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Trachinie
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E-book55 pagine33 minuti

Trachinie

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Info su questo ebook

Figlio di Zeus e di Alcmena, Eracle è l'eroe per eccellenza del mondo greco. Colui che conosce in tutto la misura estrema e che ispira pietà e terrore. Il dramma di Sofocle narra la sua morte: una morte causata inconsapevolmente dalla sua sposa Deianira, che sentendosi tradita e volendo recuperare il suo amore, non esita a ricorrere a un antico dono (la camicia offertale dal centauro Nesso) credendolo un filtro d'amore. Un mondo di affetti si frantuma: alla tragedia di Deianira si somma la tragedia di Eracle, consumato dalla potenza del veleno di cui la camicia è intrisa. Deianira si uccide ed Eracle resta solo di fronte alla morte, violento, fuori di sé, lontano dall'immagine stereotipata di eroe civilizzatore trasmessa da gran parte della tradizione.
Edizione integrale con indice navigabile.
LinguaItaliano
Data di uscita22 dic 2018
ISBN9788829580798
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    Trachinie - Sofocle

    TRACHINIE

    Sofocle

    Traduzione di Felice Bellotti

    © 2018 Sinapsi Editore

    PERSONAGGI

    DEJANIRA.

    UN'ANCELLA.

    ILLO.

    CORO DI DONZELLE TRACHINIE.

    LICA.

    UNA NUTRICE.

    UN VECCHIO.

    ERCOLE.

    SEGUACI DI ERCOLE — DONNE PRIGIONIERE.

    Scena, piazza in Trachine avanti al palazzo regale.

    DEJANIRA e un'ANCELLA.

    DEJAN.      Sentenza antica infra le genti è quella,

    Che non sai d'alcun uomo, anzi ch'ei muoja,

    Qual sia la vita, o venturosa o trista;

    Ma io la mia, già pria d'andarne a Dite,

    So ch'è misera e grave. Io nelle case

    Del padre Enéo stava in Pleurone ancora,

    E già un fiero di nozze ebbi terrore,

    S'altra giammai donna d'Etolia. Un fiume

    (Era Achelóo) sposa chiedeami al padre

    In tre sembianze: or tutto tauro; or vario

    Tórtile drago; or con umano corpo,

    Taurino capo, e dall'ombroso mento

    Scorreagli l'onda fluvïale a rivi.

    Tale amator colà venuto, io misera

    Morir, morir pregava anzi che mai

    Appressarmi al suo letto. In tempo alfine

    D'Alcmena e Giove il glorïoso figlio

    Giunse, a me ben gradito, e fe' con esso

    Tenzon di forze, e liberommi. I casi

    Io non dirò della terribil pugna,

    Chè non li so; chi spettator tranquillo

    Sedea, dir li potrebbe: io tutta attonita

    Di päura ne stava, che dolore

    Non m'apportasse la beltà. Buon fine

    Al certame diè poi l'agonal Giove,...

    Se buon pur fu; chè al talamo d'Alcide

    Poi che scelta m'accolsi, io per lui sempre

    Di timore in timore ansia me n' vivo;

    E terrori la notte m'avvicenda

    L'un cacciando con l'altro. E procrëato

    Anche figli abbiam noi, ch'ei vien sì rado

    A riveder, qual di remoto campo

    Coltivator che lo rivede solo

    Quando semina e miete. È di sua vita

    Destin, che appena il riconduce a casa,

    Fuor ne 'l rimanda, a' cenni altrui soggetto;

    Ed or che a fin d'ogni cimento ei venne,

    In più tema io ne sto; chè, poi che morte

    Egli ad Ifito diè, noi qua in Trachine

    Presso estranio signor esuli stiamo,

    E ove ei sia, niun lo sa; ma ben, partendo,

    In cuor gittommi acerbe angosce, e parmi,

    Parmi saper che alcun sinistro il gravi.

    Poco tempo non è; quindici lune

    Scorser già, ch'ei di sè nunzii non manda.

    Certo, avvenne sventura. Ei mi lasciava

    Tale scritto al partir, ch'io fo soventi

    Prieghi agli dei non mi sia pegno infausto.

    ANCELLA.      O mia regina Dejanira, assai

    Intesi io già con gemiti e sospiri

    Te la partenza lamentar d'Alcide.

    Or se a' liberi i servi alcun consiglio

    Porger possono all'uopo, io questo solo

    Dirti voglio e non più. Perchè di tanti

    Figli tuoi del consorte alla ricerca

    Non mandi alcuno? Illo fra gli altri il primo,

    A cui ciò si convien, se punto ha cura

    Del ben esser del padre. — Eccolo; ei spinge

    Lesto vêr casa il piè: dell'opra sua,

    Se

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