Hoshea
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Anteprima del libro
Hoshea - Walter Aratari
Youcanprint.it
Introduzione
Ogni popolo o cultura, sin dai tempi antichi, si confronta con il mistero più grande, quello della fede. L’uomo cerca di scoprire la o le divinità su cui è fondata la propria cultura, conquista nuovi territori ed impone ai popoli colonizzati le proprie usanze culturali e spirituali, alcune culture sono propense al bene, altre al male.
Nel regno di Haar è in atto la continua lotta tra bene e male; molti secoli addietro, il regno era una terra selvaggia, abitata da popoli barbari, viene conquistata da alcune dinastie nobili, appartenenti ad una cultura civilizzata e monoteista, la loro fede si basa su valori e virtù di giustizia, onestà ed amore.
Nello stesso tempo un altro popolo con caratteristiche opposte alle virtù di Haar conquista territori ai suoi margini, saccheggia e distrugge ogni villaggio che colonizza, la sua fame di ricchezza è sempre più elevata ed Haar diventa un bocconcino appetitoso, un regno prospero su cui mettere le mani.
Il regno del male, con intrighi, magie ed atti infami sottometterà Haar che proverà a ribellarsi con il suo coraggio e la sua fede per ottenere la sua salvezza, la sua Hoshea!
Capitolo 1
Dall'oro al ferro
Il vento accarezzava l'erba, nella valle il profumo forte della natura avvolgeva tutto, in quei giorni di primavera si poteva vivere, annusare e gustare la perfezione della creazione. Le valli erano coperte da un fitto manto erboso con chiazze di fiorellini colorati dove vi facevano capolino le farfalle e le api mentre gli uccelli con i loro cinguettii componevano la colonna sonora della creazione.
Hert era in compagnia del suo fedele amico da ormai quattro anni, un lupo che fin da cucciolo era stato cresciuto ed amato da Hert; lo aveva trovato tutto solo, infreddolito ed affamato ai piedi di una quercia, una piccola palla nera che guaiva inutilmente visto che era stato abbandonato dal suo branco, Hert in un primo momento ebbe paura, si guardava attorno per paura di esser caduto in una trappola del branco o semplicemente temeva il ritorno della mamma lupo ma, dopo qualche istante gli era chiaro che quel cucciolo era solo, lo prese, lo strinse al petto con una mano e con l’altra inizio ad arrampicarsi su un arbusto lì vicino.
Hert era un abile scalatore, era il suo gioco preferito, amava salire sugli alberi per vedere tornare a casa il padre, al tramonto con il gregge o semplicemente ammirare la maestosità del castello che padroneggiava su tutta la valle.
Che bella era la visuale da lì su ed ora poteva condividerla con il suo nuovo amico, dopo una breve osservazione e poca fantasia lo aveva chiamato Nero.
Erano già passate alcune ore in cima a quel arbusto, nessuna traccia di lupi, Nero si era calmato e non guaiva più, era quasi il tramonto, si intravedeva all'orizzonte il gregge del padre di ritorno verso casa, scese al volo ed andò incontro all’uomo gridando entusiasta:
Padreeee guardaaaa!
Hert correva così forte che tra un capitombolo e l’altro arrivò in un lampo dal padre, non vedeva l'ora di presentare Nero.
Piano Hert, sembra che hai visto un fantasma
esclamò l'uomo Ehi ma cos'hai in braccio?
Un cucciolo padre, non è bello?
ribatté Hert
Un cucciolo si, ma di lupo, lo sai che noi viviamo di pastorizia ed un lupo può creare seri problemi, credo che non sia il caso di tenerlo Hert!
Ma padre non posso lasciarlo solo, potrebbe morire, me ne occuperò io
rispose Hert
Va bene ma alla prima avvisaglia di pericolo te ne dovrai disfare!
Si padre ma tanto non c’è ne sarà bisogno, anzi ci tornerà utile
disse Hert, non sapeva il perché per aver risposto così….ma il tempo gli darà ragione. I due, anzi i tre, ripresero la strada per il villaggio.
Erano passati quattro anni di giochi ed avventure nel bosco, Hert e Nero ormai erano cresciuti e nella valle accarezzata dal vento ora portavano loro al pascolo il gregge, Hert era un bel giovanotto di vent'anni, fisico atletico, i suoi capelli color castano scuro gli toccavano le spalle, i suoi occhi erano scuri e penetranti mentre la barbetta folta copriva quel viso da piccolo uomo, Nero grazie alle cure di Hert era diventato un bel esemplare maschio, alto mezzo metro al garrese, coda attorcigliata all’insù ed il suo pelo lucido nero completavano il suo portamento elegante.
Il sole era alto, era il giusto momento per rifocillarsi un po’, per riposare e mangiare qualcosina; a poche decine di metri c'era un ciliegio in fiore posto vicino la riva di un ruscello, la sua ombra fresca copriva un bel pezzo di terra ed ai suoi piedi potevi anche ammirare le mura di cinta del castello e poco più in là s’intravedeva la torre più grande, la Torre Madre.
Mentre Nero continuava le sue scorribande lungo la valle alla ricerca di qualche ospite non gradito, Hert, sdraiato ai piedi del ciliegio e con la nuca appoggiata sul tronco, assaporava il suo pezzo di pane fresco preparato la mattina all'alba da Rose, sua madre, accompagnato da un bel pezzo di formaggio stagionato, motivo di orgoglio nel villaggio e nelle zone limitrofe di Mica, il padre di Hert, che dopo aver ceduto il pascolo al figlio aveva continuato la breve tradizione di famiglia nel produrre alimenti caseari.
Già breve tradizione, che era in vita solo da una generazione, da quando il nonno di Hert, il futuro conte Sic Montrek nella sua giovinezza, insieme alla sua casata dei Montrek, fu spodestato dal palazzo ed esiliato nel villaggio di Utak, li iniziò con fatica e tenacia un nuovo corso di vita; Hert Montrek è di sangue nobile, destinato a diventare il futuro conte di quel territorio ma non ha mai visto e di conseguenza vissuto all’ interno del palazzo in a causa dell’invasione di un popolo venuto da lontano alcuni decenni prima.
I Montrek amministravano e dominavano nella contea che prendeva lo stesso nome della casata che la governava e come le altre contee limitrofe erano a servizio del re Harold del reame di Haar. Il reame era prospero, il popolo viveva nella pace e nel benessere, ogni contea cresceva in ricchezza ed in fama grazie alla sapienza, saggezza ed onestà di chi li governava, ogni contea produceva ed esportava i loro beni anche oltre il reame. Il reame di Haar cresceva sempre più in fama ma allo stesso tempo alimentava l'interesse e l'invidia di altri popoli che volevano possedere quei territori ricchi. Il re Harold era stato sempre un uomo molto saggio, generoso e magnanimo verso i suoi sudditi, era un uomo timorato di Dio, basava le sue azioni e decisioni sul compiacere il suo Dio ed al tempo stesso richiedeva questo atteggiamento non solo dalla sua famiglia ma anche dall'intero popolo; re Harold veniva da una dinastia che aveva conquistato quelle terre molti secoli prima, abbattendo ogni tradizione e pratica pagana ed instaurando una cultura monoteista rivolta ad un unico e vero Dio ma, nonostante la prosperità che si viveva sin dall'inizio dovuta a questa scelta di vita, nei secoli, in alcuni uomini rimaneva sempre quella voglia di magia, di prostrarsi a qualsiasi cosa che dava un temporaneo sollievo, desideri di avarizia o di sovrastare i suoi simili, desideri di orgoglio e superbia, intrighi e tranelli per voglie di ricchezza e dominio; proprio nei secoli i vari sovrani ed i vari governatori delle contee che si susseguivano nel tempo erano tenuti a curare con sapienza non solo la ricchezza economica del reame ma anche quella spirituale, intervenendo in tempo a neutralizzare qualsiasi focolare che poteva minare la serenità del reame.
Re Harold aveva tre figli, il primogenito e successore al trono, il principe Fren, il principe Yago e la principessa Crila. Lo stemma della casata era un aquila bicipite dorata su un fondo bianco; il giovane principe Fren aveva il cuore bugiardo, esternava al di fuori la voglia di seguire i suoi successori ma dentro di sé aveva quel desiderio di possedere ogni ricchezza, di non condividere tutto con il suo popolo o aiutare chi in quel momento aveva bisogno, inoltre desiderava non solo possedere ricchezze ma anche terre e popoli, il che gli faceva serbare, ogni giorno di più, la voglia di conquistare e possedere altri popoli che un giorno si sarebbero prostrati a lui. Il suo cuore desiderava diventare un dio sulla terra; questo sarebbe stato la rovina del reame.
Un giorno mentre era a cavallo con le sue guardie nel bosco di Scrimm s'imbatte in un cervo, nella sua superbia decise di inseguire da solo la preda, si rivolse al gruppo con parole di strafottenza:
Tornate pure al palazzo, so cavarmela da solo, sono Fren, il futuro re e quella bestia si inchinerà a me!
Ma sire, abbiamo ordine di scortarvi e proteggervi
rispose Vin, il capo delle guardie, un uomo robusto, con barba incolta, dall’aspetto rude ma era un guerriero valoroso e fedele,
Andate pure e portate con voi quel ragazzino!
, il ragazzino era Yago, sapiente e saggio nonostante la sua età, moro, un po’ esile di corporatura ma nonostante questo era tenace e di gran cuore, l’esatto contrario di Fren nel fisico e nel carattere, Fren era comunque un giovane molto bello grazie anche alla sua folta chioma bionda ma, anche questo, era fonte della sua superbia,
Ma sire, non possiamo!
esclamò Vin,
Mi ricorderò di questo un giorno e ti taglierò la testa per la tua insubordinazione!
esclamò Fren,
Ai suoi ordini sire
con occhi di sfida Vin guardò il giovane nobile ma allo stesso tempo fece un cenno con la testa ad indicare il palazzo ai soldati, si voltò verso Yago:
Torniamo a casa principe Yago
disse Vin.
Nel furore degli occhi di Vin, mentre tornava indietro con il resto del gruppo, si leggeva anche una preoccupazione, il presentimento che un giorno la prosperità del reame sarebbe stata minata proprio da chi doveva proteggerla. Gli occhi di Fren irraggiavano soddisfazione ma anche senso di vendetta per quell'oltraggio, poi tornò a pensare al cervo ed inseguì le sue tracce….ed eccolo lì, sulle rive del fiume Sportt intento ad abbeverarsi; Fren si mantenne a distanza, scese da cavallo ed impugnò il suo arco, prese dalla faretra una freccia, tese l'arco e scoccò, con movimenti precisi e controllati, mostrava un sangue freddo impressionante; partì un sibilo che interruppe l'armonia di suoni che la natura stava offrendo, il povero cervo non fece nemmeno in tempo a percepire il sibilo che si ritrovò la freccia nel suo costato destro e la punta in metallo con la sua forma romboidale aveva già straziato le sue interiora facendolo cadere a terra, Fren con il suo fare freddo prese le redini del cavallo ed avanzò verso il cervo, alla sua cintura aveva una fodera, con la mano destra estrasse un pugnale che aveva una lama ondulata di venti centimetri ed un'impugnatura dorata a forma di T, con dei diamanti incastonati sulle tre sporgenze ed un aquila bicipite incisa, era il pugnale della sua casata, avuto in regalo da suo padre re Harold e simboleggiava l'investitura che avrebbe ricevuto un giorno come re. Arrivò nei pressi del cervo, con la mano sinistra mollò le redini del cavallo ed afferrò le corna del cervo, tirò indietro la testa dell'animale ansimante scoprendone il collo e lo sgozzò. Attese che l'animale desse il suo ultimo respiro e lo iniziò a caricare sul cavallo, non era un cervo adulto ma comunque la sua mole diede fatica a Fren che in sé pensava Ora secondo mio padre e secondo la sua legge, devo condividere il frutto della mia fatica e della mia abilità con altri? Prima o poi, io il re Fren, farò cessare tutto questo, anzi godrò io il frutto loro
e mentre sogghignava per il suo bel pensiero si udì un fruscio nel bosco, come il muoversi di qualcuno, Fren si fermò nella radura che se separava il bosco dal fiume e gridò:
Chi è? Esci fuori o conoscerai la mia lama!
Il