Nietzsche, la politica dell'antipolitico
Di marco purita
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Nietzsche, la politica dell'antipolitico - marco purita
NIETZSCHE
La politica dell’antipolitico
Premessa
Prima parte
1_ Cenno sulla vita e sulle opere
2_ Il divenire del pensiero politico ed economico
2.I_ La Civiltà del sogno e dell’ebbrezza
2.2_ Apollo, Dioniso e la forma della politica
2.3_ Il timore della rivoluzione
2.4_ L’apologia dello Stato e della schiavitù
2.5_ La Storia
2.6_ Positivismo e scientismo
2.7_ Critica a Schopenhauer
2.8_ Critica alla filologia
2.9_ Critica a Wagner
Seconda parte
3_ L’Oltre uomo
4_ Oltre l’ordine economico
La critica sul meccanicismo e sull’economismo
4.I_ La Scienza
4.2_ Il valore delle cose
4.3_ L’economia politica e la classe dei lavoratori
5_ Oltre l’ordine politico
La critica del potere istituzionale
6_ Oltre l’ideologia
La critica al sistema dei valori e dei princìpi morali
6.I_ La natura umana: Il corpo e il chaos
6.2_ Filosofia e volontà di potenza
6.3_ La morale degli schiavi
6.4_ «Che cos’è aristocratico?»
6.5_ Il valore cristiano
6.6_ Tramonto e decadenza
6.7_ Costruzione, Decostruzione, Autosoppressione dei valori
7_ La «Grande politica»
_ Conclusioni
_Riferimenti bibliografici
Premessa
«Io sono dinamite», disse un giorno il figlio di un pastore protestante. Quell’uomo fu Friedrich Nietzsche e, tutto sommato, non mentì.
Dopo la sua morte, invece, mentirono coloro che di quella «dinamite» della cultura ne fecero un uso improprio. Da una parte Nietzsche fu sequestrato dai tedeschi per fare della sua dottrina una lettura nazista; si attribuì alla volontà di potenza il valore di una norma costituzionale
, legittimando così ogni tipo di arbitrio e violenza. Da un’altra parte, si tentò di volgarizzare il pensiero di Nietzsche, rendendolo innocuo, banalizzandolo, per congelarlo nella schiera dei grandi maestri della tradizione occidentale. Cose che Nietzsche aveva rifiutato per tutta la sua vita.
Come alcuni critici¹ hanno osservato, per poter stabilire la vera collocazione storica e sociale del pensiero di Nietzsche la parodia è la forma fondamentale con cui leggere le sue opere. Questo è uno dei motivi principali per cui non solo in Italia², ma soprattutto all’estero è risultato ed è difficile comprendere il suo pensiero. In Germania, la maggior parte di quello che Nietzsche ha detto è stato travisato. In U.S.A. la lettura è stata prevalentemente nominalistica, è stato attribuito un nome
alle cose e il senso delle sue parole è stato spesso inintelligibile. In U.R.S.S., il suo pensiero è stato considerato alla lettera.
Leggendo le sue opere, si può renderlo un avversario della religione e al contempo un profeta, un nihilista e al contempo un uomo che ha cercato di valorizzare la vita, un difensore dei forti e un disprezzatore dei deboli.
Nietzsche gioca
con innocenza: «Un nascere e un perire, un costruire e un distruggere, che siano privi di ogni imputabilità morale e si svolgano in innocenza eternamente uguale – si ritrovano in questo mondo solo attraverso il gioco dell’artista e del fanciullo³». Significa che, nel gioco della vita, non ci sono regole prestabilite né concetti definiti a priori né garanzie, tutto, appunto è gioco. Il pensiero nietzscheano è indubbiamente esplosivo: il familiare diventa incerto, il tradizionale si fa estraneo, ogni cosa appare pericolosamente caotica.
Per questo, a parte i nazisti che illegittimamente pretesero di reclutare Nietzsche tra i partigiani della selezione razziale, anche tra gli anni ‘60-’70 del novecento, sebbene in modo oscuro e confuso, si tentò di politicizzarne l’immagine. Tuttavia, col termine politico
non si cercò di vincolare Nietzsche a un programma politico o a un’ideologia di partito. In quegli anni si cercò piuttosto in lui il critico della cultura borghese e il teorico di una possibile alternativa carica d’implicazioni politiche e sociali, oscurandone il lato estetico, letterario, impolitico. Estetico è quell’atto che non fonda la storia, che non dà luogo a istituzioni e che in questo senso configura la sua portata rivoluzionaria: è una rivoluzione che non s’illude di agire direttamente sulle strutture della società ma che ha la sua sede nello stile e nella scrittura. Tale impoliticità è intesa non come impotenza e passività ma come segno della nobiltà dello spirito e di un’azione alternativa.
Appare dunque una doppiezza in Nietzsche, che ha origine dalla sua filosofia provocatoriamente contraddittoria. Si può dunque interpretare Nietzsche come politico o come impolitico. Ma la contraddizione è la fonte della filosofia, giacché permette la critica e la creazione del nuovo. La contraddizione ingenera il movimento, la tensione: è il segreto dell’ironia di Nietzsche, come un tempo lo era di quella di Socrate. Questi, silenzioso e in segreto, rideva di se stesso. Egli, come Nietzsche, rifiutava di essere considerato un maestro e, come Nietzsche scrive, in verità aveva scorto l’intima incoerenza tra ragione e istinto, tra coscienza e potenza: ossia quella ragione dialettica, contraddetta dalla potenza dell’arte umana, che la costringe a una sintesi creativa⁴.
Sicché, quando Nietzsche afferma che l’uomo dev’essere superato, non lo fa perché disprezza l’uomo o perché vuole dar vita a una nuova razza umana dai capelli più chiari. Per lui l’uomo è una tensione, un «ponte», un «arco», un’aperta contraddizione tra ciò che è e ciò che può essere. Quando afferma che il mondo è caos
, non lo fa per dire che il mondo non ha un senso ma che non ne ha uno solo: in un mondo infinitamente eterogeneo sono gli uomini in contrasto tra loro che danno nuovi valori alle cose. Quando afferma che «Dio è morto», non vuol dire che prima era vivo e finalmente è morto, ma che il concetto di Dio è diventato vuoto, passivo, decadente, perché ha perso la sua parte attiva, la potenza, in sintesi, la tensione e la vita. Infine, quando Nietzsche sceglie il silenzio sulla politica, non lo fa forse perché «le parole più silenziose sono quelle che portano la tempesta⁵»? Non sono i «pensieri che incedono a passi di colomba» quelli che «guidano il mondo⁶»? Non è la sua un’aristocratica antinomia alle idee moderne? In altri termini il suo silenzio non è un’ironica opposizione alla politica?
PRIMA PARTE
«Vorrei donare e distribuire, finché i savi tra gli uomini tornassero a rallegrarsi della loro follia e i poveri della loro ricchezza⁷»
1
CENNO SULLA VITA E SULLE OPERE
Nel giorno del compleanno del re di Prussia, il 15 ottobre 1844, nacque a Rocken, non lontano da Lipsia, Nietzsche. Fu chiamato Friedrich Wilhelm, come il re.
Era figlio primogenito di un pastore protestante; l’atmosfera pia e biblica ebbe un enorme rilievo nella sua fanciullezza e durante l’adolescenza. Il giovane rimase presto orfano di padre: questi, fervente monarchico, fu sconvolto dai moti del ’48, si ammalò a fine agosto dell’anno (affezioni al sistema nervoso e al cervello), e morì l’anno dopo. Sicché Friedrich Wilhelm, insieme alla sorella Elisabeth (1846-1935), fu educato dalla madre. Tra i tredici e venti anni frequentò il liceo-ginnasio di Pfort, vicino a Rocken, un’apprezzata scuola umanistica della Germania. In quell’ambiente nacque la sua passione per la Grecia classica: lesse Omero, i grandi tragici in lingua originale, fiorirono in lui le antiche tematiche filosofiche e religiose, sentì i poeti greci più prossimi dei suoi contemporanei. Studiò quindi filologia classica all’Università, prima a Bonn poi a Lipsia, ma non trovò in essa l’interesse che si aspettava. Per Nietzsche, l’affrontare la filologia costituiva un modo per continuare la frequentazione appassionata degli amati autori greci.
Studente di filologia classica a Lipsia, lesse e approfondì l’opera più nota di A. Schopenhauer (1788-1860), Il mondo come volontà e rappresentazione⁸, e ne fu profondamente affascinato, tanto da considerare Schopenhauer come suo unico maestro e la sua filosofia come un modello cui ispirarsi.
Nella primavera del 1869, non ancora venticinquenne e prima ancora di conseguire il dottorato, Nietzsche ebbe l’incarico quale professore straordinario di Filologia classica all’Università di Basilea. Insegnò per dieci anni ed entrò in rapporto amichevole con Jacob Burckhardt (1818-1897), il maggior studioso europeo dell’ellenismo e del Rinascimento italiano, di cui subì l’influenza.
Negli stessi anni egli partecipò, durante il servizio militare, alla guerra franco-prussiana come infermiere. Curò personalmente feriti gravi, caricati su una carretta da lui stesso guidata. Fu colpito da tifo, le sue condizioni di salute, già scosse da una brutta ferita provocata da una caduta da cavallo nel ’68, peggiorarono in seguito e, continuò a essere affetto da mali.
In Svizzera, Nietzsche conobbe il già celebre musicista Richard Wagner (1813-1883). Questi abitava a Tribschen, vicino a Lucerna, con la moglie Cosima. Wagner costituì, oltre a Schopenhauer, una forza spiritualmente determinante nella vita sociale e culturale del giovane Nietzsche, tanto da segnarne costantemente l’ispirazione.
Nel 1871 Nietzsche pubblicò il suo primo libro importante, La nascita della tragedia. Scritta in dieci anni di studio e di solitudine, nell’opera egli elogiava Dioniso, il dio che, secondo il mito, ogni anno era fatto a pezzi dalle baccanti e ogni anno rinasceva nella vite, e Apollo, il dio delle arti e signore luminoso delle muse. Dalla gioia primordiale nata per contraddizione, la follia dionisiaca contrassegnò l’inizio dell’arte tragica, il principio della filosofia nietzscheana e la rinascita spirituale del XIX secolo. Applaudita dall’ambiente wagneriano, La nascita della tragedia suscitò polemiche nel mondo accademico, non solo germanofono, che respinse pesantemente l’audace analisi «filologica» nietzscheana.
Le incomprensioni accesero in Nietzsche il sentimento dell’inattualità: nacquero le Considerazioni inattuali. Con queste opere, prettamente di formazione e di transizione, Nietzsche si spinse fuori dal suo tempo come uno spirito fiducioso dell’«avvenire». Nel 1873, come Marx trent’anni prima, Nietzsche polemizzò contro David Strauss, dedicandogli la prima Inattuale: lo definì un «filisteo della cultura», il figlio tipico delle istituzioni culturali del suo tempo. Con la seconda considerazione, Sull’’utilità e il danno della storia per la vita, Nietzsche combatté contro la saturazione data dalla storia e l’idolatria del fatto: «Non esistono fatti ma solo interpretazioni». Contro l’uomo «monumentale», che desiderava il ritorno del passato nel presente, e contro l’uomo «antiquario», che accettava il divenire ma solo come ripetizione dell’identico, Nietzsche si fece partigiano dell’uomo «critico», colui che distruggeva il vecchio per affermare i suoi valori. Il discorso «inattuale» proseguì nel 1874 con Schopenhauer come educatore: osservava il filosofo artista, portatore della vera cultura contro quella presente, la falsa cultura dei dotti e dei filistei colti, troppo impregnata dagli interessi politici ed economici del Reich. Nel 1876, Nietzsche compì il primo passo nella ricerca della identità di filosofo e di poeta con l’ultima delle quattro inattuali, Richard Wagner a Bayreuth, un saggio forte, scritto sia favore sia contro Wagner. Nietzsche comprese che Wagner era stato «nazionalizzato» dal ceto dominante, diventando l’orgoglio dei «filistei della cultura». Anche se l’Inattuale fu scritta per l’inaugurazione del festival di Bayreuth nell’estate del 1876, Nietzsche fu assai critico nei confronti del cristianesimo di Wagner, che vedeva sempre più unito al germanesimo. Abbandonò il festival ufficialmente per ragioni di salute. Seguì poi un lungo silenzio tra le due personalità⁹.
La rottura definitiva, che incise drammaticamente per l’intero seguito della vita del filosofo, avvenne nel 1878, quando Nietzsche pubblicò il primo libro di Umano, troppo umano. Dedicandolo a Voltaire, Nietzsche prese di mira con maggiore coerenza e impeto il cristianesimo nel nome dello «spirito libero», scoprendo un uomo non condizionato da verità tradizionali, né dal potere politico né da quello economico. La sfiducia nella metafisica, l’apertura nei riguardi delle «infinite interpretazioni» delle cose e l’eliminazione dell’atteggiamento dogmatico, il riconoscimento della finitezza umana e la critica della storia furono tutti elementi che fecero di Nietzsche l’iniziatore di un nuovo illuminismo¹⁰.
Nel 1879, per ragioni di salute e soprattutto per la sua irrequietezza spirituale, Nietzsche abbandonò la cattedra di filologia e cominciò un periodo di vagabondaggio da una città all’altra, tra la Svizzera, l’Italia e la Francia meridionale. Scrisse nel 1881 Aurora, testo in cui cominciarono ad assumere una forma quasi definitiva le sue argomentazioni principali e, nel 1882, La gaia scienza. In quest’opera, un folle con la lanterna, nella pubblica piazza, davanti all’umanità intera, annunciava la morte di Dio. Il folle derideva l’umanità secolarizzata, l’ateismo degli uomini che avevano cancellato dalla loro coscienza l’idea stessa di Dio, trasformando le chiese nella sua tomba e creando il vuoto tutto intorno. Il folle infine si chiedeva: «Non è troppo grande per noi la grandezza di quest’azione? Non dobbiamo diventare anche noi degli dei, per apparire almeno degni di essa?»¹¹.
Riprendendo il tema dello «spirito libero» e dell’ateismo come scelta, Nietzsche riproponeva la questione già sollevata da Ludwig Feuerbach (1804-1872) dell’homo homini deus che, nella concezione nietzscheana, costituirà l’embrione antropologico di quella che sarà la teoria dell’«oltreuomo». Come l’umanesimo di Feuerbach individuava in Dio la proiezione di un bisogno della coscienza e poneva l’individuo e le sue necessità materiali alla base del pensiero sociale e politico, l’umanesimo di Nietzsche era proiettato «nell’orizzonte antropocosmico dell’Eterno Ritorno attraverso un’attivazione della potenza mitopeica dell’uomo stesso¹²».
Nel 1882, Nietzsche conobbe Lou Salomé, una giovane russa, colta e spregiudicata, che lo affascinò a tal punto da farlo innamorare e proporle il matrimonio. Ma la donna, che più tardi diverrà una preziosa collaboratrice di Freud (1856-1939), preferì unirsi a Paul Rée (1849-1901), amico e discepolo di Nietzsche.
In questa fase della vita, i temi neo-illuministi perseguiti in Umano, troppo umano, funzionali alla negazione della tradizione, da cui Nietzsche stesso era emerso, il cristianesimo, il pessimismo di Schopenhauer e il romanticismo nazionalista di Wagner, venivano rimossi per lasciare spazio alle idee centrali di Così parlò Zarathustra. Il poema filosofico, suddiviso in quattro parti, fu scritto in pochissimo tempo, la prima e la seconda furono elaborate rispettivamente a Rapallo e a Roma nel 1883, la terza e la quarta parte a Nizza nel 1884. Zarathustra è il critico di ogni religione, che porta all’uomo un messaggio che va al di là del bene e del male, al di là dell’uomo stesso, in un universo in cui tutte le cose ritornano eternamente e gli uomini con esse: «Vi è un grande immane anno del divenire, che, quando è trascorso, quando ha finito di scorrere, viene sempre capovolto come una clessidra: sicché tutti questi anni sono sempre uguali a se stessi nelle minime come nelle massime cose¹³». In termini politici, Zarathustra ha in sé la potenza di andare oltre lo Stato e le istituzioni tradizionali, oltre ogni ideologia politica, oltre la fede e la Chiesa, quando afferma: «Proprio questa è la divinità: che esistano dei, ma nessun dio!¹⁴».
Le opere successive allo Zarathustra, Al di là del bene e del male (1886), Genealogia della morale (1887), L’Anticristo (1888), Il