I ladri di polli
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I ladri di polli - Domenico Caputo
Caputo
Capitolo 1
Mancavano due ore all'alba. Stanco per la lunga camminata notturna, Ruggero percorreva le vie di un piccolo quartiere della città con l'intenzione di racimolare qualche soldo per la giornata che nasceva. In tasca aveva sempre la sua tenaglia e il suo cacciavite. Quella notte girovagava da solo, aveva detto ai suoi due soci che per quella sera aveva bisogno di stare con se stesso e i suoi pensieri. Erano mesi, se non anni che non vedeva un bel gruzzolo tra le mani e pensava che nemmeno quella notte lo avrebbe rivisto. Passò davanti ad un Alfa, poi un'Audi, Mercedes, Bmw, tutte auto importanti, tutte auto che se avesse toccato, gli avrebbero provocato solo guai.
Sul finire del viale, in un angolino, c'era una Panda gialla. Risaltava all'occhio in mezzo a tutte quelle auto costose dai colori smorti e risaputi; nero, bianco, blu notte.
Il silenzio lungo la via faceva intendere una sola cosa, che tutti gli abitanti erano nei loro letti a godersi del meritato riposo, a godersi un sogno raccolto durante una vera giornata di lavoro, cosa che a Ruggero non gli era concessa, vista la sua scarsa attitudine al lavoro e la tendenza a truffare.
Si avvicinò alla Panda, guardandosi intorno, e tutto taceva. Portandosi davanti al cofano motore tirò fuori dalla tasca dei jeans la tenaglia e chinandosi cominciò a rompere i fermi che ancoravano la targa al paraurti, facendola cadere tra le sue mani. Così fece anche per la seconda, quella posteriore.
Rimise la tenaglia in tasca e con sicurezza e con le targhe dell'auto sotto braccio si allontanò dalla zona senza dare nell'occhio. Nascose le due lamiere stampate dietro un cespuglio e andò a sedersi ad un angolo di strada dove da lì poteva tenere sotto controllo l'auto che aveva appena deturpato.
Quando guardò l'orologio, erano le quattro e mezza. Chissà a che ora sarebbe sceso il proprietario dell'auto e chissà se fosse stato così acuto da accorgersi della mancanza delle targhe. Molto spesso gli capitava che i proprietari non notavano l'anomalia nelle loro auto e gli toccava aspettare ore per presentarsi agli sventurati e riconsegnare sotto estorsione '' camuffata '', ciò che gli apparteneva.
Seduto sul gradino di una scala, con le mani in fronte, si chiedeva quanto ancora poteva andare avanti così. Ormai era vecchio. Aveva cinquantadue anni ed era stanco di quella vita. Molti dei suoi coetanei e conoscenti gli ridevano in faccia sapendo cosa faceva per campare, ma lui ciò nonostante continuava in quella direzione. Non sapeva fare altro. Non conosceva alcun mestiere e non ci aveva mai provato in vita sua ad impararne uno. Quella stessa notte era sceso per rubare le targhe di un auto e chiedere il riscatto al proprietario. Questo faceva tutte le sere da più di un anno. Col suo bel visino si presentava al derubato e facendo finta di conoscere il responsabile del danno, si faceva pagare un riscatto per riavere indietro ciò che gli era stato rubato. La recita consisteva nel dire al malcapitato che il farabutto, artefice del furto non avrebbe mollato la refurtiva senza un compenso per il lavoro svolto. In fondo, nessuno fa niente per niente, e nemmeno un ladro. Lo sventurato non poteva rifiutare. Fare una denuncia e far delle nuove targhe alla motorizzazione comportava una perdita notevole di tempo e, cosa più importante, un costo maggiore rispetto a quello chiesto per il riscatto.
Un sistema infallibile!
Le ore passavano e il sole cominciava a sorgere. Guardò nuovamente l'orologio. Le sei e mezza. Sperava che di li a poco sarebbe sceso qualcuno, ne aveva abbastanza di aspettare. Per fortuna le sue preghiere furono accolte ed un uomo anziano, con coppola in testa, camicia e pantaloni e con passo strisciante da ottantaduenne uscì da un piccolo vascio in direzione dell'auto. Capì che la Panda apparteneva a quell'uomo perché col telecomando, da notevole distanza, fece disinnescare l'allarme dell'auto in questione.
Rimase ad attendere in piedi, guardando da lontano la scena. L'anziano abbassò lo sguardo e togliendosi la coppola di testa cominciò a grattarsi le tempie calve, stranito. Non ricordava di aver perso la targa anteriore all'auto. Cominciò a guardarsi intorno cercando sull'asfalto, nella speranza di ritrovarla in zona, pensando di averla persa nei paraggi e con doppio stupore, girando attorno all'auto, si accorse che mancava anche quella posteriore.
L'imprecazione e le parolacce di buon mattino fecero intendere a Ruggero che l'anziano era appena venuto a conoscenza del furto.
Strofinò le mani una contro l'altra, compiaciuto. Gettò sotto un'auto cacciative e tenaglia e dopo essersi sistemato per bene i vestiti e ripulito un po' si avvicinò all'uomo.
- Ma porca di quella pu... - L'anziano interruppe l'imprecazione notando la sua figura avvicinarsi.
- Mi scusi signore. Che sta succedendo?- Il tono vago di chi sa tutto e fa finta di niente.
- E tu chi sì? - Domandò innervosito nei confronti di Ruggero nel dialetto del posto.
Con disinvoltura fece finta di essere un passante che attendeva un amico all'angolo della strada e notando il suo tono di voce particolarmente agitato aveva ben pensato di andargli in soccorso.
- M'hanno arrubbato la targa non lo vedi, giovane?! - rispose l'anziano mostrando il danno ricevuto.
Ruggero si grattò il mento. Si guardò intorno e sottovoce si confidò all'anziano invitandolo ad avvicinarsi con un gesto della mano per sussurrargli qualcosa d'importante.
- Io ho visto chi è stato, signò! -
L'uomo in preda alla rabbia sgranò gli occhi e imprecando ancora più forte contro i ladri o '' il ladro'' istigò Ruggero a dirgli immediatamente chi fossero i responsabili per correre dai carabinieri a denunciarli.
Pratico di quelle situazioni, non era la prima volta che sentiva parlare di denunce e arresti e tantomeno di vendette personali con morti ammazzati.
Mise una mano sulla spalla dell'anziano e col suo tono calmo e convincente raccontò all'uomo che la polizia avrebbe provocato soltanto altri danni, mettendo se stesso sotto il mirino dei ladri che si sarebbero ritorsi contro, imitando stragi con mitra ed incendi dolosi ai propri beni.
- Io conosco quella gente ed è meglio non averci a che fare.- continuò confidandosi con l'anziano.
- E che debbo fare allora, wagliò? - con le mani unite, ignaro sul da farsi.
Gli mise una mano sul petto e a bassa voce disse che ci avrebbe parlato lui a quella gente ''immaginaria'' e che avrebbe fatto di tutto per riavere indietro le sue targhe.
L'uomo capì le intenzioni di Ruggero e annuì capendo ciò che gli stava consigliando di fare.
- E quanto debbo pagare mo? - con gli occhi infuocati di chi odia farsi mettere alle strette.
- Vedrò di farti pagare poco, signò. Io li conosco bene, ti faccio avere subito le targhe.- disse con tono autoritario.
Il vecchietto annuì senza scelta. Lo pregò di far in fretta, perché aveva degli impegni importanti per quel mattino e Ruggero annuendo partì alla ricerca dei ladri immaginari.
Tornò dopo una decina di minuti. Per quel tempo ristretto, rimase nell'angolino dove aveva fatto l'appostamento a fumarsi una sigaretta.
Il vecchietto lo vide arrivare senza gli oggetti richiesti tra le mani e ricominciò ad imprecare contro di lui. Cercò di calmarlo e disse che quei tizi gli avevano chiesto cinquanta euro per riaverle.
L'anziano, nel suo dialetto, fece intendere che se le potevano anche appendere ad un muro e che non avrebbe mai pagato quella cifra. Aprì il portafogli e tirò fuori trenta euro, che posò tra le mani di Ruggero e con padronanza e con gli occhi rossi dalla rabbia, gli ordinò di portargli immediatamente quei due pezzi di lamiera stampata di vitale importanza. Ruggero guardò l'orologio, le ore scorrevano velocemente, il sole era già alto in cielo. Guardò le trenta euro e sbuffando ritornò dietro l'angolo, rovistò nel cespuglio dove aveva nascosto la refurtiva e tornò dopo pochi minuti dal loro legittimo proprietario.
Il vecchietto calpestava iracondo il piede sull'asfaltò e quando gli pose tra le mani le targhe, lui gliele strappò senza nemmeno ascoltare la sua storiella, dove ''i ladri'', per questa volta aveva accettato la sua somma.
L'anziano lo salutò con un - Statt bun! - che significa ''stammi bene'', mentre Ruggero, con passo deciso si allontanò.
Non fece che pochi metri, quando venne richiamato dalla voce dell'anziano che cercava la sua attenzione
- Wè, giovane!?- gridò l'uomo nei suoi confronti.
Ruggero si voltò per ascoltare.
- Che c'è, signò?- chiese ad alta voce con un sorriso falsissimo.
- Impara un mestiere, pisciaturo! -
Capitolo 2
La giornata era andata. La notte aveva fruttato un bottino magro. Solo trenta euro per una fatica immane. Era davanti alla porta della sua abitazione e già sentiva le urla che sua moglie avrebbe rivolto dinanzi a quella misera somma.
Inserì la chiave nella fessura e aprì. Cercò di entrare con discrezione, nella speranza che tutti fossero ancora a letto, ma si sbagliava. Lei era seduta su una sedia in cucina intenta a sorseggiare un caffè, dandogli le spalle. Lo sguardo era rivolto verso la porta finestra che dava su un giardinetto e in quel momento della giornata era meglio non guardarla in faccia.
- Quanto hai guadagnato? - dritta e pungente come un colonnello. Sempre ferma sulla sedia, aveva smesso di bere.
''Cazzo, è già nervosa.'' notò Ruggero. ''Ed ora cosa le dico?''. Ma l'istante che passò dal formulare una risposta, al momento di pronunciarla fu abbastanza lungo per decretare la sua sorte. Cosa che gli costò parecchio.
Il braccio di lei cominciò a tramare in