scritto Daisy. Era vivace e solare.

    Dietro di lei, Brooke poté vedere dei bambini giocare in una piccola piscina di palline, altri poggiavano le manine impregnate di colori su una lunga striscia che sembrava carta da parati, altri erano seduti a un tavolo a disegnare, un altro gruppo ascoltava una storia. Più in là c'era un'altra porta, con su scritto Baby Room, e mentre guardava, la porta si aprì e uscì un uomo alto con un portamento militare.

    Non aveva tempo di concentrarsi su di lui, ma una parte del suo cervello aveva registrato quanto fosse attraente.

    Tolse Morgan dal passeggino e la prese in braccio. «È stata sveglia quasi tutta la notte, quindi potrebbe essere un po' irritabile. Ci sono delle bottiglie nella borsa...» Prese la borsa che era appesa alle impugnature del passeggino. «... con latte materno. Ho messo sopra delle etichette con il suo nome, così potete darle quelle giuste. C'è un orsacchiotto nella borsa, è il suo preferito... Signor Abbraccio. Le piace dormire insieme a lui. Di solito bisogna farle fare il ruttino due volte prima che si addormenti. E... e...»

    Non poté evitarlo. Le lacrime che aveva cercato di trattenere adesso avevano cominciato a cadere. Dovere consegnare sua figlia era troppo per lei. La sua bambina era stata l'unica a farla andare avanti negli ultimi mesi. Era tutto quello che aveva, e ora...

    Morgan, percependo l'angoscia della madre, iniziò a piangere, e ora Brooke si sentiva peggio riguardo al fatto di dovere lasciare sua figlia. Rimase ferma lì, tenendo stretta la figlia, singhiozzando tra le lacrime, come se consegnarla al nido d'infanzia fosse in un certo senso una piccola morte.

    Non posso farlo! Non ho bisogno di lavorare, giusto? Posso aspettare un altro po', prendermi un altro po' di tempo libero. Io...

    Daisy allungò le braccia per prendere la bambina che piangeva. «Staremo benissimo... non ti preoccupare. Hai l'app del nido sul tuo telefonino?»

    La struttura dell'ospedale aveva sviluppato la propria app, così i genitori potevano cliccare in qualsiasi momento durante il giorno e ricevere aggiornamenti sui loro figli... se dormivano, se avevano mangiato o bevuto, a cosa stavano giocando. C'era anche un'opzione per accedere alla webcam del nido.

    Grata del fatto che Daisy stava ignorando le sue lacrime imbarazzanti, Brooke cercò di respirare. Dopo avere fatto un respiro profondo e preso dalla tasca un fazzoletto per soffiarsi il naso, annuì.

    Daisy stava ancora sorridendo, mentre cullava Morgan nel tentativo di farla calmare. «Allora vai a lavorare, mamma. Non ti preoccupare per noi.»

    «Non l'ho mai lasciata prima d'ora. Mi chiamerete se ci sarà qualche problema?»

    «Certo che lo faremo.»

    «Qualunque cosa succeda?»

    Daisy annuì, ma quando Brooke aprì la bocca per fare un'altra domanda, sentì una mano decisa sul suo braccio. L'uomo che aveva visto prima la guardò con i suoi profondi occhi blu. «È meglio se te ne vai via e basta» disse, «senza guardarti indietro.»

    Brooke lo guardò grata e piena di speranza, nel tentativo di aggrapparsi alle sue parole cariche di saggezza. Allora anche lui lo aveva già fatto? Sapeva di cosa stava parlando? Era appena uscito dalla Baby Room, quindi forse aveva appena lasciato suo figlio?

    «Davvero?»

    «Davvero. Andiamo.»

    Aveva un tono di voce deciso e diretto. Una voce abituata a dare ordini, ordini che venivano eseguiti senza obiezioni. Era evidente che si aspettava lo stesso da lei. Mise le mani sopra le sue, forzandola a lasciare la presa dal passeggino, poi lui ne afferrò i manici e lo parcheggiò nell'area apposita. La guidò mettendole una mano dietro la schiena e l'accompagnò all'uscita.

    Brooke avrebbe voluto tanto voltarsi per assicurarsi che Morgan stesse bene. Riusciva ancora a sentire sua figlia che piangeva. Sua figlia aveva bisogno di lei. Ma quell'uomo le impedì di girarsi e la scortò alla porta e nel corridoio, come un abile collie che guidava una pecora riluttante.

    «Ma io ho bisogno di...»

    Lui alzò una mano per indicarle di fare silenzio. «No. Non ne hai bisogno.»

    Brooke fece un passo indietro e lo guardò dall'alto in basso, irritata che pensasse di sapere ciò di cui aveva bisogno. Asciugandosi il naso con il fazzoletto si chiese chi fosse, dopotutto, quell'uomo. Non lo aveva mai visto prima in ospedale. Tuttavia, non aveva mai avuto motivo di andare prima di allora al nido d'infanzia e l'ospedale era un luogo grande. Avrebbe potuto lavorare ovunque. Sarebbe potuto essere un nuovo assunto.

    Dopo essersi asciugata l'ultima lacrima, lo guardò. Era almeno venti centimetri più alto di lei. Con capelli corti biondo scuro, più

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