Verso la cuna del mondo. Lettere dall'India
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Anteprima del libro
Verso la cuna del mondo. Lettere dall'India - Guido Gozzano
INDICE
VERSO LA CUNA DEL MONDO
Guido Gozzano
Poetica
I temi della sua poesia
La Torino d’altri tempi
L’ambiente canavesano e la natura
La malattia e la morte
Le terre remote
Opere
Letteratura
Raccolte poetiche e racconti
Epistolari
Edizioni varie
Cinema
Sceneggiatore
Bibliografia
Studi
Filmografia
VERSO LA CUNA DEL MONDO
Le grotte della Trimurti
Le Torri del Silenzio
Goa: la Dourada
Un Natale a Ceylon
Da Ceylon a Madura
La danza d’una Devadasis
Le caste infrangibili
I tesori di Golconda
L’Impero dei Gran Mogol
Agra: l’immacolata
Fachiri e ciurmadori
Giaipur: città della favola
L’olocausto di Cawnepore
Il fiume dei roghi
Il vivajo del Buon Dio
GUIDO GOZZANO
VERSO LA CUNA DEL MONDO
LETTERE DALL’INDIA
Il presente ebook è composto di testi di pubblico dominio.
L’ebook in sé, però, in quanto oggetto digitale
specifico,
dotato di una propria impaginazione, formattazione, copertina
ed eventuali contenuti aggiuntivi peculiari (come note e testi introduttivi),
è soggetto a copyright.
Edizione di riferimento: Verso la cuna del mondo: lettere dall’India / Guido Gozzano. - Torino: EDT, [1998]. - VII, 149 p.; 24 cm.
Immagine di copertina: https://pixabay.com/it/photos/cane-viaggio-india-patrimonio-4111651
Elaborazione grafica: GDM, 2019
Guido Gozzano
Guido Gustavo Gozzano (Torino, 19 dicembre 1883 – Torino, 9 agosto 1916) è stato un poeta italiano. Il suo nome è spesso associato alla corrente letteraria post-decadente del crepuscolarismo. Nato da una famiglia benestante di Agliè, inizialmente si dedicò alla poesia nell’emulazione di D’Annunzio e del suo mito del dandy. Successivamente, la scoperta delle liriche di Giovanni Pascoli lo avvicinò alla cerchia di poeti intimisti che sarebbero stati poi denominati crepuscolari
, accomunati dall’attenzione per le buone cose di pessimo gusto
, con qualche accenno estetizzante, il ciarpame reietto, così caro alla mia Musa
, come le definì ironicamente lui stesso. Morì a soli 32 anni, a causa della tubercolosi che lo affliggeva.
Poetica
Gozzano non assume pose da letterato e scrive le sue rime, segnate dalla tristezza e dal sentimento della morte, con ironico distacco. Alla base dei suoi versi vi è un romantico desiderio di felicità e di amore che si scontra presto con la quotidiana presenza della malattia, della delusione amorosa, della malinconia che lo porta a desiderare vite appartate e ombrose e tranquilli interni casalinghi. La sua produzione è molto apprezzata da Montale che sottolinea il suo far cozzare l’aulico col prosastico facendo scintille
. I caratteri aulici sono però sempre presentati e come trasfigurati attraverso il filtro sottile dell’ironia, una distanza
che egli mantiene anche rispetto alla gioia delle piccole cose o della quotidianità a differenza degli altri Crepuscolari.
I temi della sua poesia
La Torino d’altri tempi
Tra i temi essenziali al mondo poetico di Gozzano vi è l’immagine della città natale, di quella sua amata Torino alla quale egli costantemente ritornava. Torino raccoglieva tutti i suoi ricordi più mesti ed era l’ambiente fisico ed umano al quale egli sentiva di partecipare in modo intimo con sentimento ed ironia. Accanto alla Torino contemporanea era assai più cara al poeta la Torino dei tempi antichi, quella Torino antica e un po’ polverosa che suscitava nel poeta quegli accenti lirici carichi di nostalgia.
L’ambiente canavesano e la natura
Accanto alla Torino gozzaniana viene proposto dal poeta il vicino ambiente canavesano, dove si ritrovano fondamentali immagini di contemplazione paesista e dal quale scaturiranno l’estremo mito lirico incarnato dal mondo della natura, che poteva dargli, come egli dice la sola verità buona a sapersi
e le ultime persone
della sua poesia, l’archenio del cardo, la selce, l’orbettino, il macaone
e infine tutte le farfalle del suo poema incompiuto che gli faranno ritrovare la sua grande tenerezza per le cose che vivono
, non ultimo il fanciullo che era tenero e antico
.
La malattia e la morte
L’aggravarsi della tisi che condurrà il poeta alla morte a soli trentadue anni, nel 1916, lascia molte impronte in tutti i suoi versi e diventa occasione lirica come in Alle soglie, dove viene registrata anche la prova della schermografia
Le terre remote
Quando tra il febbraio e l’aprile del 1912 Gozzano si recò in India tenne la cronaca del suo viaggio che espresse a volte in forma appassionata ed esterna, a volte in forma intima e sofferta. Nacquero le Lettere dall’India
, che, composte tra il 1912 e il 1913, apparvero su La Stampa
torinese del 1914 e vennero in seguito pubblicate in volume presso i Fratelli Treves, con prefazione di Borgese nel 1917. Con queste immagini di terre lontane nasceva la più alta prosa di Gozzano, pur rimanendo il suo mondo poetico, anche di fronte alle immagini suggestive di orizzonti sconosciuti e non abituali, sempre collocato all’interno dei propri determinati e sicuri confini. Gozzano, descrivendo la sua esperienza di viaggio, affronta anche il tema dell‘altro viaggio
, quello della morte.
Opere
Letteratura
Raccolte poetiche e racconti
La via del rifugio, 1907
I colloqui, 1911
I tre talismani, 1914
Verso la cuna del mondo. Lettere dall’India, 1917
L’altare del passato, 1917
La principessa si sposa, 1918
L’ultima traccia, 1919
Primavere romantiche, 1924
Epistolari
Lettere d’amore di Guido Gozzano e Amalia Guglielminetti, a cura di S. Asciampreuner, Milano 1951
Lettere a Carlo Vallini con altri inediti, a cura di G. Di Rienzo, Torino 1971
Lettere dell’adolescenza a Ettore Colla, Edizioni dell’Orso, Alessandria 1993
Edizioni varie
La moneta seminata e altri scritti, con un saggio di varianti e una scelta di documenti, a cura di F. Antonicelli, Milano 1968
Tutte le poesie, testo critico e note a cura di A. Rocca, introduzione di M. Guglielminetti, Milano 1980
Fiabe e novelline, scelta delle fiabe e nota critica: Carmine De Luca, disegni: Anna Keen, edizione riservata ai lettori de L’Unità - Supplemento al n. 181 del 31.07.1996, Roma - L’Unità, Torino - Einaudi
San Francesco d’Assisi, a cura di M. Masoero, Edizioni dell’Orso, Alessandria 1997
Verso la Cuna del mondo - Lettere dall’India, a cura di F. di Biagi, postfazione di G. Bàrberi Squarotti, La Finestra editrice Trento 2005. Prima edizione integrale dell’opera.
Verso la Cuna del mondo, Greco & Greco, Milano 2007. Note al testo e saggio introduttivo di V. Gueglio ISBN 978-88-7980-433-2
Cinema
Sceneggiatore
La vita delle farfalle, documentario, 1911
San Francesco d’Assisi, film biografico, mai girato, 1916
Bibliografia
Studi
W. Binni, La poetica del Decadentismo, Sansoni, Firenze 1936
O. Bensi, Una relazione letteraria. (Amalia Guglielminetti e Guido Gozzano), tesi di laurea, Torino 1944
A. Piromalli, Ideologia e arte in Guido Gozzano, La Nuova Italia, Firenze 1973
F. Antonicelli, Capitoli gozzaniani, Leo S. Olschki, Firenze 1982
M. Guglielminetti, La «scuola dell’ironia». Gozzano e i viciniori, Leo S. Olschki, Firenze 1984
AA. VV., Guido Gozzano. I giorni, le opere, Atti del convegno nazionale di studi, Torino, 26-28 ottobre 1983, Leo S. Olschki, Firenze 1985
F. Di Biagi, Sotto l’arco di Tito: le Farfalle
di Guido Gozzano, La Finestra editrice, Trento 1999
Arnaldo Di Benedetto, Sugli «amori ancillari» di Guido Gozzano eSaba e Gozzano: considerazioni contrastive, in Poesia e critica del Novecento, Liguori, Napoli 1999, pp.25–31 e 33-48
M. Masoero, Guido Gozzano. Libri e lettere, Leo S. Olschki, Firenze 2005 ISBN 88-222-5503-8
M. Masoero, «Un nuovo astro che sorge». Giudizi ‘a caldo’ sulla Via del rifugio, Leo S. Olschki, Firenze 2007 ISBN 978-88-222-5751-2
M. Rota, «Amalia, se Voi foste uomo…» Silloge gozzaniana.Prefazione di Vittorio Sgarbi, note critiche di Claudio Gorlier, Golem, Torino 2016
Patrick Worsnip, Sleeping with Gozzano, PN Review, Issue 229, Manchester May-June 2016, pp.41-45
Filmografia
Guido Gozzano di Gianni Casalino (1983)
GUIDO GOZZANO
VERSO LA CUNA DEL MONDO
LETTERE DALL’INDIA
Le grotte della Trimurti
Garapuri: «città degli antri» o Deva Devi, «isola degli Dei»: è forse la più bella gita che offra Bombay, certo quella che unisce in minimo spazio i motivi esotici più interessanti pel forestiero. Ma difficilmente un inglese, un nativo tanto meno, la propone al suo ospite; trova di miglior gusto condurvi alla spettacolosa sala di skating (sì, hanno il coraggio di darsi a questo sport, con una temperatura minima di trenta gradi), o all’unica matinée che dà la Cleo De Merode, di passaggio per Bombay alla volta del Siam, con un plutocrate innominato, o al gigantesco teatro cinematografico dell’Esplanade, dove al soffio – ohimè! vano – di trenta ventilatori la vostra nostalgia d’italiano sussulta vedendo apparire a sfondo di qualche film poliziesca il Canal Grande, il Pincio, il Valentino. Ma veramente non si viene in India per questo. Non è facile l’arte del Cicerone perfetto, del duca ideale nel proprio paese; le cose vicine, anche bellissime, non si vedono più; e l’inglese non pensa a farvi vedere l’isola d’Elefanta, come noi italiani esitiamo prima di proporre la baedekeriana gita a Capri, a Monreale, a Superga. Gli inglesi vanno ad Elefanta per due cose soltanto: mangiare e fare all’amore. Il vaporino che supera le sei miglia di mare dall’isola di Bombay all’isola d’Elefanta, è in gran parte occupato da famiglie merendanti e da coppie amorose: viaggio al paese di Cuccagna, embarquement pour Cithère…
Ma oggi non è domenica, e lo steamlunch è quasi deserto. Non è domenica, e l’immensa rada di Bombay non è paralizzata dall’inesorabile riposo festivo, offre tutta la policromia gaudiosa, la bellezza varia della sua attività. Dobbiamo attraversare il porto della grande metropoli asiatica; la lancia passa come un moscerino ronzante tra i fianchi delle navi: navi di tutta la terra: inglesi, francesi, olandesi, giapponesi, australiane, americane; di tutti i tempi: colossali alcune, nuove, intatte, saggio imponente dell’ultima civiltà; altre di forma arcaica, di età non definibile, zattere immense con una sola grande vela, che osano attraversare l’Oceano Indiano dall’Africa all’India, affidandosi per lunga esperienza a quel dato soffio di monsone in quel dato giorno stabilito: velieri decrepiti che fingono di ignorare ancora l’istmo di Suez, poichè la tassa di transito che si paga a Porto Said varia dalle trenta alle cento e più mila lire, e ripetono il loro viaggio secolare circumnavigando l’Africa, l’Arabia, la Persia; velieri panciuti, d’una tinta uniforme di vecchio legno fradicio, dalle vele gialle a sbrindelli e a rattoppi, così decrepiti che fanno pensare alle galee portoghesi che ripararono per la prima volta in Buona-Bahia (Bombay), ai negrieri, ai pirati che furono per tanti secoli i signori indisturbati di questi mari e di queste terre.
Non è leggenda: tutta la popolazione marinara e peschereccia di Bombay, che vive nelle isole vicine, in capanne minuscole, sotto l’ombra dei cocchi eccelsi, è discendente di pirati; l’isola di Colaba, che si disegna verdeggiante oltre la foresta delle antenne e delle vele, era abitata ancora al principio del secolo scorso da cacciatori di naufraghi: i suoi villaggi, si dice, sono costrutti interamente con rottami di navi. Barbarie pittoresca e civiltà vittoriosa, tutte le razze e tutti gli idiomi, tutte le linee e tutte le tinte si contendono, stridono in questo convegno del Mondo, che offre tante cose rare all’amatore dell’anacronismo e del paradosso.
Avanziamo lungo un piroscafo inglese giunto da poco: la parete curva, nera, vertiginosa s’alza su di noi come il fianco d’un cetaceo colossale; dagli infiniti sportelli aperti giungono voci, s’affacciano volti impazienti; lungo una scaletta troppo fragile scendono i viaggiatori in una lancia d’approdo; quattro indu ignudi ricevono i bagagli, aiutano i fanciulli, i malsicuri nel balzo. Una signora biondissima si rifiuta al passo, i viaggiatori l’incalzano alle spalle, l’incoraggiano, protestano; un