Nello sguardo di una ragazza
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Anteprima del libro
Nello sguardo di una ragazza - Giacomo Paparusso
9
CAPITOLO 1
DI NASCOSTO ALL’AMBASCIATA
Ero solo, fermo, davanti al mare. Era struggente immergermi con i pensieri nell'andirivieni delle onde, mentre il mio cuore naufragava nell'infinito, trasportato dal vento che scivolava sulle acque schiumose. I miei occhi erano fissi, vuoti nello sguardo, ma con intensità penetravano dentro quelle onde impetuose. E la mia mente volava lontano irrompendo contro il vento, inseguendo l'orizzonte, sconfinando nell'immenso.
Il mio animo era certo carico di emozioni, pieno di sentimenti, era un misto di tristezza, di rabbia e di chissà quali altre strane sensazioni. Sapevo solo che dall'altre parte del mare c'era lei, la mia gioia, il sogno della mia vita. Nella terra opposta alla mia, separata dalle profonde acque del mare, quasi come a segnare l'abisso che ci divideva, abitava quella splendida fanciulla da favola che un giorno rivolse con la luce dei suoi dolci occhi, uno sguardo tenero verso i miei occhi brillanti.
Fu quando la sua famiglia, nobile di stirpe, di discendenza reale, compì un viaggio diplomatico nella mia terra, in visita all'ambasciata nazionale. Arrivarono in carrozza, una splendida carrozza lucida, trainata da due possenti cavalli neri. Scesero con passo dolce dalla carrozza, prima il maggiordomo, per aprir porta, e poi i suoi genitori a cui lei fece seguito. I diplomatici riservarono loro tutte le accoglienze dovute, di quelle che si riservano ai personaggi più illustri. Erano tutti presi dalle formalità, ma non si riusciva a leggere nessun raggio di luce in quei visi, erano spenti, chiusi, senza cuore. Lei seguiva i passi dei suoi genitori, ma il movimento dei suoi passi sembrava incerto, timido, insicuro. Il suo sguardo era vuoto, perso, sembrava quasi fosse a disagio in quella situazione. Ma guardarla per me era bello perché il suo viso non era come quello degli altri, emanava luce, era caldo, tenero, sì, era vivo! E i suoi occhi cercavano qualcosa, lei scrutava con lo sguardo alla ricerca di qualcosa di diverso, di nuovo, e fu così che il caso volle che i nostri sguardi si incrociassero.
Infatti, io ero riuscito di nascosto a entrare nel giardino dell'ambasciata e per curiosità mi ero affacciato alla finestra, proprio la finestra del salone, dove loro furono portati. Nessuno si era accorto di me e così, da dietro la finestra, seminascosto, stavo osservando ciò che avveniva. Non mi ero mai permesso di compiere azioni così indiscrete ma questa volta fui così attratto dalla bellezza di quella ragazza che non riuscii più a staccarle gli occhi di dosso, era davvero un’incanto.
E mentre ero lì, fermo, dietro la finestra, lei si voltò, si diresse verso la finestra, forse per scoprire il paesaggio che presentava, ma quando fu quasi vicina si accorse di me. In quell'attimo, istintivamente, lanciò un urlo anche se subito dopo si ricompose. Forse, mentre continuava a guardarmi, lesse nei miei occhi l'innocenza di un ragazzo di strada, la speranza di un semplice ragazzo che insegue con gli occhi qualcosa di migliore e per questo i suoi occhi rivolti verso i miei si fecero più teneri, più dolci.
Invece, purtroppo, non furono questi i pensieri del funzionario di guardia che, accortosi di tutto, ordinò subito alle guardie di arrestarmi. Ebbi qualche momento di esitazione, attratto ancora da quegli occhi così belli, e così fui subito preso e ammanettato dalle guardie. Continuai a guardare lei finché fu possibile, quasi ignaro della cattura, volendo godere ogni istante di quell'incontro fantastico, di quello sguardo da favola. E mi accorsi che il suo viso provò tristezza nell'osservare la mia cattura, nel vedermi allontanare, portato via dalle guardie.
Ma dovetti riaprire gli occhi alla realtà ora che fui condotto via, dovetti ricomporre i miei pensieri, cercai di capire dove mi stessero portando, ma senza dir niente, strattonandomi, le guardie mi condussero attraverso un corridoio sotterraneo dell'ambasciata. Ben presto mi ritrovai davanti ad una solida porta di ferro, fu aperta dalle guardie le quali, spingendomi con forza, mi scaraventarono all'interno della cella che seguiva a quella porta. Fu subito chiusa la porta, serrata da dietro, e poi udii i passi delle guardie allontanarsi.
Mi ritrovai solo, chiuso in quella buia cella, illuminata solo da una piccola apertura situata quasi all'altezza del soffitto. Da quella finestrella arrivava una luce fioca, sufficiente solo a rendere visibile la mia triste situazione. Mi voltai verso la porta, era interamente blindata, aveva solo una piccola apertura rettangolare all'altezza degli occhi fatta apposta per permettere alle guardie di guardare dentro la cella. Dall'interno, invece, attraverso quello spazio piccolo, riuscivo a guardare solo il muro di fronte alla cella. Non udivo più rumori, non sentivo più nulla, rimasi lì fermo, chiuso, fuori dal mondo, quasi perso nel tempo, e in quella condizione, infatti, passarono le ore del giorno finché la luce fioca della finestrella si fece sempre più cupa, verso l'ora del tramonto.
E fu sera, fu buio, era tutto scuro sia fuori che dentro di me, ogni attimo cominciava a sembrare un'eternità, ogni istante rubava un sospiro di angoscia. E con l'arrivo delle tenebre, l'aria si faceva sempre più gelida, cominciavo a sentire freddo, avevo solo un maglione addosso e così, mentre il cuore gelava e la pelle si irrigidiva sempre più mi rannicchiai per terra, accovacciato come un pulcino tremante e frastornato.
Era ormai notte, non era certo facile addormentarsi in quelle condizioni ma lasciai che i miei pensieri prendessero il volo, uscendo fuori da quelle quattro mura per inseguire una speranza più allietante:
Dinanzi ai miei occhi si raffigurava solo un'immagine, solo uno sguardo, lo sguardo di quella fanciulla dolce, quella ragazza dal viso sincero. E pensare che per guardarla, per ammirarla, ora mi ritrovavo qui, rinchiuso al buio e rannicchiato sul gelido pavimento! Ma non provavo nessun rancore, nessuna rabbia nei suoi confronti, anzi, nello squallore di quella notte, l'unica cosa dolce che mi salvava dalla tristezza profonda era proprio il suo volto. La mia mente si perdeva e si distraeva all'immagine che di lei continuava a dipingere nella fantasia.
E mentre il mio cuore si riscaldava nello sguardo di una ragazza, il mio fisico provato cedeva alla stanchezza e così nel buio profondo della notte, mi addormentai.
Giunse l'alba, provai un senso di conforto quando un tenue raggio di sole giunse sul mio volto attraverso quella finestrella, ma nel riaprire i