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Black water creek
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E-book238 pagine3 ore

Black water creek

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Info su questo ebook

La relazione di Kelly Raney con il fidanzato manesco finisce il giorno in cui lo lascia sanguinante sul pavimento della camera da letto dopo una violenta lite. Afferra il figlioletto Keegan e insieme lasciano la città con una manciata di dollari e qualche bene di prima necessità.

L’automobile che guida si rompe proprio al di fuori del piccolo villaggio di Black Water Creek. Kelly con riluttanza accetta di restare con il meccanico Ed Sheridan e sua moglie il tempo necessario per rimettersi in sesto. Trova un lavoro e si trasferisce in una villetta isolata nei pressi del fiume, desiderando di ricominciare da zero per garantire una vita stabile a suo figlio.

Ma proprio quando sembra che le cose vadano per il verso giusto, visioni di torture ed omicidi avvenuti nella villetta dove ora vive la tormentano di notte e la perseguitano di giorno. Quel che è peggio è il sospetto che il suo fidanzato l’abbia scovata e, in cerca di vendetta, minacci di distruggere la vita che si è creata.

Questo libro è destinato ad un pubblico adulto e non è adatto ai lettori al di sotto di 17 anni. Contiene linguaggio osceno, scene di violenza e di sesso.

LinguaItaliano
Data di uscita3 giu 2016
ISBN9781507142776
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    Anteprima del libro

    Black water creek - Robert Brumm

    Capitolo 1

    Kelly notò che ora fosse sulla radiosveglia solo dopo che la porta si chiuse di colpo. ciò che sarebbe successo dopo avrebbe potuto avere molteplici sviluppi e lei pregò per il migliore, seppure meno piacevole: Don che collassava a letto e cominciava a russare pochi secondi dopo.

    Ma a giudicare dalle cifre sulla radiosveglia, la notte non era ancora finita per Don.  Con i suoi amici lasciò il bar all’ora di chiusura, ma per qualche ragione tornò dritto a casa anziché fare mattina da uno di loro.

    La porta del frigo squittì seguita dal suono sordo di una lattina che si apre. L’ipotesi migliore era appena volata via dalla finestra e in quel momento, tutto ciò che Kelly potesse sperare era che Don perdesse i sensi sul divano di fronte alla tv. Peccato che sarebbe stata sveglia per tutta l’ora seguente aspettando quel momento.

    La luce in camera da letto si accese. Ehi, dove sono gli avanzi del fast food? farfugliò Don sotto la porta della stanza.

    Kelly si alzò su un gomito lanciandogli un’occhiata di sbieco. Cosa?

    Gli avanzi. Gli avanzi del fast food. Li avevo conservati per mangiarli adesso.

    Erano vecchi di tre giorni, li ho buttati via.

    Chi ti ha detto di buttarli? Fece un lungo sorso di birra e ruttò. Ci ho pensato tutta la sera a quel panino. E ora cosa diamine dovrei mangiare?

    Mi dispiace. Posso prepararti qualcos’altro.

    Don si girò e barcollò verso il corridoio. Non c’è nient’altro! Perché non c’è mai del cibo decente in questa dannata casa? Non ci vai mai a fare la spesa?

    La porta del frigorifero si aprì e si richiuse con un colpo secco, seguito dal suono delle ante dei mobili della cucina che si aprivano e si richiudevano. È troppo chiedere un po’ di cibo in questa discarica? Che senso ha farmi il culo tutta la settimana se non riesco nemmeno ad avere qualcosa di decente da mangiare?

    Kelly fu tentata dal ricordargli di avergli preparato un pasto discreto quella sera stessa, prima che uscisse a bere, ma non valeva la pena discuterne così tardi e soprattutto quando di lì all’indomani se ne sarebbe probabilmente dimenticato. Scese dal letto e chiuse la porta della camera di Keegan. Ti cucino qualcosa sussurrò a Don. Però smettila di gridare, sveglierai il bambino.

    Il bambino. Quel ragazzino non è più un bambino, ha quasi tre anni. Ecco di cosa parlo, continui a trattarlo come un bambino, crescerà come uno smidollato. Don accartocciò la lattina vuota che aveva in mano e si protese verso il frigo per prenderne un’altra.

    Andiamo, siediti disse Kelly. Ti preparo un pasticcio di pollo.

    Sul serio, smettila con questa stronzata del bambino.

    Okay, mi dispiace.

    Rimase in piedi a fissarla per un momento prima di voltarsi e dirigersi a passo instabile verso la sala da pranzo. Kelly sospirò e gettò uno sguardo all’orologio sul forno. Sarebbe dovuta alzarsi per andare al lavoro tre ore dopo. Faceva il turno di mattina alla tavola calda di Barry nei week end per guadagnare qualche soldo extra. Don doveva badare a Keegan mentre lei faceva il turno dalle 6 alle 11, ma era improbabile che si sarebbe alzato in tempo dopo essere rientrato così tardi. Keegan si svegliava all’alba tutti i giorni, e benché Don si fosse addormentato proprio in quell’istante, avrebbe sicuramente dormito fino a mezzogiorno.

    Kelly lanciò il pasticcio nel microonde e si appoggiò al bancone della cucina mordendosi le unghie. Si diede malata la domenica prima dopo che Don tornò a casa alle 5 di mattina. Se avesse di nuovo saltato il lavoro quella mattina, lo avrebbe perso. Era difficile trovare un lavoro in città e sapeva che dopo di lei ci sarebbe stata almeno un’altra dozzina di ragazze pronte a prendersi il suo posto. Don promise che non sarebbe stato un problema se lei avesse lavorato la mattina nel fine settimana, ma sapeva benissimo che si stava prendendo in giro da sola. Pensava solo che se fossero entrati dei soldi in più, lui avrebbe allentato un po’ la presa e le cose a casa avrebbero cominciato a migliorare.

    Il microonde suonò con un bip e Kelly tirò fuori il pasticcio. Lo capovolse in un piatto e ne picchiettò la crosta molliccia, facendo una smorfia alla carne grigia che ne fuoriuscì. Kelly pensò che i pasticci di carne surgelati fossero disgustosi, ma per Don non erano mai abbastanza, specialmente dopo aver passato la notte fuori in città. Portò il piatto nella sala da pranzo e trovò Don sul divano, intento a russare con i piedi sul tavolino, la testa all’indietro e la bocca spalancata. Poggiò il piatto sul tavolino e molto cautamente gli tolse la lattina di birra dalla mano. Sbuffò ma non si mosse.

    Lei tornò in cucina in punta di piedi e telefonò alla tavola calda per lasciare un messaggio in segreteria telefonica. Kelly tornò a letto, sperando di dormire per un paio d’ore prima che Keegan si svegliasse.

    Capitolo 2

    ––––––––

    Mammaaaa!

    Kelly si svegliò di colpo e guardò l’orologio. Le 6.34.

    Mamma!

    Velocemente si alzò dal letto e si precipitò nel corridoio. Keegan, nel suo pigiama dei Ninjago, i capelli spettinati e gli occhi gonfi, stava sotto la porta della sua camera dietro al cancelletto di sicurezza fissato nella cornice della porta. Don glielo faceva installare ogni sera da quando Keegan aveva cominciato a dormire nel lettino per i bambini grandi. Una volta libero dalle restrizioni della culla, Keegan riusciva ad addormentarsi tranquillo nel suo lettino, ma spesso finiva per infilarsi sotto le coperte con loro durante la notte. A Kelly non importava, ma ciò irritava Don. Ancora un’altra cosa che lo avrebbe fatto diventare uno smidollato.

    Shh lo zittì. Papà dorme ancora. Aprì il cancello e prese in braccio Keegan un attimo prima che si fiondasse nel corridoio. Aspetta qui, piccolo. Controlliamo il pannolino, ok?

    Ho sete protestò lui.

    Beh, prima cambiamo il pannolino e poi facciamo colazione. Lo stese sul pavimento e gli cambiò il pannolino. Oggi proviamo a fare pipì nel vasino come i bambini grandi, che ne dici?

    Hm-hm disse con cipiglio.

    Perché no? Non vuoi essere un bambino grande? Come papà? Sei cresciuto per portare ancora il pannolino.

    Papà mi ha fatto male al braccio le ricordò.

    Kelly sospirò. È stato solo un incidente e papà era molto dispiaciuto, ricordi? Sembrava di averglielo ricordato un centinaio di volte, ma lei stessa a stento ci credeva.

    Lo infilò nel seggiolino e gli versò una ciotola di cereali asciutti. Era una delle poche cose che mangiava a colazione negli ultimi tempi, visto che sembrava stesse diventando sempre più schizzinoso. Finì di versare il latte in un biberon quando il telefono squillò. Poteva esserci solo una persona dall’altro capo a quell’ora e sentì il cuore sprofondare.

    Diede il latte a Keegan e rispose. Pronto?

    Kelly, sono Nancy, dalla tavola calda.

    Ciao. Hai ricevuto il mio messaggio, vero?

    "Sì, è per questo che ti chiamo. Kell, quando ti ho assunta per il fine settimana era perché avevo bisogno di qualcuno ogni fine settimana. È l’orario in cui abbiamo più clienti."

    A parte da un paio di amici stretti, non voleva essere chiamata Kell, lo odiava. Lo so, mi dispiace molto. È che il mio ragazzo non si sente bene e non ho nessuno che badi a mio figlio...

    Ehi, lo so, la famiglia prima di tutto, ma io ho davvero bisogno di qualcuno su cui poter contare. Dopo che hai telefonato ho dovuto svegliare Katherine anche se ieri ha lavorato otto ore.

    Mi dispiace è tutto ciò che riusciva a dire.

    Nancy aspettò un secondo per vedere se Kelly avesse qualcosa da aggiungere prima di schiarirsi la voce. Beh, dispiace anche a me. Purtroppo questa cosa non può funzionare.

    Kelly si asciugò una lacrima e annuì. Mi dispiace mormorò di nuovo.

    Apprezzerei molto se potessi riconsegnarci l’uniforme nei prossimi giorni. Se non ci vediamo entro venerdì prossimo ti spedisco l’ultimo assegno.

    Va bene, ciao. Riattaccò il telefono asciugandosi gli occhi.

    Che c’è, mamma? chiese Keegan.

    Niente, piccolo, fai colazione. Kelly diede un’occhiata nella sala da pranzo. Don era sdraiato sulla schiena e il piatto con il pasticcio scongelato era sul tavolino accanto a lui. Un pugno di mosche facevano a turno per atterrarci sopra prima di svolazzare attorno al suo fidanzato.

    Entrò il più rumorosamente possibile nella stanza e raccolse il piatto. Don si mosse senza svegliarsi. Lanciò il piatto nel lavello quasi rompendolo e sciacquò via i residui di cibo nel tritarifiuti. La conversazione al telefono con Nancy la fece sentire come una bambina che è appena stata rimproverata. La parte peggiore era che lei amava quel lavoro. Le piaceva uscire di casa e parlare con i clienti. Se fosse stato per lei e non avesse dovuto fare affidamento su Don, sapeva che non avrebbe mai perso un giorno di lavoro. Nemmeno uno.

    Mamma, che c’è? Keegan teneva uno dei cereali tra l’indice e il pollice grassocci. Kelly si accorse che stava piangendo e andò da lui.

    La mamma è triste, tutto qua, tesoro. Si accovacciò e gli arruffò i capelli. Sai cosa mi tirerebbe su il morale? Che ne dici di andare al parco?

    Il suo viso si illuminò e alzò le mani sopra la testa Evviva, il parco!

    Evviva, il parco! gli fece eco lei prendendolo dal seggiolino.

    ***

    Kelly e Keegan uscirono eccitati due ore dopo, le guance rosse dall’aria frizzante di ottobre. Don era seduto sul divano e fissava il televisore con sguardo vuoto. La passeggiata fino all’area giochi in fondo alla strada e ritorno avevano tirato un po’ su il morale di Kelly ma la vista di lui sul divano rese la stanza opprimente. Si ritrovò più tardi a temere i fine settimana e a contare le ore che la separavano dal lunedì mattina. Almeno aveva la certezza di avere la casa per sé e per suo figlio per almeno otto ore.

    Sei sveglio. Tolse la giacca a Keegan che si sedette sul tavolino della sala da pranzo, ipnotizzato dalla tv. Don grugnì e si grattò l’inguine.

    Vuoi del caffè? Posso farne un po’ fresco.

    Perché non sei al lavoro? chiese lui.

    Kelly ripose la giacca di Keegan nell’armadio e si tolse la sua. Sei rientrato tardi, non pensavo volessi svegliarti presto per badare a Keegan. Quindi ho chiamato per dire che non ci sarei andata.

    Mmm. Lui la guardò mentre tornava in cucina e sciacquava la caffettiera sporca di vecchi residui di caffè. Quindi questo fa di me il cattivo, giusto?

    Non ho detto questo.

    Non è colpa mia se fai un lavoro che mi costringe a svegliarmi all’alba di sabato.

    Voglio guardare i cartoni annunciò Keegan senza togliere gli occhi dal programma sportivo alla tv.

    Lascia perdere, okay? disse Kelly dalla cucina. Non è niente di grave, posso trovare qualcos’altro. Potrebbero aver bisogno di qualcuno alla biblioteca nel pomeriggio.

    Bene, mi sveglierò assieme al ragazzino, domani. L’importante è che tu sia felice. Devo solo svegliarmi alle 5.30 ogni giorno per andare al lavoro, perché non farlo anche nel fine settimana?

    Papà, voglio guardare i cartoni! implorò Keegan.

    Kelly tornò nella sala da pranzo. Non preoccuparti, non fa niente. Guardò il pavimento e si asciugò le mani su uno straccio. Nancy mi ha licenziata stamattina, quindi non è un problema.

    E perché diavolo l’avrebbe fatto?

    Perché ho chiamato per dire che non ci andavo un’altra volta.

    Oh, ma è fantastico! Ecco un’altra cosa da rinfacciarmi. Hai almeno provato a svegliarmi?

    Kelly contorse il panno umido che aveva in mano e serrò la mascella. Avrebbe voluto fargli notare che forse, se non fosse rientrato così tardi, non avrebbe avuto bisogno di svegliarlo. Avrebbe voluto ricordargli che la domenica precedente riuscì a trascinarlo fuori dal letto esattamente due minuti prima che cominciasse il suo turno. Di come avessero cominciato a gridare tutti e due e di come lei fosse corsa alla tavola calda con il mascara che le colava sulle guance.

    Invece, si rivolse a suo figlio. Tesoro, perché non vai a giocare nella tua stanza?

    Voglio guardare i car-TONI!

    Gesù. Ecco! Don lanciò il telecomando a Keegan, questo gli rimbalzò sulla testa e lo fece scoppiare in lacrime.

    Don! Per l’amor del cielo! Kelly andò di corsa verso Keegan e lo prese in braccio.

    Don sospirò e alzò le mani. Ecco, ci risiamo. Andiamo, l’ha appena toccato.

    Keegan si lamentò in modo drammatico sul petto di Kelly. So che sei arrabbiato con me, ma non prendertela con nostro figlio scattò.

    Don si alzò dal divano e raccolse il telecomando da terra. Oh, sta bene. Smettila di piangere gli ordinò.

    Kelly si allontanò. "Non sta bene! Non puoi lanciare le cose senza pensarci. Prima il braccio e ora questo!"

    Di nuovo con la storia del braccio? Quante volte devo dirti che mi dispiace? Allungò le braccia verso Keegan. Andiamo, dallo a me. Afferrò il dorso della maglietta di Keegan.

    Basta, Don. Lasciaci in pace! Kelly si girò e andò verso la cucina e ciò fece arrabbiare Don ancora di più.

    Non andartene mentre ti parlo. Torna qui subito! Le afferrò la spalla e cercò di farla voltare ma lei resistette. Kelly inciampò e andò a sbattere contro una mensola sul muro piena di gingilli e cornici che caddero a uno a uno addosso a lei e Keegan prima di toccare il pavimento. Kelly perse la presa sul figlio che ruzzolò sulla moquette.

    Don cercava di raggiungere Keegan ma Kelly lo spingeva via. In lei sopraggiunse la rabbia e gridò a Don di allontanarsi. Don fece oscillare il braccio e Kelly trasalì. Non fu veloce abbastanza da evitare il colpo e la sua mano le colpì l’orecchio sinistro. Il suo braccio oscillò di nuovo, ma questa volta le colpì in pieno il naso, facendola cadere a terra. La vista le si riempì di stelle e un rivolo di sangue le colò dal naso fino al pavimento.

    Keegan urlò e batté i piedi. Corse nella sua stanza con Don che urlava dietro di lui. Torna qui, stronzetto! Ti do io qualcosa per cui vale la pena piangere! Kelly gli corse dietro e con un grido primitivo saltò sulla schiena di Don.

    Che diavolo stai facendo? Afferrò una manciata dei suoi capelli sbattendola con violenza nel muro. Kelly gli graffiò la faccia, lui le diede un pugno nella pancia che la fece cadere sulle ginocchia, senza fiato. Nel corridoio, appoggiandosi sulle mani e sulle ginocchia, lei respirava a fatica, incapace di far funzionare i polmoni.

    Don diresse di nuovo la sua rabbia verso Keegan. Ho detto smettila di piangere! Cosa sei, una femminuccia? Prese Keegan per la spalla e cominciò a scuoterlo. Kelly si alzò finalmente sui suoi piedi e agguantò la mazza da baseball appoggiata nell’angolo nella stanza di Keegan. Quando Keegan aveva poche settimane, Don tornò a casa ubriaco una notte con una mazza, un guanto e alcune palle da baseball come regalo per il piccolo. Era un gesto simbolico all’epoca, ma ora che Keegan era grande abbastanza per usare l’attrezzatura da baseball, a Don non interessava. La mazza era rimasta lì nell’angolo ad accumulare polvere finché Kelly la impugnò con entrambe le mani.

    Lascialo in pace sbraitò. La lingua le era diventata pesante e sapeva di sangue.

    Don guardò prima lei e poi la mazza. Altrimenti che fai? Cosa hai intenzione di fare, puttana?

    Si scagliò contro di lei che faceva oscillare la mazza e lo colpì sull’avambraccio. Lui se lo afferrò urlando. La fece oscillare di nuovo, questa volta colpendolo sulla schiena dopo che lui si era piegato. Quando cominciava a rialzarsi, portò indietro la mazza un’ultima volta, con quanta più forza poteva, colpendolo dietro la testa. Lui collassò al suolo e rimase immobile. Dal cranio gli scorreva sangue che gocciolava sul pavimento.

    Kelly lasciò cadere la mazza e scoppiò in lacrime. Keegan finalmente smise di piangere e lanciò uno sguardo a suo padre sul pavimento. Lei lo prese in braccio e corse fuori dalla stanza.

    Dobbiamo andarcene, piccolo, dobbiamo andare via da qui. Mise Keegan seduto sul tavolino della sala da pranzo e andò a prendergli la giacca. Keegan fissava la televisione con le guance bagnate e il pollice in bocca.

    Andò in camera di Keegan e prese la borsa con i pannolini dal fasciatoio. Don si muoveva e mugolava dal pavimento della stanza da letto. Lei si fermò in cucina, prese la borsa, le chiavi, diede un’ultima occhiata alla sala da pranzo e si precipitò fuori di casa con il figlio.

    Capitolo 3

    Kelly frugò nella borsa dei pannolini di Keegan in cerca di una salvietta e dopo averla trovata provò delicatamente a pulirsi il sangue che le scorreva dal naso. Fece una smorfia di dolore e si ritrovò a guardare il proprio volto riflesso nello specchietto retrovisore. Sarebbe riuscita a pulire il sangue raggrumato ma il naso le si sarebbe gonfiato e avrebbe cambiato colore l’indomani mattina. Lo sapeva perché ci era

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