Nebrodiversi (poesie 1973 - 2016)
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Nebrodiversi (poesie 1973 - 2016) - Filippo Giordano
Indice
I fili si allungano verso i balconi
I FILI SI ALLUNGANO VERSO I BALCONI
DISSOLVENZE
CONTADINI
AUTUNNO
DOMENICA DI PAESE
UN ALTRO GIORNO
ANCORA
MISTRETTA
STORIA
RIVOLTA
L’amore epigrammato
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
XII
XIII
XIV
XV
XVI
XVII
XVIII
XIX
XX
Se dura l’inverno
SULLA GROPPA DEI NEBRODI
NELL’IRIDE
DISOCCUPATI (1)
GIORNO QUALSIASI
NEL NOSTRO PUNTO D’OROLOGIO
LIEVI ONDEGGIANO LE CANNE
DISOCCUPATI (II)
APRILE ’79
INVERNO
FERIE AL PAESE
ERA GIUGNO
È LUGLIO E LE RIVISTE
LA LOTTA, LA PAURA, LA TRANQUILLITÀ
LA VENDEMMIA
LIBERTÀ
NOMI QUALSIASI D’UN PAESE A MERIDIONE
ALLE SPALLE MUOVE LUCE IL SOLE
EPPURE ESISTONO LE SPALLE SENSIBILI
DISOCCUPATI (3)
Passeggiando intorno alla primavera
DUETTOCINQUE (lista dei disoccupati) / 1
MARE
PASQUA
DUEOTTOCINQUE (lista dei disoccupati) / 2
ATTESA
PALERMO – SANTO STEFANO DI CAMASTRA
ENTROTERRA
ORA E’ TEMPO DI… VOTAZIONI
DUETTOCINQUE (lista dei disoccupati) / 3
L’AUTUNNO
IL TEATRO CHIEDE ORECCHI
IL TELEGIORNALE
PREOCCUPATE FORMICHE
IL CONCORSO
ORA CHE GIUDA HA BACIATO NELL’ORTO
DUEOTTOCINQUE (lista dei disoccupati) / 4
QUELLO STRANO RESPIRO
SICILIA
VARIANTE
L’OROLOGIO AL QUARZO
TALVOLTA IN PAESE
DODICI LUNE
DUEOTTOCINQUE (lista dei disoccupati) / 5
IN PROSSIMITA’ DELLA ESTIVA GEOGRAFIA
Villaggio fra le braccia di Morfeo
Morfeo & Lucio
Morfeo & Fulvio
Morfeo & Salvatore
Morfeo & Isa
Morfeo & Pina
Morfeo & Nuccia
Morfeo & Pippo
Morfeo & Sebastiano
Morfeo & Enzamaria
Morfeo & Enzo
Sussulti d’acquazzone sulle tegole
ESSERE
TEMPO
SUSSULTI D’ACQUAZZONE SULLE TEGOLE
MERCATI POPOLARI
AI DISOCCUPATI DI PALERMO
DEPLIANT TURISTICO
Del sabato e dell’infinito
DEL SABATO… E DELL’INFINITO
NASCENDO
VIA SAN NICOLO’
FRAMMENTI
IL RACCOLTO
MEZZO ETTARO DI TERRA
DOPOGUERRA
HA UN ALITO DI PIANTE DI BOSCO
FACCIA DI LUNA
UN BAMBINO
8 MARZO
UN GIOVANE CASTAGNO
MANDORLI
NEL BOSCO DEL DEMANIO
NENIA DI CICALE
CRONACA D’ESTATE
LE PAROLE
LAMPI GIALLI DEL TEMPO
DELLE VENDEMMIE
PASTORI
ROSE
BIANCOSPINI
I VOLI E I VERSI
GIARDINO D’INVERNO
LIMONI
IL BOSCO
SOLSTIZIO
SETTEMBRE
IL MELOGRANO
BACCHE
IL PAESE USA ANCORA CANTARE
PALERMO
L’IDOLO
OLTRE GLI USCI OMBROSI
Minuetti per quattro stagioni
1
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24
Scorcia ri limuni scamusciata
SCORCIA RI LIMUNI SCAMUSCIATA
I PALORI
A FESTA RU SANTU PATRUNI
LIMINA
PAISAZZU RI MUNTAGNA
I CARUSI RU QUARANTUOTTO
I FICURINII
A MUSICA
L’INNU
U SCECCU
CHINNICCHENNACCHI
TALÈ, TALIÀTI
Il sale della terra
GENERAZIONI
FIUMARA
ZAMPILLI DI LUCE SULL’ACQUA
IL FUOCO padrone
IL FUOCO servo
LA PAROLA
LA SCRITTURA
IL CANTO
LA POESIA
PERDUTA PATRIA
PAROLA DI GESU’
COPERNICO
CRISTOFORO COLOMBO
LA MUSICA
RADIOFONIA
IL VOLO
CINEMA
LA LUNA
TELEFONO
NUMERI
UN DISCO DI ROSA BALISTRERI
EDISON 2003
LA FOTO
GIANO BIFRONTE
IMMENSA NEVE
Ntra lustriu e scuru
NTRA LUSTRIU E SCURU
STASCIUNI
Cu nni sapìa
Lampi e tuoni
A PALUMMA
A CARUTA
A FIRI
A CICCIU, CA È DUTTURI
A CRUCI, A CRUCI!
Il canto dei paesi
IRONIA DI ROSA
DAL LATO DELLE COSE POSITIVE
Talvolta il verso è una soave luce
MARE NOSTRUM
PARTENZE
IL MONDO DENTRO LA QUIETE
FRESCA E FUGACE
AUREOLE DI FUMO
ÀNCORA E PROIEZIONE
NEBRODI SOUND
I CICLI DEL CESPUGLIO
ERBE SELVATICHE
A MEZZANOTTE
DEPRESSIONI
DUBBIO MAGISTRALE
DISCORSO DEL FIGLIO
IL GLICINE IN TERRAZZA
ALBI-COCCOLARCI A CICE’
IL CANTO DEI PAESI
LA POESIA
Sussurri del cielo e mormorio di numeri primi
NATALE
LUCE SOAVE DELLE ESSENZE
NON LAGNARTI SE IL TEMPO
SE IL MISTERO DELLA DIVINITA’
NEL MARE GRANDE DELLE ATTRAZIONI
Mormorio di numeri primi
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
XII
XIII
XIV
XV
XVI
XVII
XVIII
XIX
XX
PRIMA DEL PRINCIPIO ERA LO ZERO
I
II
III
IV
V
FIACCOLATE, SUPPLICHE E PROTESTE
R I E P I T U
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
XII
XIII
XIV
XV
XVI
XVII
XVIII
XIX
XX
XXI
XXII
XXIII
Mentre piano risali il torrente
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
XII
XIII
Commenti a SE DURA L’INVERNO
Commenti a L’AMORE EPIGRAMMATO
Commenti a VILLAGGIO FRA LE BRACCIA DI MORFEO
Commenti a STRAMBOTTI PER VIOLA D’AMORE (antologia)
Commenti a DEL SABATO E DELL’INFINITO
Commenti a RAMI DI SCIROCCO
Commenti a SCORCIA RI LIMUNI SCAMUSCIATA
Commenti a IL SALE DELLA TERRA
Commenti a NTRA LUSTRIU E SCURU
Commenti a MINUETTI PER QUATTRO STAGIONI
Commenti a IL CANTO DEI PAESI
Commenti a SUSSURRI DEL CIELO E MORMORIO DI NUMERI PRIMI
Commenti a NEBRODIVERSI (1973- 2012), Edizione Il Centro Storico,2013
Commenti a RIEPITU
Commenti a MENTRE PIANO RISALI IL TORRENTE
Filippo Giordano
NEBRODIVERSI
Poesie
(1973 – 2016)
I fili si allungano verso i balconi
poesie scritte fra il 1973 e il 1976
tratte da
Spirale, Ed. Società Storica Catanese, 1976)
I FILI SI ALLUNGANO VERSO I BALCONI
I fili si allungano verso i balconi
con la biancheria che danza per aria.
Il sole si arroga la strada.
Dall’imboccatura spunta strana
l’ombra di due sconosciuti.
Dalla finestra sguscia attenta una testa.
DISSOLVENZE
Quando il sole perde forza
non è ancora impensabile
vedere signore vestite di ricordi
andare fra qualche rosso di papaveri
a slacciare una minestra
discorrendo sui figli,
sui reumatismi e sul paese…
e poi tornare con le borse mezze.
CONTADINI
Corpi, sulla strada del ritorno,
la sera, meditano speranze
per figli sballottati a nord
di questa loro vita.
Stanchi, col cuore teso
a un rigo di conferma.
E lassù
inghiottono fumo e nostalgia
per un traguardo inerpicato in alto.
AUTUNNO
Occhi profondi d’amore vagano
per vicoli e strade specchiando
lampade da pochi watts
in queste sere pregne d’inverno.
Occhi di operai, occhi di studenti,
gli occhi dei miei amici,
i miei occhi.
Partiranno domani col solito
treno diretto verso il nord.
Saranno gli occhi di un carabiniere,
di un operaio della fiat,
di un laureato.
Saranno gli occhi di uno straniero.
DOMENICA DI PAESE
Domenica.
Festa di abiti nuovi.
Una folla di piedi
sale e scende
per il corso.
Le più belle raccolgono
manciate di sguardi.
E la notte
lascia
i soliti quattro gatti in piazza
a dissolvere
un’altra cotta d’alcool.
UN ALTRO GIORNO
Dai monti dell’est
l’alba
toglie strati di blù
al cielo notturno.
Con gli amori
si è consumata la notte.
Il vento scherza coi rifiuti
creando strani mulinelli.
E già un vecchio
è sospeso a una sedia
sull’uscio di casa
e una bambina
in attesa di compagne
gli gioca vicino.
Con nel corpo
ancora il sapore
dell’ultimo amore
donne
si infilano le calze.
I raggi di un nuovo sole
colpiscono il mondo
e gli occhi vedono
nuovamente verdi
le foglie degli alberi.
ANCORA
Ancora gambe di bambini tremano
sotto il peso eccessivo del lavoro
e il lavoro continua a restare
debitore nei confronti di molti uomini
e molta gente continua a riempire
treni di valige e di speranze
e troppe madri piangono figli lontani
cupidamente falciati dal capitale
mentre uomini vecchi montano
questo nuovo anno.
MISTRETTA
Cresce uomini
e subito li espelle,
Mistretta.
E vedove bianche
attendono mariti.
E al morto del giorno
si piangono anche i vivi.
STORIA
Bisogna liberarci
dalle storture di sangue
affinché l’uomo non viva
pessimi libri di storia.
RIVOLTA
Il carcere urla un’eco di dolore:
fessura che rompe la diga.
La diga è un sordo rancore
di chi paga per tutti la colpa.
Ma per il villaggio, per i vicoli immersi nel sonno
passa il vento notturno, tiepido calmo e ozioso,
posa alla siepe e negli oscuri giardini risveglia
e nei sogni dei giovani la primavera.
Hermann Hesse
L’amore epigrammato
poesie scritte fra il 1973 e il 1978,
Ed. Forum Quinta Generazione, Forli 1993
I
Poiché gira la terra
e meridiano dopo meridiano
con raggi a siringhe
il sole inietta l’alba,
lentamente s’avvia la coscienza
al teatro del giorno
e oltre il sipario appare
il forte odore dell’uomo.
E scena dopo scena
la vita si gonfia d’espressioni:
asciutto talvolta l’animo
come letto di torrente estivo
che non ha fiato d’acqua;
tenero, talaltra, e palpitante
come fiamma che s’espande
col soffio delle labbra.
E meridiano dopo meridiano
è tramonto… e meridiano
dopo meridiano è alba altrove.
II
Esplosiva sorge la voglia
d’incontrarti
in giornate come questa,
col sole che batte
sull’odore di primavera,
nei campi in fiore
e sull’erba
verde
come la mia età di uomo.
III
Sradicarti una forte sensazione
colore d’alba,
desiderio – forza
che strappa coraggio all’abitudine.
Sradicarti una forte sensazione
per centrare il tempo.
Se potessi, una mattina,
svegliandomi, trovarti consenziente,
sarebbe un paradiso inusitato,
sarebbe un giorno scritto con le rose.
IV
Tu muovi le tue labbra
verso la mia malinconia
e non ti accorgi
di come, a pugni stretti,
devo battere la vertigine
di te vicina. Poi,
t’allontani inconsapevole.
E ritorni dal folto degli alberi
stringendo un mazzo d’erba
(fiori)
e, muta, bevi dolcissima
il ricordo del tuo amore
(oppure è fantasia?)
Io, se fossi spirito,
potrei adorare
questa faccia della medaglia,
invece… ti cerco e persisto
come da bambino cercavo
una canna nel canneto
per farci un fischietto
(era un melodioso flauto con la fantasia)
e il flauto – fischietto cercava la musica
ai piedi d’un albero, dentro la primavera.
V
Gli amori piegati dal tempo
riverberano foglie d’autunno
e le malinconie disegnano
presagi di bianchissima neve.
Ora il cuore è in ordine.
Contatti di gomito semplicissimi
provocano nuove sensazioni
e voglie prendono piega
nel dolce miscuglio istinto – ragione.
VI
Che spina stasera spinge forte
contro l’animo…?
Ho voglia di mordermi il cuore,
rotolarmi per aria,
schiacciarmi spensierato.
Ho provato a istruire gli occhi
a non scorgerti ma ti sento
dall’arroventarsi delle gote.
E tu, sole, giri senza parole.
VII
Ritratto:
abbracciabilissima.
VIII
Con te ho confuso
l’attimo e l’eterno.
IX
Insolita estroversione mi nota
agli occhi degli amici
piacevolmente stupiti
alla dialettica di chi zittisce sempre.
Ipocrita estroversione
partorita da 43 gradi d’alcool
per non pensare che…
i giorni passano amari
su questa pelle sensibilissima
al più fortuito contatto di te.
E ogni contatto mi roca la voce
e mi ricorda le dolcezze mancate.
E tu, incosciente, mi ridi amica.
X
Passeggiando intorno al mio nulla,
nuotando dentro fiumi di vento,
girovagando per le vie dell’afa,
spaziando verso nidi di barche,
resta grande la carezza di una ipotesi:
così porto le nostre carezze
dipinte sugli occhi e gli abbracci
di seta larghi nel sangue e il senso
della vita dolce sulle unghie.
XI
Lo sgretolìo di una notte
misura i pensieri
annodati al difficile…
E l’alba stenta una promessa
che il giorno si rimangia.
XII
Se scivoli su pozzi di cinismo,
folate di vento
prostrano incantesimi.
In quale percentuale
dunque, ti ho inventata?
XIII
Scende,
così fine,
così spasmodica,
quasi dall’inizio
della distinzione,
la neve,
ma non riesce ad assumere
una forma accettabile
sulla terra.
Forse, il freddo buio
riuscirà a creare
un innocente
esempio di bianco.
XIV
D’un tratto, il vento,
sbraita nella strada,
rovescia la vita,
poi,
lento,
s’acquieta.
E non resta
che un tremolìo di labbra
sempre più lontano.
Ora conosco
albe di giorni
buoni a fissarmi
pietra di selciato.
XV
Il freddo parla piano
a questo immemore fluttuare di foglie
e il vento sospira tenero
colmo di pudore.
Questi occhi rivolti al passato
conoscono la malinconia degli alberi.
Scoprimmo la dolcezza di una primavera.
XVI
C’è un sorriso, per strada,
che mi spilla
un sentore d’affetto…
E’ quel pettirosso non fuggito
che scruta fra la neve
e aspetta dei mandorli il fiorire?
Sulla cima di un albero
la notte posa la luna.
Io quest’altra primavera
vorrei farmi fiore.
XVII
Forse abbiamo lo stesso cuore inquieto
nascosto nella stessa timida pelle…
Cuore di puledri
sedotti dal profumo delle ginestre
ammucchiate a maggio per le colline.
Cuore di puledri
che lasciati liberi volano per i campi.
Forse nei nostri cuori ci sta dormendo l’Etna.
XVIII
Talvolta stiamo come bambini
immobili a guardare la farfalla…
incerti e paurosi di perderla.
E quando arriva il vento,
anima inquieta, che tutto vorrebbe
trascinare nel vortice insensato,
resti salda la gemma sul ramo.
XIX
Ti amo. Ben altro che questo
effimero canto di cicala
vorrei alzarti, amore;
toglierti dai saturi fogli
di fiori e petali. Tu, invece,
perdona questo breve
mazzo di parole colto dall’usato.
XX
V’erano, un tempo, volti
e sguardi e sorrisi di donne
che pensavo meritassero
una ad una,
una frase, almeno, bella;
farne un meticoloso album
da risfogliare ogni tanto.
Ma è già difficile fermare
su un foglio di quaderno
il tuo mutare
da bambina, a donna, a ragazza,
come ti guardo mutare,
come cambiamo, se cambiamo
o siamo quelli di una volta.
Se dura l’inverno
Poesie scritte fra il 1977 e il 1980
(Seledizioni, Bologna 1980)
SULLA GROPPA DEI NEBRODI
Piano si alza il sipario
sulle felci infreddolite dalla luna
che dispare
ingoiando l’eco dei cani.
Poi quel tratto di strada
dove vigilano,
minacciose sentinelle,
i cipressi in fila
e il cuore si raggrinza
per allargarsi invece all’erba
appena mietuta sotto i gelsi.
E finalmente il mio mandorleto
col grano tentennante ai piedi
e il salice di guardia alla fontana
e il torrente magro
dove vivevo le mie lotte con le rane…
Ricordo improvvisamente sbucato
da un tempo di pastori
accovacciati all’ombra di qualche rudere
mentre la nenia delle pecore
si spandeva sulla groppa dei Nebrodi.
Infanzia incavata nella memoria.
Ora l’alba preme sui vetri.
NELL’IRIDE
… E i nostri occhi vorrebbero
richiudersi indifferenti
ma nell’iride,
implacabile,
s’annida l’ansia risorgente.
DISOCCUPATI (1)
Pazientare, calcolare, votare.
S’allunga, intanto,
come serpente, il giorno
rinserrando sconfitte.
E quando alle desolazioni in agguato
risponde itinerante qualche p 38
prima di sollevare la condanna
si permetta uno spazio di dubbi
a chi sosta sulle braci dell’attesa.
GIORNO QUALSIASI
Vuoto
chiuso in una mano rabbiosa
mentre l’altra
disperatamente
inutilmente
cerca di scacciarlo.
NEL NOSTRO PUNTO D’OROLOGIO
Cara, simpatica Repubblica,
dentro la bolla della tua saggezza,
foro competente delle nostre faccende,
l’albero genealogico
impicca
anche nel nostro punto d’orologio.
C’è un nido di vergogna
sull’albero dei giudici?
LIEVI ONDEGGIANO LE CANNE
Lievi ondeggiano le canne
al suono calmo del mattino
e flebile si increspa
l’acqua nello stagno
del giardino comunale
Mio confine è la pelle.
E mi dondolo umile nella tana.
DISOCCUPATI (II)
Primavera:
si sveglia la biancheria sui fili.
Al tempio bar
Libereremo il nostro pianto
brindando
alle nostre facce allegre.
APRILE ’79
Quando da poco il giorno
agli occhi aveva allungato lo spazio,
a questo sentore di primavera
ancora indecisa sopra i tetti
s’è rappreso il lezzo di un morto,
torcia umana nella campagna d’aprile,
ragazzo disoccupato a Siracusa.
INVERNO
Su queste strade d’eco
aleggia
lo spirito di chi è partito
inseguendo rotte di serenità
ed ora scrive
segnalando fortune.
FERIE AL PAESE
Agosto. Sono tornati
uomini fatti di saluti agli amici,
dispersi, nell’anno, a Torino
o chissà e ora ritrovati,
magari solo per un’ora
perché delle ferie non hanno
lo stesso altare di giorni.
E su queste pietre, ridiventati
lucertole al sole, meditano
che qui il riposo non ha incubi
di solitudini abbarbicate ai grattacieli.
ERA GIUGNO
Era giugno con giri di mulo
nell’aria rovente dell’aia
con le mani ai tridenti
a scovare le spighe sepolte dalla paglia.
E talvolta il raccolto non valeva
neanche quel sudore finale
(non parlo di me inesperto,
intriso di polvere di paglia,
ma di mio padre,
contadino abbandonato alle gelate
e alle danze malefiche dei venti).
E se vi domandate il senso
dell’imperfetto e del presente
la risposta è che di cambiato
c’è mio padre diventato vecchio
che non semina più.
È LUGLIO E LE RIVISTE
Se non fosse per lo sporadico tonfo
di legna accumulata dal vicino
diresti deserta la contrada
(soltanto questo gorgogliare d’acqua
che riempie le conche agli aranci
e la zappa che ne cambia i percorsi).
Non muove una foglia l’ulivo,
ma è qualcosa la sua ombra
contro il giogo pesante del sole
quando riposano le braccia.
È luglio e le riviste
affollano di vacanze le pagine.
Quest’uomo silenzioso tra le zolle
non conosce spiagge famose;
solo questo continuo frinire di cicale
che per abitudine sembra non sentire.
LA LOTTA, LA PAURA, LA TRANQUILLITÀ
La vigna data in pasto alle capre,
il rancore duro come pietra e chiuso
come frutto di castagna dentro il riccio
che si apre a maturazione,
vendetta del contadino sul pastore.
Il conto delle capre che non torna,
il bollore che apre una falda di montagna,
la lava che investe.
E qualcuno rimugina albori
diversi dalle serpi che scendono dai muriccioli
e bevono alla sua fontana.
LA VENDEMMIA
Abbiamo seppellito Agosto e i suoi morti
tra strofe di filari di ragazze.
Ora posiamo le vendemmie e i preparativi
e la fatica e l’allegria nelle botti.
E l’undici Novembre dicono che San Martino
plasmi in vino il fermentato mosto.
E poi il vino nasce e vive nelle bocche.
LIBERTÀ
Quasi trentenni con speranze
Ora confinate nelle liste speciali,
condannati a non avere un figlio
per non poterlo crescere.
Intanto dal pulpito
della roboante parola non tradotta,
arroccati dietro i loro portafogli,
ululano democrazie i lupi.
NOMI QUALSIASI D’UN PAESE A MERIDIONE
Cosa siete voi, voi che a sera vi portate
la carezza d’un bacio sulle labbra,
sognata o avuta non importa,
quattro vicoli dappoco sul cuscino?
Salvatore Di Gregorio, cosa sei,
già lì armonizzato,
che con le stesse monete di Chieri
a Mistretta con ali torneresti?
E Franco Scalone
disoccupato, militassolto, ridisoccupato,
finalmente assunto al respiro d’una paga
perché freme una fuga da Milano?
Pietro Puleo, ricordi?
Qui tirasti un bruco dalla bocca:
Ogni volta che sto qui non riandrei a Torino
E il bruco ancora non è farfalla.
Voi che ogni volta mi sembrate
non avere cuore di ripartire,
ma solo testa, cosa siete voi,
agrumi, forse, trapiantati sulle Alpi?
ALLE SPALLE MUOVE LUCE IL SOLE
Alle spalle muove luce il sole.
Davanti,
ragguaglio del nostro esistere,
il passo orribile della morte
esploso sul congiunto, sull’amico.
E ombra irrimediabile
cola dal viso dei superstiti.
Alle spalle muove luce il sole.
EPPURE ESISTONO LE SPALLE SENSIBILI
Eppure esistono le spalle sensibili
al peso delle ingiurie.
Le teste pronte a diventare protesta.
Dieci giorni di sciopero:
i problemi appesi ai cartelli:
grugnito sputato al vento.
Siamo ritornati all’ovile
stritolati da catene secolari:
anelli di rassegnazione intrecciati.
DISOCCUPATI (3)
È ben poco questo strusciare d’anime
a Natale, famelica speranza mai risolta;
quel ripromettersi l’alba a capodanno:
ancora, il venti gennaio,
vive l’uggia e insegue il futuro,
si scopriranno frecce conficcate a Sebastiano.
Passeggiando intorno alla primavera
Aprile 1980
(dalla omonima sezione della raccolta Se dura l’inverno
)
DUETTOCINQUE (lista dei disoccupati) / 1
Pulsa come cuore di bambino
a nuovi giochi il giorno passeggiando
intorno alla primavera. L’aria
è campagna e la campagna è festa.
Solo l’iscritto si sente
timida bozza; incerta ombra
di fiorito pesco al far dell’alba.
MARE
Questo mare ha sale di streghe,
fatture nelle barche dei giorni,
acque ad altissime anse
che capovolgono quiete e tragitto.
PASQUA
Passate le Palme uccidono Cristo
Ucciso Cristo alzano lune
a lune alzate attendi chiarore
fra un chiarore e l’altro si frappongono nubi
fra nubi e nubi arriva la rabbia.
E la rabbia macina la strada.
Ed è una beffa Pasqua che arriva.
DUEOTTOCINQUE (lista dei disoccupati) / 2
Del cigno riflesso sull’acqua
s’espande il riverbero… e la ragione
sviene come l’aria, talvolta, d’estate
(ma chi ci ha creduto, in fondo?)
Passaggio autunnale d’uccelli
senza tempo, né forza, né voglia
di nidificare.
ATTESA
Il giorno è esploso ed ora cade
in minuti frammenti
sulle radici del domani. L’ansia
è l’attesa che da qualche fessura
del loculo apra una breccia
alla vita un remoto canto di zufolo.
PALERMO – SANTO STEFANO DI CAMASTRA
Il 1° aprile, sei giorni a Pasqua,
gli occhi fiori della primavera
arrivando ai bordi delle rotaie
penso abbiano dentro guardato
l’espresso (11,40) Palermo – Milano.
Nessuna bomba, nessun allarme,
tutto normale: una collina di bagagli,
un ragazzo, una ragazza moglie:
due lacrime gemme agli occhi,
primavera restituita al mittente,
lungo mezza settentrionale sicula.
Poi sono sceso.
ENTROTERRA
Se, piovendo, l’acqua trova l’alba
alle dieci la piazza è irta di braccianti.
Se ne stanno a gruppi
attorno alle favole isolane:
"Come vengono su, quest’anno, le fave;
maledetto quello scirocco che in un baleno
portò al mare lo spettacolo dai rami;
questo mese
ci hanno spostato il giorno di pensione".
ORA E’ TEMPO DI… VOTAZIONI
S’accende d’aspra lotta il pulpito.
L’impressione addizionata ai bisogni
è talvolta che (miope qualunquismo?)
la corda del sermone sia solo tesa
ad abbracciare uno spazio di semicerchio
in più per irrinunciabile prestigio
mentre i triti problemi
restano cancro con effimera medicina.
DUETTOCINQUE (lista dei disoccupati) / 3
Aprile. Quel sapore di ginestre
che s’intrufola tra le fessure
della primavera ci sgomenta.
È già altro domani:
il sole batte a frusta i raggi
e ci inchioda all’ieri eterno.
L’AUTUNNO
Se passa sotto il pergolato
l’estate a maturare l’uva
ci si può ubriacare di novità
seguendo un intrapreso sentiero
d’autunno rosso di grappoli pigiati.
IL TEATRO CHIEDE ORECCHI
Dicono che, in virtù d’un senso
remoto all’uomo, i cani abbiano
loro preludi ai deliri della terra
che sfiancano le cattedrali. Perché
meravigliarsi, quindi, del concerto
se li scacciano con pietre
affinché sia tranquillo il dormire?
IL TELEGIORNALE
È covo degli altri, il telegiornale:
ci sono morti e morti:
le une che sgomentano,
auspicate le altri. Guardo
il tutto allo specchio e sospiro.
PREOCCUPATE FORMICHE
Non conosco il volo di farfalla
e chissà quando e se
conoscerò il prato adatto;
né conosco la pietra della lucertola
ove distendere i pensieri.
Siamo cresciuti con teste
di preoccupate formiche
e la canzonatura è che abbiamo raccolto zero
IL CONCORSO
Piovendo l’acqua cresce
e versa il fiume al mare
(dieci spazi da manovale alle FF.SS.
speranze undicimilacinquecento).
D’amara risacca è viva
l’onda infranta sullo scoglio.
ORA CHE GIUDA HA BACIATO NELL’ORTO
Ora che Giuda ha baciato nell’orto
degli anni, in testa s’è fatto
corona di spine il pensiero,
sulle spalle croce il giorno non vissuto
mentre andiamo al calvario dell’ignoto.
DUEOTTOCINQUE (lista dei disoccupati) / 4
Il grande Sinedrio s’è espresso,
s’esprime il piccolo Sinedrio.
Il giorno va e l’altro torna
(infinita nenia di marranzano).
Ove cadrà domani? E come incolpare
quei suonatori di flauto / mitra
che hanno inventato un nuovo minuetto?
QUELLO STRANO RESPIRO
Quello strano respiro che strattona
la gola alle caverne, d’asma
ti percuote nel mezzo della notte.
E’ un’aggiunta ai divertimenti,
un carnevale in più… il terremoto.
SICILIA
Incomparabile triangolo, si è detto
in teoremi di forme. Noi ci stiamo…
(con una mano a Messina,
l’altra a Palermo, testa sui Nebrodi,
piedi a Capo Passero) un po’ crocifissi.
VARIANTE
Notte d’estate e ciurma di ragazzi
con rotta una pizzeria,
poi corde di chitarre pizzicate
ad allegria su rena di mediterraneo
mentre ai piedi d’uno scoglio
ancora dura breve amore
tra cuore siciliano e gonna di Torino.
L’OROLOGIO AL QUARZO
Batte il cuore all’orologio: vive.
La mattina non prende
caffè come tal’altri;
brucia, robusto, le tappe al millesimo.
Pompa / batte / monta…
cento esatti secondi sopra la donna.
TALVOLTA IN PAESE
Fra una notte e l’altra il giorno
con concerto di campane a morto
-lugubre sandwich di tempo – .
Come talvolta il cuore dell’uomo
stretto fra
una fetta di rabbia e l’altra di dolore.
DODICI LUNE
Liria (cappio al collo) è sparita
già da dodici lune
(da morta due preti la insozzarono
con bigotte architetture).
L’accompagnammo
con corone d’ore calde a Maggio
e nel sangue
un acre accordo di settima.
DUEOTTOCINQUE (lista dei disoccupati) / 5
A Febbraio, Agrigento è già sagra
del mandorlo e subito salendo
l’invidiata primavera siciliana
le cosce spalanca a Taormina, a Cefalù.
La nostra amara stagione
ha contro punte di coltello
che cogliendo minestre toccano la terra.
IN PROSSIMITA’ DELLA ESTIVA GEOGRAFIA
al lettore –
Che pena offrirti questo rantolo
d’acqua che evapora
(ruscello percosso dal sole)
in prossimità della estiva geografia
e non l’ombra d’una quercia robusta
nel folto d’un bosco che nessuno pianta.
Villaggio fra le braccia di Morfeo
poesie scritte fra il 1981 e il 1982
pubblicata nella antologia Sogni di Nessuno
Il Vertice / Libri Editrice, Palermo 1982
Morfeo & Lucio
D’improvviso… la quiete rovinò
in boato e cadde
l’alto piano sui piani sottostanti…
(Ci attenda o non ci attenda
un cupo arco di cielo
sempre lo temiamo, imprevisto
cane rabbioso dietro l’angolo;
relatività di possibile
giorno spaziato dalla gioia).
Morfeo & Fulvio
Serpenti d’ogni specie,
lunghissimi e robusti,
minuscoli e a frotte,
medi e viscidi,
sempre ripugnanti.
Ritmici e puntuali
come un’ossessione…
(Diecimila giorni e passa
irrealizzati.
E c’è chi sfida lo sguardo triste
e dà le pacche sulle spalle
e poi la mano
e poi sparisce
portandosi la mano e la speranza).
Morfeo & Salvatore
La stramberia nell’ovvia stalla
dello zio era uno steso telone
con sotto qualcosa, chissà cosa?
Scrutare pertanto era un bisogno
e prese un lembo e alzò la tela
e vide i suoi molti cani trascorsi
accucciati e uno che prediligeva
e li accarezzò e si disse
che strano che i suoi cani morti
fossero lì, ancora vivi…
(Se assommo che lui ha sempre avuto
ed ha un canile
e lo zio è un vecchio scapolo
vissuto senza affetto di donna
azzardo che senza valido presente
il passato torna spesso da sovrano).
Morfeo & Isa
Un’arida, piccola, isola deserta,
leitmotiv,
quasi uno scoglio, di notte
e lei fa cenni e grida
e dalla chiassosa chiatta in lontananza
sembra che guardino ma…
non capiscono, non sentono
(o non vogliono) e scompaiono…
(Ragazza appena fiorita
sul davanzale del tempo
scoprendo che la solitudine
talvolta trova misure
in quel metro comune
dell’occhio che vuole la sua parte
e chi non offre ampie curve,
nasini delicati, cosce lunghe
eccetera…
è svista e dimenticata).
Morfeo & Pina
Il luogo dell’ozio comune,
il dialogare quieto…
e all’improvviso
divenne sensazione
un imminente passaggio
di cavalli sbrigliati
e s’impose un forte scompiglio,
un senso d’impari lotta…
(L’ordine di meridiani e paralleli
è ancora intessuto
a bava di ragno
e cadono le mosche una ad una).
Morfeo & Nuccia
Leitmotiv pregare in chiesa…
talvolta con frequenza modulata
in monofonìa di confessione
ma… la veste di prete
ha viso anonimo
e sbatte a penitenza
un lungo atto di dolore.
(Da quando il di lei fratello
discjockey a un posto di potere
l’incluse
in un pentagramma di assunzioni
e altri rimasero fuori).
Morfeo & Pippo
L’esame più vicino
(ormai esame lontano)
torna
con arie di gatto sornione
e frequenza fastidiosa…
(La sfiducia
gatto-vita, topo-vittima,
spesso è disincanto,
specchio del disamore
del quale è circondato).
Morfeo & Sebastiano
Basta gonfiare il petto e… è bello.
E riprova: basta gonfiare il petto,
riempire d’aria i polmoni ed ecco…!
E riprova ancora: gonfia il petto
e naviga per l’aria, libero dalla terra
vola, contento
della novità ma punto da un’angoscia.
(Lui figlio disoccupato, pertanto
dipendente, mentre il petto
i polmoni del padre sempre più spesso
ancorano a sofferte veglie la famiglia.
Un padre come tanti
che vogliono i figli così e così
e si fanno
inconsapevole giogo, forza di gravità).
Morfeo & Enzamaria
Si diressero al cinema in combriccola.
Alla biglietteria, per un contrattempo,
perse i compagni e li cercò
per vie di difficili equilibri,
ma non venne verso di soluzione
e infine sedette sola in sala,
rassegnata. E cominciò il film
con lei protagonista
seduta nella terrazza di casa sua
e un uomo vicino, in piedi,
che andava avanti e indietro…
e così durò la pellicola,
scialba ed estenuante…
(Cerchiamo sempre la vita
e sempre qualcosa ci sfugge.
E prendiamo un altro treno…
Una disfida, insomma,
tra ciò che abbiamo e siamo
e ciò che avremmo voluto vivere).
Morfeo & Enzo
Succede talvolta che
l’ingegnere Mario fa il barista
e talaltra che Rosario
il dattilografo è postino
e Rodolfo da pittore
diviene manovale edile
e Franco e Gianni, maestri elementari,
parlano da impiegati del Comune.
(Uomo come spesso capita
con sogni lacerati
da vita con luccichio di pugnale
meditando amaro adattarsi).
Sussulti d’acquazzone sulle tegole
poesie scritte fra il 1983 e il 1986
singolarmente edite su riviste e antologie
pubblicata su Rami di Scirocco, Ed. Il Centro Storico, 2000
ESSERE
Essere in questa parte d’infinito
solo per una porzione di tempo:
nostro delirio nascosto fra
le pieghe del sorriso
mentre si brinda
all’anno che
va via.
Intanto
è giorno e
cruda come un martirio
continua a girare la terra
(l’ieri e il domani non nostri
fanno dell’oggi una prigione…)
E s’intrecciano… e si intersecano
fedi a sciogliere il dubbio delle cose.
TEMPO
Generazione dopo generazione
il conto si perde; così
milioni d’anni sono vicini
all’eternità. Ma se talvolta
le ore sono dilatate dal tum-tum
tum-tum del cuore e talaltra
cent’anni vengono risucchiati
nello spazio di un sospiro
questo male, in fondo, è schizofrenico.
SUSSULTI D’ACQUAZZONE SULLE TEGOLE
I
Ventinove anelli nel tronco
e più di un’altra stagione
a cavallo fra lo scorrere
della primavera con sussulti
d’acquazzone sulle tegole
e il sopraggiungere dell’estate.
Niente di eccezionale
però la notte si dormiva
(le frustrazioni accantonate
nell’io profondo andavano
a spasso col sonno post-rem).
Ora è diventata smania
insostenibile
l’ombra della morte.
II
Confusione, senso di vuoto
in testa, senso d’oppressione
costante al petto, martellante,
luce strana, giallognola
sulle cose, sulle piante
senza senso, ombre sui muri.
III
Giacomo, Giacomo dolce,
cantore di Silvia,
perso in quest’immensità
sudo le tue camicie.
Gli altri…
Esistono davvero le persone?
O tutto è fantasia
di quest’angoscia?
Giacomo dolce,
cantore di Silvia,
un secolo è zero e tu sembri
morto appena ieri.
Angoscia, senso di oppressione,
costante al petto, martellante…
dio Dio immenso
facci un cenno, mostrati
non fantasia – suggestione
di quattro apostoli,
mostrati e perdona
questo peccato
di incredulo Tommaso.
IV
Chiusi gli occhi
(dopo quanto tempo?)
subito un saltello della gamba
-sveglia-.
Ancora un’altra notte insonne…
V
"Pillole efficaci! Mezza,
al massimo una per notte…"
Ma, chiusi gli occhi,
-dopo quanto tempo?-
subito un saltello della gamba
-sveglia-
E lente, le ore, scorrono
e tutte finiranno.
VI
L’angoscia è frazionare
l’immensità del tempo
dividendolo per i numeri
a due cifre della tua vita.
Il neurologo:
Perché sorride nel raccontare?
"Non mi