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Tutte le donne del presidente: Traditori: l'incredibile intreccio tra i Kennedy, Marilyn Monroe, Jackie Onassis e Maria Callas. Più la sconvolgente storia di Lady D.
Tutte le donne del presidente: Traditori: l'incredibile intreccio tra i Kennedy, Marilyn Monroe, Jackie Onassis e Maria Callas. Più la sconvolgente storia di Lady D.
Tutte le donne del presidente: Traditori: l'incredibile intreccio tra i Kennedy, Marilyn Monroe, Jackie Onassis e Maria Callas. Più la sconvolgente storia di Lady D.
E-book325 pagine3 ore

Tutte le donne del presidente: Traditori: l'incredibile intreccio tra i Kennedy, Marilyn Monroe, Jackie Onassis e Maria Callas. Più la sconvolgente storia di Lady D.

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Gli amori, le passioni, i segreti, le perversioni delle donne che hanno legato la loro storia a quella di John Fitzgerald Kennedy. Marylin Monroe, Jackie Onassis, Maria Callas, affascinanti e desiderate, invidiate ed emulate, sono le donne messe a nudo nella tragica ricostruzione di vite turbate, malate, impaurite, abbandonate. Come lo scienziato Albert Einstein, sogno segreto di Marilyn, che non solo fu una donna in anticipo con i tempi, ma amava profondamente la cultura e la poesia, prediligendo Joyce, Camus e Dostoevskij. Oppure scoprire che fu Ted Kennedy probabilmente il vero grande amore di Jackie. E Maria Callas innamorata di Pier Paolo Pasolini con un amore che andò oltre gli stereotipi, morta di crepacuore per il tradimento di Onassis. Infine un cameo: le pagine sconvolgenti su Lady D. Dall'uomo alla guida della Uno Bianca che speronò l'auto di Dody e Diana a Parigi fino alla terribile frase di Grace Kelly: «Andando avanti sarà peggio!».
LinguaItaliano
Data di uscita28 feb 2020
ISBN9788832281200
Tutte le donne del presidente: Traditori: l'incredibile intreccio tra i Kennedy, Marilyn Monroe, Jackie Onassis e Maria Callas. Più la sconvolgente storia di Lady D.

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    Anteprima del libro

    Tutte le donne del presidente - Pino Scaccia e Anna Raviglione

    Bianca]

    Prefazione

    Il gossip storico

    La vita, o meglio il destino del mondo, è così pieno di Amori Maledetti che per il secondo appuntamento della collana già siamo a una clamorosa moltiplicazione. Se il primo volume ha svelato parecchi retroscena intimi di due dittatori, Hitler e Mussolini, non c’è dubbio che l’intreccio che vi proponiamo stavolta fra pubblico e privato supera abbondantemente ogni fantasia. Kennedy (e famiglia) che si interseca con Marilyn Monroe, e alla morte del presidente americano, il destino della first lady, Jacqueline, che si lega con il miliardario Onassis, facendo fuori una grande artista come Maria Callas. Più intreccio di così. Non soddisfatti, abbiamo aggiunto un quinto personaggio capace di intrecciarsi da solo (oltre che con la famiglia reale inglese), la dolce e irrequieta Lady D., scomparsa con tutti i suoi segreti. Cinque personaggi, quattro donne e un grande uomo, così ricchi e così complessi da leggerli tutti d’un fiato.

    Abbiamo oltretutto la presunzione, in tutta umiltà, di aver inventato un nuovo genere letterario: il gossip storico, dove i pettegolezzi finalmente hanno un senso perché riguardano i protagonisti dell’umanità. Accanto ai documenti, studiati anche stavolta così a fondo fino a svelare segreti sconosciuti, personalità che appaiono completamente diverse da come sembrano in pubblico. In più, qualche riflesso personale che ho attraversato girando il mondo. Visitando i luoghi dove è stato ucciso Kennedy e scoprendo il grande atto d’amore di Joe Di Maggio, durante il terremoto di San Francisco. Di Lady Diana ho addirittura la conoscenza personale, durante una settimana a Buenos Aires e forse anche l’illusione di aver ricevuto la grazia di uno splendido sorriso.

    Ed eccovi dunque Tutte le donne del presidente che evoca un film molto famoso. Ma è solo un gioco perché, al di là dei pettegolezzi, si parla molto seriamente anche degli uomini, cioè della storia di una delle presidenze più importanti degli Stati Uniti, leaders dell’Occidente.

    Finché c’è inchiostro nel calamaio.

    p.sc.

    John F. Kennedy e la nuova frontiera

    Dallas, esterno giorno. Salgo a fatica, come migliaia di turisti ogni anno, le scale che portano al sesto piano della National Historic Landmark, una volta sede del Texas School Book Depository, in Dealey plaza. Un po’ per curiosità, molto per onorare il luogo dove è stato ucciso il mito della Nuova Frontiera. La piazza è piena di aiuole e di siepi che hanno favorito la tragedia che ha cambiato il mondo. É il crocevia di tre strade. Ed è dal sottopasso di Elm street che, pianissimo, arriva alle 12.30 la limousine Lincoln decappottabile con il corteo presidenziale. Secondo il rapporto Warren (888 pagine, contestatissime) dalla finestra, dove adesso è tutto ricostruito, spara con un fucile italiano (un moschetto Carcano 6,5 ordinato per posta) Lee Harvey Oswald. Guardando verso nord ovest, si vede la collinetta erbosa dove sarebbe stato sparato un secondo colpo. Ma la ricostruzione appare inverosimile, con i proiettili che sembrano un flipper nel corpo sia del presidente Kennedy che del governatore Connally. Secondo il procuratore distrettuale di New Orleans, Jim Garrison, che ha svolto indagini più approfondite valendosi anche del filmato del cineamatore Abraham Zapruder e della foto polaroid di Orville Nix, i colpi sparati furono invece complessivamente sei, non tutti giunti a segno. Era il 22 novembre 1963. Qualcuno l’ha definito il giorno in cui l’America perse la sua innocenza.

    John e Jackie

    Kennedy, trentacinquenne, conobbe Jackie nel ’52, ad una cena. Notò immediatamente quella bella ragazza con la grazia e la dignità di una regina. Bruciò le tappe e già l'anno successivo le fece la proposta di matrimonio. In realtà, ci sono due versioni. Alcuni sostengono che John le abbia chiesto la mano per telefono poiché Jacqueline si trovava in Gran Bretagna in quel momento. Altri pensano che l'abbia fatto al tavolo numero 40 del ristorante Parker. Fatto sta che si sposarono il 12 settembre del 1953. Jacqueline indossò un vestito di seta con il velo di pizzo: splendida.

    Jackie si prese subito cura dell'immagine di suo marito. Da vera donna di classe, divenne una musa ispiratrice per molte, un'ambasciatrice di stile ed eleganza. Nel frattempo, John mirava seriamente a raggiungere la cima dell'Olimpo politico. Nel 1954 fu eletto al Congresso, ma il successo pubblico fu oscurato da un evento tragico: la loro tanto attesa prima figlia nacque morta. Jackie riuscì a non mostrare il dolore in pubblico e nel 1957 diede alla luce Caroline. Tre anni dopo venne al mondo il secondogenito, John.

    John Kennedy era ossessionato dal lavoro e sicuramente non passava abbastanza tempo con la moglie, pur trovando il tempo per altre donne. Jackie sapeva dei tradimenti di suo marito, tuttavia si comportò con compostezza e dignità. Nell'agosto del 1963, la famiglia Kennedy subì un'altra nuova perdita perché il loro neonato, Patrick, morì. Questa volta, il dolore unì John e Jackie che si fecero coraggio a vicenda, ma il 22 novembre tutto finì quando, in Texas, John Kennedy non sopravvisse all'attentato; Jacqueline era seduta accanto al marito ma, fortunatamente, non riportò alcuna ferita. Confessò più volte che le era impossibile dimenticare l'espressione sul volto del marito nel momento in cui il proiettile lo colpì. Sembrava come se avesse un leggero mal di testa. Il secondo colpo fu fatale. Ma Jacqueline si aggrappava ancora a una sottile speranza, mentre sussurrava al suo sposo che lo amava.

    Tre anni dopo, Jackie sposò il miliardario greco Aristotele Onassis, ma non dimenticò mai Kennedy. In casa c'erano sempre le sue fotografie perché voleva che i figli ricordassero il papà.

    La dinastia

    Nell’anno che va dal 1848 al 1849 un milione di irlandesi, spinti da una micidiale carestia, emigrò negli Stati Uniti. Fra loro anche Patrick Kennedy, futuro bisnonno del presidente John.¹ Da New Ross raggiunge Boston, la città che qualche anno più tardi diventa la base della mafia irlandese. Alla sua morte, l’ultimogenito dei figli, Patrick Joseph, gestisce con la madre un piccolo emporio e nel frattempo si butta in politica. A 28 anni diventa deputato, a 32 senatore dello stato del Massachusetts. Sposa Mary Hickey e dall’unione nascono quattro figli, fra cui Joseph Patrick, detto Joe, il più sveglio di tutti, che in breve tempo accumula una fortuna, qualcosa come 250 milioni di dollari. Nel 1913 si laurea ad Harvard e sposa Rose Fitzgerald, figlia del sindaco di Boston, famoso come Honey Fitz. Nasceranno nove figli, fra cui il futuro presidente degli Stati Uniti: John, detto Jack, che nacque a Brookline, un quartiere di Boston, il 29 maggio 1917.

    Joe diventa lo sponsor di Roosevelt nella corsa alla Casa Bianca. Siamo nel 1932, l’anno dopo l’arresto di Al Capone, padrino di Chicago che sotto il proibizionismo è il re delle distillerie clandestine, incastrato solo come evasore fiscale. Il neo presidente Roosevelt vieta definitivamente la produzione e lo spaccio di liquori e il suo grande elettore Joe Kennedy guadagna una fortuna con il commercio di alcolici. Nel 1936 Joe finanzia anche la seconda vittoriosa campagna elettorale di Roosevelt fino a diventare una pedina insostituibile nella politica finanziaria del presidente. Nel 1937 viene designato alla carica di ambasciatore a Londra. La guerra non tarda ad arrivare e Kennedy, convinto della superiorità militare dei tedeschi, sostiene che la Gran Bretagna non combatte per la democrazia ma per la propria sopravvivenza e che sarebbe bene che gli Stati Uniti non interferissero nel conflitto. Richiamato in patria, Joe Kennedy rassegna le dimissioni. Si ritirerà poi dalla vita politica per dedicarsi alle speculazioni immobiliari e all’industria del petrolio. Acquisterà interi isolati a New York e nella zona di Wall Street, dove la mafia di Frank Costello possiede la maggior parte delle proprietà.

    Nel frattempo, due dei figli di Joe, John e Joe Kennedy Junior, partono per prendere parte alle azioni di guerra. Anche il fratello Robert, detto Bob, si arruolerà come volontario in marina, prima di raggiungere la maggiore età. Durante una missione segreta, il primogenito Joe Junior, per il quale il padre aveva pensato ad un futuro da presidente degli Stati Uniti, perde la vita a causa dello scoppio del suo aereo da combattimento. John, invece, ritorna a casa nel dicembre del 1943, ma in precarie condizioni di salute: una grave lesione alla colonna vertebrale aggravatasi per un violento colpo alla schiena durante un attacco alla motosilurante di cui aveva il comando. Il giovane Kennedy salva la vita a due membri dell’equipaggio e riceve due medaglie al valore. Nel febbraio del 1945, John scrive un breve saggio dal titolo Let’s try an Experiment in Peace (Tentiamo un esperimento per la pace), nel quale invita Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Sovietica a limitare gli armamenti.

    John Kennedy intraprende anche la strada del giornalismo che lascerà presto per mancanza di interesse: Invece di agire mi tocca riferire quello che fanno gli altri… dice.

    É in questo momento di crisi che papà Joe spinge il figlio ad intraprendere la carriera politica e a prendere quindi il posto del fratello morto in guerra. Nel 1947 Jack viene eletto rappresentante al Congresso degli Stati Uniti e così il 27 novembre del 1959, la rivista Look ricorda l’ingresso di Kennedy nel mondo politico: Non fu facile, era un giovane timido e riservato. I suoi nemici diranno presto che alla base dell’elezione del ventinovenne John c’erano i soldi del padre. Ma ad attirare i 22.183 voti che gli valsero la vittoria sul suo rivale Lester W. Bowen ha giocato, paradossalmente, la sua inesperienza nel tenere comizi, la sua oratoria semplice e diretta, il suo desiderio di trovare una risposta ai problemi. Kennedy denuncia più volte la Casa Bianca, presieduta da Truman, per errori nell’amministrazione democratica in Cina o per la condotta della guerra in Corea. Conosce intanto Jacqueline Lee Bouvier, la ragazza della buona società che sposerà nel 1953. John prepara, in questo periodo, la sua ascesa al Senato. Anche in questo caso, però, i soldi di papà Joe giocano probabilmente un ruolo fondamentale.

    La salute di John si fa sempre più precaria, tanto che nel 1954 rischia la vita in seguito ad un intervento di doppia fusione di dischi spinali al quale farà seguito, il 15 febbraio del 1955, una seconda operazione che darà migliori risultati. La lunga convalescenza lo spingerà a scrivere un libro, Profiles in courage (I profili del coraggio), per il quale vincerà il Premio Pulitzer e attirerà parecchie invidie e sospetti. Ma non si perderà d’animo. Membro di una commissione che si occupa di infiltrazioni comuniste e relazioni tra mafia e sindacati, aiuta suo fratello Bob a diventarne responsabile investigativo. Alcuni gangster, tra i quali Lucky Luciano, che durante la guerra aveva collaborato con i servizi di informazione americani, vengono premiati con la deportazione in Italia. Nel corso del secondo conflitto mondiale, infatti, il governo statunitense teme le infiltrazioni di tedeschi o giapponesi nei porti della costa occidentale americana. In qualità di boss di Cosa Nostra, Luciano chiede alla mafia siciliana di aprire la strada ai soldati americani: lo sbarco dei militari statunitensi in Sicilia si rivelerà un’autentica passeggiata. Anche Frank Sinatra ammette di aver stretto rapporti di amicizia con alcuni boss della malavita, ma nega di aver partecipato ad azioni illegali. Nel 1954, quando Patricia Kennedy sposa l’attore Peter Lawford, il clan dei Kennedy entra in stretto contatto con quello di Sinatra. Nel 1959 inizia la campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 1960, l’occasione definitiva dei Kennedy di riscattare le umiliazioni subite a causa delle loro modeste origini. Sinatra, grazie alle sue amicizie farà ottenere al giovane senatore i voti delle comunità italiane in America. E l’Fbi comincia ad indagare.

    Intanto, un aereo della Cia, in missione segreta sulla Russia, viene abbattuto da un missile sovietico, mentre Krusciov sta trattando a Parigi con Eisenhower. Questi dichiara la sua assoluta estraneità ai fatti scatenando l’ira del presidente sovietico. John Kennedy sostiene pubblicamente che al posto di Eisenhower avrebbe semplicemente presentato le sue scuse ai russi e la promessa che fatti del genere non si sarebbero più presentati in futuro. Krusciov si rifiuterà di trattare ancora con il leader della Casa Bianca fino all’elezione del prossimo presidente che, come lui stesso afferma, non dovrà essere Nixon. Kennedy ha quindi un amico in Russia, ma dovrà battersi contro Lyndon Johnson per ottenere la nomination a candidato democratico alle elezioni presidenziali. La lotta sarà dura, però Jack avrà la meglio, grazie anche alla propaganda del fratello Bob e ai soldi di papà Joe; il Wyoming darà il voto decisivo. Vista l’influenza di Johnson sugli stati del sud, John, su consiglio del padre, sceglie l’ex avversario come candidato alla vice presidenza deludendo molti suoi amici e sostenitori. Durante i comizi elettorali, Kennedy promette, tra le altre cose, una politica più energica nei confronti di Berlino e di Cuba, parla dell’arretratezza del governo americano nella conquista dello spazio, della disoccupazione giovanile e di altri temi di pubblico interesse, evitando di portare il discorso su argomentazioni di carattere personale. Viene poi accusato da Nixon di essere un sovvertitore della pace sociale e di appoggiare Martin Luther King. E sarà proprio la sua amicizia con King a valergli i voti della popolazione di colore. Al voto dei neri si aggiunge quello degli emigrati, i diseredati, i grandi sindacati e anche i magnati del petrolio e dell’acciaio, memori del fatto che Joe Kennedy è uno dei loro. Il 9 novembre del 1960, alle 5.45 del mattino, con 303 voti elettorali a fronte dei 210 di Nixon, John Fitzgerald Kennedy diventa presidente degli Stati Uniti d’America.

    «Non solo la disobbedienza civile è giustificata dalla presenza di leggi ingiuste, ma «abbiamo anche la responsabilità morale di disobbedire alle leggi ingiuste: io concordo con sant'Agostino nel ritenere che una legge ingiusta non è legge». (Martin Luther King, lettera dal carcere di Birmingham, 16 aprile 1963).

    Martin Luther aveva un grande nemico che non lo ha mai mollato, il potentissimo capo (per decenni) dell’Fbi, Edgar Hoover. Dietro suo ordine, i federali mettevano cimici ovunque andasse, convinti che il leader del movimento per i diritti civili fosse un fervente comunista e dunque un pericolo. Prove di attentato al Paese nemmeno l’ombra, ma c’è un voluminoso dossier ancora segreto sui presunti peccati personali del pastore. Le registrazioni sono custodite nei National Archives e non potranno essere pubblicate prima del 2027. David Garrow, studioso americano che nel 1987 vinse il premio Pulitzer, afferma di aver potuto leggere i rapporti che, se confermati, sono pesantissimi. Lo spionaggio di Hoover era una pratica orribile e forse illegale, ma secondo Garrow, quando il pubblico potrà sentire le registrazioni, la figura storica di King verrà distrutta. Però un grosso dubbio rimane: perché questo rapporto sul grande predicatore fa parte dei 624 documenti sul dossier Kennedy dissequestrati da Trump: e che c’entra? Il futuro premio Nobel, secondo l’Fbi, avrebbe avuto almeno quaranta amanti, e forse anche Joan Baez. Un’infedeltà che alla moglie Coretta era nota, tanto che la stessa consorte si era spesso lamentata della sua assenza. Lui addirittura le avrebbe suggerito di «uscire e avere le proprie relazioni sessuali». L’accusa più infamante riguarderebbe il gennaio del 1964, quando alcuni agenti dell'Fbi avrebbero nascosto microfoni in due lampade della stanza occupata da King al Willard Hotel di Washington, vicino alla Casa Bianca. Martin Luther King era con il pastore di Baltimore Logan Kearse e diverse fedeli: «Discutevano di quali tra le parrocchiane fossero più adatte ad atti di sesso naturali e innaturali. Quando una delle donne aveva protestato, dicendo che non approvava quella condotta, il ministro battista l'aveva immediatamente e forzatamente stuprata». King «guardava, rideva, e offriva consigli». Gli agenti erano nascosti nella stanza accanto, ma avevano continuato a registrare, senza intervenire. Il giorno successivo, il leader dei diritti civili e una dozzina di altre persone avevano partecipato ad una «orgia sessuale, compiendo atti di degenerazione e depravazione». Una donna aveva resistito e King le aveva detto che compiere quegli atti avrebbe «aiutato la sua anima»². L'Fbi, in seguito, aveva mandato una lettera al pastore in cui lo definiva «una bestia diabolica e anormale» e lo incoraggiava a suicidarsi prima che le sue malefatte fossero rivelate al mondo. Pratica sicuramente inusuale anche per un accanito cacciatore di comunisti come l’ambiguo Hoover che nel suo canale rosso aveva una lista di 151 sospettati,

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