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Trev Kain the train
Trev Kain the train
Trev Kain the train
E-book271 pagine3 ore

Trev Kain the train

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Info su questo ebook

Un antieroe moderno, futuristico. Questo è Trev Kain. Combattere il crimine è il suo obiettivo e lo fa a modo suo.
Continuamente tormentato dagli incubi del suo passato, vive la sua vita ospite di due fratelli, James e Lena, combattendo con la sua fedele katana, che fu del suo maestro, e bevendo whisky in un locale malfamato.
Dopo una breve e fragile pace, l'America fu segnata dalle stragi terroristiche di matrice islamica prima, e dalla sconfitta in una dura guerra, combattuta sul proprio territorio, contro la Cina e la Russia, poi. Finita la guerra, la città di New York stenta ad avere una vera ripresa economica e sociale, e quando il sindaco Raidjack viene eletto, peggiorerà ulteriormente le cose, facendo affari con la mala e badando solo ad arricchirsi, contrabbandare oggetti d'arte e acquisire maggiore potere.
Gli si opporrà Trev Kain, che sarà per questo bollato come ricercato e assassino.
LinguaItaliano
Data di uscita13 nov 2018
ISBN9788867828890
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    Anteprima del libro

    Trev Kain the train - Antony Mars

    Antony Mars

    Trev Kain

    The Train

    Antony Mars

    Trev Kain The Train

    Editrice GDS

    Via Pozzo 34

    20069 Vaprio d’Adda – Mi

    www.gdsedizioni.it

    www.gdsbookstore.it

    copertina reperita dallo stesso autore

    Ogni riferimento descritto nel seguente romanzo a cose, luoghi o persone sono da ritenersi del tutto casuali

    1

    The Train

    - Non è possibile, non puoi essere vivo… Io…Io ti ho visto morire, ti ho ucciso io!

    In un corridoio dove la poca luce illuminava solo il breve tratto percorso in quel momento, un uomo ansimante correva avvolto da una tuta nera con dei lineamenti verdi, urlando e reggendo dinanzi a sé una spada dalla lama insanguinata.

    Le pareti del corridoio sembravano restringersi di continuo e il soffitto abbassarsi sempre più. Era tutto ammantato di nero e solo il tratto dove l’uomo correva si colorava di una strana luce rossastra.

    - Non è reale, non è reale!

    Continuando a percorrere quell’angusta strettoia, l’uomo armato di spada giunse d’un tratto in un nulla assoluto, come se il corridoio terminasse in un buco nero dal quale, voltandosi indietro, più nulla si vedeva della strada percorsa per arrivare fin lì.

    - I fantasmi non esistono, io ti ho già ucciso. I fantasmi non esistono, io ti ho già ucciso.

    E mentre ripeteva queste parole, quasi a dargli torto, si materializzò la figura di un uomo!

    Non aveva più la testa, indossava l’uniforme da poliziotto, e non parlava, ma la sua voce risuonava nel vuoto.

    - Non sono morto, ti arresterò, pagherai per quello che hai fatto, criminale!

    E poi un eco beffardo ripeté senza tregua:

    - Criminale… Criminale… Criminale… Criminale… Criminale… Criminale… Criminale…

    Dal buco nero l’uomo con la spada si voltò, parve solo allora riprendere un po’ di coraggio per lanciarsi all’attacco del fantasma.

    Spiccò un inspiegabile balzo, come se avesse potuto darsi la spinta dal terreno che sotto di lui non c’era.

    Strinse più forte l’impugnatura della spada.

    Questo gesto sembrò quasi destarlo dal sogno che stava vivendo, Trevor Kain aprì gli occhi di scatto ancora sdraiato sul letto.

    Era pallido e sudato, stringeva talmente forte la spada che stava sul suo petto da avere le nocche tutte bianche.

    La mano destra sull’elsa, la sinistra sulla sommità della custodia nera e lucida, esattamente la posizione che si tiene quando si è pronti a sfoderare l’arma.

    - Non finiranno mai questi incubi.

    Dinanzi a sé, una stanza spoglia con a terra due sacche da viaggio e una borraccia d’acqua; dalla finestra penetrava una luce intermittente che colorava tutto di rosso.

    Trevor si alzò per spiare dal poco spazio lasciato libero dalla tenda socchiusa, e ricordò il neon a luci rosse dell’insegna del locale di fronte, che si spegneva e si riaccendeva di continuo.

    Si era da poco fatta notte, e il vicolo sottostante era un brulicare di prostitute e individui poco raccomandabili che sembravano brindare festosamente alla luna alta nel cielo.

    Indossò la katana a tracolla.

    Aprì la finestra e l’attraversò atterrando nel vicolo, come se fosse la cosa più normale del mondo.

    Nonostante la caciara e l’alcool che scorreva a fiumi, per tutti fu impossibile non notare il gesto.

    E qualcuno mormorò: Trev Kain The Train.

    Un secondo dopo, come se nulla fosse successo, tutti ripresero a occuparsi dei fatti loro.

    E data l’epoca in cui si viveva, dove ognuno faceva finta di niente per tirare a campare, non ci si deve troppo sorprendere.

    Trevor si incamminò verso il locale.

    Aveva lo sguardo rabbioso, in netto contrasto con quello pauroso dell’incubo, e triste del risveglio.

    - Sono un debole, troppo debole.

    A destarlo da quel che mormorava tra sé e sé, una donna di strada vicino la quale stava passando gli gridò: - Ehi Kain, ma quando vieni a farti un giro? Guarda che prima o poi smetterò di offrirtela gratis!

    - Non sarebbe meglio se tu la smettessi di fare il mestiere?

    Di rimando la donna oscenamente vestita, con una lunga treccia di capelli neri e ciuffi blu, gli urlò:

    - Do da mangiare a quattro figli così!

    Trevor sapeva che era la verità, e proseguì per la sua strada tra gli astanti, appoggiati al muro o in sella alle moto.

    Il rumore era forte, e la maggior parte dei presenti forse nemmeno sentì la conversazione.

    Erano tempi difficili, e nessuno si curava troppo dei fatti degli altri.

    La confusione nel locare era addirittura maggiore.

    Stava candendo in rovina, nemmeno più l’insegna con una donnina che accavallava le gambe vuotando un bicchiere funzionava a dovere, accendendosi e spegnendosi di continuo, ma questo certo non bastava a togliere alla numerosa clientela il gusto di bere e giocare d’azzardo, azzuffarsi e fumare.

    Del resto, non è che si trovasse di meglio lungo i bassifondi della New York del Sindaco Raidjack.

    Nella New York del Sindaco Raidjack, sopravvivere era già tanto.

    Attraversato l’uscio, Trevor s’incamminò tra la marmaglia e la nube di fumo che si respirava all’interno per avvicinarsi al bancone, dove si lasciò cadere pesantemente su uno sgabello.

    - Whisky!

    - Subito pronto Kain!

    Un omone grosso due volte Trevor prese una bottiglia da una mensola e ne versò un generoso quantitativo dentro un bicchiere, dopo averlo pulito con il grembiule ingiallito e macchiato che aveva indosso.

    Chi avesse già bevuto in quel bicchiere nessuno avrebbe potuto dirlo, e del resto, Trevor ne tracannò il contenuto senza darsene pensiero.

    - Allora Kain, dormito bene oggi?

    L’omone prese a sorridere, facendo un’espressione persino buffa, con il sorriso a tutta bocca che si apriva nel suo faccione tondo.

    Dimostrava una cinquantina d’anni, aveva capelli rasati corti, spalle possenti, muscoli lungo tutte le braccia e gli occhi grandi da bambino.

    Si vedeva lontano un miglio che non era sempre stato dietro un bancone e, nonostante l’imponenza, non era una persona che mettesse davvero paura.

    Ma se anche così non fosse stato, era difficile mettere paura a Kain, almeno di notte, quando era sveglio e gli incubi del suo passato non tornavano a tormentarlo.

    - Oggi ho dormito peggio del solito, e pensare Ocho, che sono andato perfino a letto presto.

    - A letto presto per te significa le dieci del mattino.

    - Sai che vivo di notte.

    - Di gente strana ne entra qui, ma diavolo incatenato, tu li batti tutti.

    Data la fama del locale, gli altri clienti di Ocho non potevano che essere mezzi farabutti o mezzi ladri, alcuni erano cattivi, altri non lo erano, ma era difficile fidarsi o fare distinzioni.

    Fatto sta che ognuno aveva una brutta storia alle spalle, una storia da raccontare, ma la cosa positiva di quel posto, era che nessuno voleva sentire quella degli altri, mettendo così tutti sullo stesso piano.

    In mezzo ai tavolini, dove la gente beveva e s’insultava, tra giacche sgualcite e abbigliamenti strani, pistole e coltelli erano ben in vista; in molti a New York ormai giravano armati, anche se, durante il giorno, la gente preferiva tenere nascoste le proprie armi.

    Un tavolo con roulette e un altro con i dadi erano le attrazioni principali, dopo le prostitute e l’alcool, e dal tavolo dei dadi un tizio si avvicinò a Kain.

    - Fai una partita amico?

    Era evidentemente ubriaco, e forse non aveva riconosciuto a chi si stesse rivolgendo.

    A Trev Kain The Train, così veniva chiamato, perché quando puntava un obiettivo, lo spazzava via come un treno in corsa.

    Criminale invece lo chiamavano i giornali, i giudici, i poliziotti, i politici e larga parte dei comuni cittadini.

    Ma dobbiamo ammettere che riesce ben difficile capire chi tra gli appartenenti a tali categorie fosse più disonesto.

    Corruzione, squallidi interessi e denaro sporco di sangue innocente mescolavano troppo le carte, per capire chi fingeva e chi davvero lottava per il bene e per la giustizia.

    - Stasera no, amico.

    Lanciò un dollaro sul legno del bancone per il whisky e uscì dal locale.

    Guardò un attimo la luna nel cielo, mentre i suoi raggi illuminavano i suoi capelli biondi, la mascella quadrata e i suoi occhi verdi. - Amico. Ma cos’è più l’amicizia?!

    Si diresse verso il centro di Manhattan, senza una direzione precisa, camminando avvolgendosi nei suoi pensieri mani in tasca e con la lunga spada sempre sulle spalle.

    Frattanto, anche al Gold Rain si consumava whisky di ottima qualità in bicchieri di cristallo.

    2

    Malavita

    - Amico mio benvenuto, Don Rosario non mi aveva avvertito del tuo arrivo qui nella Grande Mela, ho saputo solo poco fa che eri sbarcato all’aeroporto e non mi aspettavo subito una tua visita, e per di più a quest’ora della notte. Credevo ti saresti riposato un po’ dopo il lungo viaggio. Considerati naturalmente mio ospite per tutto il tempo che ti fermerai qui in città.

    - Quando si tratta di affari è inutile perdere tempo, e comunque, ho ricevuto l’ordine di partire per New York solo ieri mentre acquistavo della merce in Brasile per conto della famiglia.

    - Ah i giovani d’oggi, così pieni d’impazienza, intanto vieni a fare la conoscenza di questi cari amici.

    In un completo gessato grigio molto costoso, il panciuto Red Papalia spense il sigaro in un posacenere di vetro finemente decorato, prese sottobraccio il nuovo venuto dal marcato accento italiano, e lo portò verso un tavolo proprio al centro della grande sala da pranzo al piano terra del ristorante Gold Rain, il ritrovo dei Papalia.

    Tutti i presenti erano vestiti in modo elegante e sfarzoso, con gioielli e orologi d’oro, e l’italiano non faceva eccezione nel suo smoking di seta bianca.

    Era arrivato al locale scortato da due uomini di Red Papalia su una Vers di lusso.

    All’ingresso del palazzo in marmo bianco, posizionato poco fuori il centro città nell’East River, stazionavano quattro guardie armate, anche il retro e l’ingresso laterale erano vigilati.

    Lo splendido tetto a volta con ampi lucernai era attorniato da una balconata che girava intorno all’intero edificio, da sotto non si riusciva a vedere, ma lì era fin troppo facile intuire che vi fossero dei cecchini.

    Delle immense vetrate colorate di verde marino, che splendevano alla luce del giorno come giganteschi smeraldi, si intravedeva ben poco, le lunghe persiane erano quasi tutte chiuse, e rinforzate con pannelli di metallo.

    Quella sera il ristorante era chiuso al pubblico e riservato solo agli amici più intimi del boss della mala di East River.

    L’italiano si ritrovò a pensare che forse Red Papalia non era il partner ideale per la gestione della filiale newyorkese della sua famiglia, aveva blindato il suo covo evidentemente per paura di essere attaccato, e forse non era in grado di vincere la partita per il controllo del porto.

    Da dove veniva lui, l’egemonia della famiglia era così forte che nessuno osava ostacolarli più dopo la grande guerra di mafia, e anche se nelle loro ville vi erano diversi fedelissimi al servizio, non facevano una vera e propria vigilanza, ma restavano piuttosto in attesa di ordini da eseguire meticolosamente.

    Sulle pareti interne del Gold Rain trovavano posto celebri dipinti, venduti ormai dai musei in questo periodo di grande crisi, e sulle tovaglie di lino le bottiglie di vino francese già vuotate non si contavano.

    Red Papalia prese un bicchiere pieno fin quasi all’orlo e lo mandò giù. Finito di bere, urlò a due dei suoi - Forza cialtroni, fate posto al nostro nuovo compagno. E si lanciò in una fragorosa risata.

    Una sedia venne liberata e l’italiano venne fatto accomodare.

    Anche Red prese posto e gridò di nuovo - Forza cuochi della malora, fate vedere che spendo bene i miei soldi! Portateci da mangiare!

    I molti commensali seduti al tavolo esultarono a queste parole, e il personale del ristorante prese a riempire i piatti di gustose pietanze, su cui gli invitati alla cena si lanciarono come lupi.

    L’italiano continuava a guardare Red non contento dei suoi modi di fare, era lì per affari, ma non poteva disonorare la cena di un Padrino.

    Lanciò il cappello bianco, ornato da una sottile fascia nera anch’essa di seta, a un cameriere, e questi, dopo averlo afferrato al volo, si affrettò a riporlo su di un appendiabito.

    Prese poi anche lui a rifocillarsi, con maggior contenimento, fiutando cibi e vino prima di ingerirli.

    - Ma cosa fai figliuolo? Pensi davvero che il nostro bravo capo possa mai avvelenarti?

    Un vecchio gangster guardò l’italiano aspettando una risposta. Subito Red intervenne: - Mio caro Dor, non ti preoccupare, è una loro tecnica molto vecchia, lo fanno sempre, anche quando mangiano a casa loro in Italia. Anzi, ti dirò di più, ogni tanto i genitori e gli zii gli avvelenano i pasti, così da non far trovare impreparati i giovani alla vita che li aspetta. Vero Artemio?

    - Don Papalia dice bene, mister Dor, qui sono tra amici, ma bisogna sempre essere pronti a tutto. L’italiano non aggiunse altro, e riprese a cibarsi controllando ogni portata con la massima naturalezza.

    Era davvero evidente che lo facesse sempre.

    - Eppure pensavo che la situazione in Italia fosse tranquilla ora. - Continuò Dor. - Forse che gli affari non vanno così bene come si dice?

    Senza scomporsi troppo, l’italiano vestito di bianco lo guardò con sufficienza.

    - Mio caro Dor, gli affari nel vecchio continente vanno benissimo, come al solito, e di quelli qui negli States che a casa mia non sono contenti.

    L’italiano continuò a guardare il vecchio, ma tutti sapevano con chi stesse parlando, e dopo un attimo, riprese a concentrarsi solo su ciò che portava alla bocca.

    Il ghigno perpetuo della faccia del Padrino di East River scomparve.

    I suoi occhi si spostarono su tutti i suoi invitati ma sembrò vedere solo l’italiano, e inevitabilmente si trovò a domandarsi - Ma che diavolo è venuto a fare qui? Perché me lo hanno mandato tra i piedi?

    A fine cena, Red Papalia fece un gesto, affinché alcuni affiliati lo seguissero in un'altra sala più piccola. Si trattava del suo studio privato, arredato con divanetti di morbida pelle e tavolini di legno pregiato.

    Si accomodò dietro la scrivania in radica accendendosi un altro sigaro, e prese a parlare.

    - Mio caro Artemio Siracusa, è arrivato il momento che io ti presenti i cari amici che hanno partecipato stasera alla mia piccola riunione. Avevamo altre importanti questioni di cui discutere, ma lasceremo tutto in sospeso, così ci spiegherai il motivo della tua visita così inaspettata. L’imbrattacarte che vedi appoggiato al caminetto è quella sanguisuga del mio avvocato, è anche consulente dell’ufficio legale del municipio, dirige per mio conto molti affari di famiglia, e mi costa più di mia moglie.

    - Molto onorato, signor Artemio Siracusa. - Gli sorrise Gridley Alfred continuando a stare in piedi di fronte al fuoco.

    Red indicò un'altra figura.

    - Il signore in fondo che ci scruta e ci analizza tutti, enciclopedia umana di tutto quello che succede in città, è il nostro caro giornalista, e fidato consigliere del nostro illustrissimo Sindaco, Paterson Barret, del Metropolitan Information, praticamente l’unico giornale che puoi trovare da queste parti, fatta eccezione per il Free Know, che è comunque destinato a sparire, e il News of New York.

    - Fiero di fare la vostra conoscenza! Devo ammettere che quando si muove un pezzo grosso, la notizia in qualche modo circola sempre, stentavo a credere che un Siracusa fosse arrivato a New York senza che io ne fossi messo al corrente da uno dei miei strilloni.

    Dopo un altro paio di boccate, fu la volta per Red di presentare all’italiano il proprio genero.

    - Il giovanotto dalle due pistole lo hai sentito già nominale, è Two Fire Papalia, il marito della mia seconda figlia, e se un giorno imparerà a usare quel testone che si ritrova prima di sparare, forse sarà anche il mio successore.

    - Vi ringrazio molto per il regalo di nozze che a suo tempo la vostra famiglia mi fece pervenire signor Siracusa.

    Artemio Siracusa, dritto in mezzo alla stanza su di un tappeto persiano, continuava ad ascoltare le presentazioni dei soci di Red Papalia, con aria piuttosto annoiata.

    - E per ultimo, seduto sul divano dopo essersi rimpinzato peggio del solito, il commissario a capo del 14esimo distretto e membro della commissione di controllo affari interni della polizia del New York Military Department, Sam Fisher.

    - Non abbiate timore della polizia, dovete sapere che i miei uomini sono molto ubbidienti e non amano gettare al vento le proprie vite, e chi è troppo curioso nell’indagare, finisce trasferito altrove.

    Red si alzò da dietro la scrivania, si riaccese per l’ennesima volta il sigaro, ne aspirò una profonda boccata, poi si rivolse nuovamente all’italiano: - Artemio, parliamo chiaro, sei qui perché qualcuno è scontento del mio lavoro? Rimanendo qualche tempo con noi potrai vedere che stiamo traendo il massimo da questo territorio, e se tutto non è andato come si prevedeva inizialmente, è solo per colpa della Banca Mondiale di Ferdinand Lee Jones III. Ma si tratta di ritardi momentanei, ci rifaremo presto. Quegli strozzini hanno fatto il loro sporco lavoro anche meglio del solito, elargendo prestiti a piene mani, e facendo in modo poi che nessuno potesse ripagarli, pignorando aziende e proprietà. E questi amici possono testimoniare che stiamo già definendo una strategia per riguadagnare il tempo perduto. E per questo abbiamo già trovato un’intesa con il Sindaco.

    Dal fondo della sala il giornalista si avvicinò all’italiano: - Giovanotto, restando qualche giorno qui in città potrà capire presto come il lavoro dei Papalia, con il bene placido del Sindaco, porterà grandi vantaggi a lei e alla sua famiglia.

    Fu il turno di mister Gridley tentare di giustificare l’operatore del Padrino.

    - Dovete comprendere che il Sindaco ci ha molto favorito, e grazie a lui avremo presto il completo controllo non solo dell’East River, ma di tutta la zona tra Manhattan e Brooklyn, fino ad avere la gestione esclusiva del porto di Upper Bay, e quindi, di essere in grado di garantire l’approdo in piena sicurezza delle merci di proprietà della sua famiglia, merci che saranno subito pronte per essere distribuite sull’intero territorio della costa atlantica degli Stati Uniti.

    L’avvocato spiegò chiaramente il perché dell’importanza del porto. Ma l’italiano continuava a stare immobile senza essere troppo convinto di quanto detto.

    Parlò poi il commissario, non riuscendo nemmeno ad alzarsi dal divano: - La polizia sarà sorda e cieca e non scenderà in campo, a patto naturalmente che la si continui a incentivare, e questo vi permetterà di svolgere le vostre operazioni senza rischi.

    Appariva molto di più un camionista in pensione che un uomo al servizio della legge.

    - E in quanto alle altre bande malavitose che vogliono mettere le mani sui nostri affari, ci penserò io con i nostri uomini a farli fuori! - Two Fire lo disse estraendo fulmineamente le due colt che portava ai fianchi in stile cow-boy e puntandole verso l’italiano.

    Sembrava soddisfatto del suo colpo di scena, come se la sua estrazione fulminea fosse stata un grande gioco di prestigio, ma Artemio Siracusa non era per nulla impressionato, nemmeno si voltò a guardarlo.

    Red Papalia non si scompose più di tanto per il figlioccio che puntava due pistole in faccia a uno degli emissari dell’organizzazione criminale più potente al mondo, anzi concentrò ancora di più la sua attenzione sull’italiano. - Signori, avete espresso chiaramente la vostra opinione, ora voglio sentire quello che ha da dire il nostro giovane ospite.

    Two Fire ripose le armi e si ritirò di qualche passo addossandosi a una delle pareti, rivestita da una costosa carta da parati.

    - Don Papalia, vuole davvero sentire quello che

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