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Due amori nello stesso letto
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E-book164 pagine2 ore

Due amori nello stesso letto

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Info su questo ebook

Si dice, che quando ci innamoriamo si producano cambiamenti nel nostro cervello a livello chimico e che nel momento stesso dell’innamoramento vediamo solo la persona oggetto del nostro desiderio. In realtà, nel nostro cuore non c’è installato un contatore che smette di erogare amore a una persona, quando si trova in compagnia di un’altra. Ebbene le persone con le quali vivo questo romanzo, sono due belle donne e nessuno di noi tre ha accumulato stress. Forse le scariche di adrenalina e dopamina hanno agito in contemporanea. L’ossitocina, comunemente chiamata anche ormone dell’amore, è prodotta dal cervello e si sprigiona durante le effusioni amorose, o negli abbracci, ed è stata quella che ci ha coinvolto in tutte le fasi dell’attività sessuale e ci ha fatto sentire positivamente legati. Agendo su di noi ha ridotto quegli stati ansiosi e di depressione, dovuti al susseguirsi di eventi tragici. Nella nostra cultura, per eccellenza monogama, specialmente se sei cattolico, non è visto di buon occhio vivere contemporaneamente due relazioni. Difficile liberarsi da tante regole e norme sociali propugnate e accettate negli anni, ma quando accade, anche i sogni diventano realtà.
LinguaItaliano
Data di uscita15 mag 2019
ISBN9788831616102
Due amori nello stesso letto

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    Anteprima del libro

    Due amori nello stesso letto - Virginio Giovagnoli

    633/1941.

    INTRODUZIONE

    Non è facile, ma neanche impossibile amare due donne nello stesso tempo. Nel racconto di questo libro l’amore nasce spontaneo, ma nella vita subentrano persone con scopi diversi, che nel tempo cercheranno in tutti i modi di farti apparire quello che non sei e che non faresti mai.

    Una madre in difficoltà, raggirata e perseguitata. Una figlia adottata e poi venduta. Un marito dedito solo a se stesso e al suo ego.

    Si parla di sequestri e di ricatti. A volte riscattarsi agli occhi degli altri, costa fatica se subentrano interessi. Certe situazioni critiche: di paura e di terrore, che accadono a persone care, riescono a cancellare quei desideri di male che ti porti dentro e a intenerire l’animo e il cuore. Quando questo accade ritrovi quel senso di responsabilità che credevi di avere smarrito. Il denaro, nonostante che sia necessario per vivere, spesso è la causa di tante sofferenze.

    Nella nostra cultura, per eccellenza monogama, specialmente se sei cattolico, non è visto di buon occhio vivere contemporaneamente due relazioni. Difficile liberarsi da tante regole e norme sociali propugnate e accettate negli anni, ma quando accade, anche i sogni diventano realtà.

    Se si hanno trent’anni, la fidanzata venti e sua madre trentasei, queste regole non sembrano fatte per te. Se poi consideriamo che il tutto avvenga nella consapevolezza di volere, di un desiderio che ci accomuna e alla luce del sole, non te ne curi e vai avanti. Solo i benpensanti, sparano bordate di malignità e di cattiveria.

    In realtà, nel nostro cuore non c’è installato un contatore che smette di erogare amore a una persona, quando si trova in compagnia di un’altra. Amiamo i figli, compagna e i genitori nello stesso tempo, anche se in modi diversi. Perché dunque non amare due donne che vivono e convivono con te?

    Si dice, che quando ci innamoriamo si producano cambiamenti nel nostro cervello a livello chimico e che nel momento stesso dell’innamoramento vediamo solo la persona oggetto del nostro desiderio. Ebbene le persone di cui si parla in questo romanzo, sono due belle donne. Posso assicurarvi che nessuno dei tre, nel tempo, ha accumulato stress. Forse le scariche di adrenalina e dopamina hanno agito in contemporanea.

    L’ossitocina, comunemente chiamata anche ormone dell’amore, prodotta dal cervello, si sprigiona durante le effusioni amorose o anche in un semplice abbraccio. È quella che ci ha coinvolto in tutte le fasi dell’attività sessuale e ci ha fatto sentire positivamente legati. Agendo su di noi ha ridotto quegli stati ansiosi e di depressione, dovuti al susseguirsi di tragici eventi.

    OGNI RIFERIMENTO A NOMI PERSONAGGI O FATTI REALMENTE ACCADUTI È PURAMENTE CASUALE O DI FANTASIA

    L’autore

    Virginio Giovagnoli

    POESIA RIASSUNTIVA DEL ROMANZO

    Sei giovane è bella, ti ho guardata.

    Mi hai sorriso. Sei nata come stella.

    Ci siamo conosciuti in una giornata afosa.

    Sognando guardavamo un lago di luci colorato di rosa.

    È arrivata anche lei e mi ha portato il suo amore.

    Mi ha guardato senza parlare e le ho donato il mio cuore.

    Ti ha venduta una madre sol per non farti soffrire.

    Per un tempo infinito ha tenuto nascosto il suo dolore.

    Di un marito padrone hai subito torti e inganni.

    Per te giorni e mesi pieni di dolore e d’affanni.

    Abbracciati stretti stretti eravamo felici.

    L’invidia corrode le menti e i cuori dei nostri nemici.

    L’hai cercata per riscattarne la vita.

    Breve la conoscenza poi la dipartita.

    Abbiamo vissuto giorni di gioia e d’amore.

    Oggi sono rimasto solo con il mio dolore.

    Il tuo pensiero mi segue nel tempo.

    Un sogno, tutto è finito in un lampo.

    Uno sparo e un parapiglia.

    Corri, vuoi salvare tua figlia.

    Mi precipito e ti prendo fra le braccia.

    Finita, sembra ormai ogni minaccia.

    Le mie mai si sporcano di sangue.

    Sul mio petto reclini capo, il tuo corpo ormai langue.

    Una mano assassina ha spento una vita.

    La tua non è ancora finita.

    Suonano meste le campane per l’ascesa.

    Triste il mio pianto e lunga sarà l’attesa.

    É forte il dolore del sangue che mi esce dal petto.

    La tua morte non la voglio e non l’accetto.

    Mi mancano i tuoi baci e le tue carezze in amore.

    Anche solo abbraccio in queste ore di tormento e di dolore.

    Mi risveglio da un sonno profondo.

    Ho provato tutti i torti del mondo.

    Aspetto che arrivino giorni migliori.

    Tornerà il re di cuori. Calmo l’ira e comprimo i dolori.

    La dolce Sofia

    La guardo e mi sento felice.

    Il cuor mi parla di lei e mi dice.

    Attento a te, ha solo quindici anni.

    Si nutre dei suoi sogni e non conosce né dolori né inganni.

    Non sa ancora che cosa sia vivere la vita.

    Fa’ che per lei non si chiuda troppo presto la partita.

    Sogna ancora un mondo tutto e solo suo.

    Che mai si perda dentro il tuo.

    Ogni pensier di lei sovrasta la tua mente.

    Pesalo e non esser troppo accondiscendente.

    Scruta il tuo animo e rifletti.

    Ché non arrivino tempi brutti e giorni maledetti.

    È sabato 3 luglio 1965. Sono le sette. Un fascio di luce entrando dalla finestra socchiusa, m’investe. Mi alzo. Qualche sbadiglio, una sgranchiatina alle ossa e via verso il bagno. L’acqua fresca mi sollecita il risveglio. Esco sul davanzale e guardando la bellezza del lago che si crogiola al sole, comincio a sognare. Quel desiderio impossibile, di sorvolarlo in dolce compagnia, mi manca. Oggi, sotto i suoi primi raggi, luccica, scintilla e s’increspa dolcemente come in un'afosa sera d’estate. Sembra che miriade di lucciole si siano posate sopra. Ho la sensazione di sentire, anche se sono lontano, piccole onde che s’infrangono mormorando, sul muro di contenimento delle sue acque. Mi sento davvero bene. Canticchiando scendo ed entro nella sala da pranzo per fare colazione. Giannina, la figlia della proprietaria dell’albergo, che si chiama Carola, mi guarda e sorridendo mi chiede:

    «Come mai è così allegro questa mattina?».

    «A dire la verità, non saprei. Sono contento, forse perché è sabato, o perché è una giornata stupenda e mi sento pieno di vita. Ho la sensazione che siano in arrivino buone nuove. Non si sa mai che cosa ci suggerisce l’animo. Tutto nasce dal dentro. A volte basta un niente per farci cambiare d’umore, almeno è quello che accade a me».

    Mi siedo e come un ebete rimango a bocca aperta. Seduta al tavolo vicino al mio, una signora, piuttosto anziana, sugli ottantacinque anni circa è in compagnia di una ragazza, che all’apparenza non ne dimostra più di diciotto. Una giovane davvero stupenda. Ha gli occhi color del cielo. La guardo e in quegli occhi per qualche istante mi perdo. I capelli, sono di un biondo oro e le scendono fin sopra le spalle. Il viso è dolce come quello di una madonna. Non fanno caso a me, ma continuano a sorseggiare il loro cappuccino. Vorrei dire loro qualche cosa, ma balbettando, le saluto con un misero: buon giorno. Mi capita di rado avere compagnia di prima mattina. Forse, penso, quando ritornerò per pranzo, non ci saranno più, meglio non farsi delle illusioni e non rimuginarci sopra. Sono le tredici passate quando rientro dal lavoro e le vedo di nuovo sedute allo stesso tavolo. Prendo il coraggio a due mani e dopo averle salutate, le chiedo:

    «Scusate la mia curiosità, non vorrei importunarvi, ma siete di passaggio oppure ospite dell’albergo?».

    La signora mi scruta dalla testa ai piedi. Questo suo modo di fare mi mette in uno strano stato di soggezione, ma abbozzando un mezzo sorriso, che mi rincuora, risponde.

    «Come mai questa curiosità, giovanotto?».

    «Scusi signora, non mi fraintenda, non voglio impicciarmi dei fatti vostri, ma solo per sapere se avrò un po’ di compagnia nei prossimi giorni, nient’altro, mi creda».

    «Penso di sì. Mia nipote ed io vorremmo fermaci per qualche giorno. Lontane dal frastuono della città e dal chiacchiericcio della gente. So che in quest'albergo come ospite estivo c’è solo lei».

    «Ha ragione. Un mio amico di nome Giovanni, che insegna nella scuola elementare di Fonteno, il paese a ridosso del monte e la signorina Salvemini, che fa scuola a Xino, la frazione che si trova proprio qui sotto, sono entrambi tornati a casa e rientreranno all’inizio del prossimo anno scolastico. Come può vedere sono rimasto il solo ospite e la vostra compagnia mi farebbe un immenso piacere. Spero solo di non disturbare».

    «Non vedo il motivo per il quale dovrebbe disturbarci, anzi, scambiare quattro parole, mentre si sta cenando, farà piacere anche a me. Mi chiamo Maria e questa è mia nipote Sofia».

    «Il piacere è tutto mio. Mi chiamo Virginio», le rispondo.

    Il pomeriggio, quasi tre ore, lo passiamo insieme a chiacchierare, del più e del meno, seduti su di una panchina che si trova sull’ampia terrazza, che pare sospesa sul lago. Quando chiedo loro la provenienza, sviano il discorso parlando d’altro, così non insisto. Verso le diciassette, la signora se ne va salutandomi con un gesto della mano. Rimaniamo solo io e la ragazza, che mi guarda, ma non parla. Non sapendo come comportarmi e che cosa fare, mi alzo per andarmene. Sofia, mi sorride e dice: «Per favore non te ne andare e scusa se ti do del tu. Non potresti farmi ancora un po’ di compagnia?».

    Mi rimetto seduto e la guardo. «Che bella che sei», mormoro, quasi per paura che mi senta e non so come abbia fatto, però ha sentito.

    «Grazie del bel complimento. Ti ho chiesto di farmi compagnia perché sento la necessità di parlare con qualcuno, altrimenti mi annoio. Mia nonna è molto anziana, le piace silenzio e tranquillità, a me no. Certo, bisogna ammettere che in quest'albergo, specialmente nel periodo estivo, si dovrebbe stare bene, almeno lo spero. Il paesaggio è davvero stupendo. Come si mangia non lo so ancora, perché noi abbiamo pranzato una sola volta. Scusa se te lo chiedo, ma non soffri un po’ di solitudine? Più di due mesi, sempre solo».

    Stranamente, senza un motivo apparente, arrossisco un po’. Non so che cosa risponderle, poi la lingua si scioglie.

    «Me ne stavo andando perché pensavo volessi rimanere da sola».

    Guarda che razza d’imbecille che sono. Con tutto quello che avevo pensato di dirle, sono stato capace di pronunciare solo una simile stupidità. Non capisco perché m’impappino sempre alla presenza di una bella ragazza. Mi guarda e sorride di nuovo, forse per mettermi a mio agio. Sicuramente è molto più disinibita di me.

    «No, non volevo disturbarti. Sono curiosa di sapere come passi le tue serate e le festività. Va bene che di giorno lavori, ma poi immagino che non resterai rintanato sempre in albergo?».

    «Certo che no. Qualche volta, quando le giornate sono belle, di sera esco a fare una passeggiata. Oppure vado al cinema o a mangiare una pizza con alcuni amici del posto. La domenica pomeriggio, se non trovo di meglio, vado a ballare in un locale di una frazione del paese dove lavoro: Esmate. Comunque vivo la vita nella semplicità delle cose. Io non ho pretese eccessive solo per apparire. Mi sento e sto bene così. È fuori da ogni dubbio che spesso mi manca la compagnia, ma qualche avventore occasionale che ha voglia di fare quattro chiacchiere si trova sempre ed io non mi tiro mai indietro. Devo ammettere che sono molto timido e tua nonna mi ha messo in soggezione».

    «Beh! Che tu sia timido me ne sono accorta, ma ti assicuro che Maria è dolce e affabile con tutti. Oggi e sabato, che cosa farai questa sera? Esci con la fidanzata?».

    «Vorrei, è da tanto tempo che la sto cercando, ma lei non si fa trovare. Sembra che si stia nascondendo. Chissà poi perché».

    La sua risata argentina è contagiosa. Infatti, ora siamo in due a ridere di gusto.

    «Ti chiedo scusa, ma adesso devo lasciarti», le dico. «Vado a fare quattro passi, prima di cena, mi aiutano a pensare e a programmare la serata. Sono davvero dispiaciuto di doverti lasciare tutta sola, ma certe abitudini faticano a morire».

    «Posso farti compagnia?», mi risponde.

    Colto alla sprovvista, la sua domanda mi lascia stupito e perplesso. Ci conosciamo solo da poche ore. Rimango

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