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Dark & Weird
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E-book276 pagine3 ore

Dark & Weird

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Horror - racconti (214 pagine) - Esistono territori oscuri, appena al di là della nostra percezione. Dimensioni che solo la fantasia può permettersi di esplorare, regioni dello spirito fatte d’ombre e meraviglie che ci attendono per essere scoperte...

Dark & Weird è un’antologia di racconti horror/weird a cura di Luigi Boccia e Nicola Lombardi, con alcune tra le firme più importanti del panorama fantastico italiano e internazionale: Alan D. Altieri, Franco Forte, Danilo Arona, Gianfranco Nerozzi, Luigi Cozzi, Joe Weintraub, Aristide Capuzzo, Gianfranco Staltari, Manfred Oravec. Prefazione di Gianfranco Nerozzi.

LUIGI BOCCIA
Scrittore, sceneggiatore e regista, ha lavorato per diverse case di produzione cinematografica tra le quali la Eagle Picture, La 7 e Rai. Tra i suoi libri La Janara (2007), Leonardo da Vinci e la finestra sul tempo (2014), La Notte chiama (2016), Scarescrow (2018). Ha curato diverse antologie e volumi per vari editori, ed è autore di saggi, tra i quali Licantropi e Chi è Pennywise?, Scrivere l’horror nel cinema e nella televisione. Per Delos Digital cura la collana Horror Story. È il fondatore del marchio editoriale Weird Book. Nel 2014 ha diretto il cortometraggio di fantascienza “Figli di Nessuno”, nel 2015 il docufiction “Il Ballo delle Spiritate”, e nel 2018 il thriller fantascientifico Scarlett, di prossima uscita nelle sale.
NICOLA LOMBARDI
Esordisce nel 1989 con la raccolta Ombre – 17 racconti del terrore. Suoi sono i romanzi tratti dai film di Dario Argento Profondo Rosso e Suspiria editi da Newton & Compton. Collabora per diversi anni con il mensile di cultura fantastica Mystero e cura varie traduzioni per le edizioni Profondo Rosso e Independent Legions. Tra le sue pubblicazioni: le raccolte di racconti I racconti della piccola bottega degli orrori, La fiera della paura, Striges; e i romanzi I Ragni Zingari (con il quale nel 2013 vince il Premio Polidori), Madre nera e La Cisterna. È membro dell’Horror Writers Association.
LinguaItaliano
Data di uscita8 ott 2019
ISBN9788825410150
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    Anteprima del libro

    Dark & Weird - Luigi Boccia

    9788825410136

    Questa è per te, Big Wolf

    Di pancia e di cuore: indomiti cantori dell’impensabile

    Gianfranco Nerozzi

    Tutta questa oscurità.

    Viene da chiedersi il motivo. La ragione che ci spinge a penetrarla, come in un amplesso.

    Tutti questi mostri da stanare: di dentro e di fuori.

    Mostri ancestrali. Mostri degli abissi. Mostri della ragione.

    Mostri.

    Ricordi lontani, sempre vicini… Malinconie.

    Per quale motivo ti piacciono i mostri?

    Perché i mostri sono belli!

    Lo disse mio figlio, in un giorno lontano, quando era ancora un cucciolo di lupo. Per spiegare la sua passione per il genere horror, durante una sorta di intervista che gli fecero nell’occasione della pubblicazione di Una notte troppo nera, un mio romanzo di paura per bambini uscito per la Disney con protagonista, udite udite, niente po’ po’ di meno che: Mickey Mouse – perché le vie dell’orrore sono davvero infinite e io ne ho percorse tante. Me lo ero preso dietro, il mio pargolo, alla conferenza stampa di presentazione di quel libro, e alla fine, più stupito che altro, mentre firmava autografi accanto a me, per una torma di suoi coetanei che lo ritenevano una star in quanto figlio di cotanto genitore, lui aveva rilasciato quella dichiarazione lì: e si vede che buon sangue non mente mai.

    Tanto che in un altro contesto, sempre lui, mitico Samuele, aveva dichiarato, per spiegare il motivo per cui gli piacessero certi generi: perché io l’horror ce l’ho nel sangue.

    Era molto piccolo allora, e quindi ancora molto saggio (a tre anni gli avevo già fatto vedere Alien, quindi fate voi). Non che adesso non lo sia, saggio. Ma allora possedeva ancora quella capacità poetica di comprensione istintiva, scevra da condizionamenti e assolutamente pura, che può avere solo un bambino di quella età.

    Lui era riuscito con due frasi semplici e perfette a connotare in pieno una passione, un amore, un desiderio, una pulsione irresistibile. La stessa selva di oscure emozioni che cerchiamo di condividere noi, scrittori maledetti, con voi, coraggiosi lettori.

    Ricordo che allora, proprio grazie a quei due aneddoti genitoriali (o paterno-filiali, vai a sapere) risolsi un sacco di incipit in molteplici conferenze, o incontri letterari dove dovevo sproloquiare con ispirate e dotte diquisizioni quale esperto di temi tenebrosi e quant’altro. Cosa che sto facendo pure adesso, pensandoci… Invecchiando si tende a ripetere le cose, no? A restarci attaccato.

    I mostri ci piacciono perchè sono belli e l’horror lo abbiamo nel sangue.

    Sacrosanto, piccolino.

    Perché è proprio di mostri appassionanti e di sangue, che vogliamo (dobbiamo) parlare. Tanto per cominciare.

    Poi viene il resto. Viene sempre il resto…

    Un certo Clive Barker recitava, in una straordinaria didascalia per connotare la sua opera forse più riuscita, Books of Blood: siamo tutti libri di sangue, perché dovunque ci aprano siamo rossi. Una frase decisamente ad effetto. Che è poetica ma fa venire i brividi, inorridisce.

    Come i racconti questa antologia. Come le opere di coloro che sono capaci di affrontare il pericolo, di raccontarlo, per trasformare il terrore e tutte quante le cose che non ci piacciono e che ci fanno incazzare, in qualcosa per cui vale la pena boccheggiare. Storie degne di essere vissute.

    Tutti questi cantori che non smettono, crudi reporter del tempo dei mostri e del dolore, agiscono sempre e comunque ai confini dell’im-possibile, in quella dimensione oscura e strana, là dove tutto tace e nello stesso tempo tutto urla, urla forte. Assordante da morire.

    Celebrare il mostro con le parole per sconfiggerlo, come gli sciamani. Uccidere il male, estirpandolo dalla realtà, come gli esorcisti. Sanguinare e poi guarire. Superare i confini. Esplorare quello che sta al di là, fuori dal mondo, nelle zone morte, oltre la sfera del tempo, nelle casebuie. E tornare indietro per riferire come monaci guerrieri che restano insonni ad aspettare i demoni per intervistarli.

    Vincere tutta questa oscurità che preme, facendocela amica.

    Cronicizzare l’Apocalisse.

    Questo è quello che facciamo.

    Questo è quello che dobbiamo essere: poeti della tenebra, bambini perduti, esploratori di obitori, cavalieri dell’abiezione…

    Tutta gentaglia che prende le cose di pancia e di cuore. Non potrebbe fare altrimenti.

    Oh sì.

    Come in questo libro, come questi autori in questa raccolta di racconti, la prima di una lunga serie.

    Un drappello che va in avanscoperta. Guidato da un capo pattuglia fenomenale come Alan D. Altieri. Il cui corpaccione non è più fra noi. Tutto il resto, di lui, però è rimasto, con noi. La sua pancia, il suo cuore, la sua anima: un’eredità che non ci lascerà mai. Così come il suo contributo a questa antologia. Uno straordinario omaggio a Lovecraft: da grande a grande. Sommergibili atomici e ancestrali mostri degli abissi.

    Il Big Wolf apre quindi le danze, subito dopo questa mia introduzione da oscuro ciambellano.

    Poi arrivano tutti gli altri, uno dopo altro. Inesorabili come pallottole che colpiscono nel segno.

    Viscerali da morire.

    Indomiti cantori dell’impensabile.

    Gianfranco Nerozzi

    Full Dagon Five

    (Resurrezione dal profondo)

    Alan D. Altieri

    Full fathom five thy Father lies,

    Of his bones are coral made,

    Those are pearls that were His eyes,

    Nothing of Him that doth fade,

    But doth suffer a sea-change,

    Into something rich and strange.

    Shakespeare, Tempest

    Ombre.

    Niente altro che ombre nell’acqua.

    Perturbazioni da troppi stillicidii.

    Fluiscono sulla superficie.

    Vacue increspature provocate dal vento e dalla pioggia.

    Da qualche parte, voci stanno cantando. Inno alla deità. Molte voci. Lode al ritorno.

    Le ombre nell’acqua si dilatano.

    Danza indefinita, imperscrutabile.

    Vanno a disgregarsi contro bordi di pietra.

    Solo frammenti di oscurità liquida.

    * * *

    – Rilevamento.

    – Uno-quattro-quattro.

    – Navigazione. Timone di profondità.

    – Trentatré gradi negativi, costante.

    Lo osservai ergersi dal tavolo strategico. – Timone di profondità: mantenere vettore.

    – Aye, skipper. Profondità, mantiene vettore.

    – Navigazione. Timone di rotta.

    – Deviazione trasversa. Cinque gradi, ventinove primi, sedici secondi sud-sud-ovest.

    – Valido.

    – Timone di rotta: correggere di cinque gradi nord.

    – Aye, skipper. Rotta, cinque grandi nord.

    Divenne un’ombra di un nero compatto contro il mosaico luci e ombre del CON. Quello strano miscuglio di oscurità metallica, aloni emorragici, lampi lividi.

    – Rilevamento.

    – Uno-otto-quattro.

    – Assetto: alla via così.

    – Alla via così.

    Come se tutte le lampade dello scafo fossero annegate nel sangue. Come se tutti i monitor del sistema fossero immersi nel ghiaccio secco.

    – Skipper a tutte le sezioni. – Si portò alle labbra il microfono dell’intercom. – Stand-by. Richiedo conferma.

    – Assetto: Stand-by.

    – Navigazione: Stand-by.

    – Sonar: Stand-by.

    – Propulsione: Stand-by.

    – Armamento: Stand-by.

    Un’unica sfida da tutte le viscere d’acciaio del vascello.

    – Molto bene, signori. – Lo guardai sorridere. – Qualcuno vuole giocare con noi, là sotto. – Solo una contrazione di tendini facciali, quel sorriso. – Errore già commesso in ben altri mari, da ben altri avversari. – Sibilò nell’intercom. – Aye, boys?

    AYE, SKIPPER!

    Un’unica determinazione da ognuno degli uomini del suo equipaggio.

    Girò gli occhi sul CON. – Qualcuno, là sotto, crede di sapere qualcosa che noi non sappiamo. – CON per Controllo, mente e sistema nervoso centrale del vascello. – È già accaduto, ricordate? – A tutti gli effetti, bastava che fosse lui a ricordare. – Stretto di Hormuz e Stretto di Bering, Mare dei Sargassi e Mare di Barents. – Capo e guida, padre e voyvoda. – Chiunque fossero contro di noi in quelle acque, impararono la lezione. – Alla fine, incontrò il mio sguardo. – Una lezione terminale.

    Non parlai. So che cosa lui ha fatto in tutte quelle acque. Non era necessario che parlassi. So anche chi lui è. O forse crede di essere.

    Dio dell’abisso?

    Blake, Comandante Robert J. Blake, J per Joshua.

    Il più giovane, il più decorato ufficiale della United States Navy. Guardiamarina a diciannove anni, tenente di vascello a ventuno, capitano di fregata a ventitré. Irresistibile ascesa. Accademia Navale di Norfolk, Virginia: primo del suo corso, summa cum laude. Scuola Sommergibilisti di Groton, Connecticut: primo nel suo corso, menzione speciale dell’Ammiragliato. Inarrestabile carriera. XO, ufficiale in seconda, a ventiquattro anni. Primo imbarco operativo: USS Kentucky, SSN-74, sub strategico Classe Los Angeles. Zona di operazioni, Golfo Persico e Golfo del Bengala. Divenuto skipper sul campo dell’onore. Nathan T. Fallon, T per Thimoty, comandante del Kentucky, gli crepa davanti nel CON. Aneurisma dell’aorta, folgorante. Blake si ritrova alla guida di un vascello con abbastanza testate nucleari da livellare metà del pianeta, nel quadrante strategico più caldo dell’intero pianeta. Trionfo, per lui e per il Kentucky. Trionfo completo nella copertura di fuoco di due flotte della nuova demoKrazia d’esportazione durante tutta Iran Liberty. Fino a diventare Torpedo R.J.: Warrior of the Deep, guerriero della profondità. Parola di Time Magazine, cover-story. Il resto? Solo un inevitabile algoritmo verso il più fulgido dei cieli.

    Il più tenebroso degli abissi?

    Robert J. Blake riagganciò il microfono. Tornò in controllo del CON. – Rilevamento.

    – Due-otto-quattro.

    Duecentoottantaquattro piedi. Sempre più in basso. Novanta metri sotto la superficie. Sempre più verso il baratro. Perché questa È la macchina del baratro.

    Corpus Christi.

    USS Corpus Christi, SSN-129, sottomarino H-K Classe Seawolf. Corpus Christi come la città sulla costa del Texas. Oppure in onore del Corpo di Cristo, al Servizio degli Stati Uniti d’America. Un nome una garanzia, comunque fosse. Quindici ufficiali e i centouno uomini di equipaggio. Novemila tonnellate a pieno carico, quarantamila cavalli di spinta, reattore nucleare General-Electric S6W. Velocità massima trentacinque nodi in immersione, venti nodi in modalità silente. Cinquanta tra torpedini e SLCM’s, Submarine-Launched-Cruise-Missiles, missili da crociera a lancio in immersione. Tutti quanti muniti di testata nucleare. Non può incenerire metà del pianeta, lo USS Corpus Christi. Per contro, può incenerire metà delle flotte sommerse del pianeta. H-K: Hunter-Killer, cacciatore-uccisore. Un sub per cancellare altri sub.

    L’arma definitiva del profondo.

    Al comando del guerriero definitivo del profondo.

    Robert Blake focalizzò nuovamente sul CON. – Rilevamento.

    – Tre-tre-zero.

    – Navigazione.

    – Timone di profondità: trenta gradi a scendere.

    – Timone di rotta: correzione completa, cinque gradi nord.

    – Alla via così.

    – Aye, skipper: alla via così.

    – Andiamo a stanarli. – Blake sorrise, denti come zanne nella luminescenza rossastra del CON. – Sonar.

    Rigido sulla poltrona anatomica, l’operatore attendeva. – Skipper.

    Riverberi evanescenti dal monitor circolare danzavano sul velo di sudore che copriva la sua faccia.

    – Facciamogli un saluto. – Blake annuì, mascella dura. – Ping a lungo raggio, dritto a prora.

    L’operatore sonar lavorò sulla tastiera. – Ping a lungo raggio, dritto a prora.

    – Emissione al mio mark – decise Blake. – Tre-due-uno: mark.

    L’uomo sonar premette il tasto Enter.

    Ping!

    Perturbazione.

    Percorse l’intera struttura del Corpus Christi come il morso di un rettile meccanico. Onda sonora direzionale a frequenza ultra bassa. In grado di penetrare la barriera della pressione idrostatica crescente. In grado di rimbalzare nel baratro e ritornare come eco. In modo da definire, da rivelare.

    – Tracciamento.

    – Meno trecento-cinquanta piedi, skipper. – L’operatore sonar seguì la discesa dell’onda. – Meno quattrocento, meno cinquecento, meno seicento piedi. Meno sett…

    Cccrrcckkkkk

    Suono in risposta. Parve un rantolo. Non aveva senso.

    Blake inclinò il capo da una parte. – Profondità?

    Non aveva nessun senso.

    – Sotto i seicento piedi, skipper.

    – Lettura eco di ritorno.

    – Analisi… – L’uomo sonar si portò la mano all’auricolare, martellando altri tasti. – Negativo, skipper. – Scosse il capo. – Non computa.

    Non era un’eco?

    – Ecco, skipper, io… – L’uomo sonar strinse le palpebre. – Non lo so che cos’era.

    Sguardi nel CON. Dal sonar, uomo dell’incertezza, allo skipper, uomo della risposta.

    Solo che non esisteva nessuna risposta.

    – Fanno i furbi. – Blake sorrise. – Nessun problema. – Di nuovo i dentoni da squalo di Torpedo R.J., Warrior of the Deep. – Tempo di impartire un’altra lezione. Aye, boys?

    AYE, SKIPPER!

    Altro coro dall’equipaggio del Corpus Christi.

    – Lezione, Comandante Blake?

    Le mie prime parole dopo: Chiedo il permesso di salire a bordo. Il coro andò a perdersi contro la strumentazione.

    Uscii dalle ombre emorragiche del CON. – E la impartisci a chi?

    * * *

    Si erge sui frammenti di oscurità liquida.

    Il fulcro della fontana.

    Colonna centrale. Creature marine pietrificate in un unico sostegno. Marmo bianco allargato in una doppia forma a disco, concavità sotto convessità.

    Il getto primario si sparge sulla convessità superiore.

    Ricade a vessilli gorgoglianti sulla concavità inferiore.

    Da là, scende fino alla vasca.

    Le ombre nell’acqua si moltiplicano.

    Anche le voci si moltiplicano. Piene di aspettativa mistica. Scivolano sull’acqua. Pervase da ansia sacra.

    Su tutto questo, le ombre nell’acqua, le voci devote, incombe la notte.

    La notte del Giorno dei Morti.

    * * *

    Altri sguardi nel CON.

    Tutti quanti su di me, adesso.

    Incluso lo sguardo di Robert J. Blake. – Ho chiesto il tuo parere, Dottor Traversi?

    Pestò molto su Dottor. Come se fosse una sorta di insulto. A tutti gli effetti, lo era.

    – Non esprimevo un parere. – Bevvi un sorso di caffè dalla tazza di ceramica con il logo del sub. – Ti rivolgevo una semplice domanda. – Croce argentea su sfondo nero, grappoli di folgori minacciose, USS Corpus Christi sull’arco superiore dell’emblema, SSN-109 sull’arco inferiore. – Vuoi che te la ripeta?

    Niente più dentoni nell’espressione di Torpedo R.J. Solamente labbra serrate. Si spostò di fronte al tavolo strategico del CON. Prelevò un singolo foglio stampato al laser. Me lo presentò a braccio teso.

    – Perché non leggi questo, Dottore?

    – L’ho già letto.

    – Rileggilo.

    Posai la tazza di ceramica. Piccole gocce scure si dispersero sul cristallo blindato del tavolo strategico. La fonte luminosa sotto il cristallo le tramutò in qualcosa di molto simile a schizzi di sangue.

    Mi passai l’indice sulle labbra, togliendo un’unica goccia residua. – Un vero inno alla chimica inorganica, il caffè di bordo.

    – A noi piace così.

    – Sorprendente.

    Presi il foglio. Era pieno di ombre purpuree, il CON. Anche le parole sembravano schizzi di sangue.

    EAM: Emergency Alert Message

    Livello Classificazione 9

    Da: SOUTHCOM/US Navy

    A: Cpt. R. Blake

    Comandante SSN-129

    Date: November 2nd, 1620 hrs

    Re: Anomalia elettro-magnetica profonda

    Coordinate: 38° 26’ 30 N 16° 42’ 14 E

    Profondità : da 600 a 700 ft., approx

    Analisi dall’orbita – rete satelliti geostazionari Ghost – rileva aumento localizzato perturbazioni EM

    Attività sismica: negativa

    Attività vulcanica: negativa

    Missione: investigare, definire. Se ostile

    DISTRUGGERE

    – Qualche altra domanda, Dottor Traversi?

    – Dovrei averne? – Alzai lo sguardo dal messaggio. – Nel Giorno dei Morti?

    – Tenderei a escluderlo. – Blake non si voltò verso la console navigazione. – Quanto al Giorno dei Morti, che non riposino in pace. – Continuò a tenermi gli occhi piantati addosso. – Rilevamento.

    – Tre-sei-cinque, skipper.

    – Immersione alla via così.

    – Alla via così.

    Meno centoventi metri sotto la superficie. Il sub continuava a scendere nel baratro. Verso il rantolo che non aveva senso.

    – Questa, Traversi, è una missione di combattimento. – Blake mi strappò il foglio alle dita. – E ti ricordo che sul mio vascello, tu sei un semplice osservatore.

    Sostenni il suo sguardo.

    In realtà, ha ragione lui. Osservare. Questa la mia, di missione. Senza interferire. Non sono un altro warrior of the deep. Sono solo un fucking civilian di una repubblichetta di banane a sovranità limitata. Senza commentare. Dottor Bruno Traversi, matematico, navigatore, oceanografo. L’uomo sbagliato. Chiamato a fare da collegamento tra la carta igienica bagnata dell’ultima provincia dell’impero e i muscoli d’acciaio nucleare dell’ultima superpotenza della terra. Nel posto sbagliato. Per salvare apparenze grottesche. Al momento sbagliato. In modo da parare il culo ai ridicoli pezzi da novanta gallonati del Ministero della Difesa e a un grappolo di politicanti analfabeti regolarmente strafatti di meta-amfetamina.

    – Noi raggiungeremo quell’anomalia elettromagnetica, Dottor Traversi – stava martellando Blake. – O qualsiasi altra cosa sia.

    Elicottero Sykorsky Sea Stallion dalla Scuola Normale di Pisa alla base navale di La Spezia. Duecento miglia nautiche fino al Tirreno meridionale. Calata a verricello direttamente sullo scafo dello USS Corpus Christi, nera convessità grondante, ribollente dal mare grigio del Giorno dei Morti. Immersione rapida, assetto a quota periscopio.

    – Noi identificheremo la fonte di quell’anomalia.

    Rotta sud-sud-ovest, massima velocità non-silente. Attraverso il ventre magmatico dello Stretto di Messina. Virata a nord-est. Oltre le turbolenze di Capo Spartivento. Rotta nord. Nell’indaco fratturato del Mare Ionio. Fino a trentotto gradi ventisei primi trenta secondi latitudine nord, sedici gradi quarantadue primi quattordici secondi longitudine est.

    Coordinata anomala.

    – E a quel punto… – Blake accartocciò lo EAM nel pugno. – Noi faremo ciò che deve essere fatto.

    – Incluso ascoltare?

    – Vale a dire?

    Annuii alla postazione sonar. – Abbiamo appena ascoltato una eco che non-è una eco.

    Blake non parlò. Nessuno nel CON parlò.

    – Tu credi ai presagi, Comandante Blake?

    Blake mi rise in faccia. – Tu credi a Babbo Natale, Dottor Traversi?

    – Morto. Come Gesù Cristo.

    – Stai bestemmiando. – Blake smise di ridere.

    – Questione di opinioni? Io sono ateo. Tu no?

    – Io ho fede.

    – Nel nome della tua fede, quale che sia, sei davvero certo di voler stanare quello c’è là sotto?

    – Di che parli, Traversi?

    – Interrompi l’immersione, Comandante Blake. Risali e inverti la rotta.

    – Tu sei pazzo.

    – E tu, Comandante Blake, stai scendendo verso un luogo che non conosce il tempo. – Piazzai la mano sul tavolo strategico, tutte e cinque le dita spalancate. – Un luogo che non conosce né il tuo dio, né qualsiasi altro dio degli uomini. – Coprii la coordinata anomala. – Un luogo maledetto.

    * * *

    Nuovi movimenti, tra le ombre nell’acqua.

    Dinamica fluida al limite critico della turbolenza.

    Dai margini della grande vasca di pietra nuovamente verso il fulcro della fontana.

    Labirinto di tenebre liquide.

    Fedeli passano oltre la fontana. Levano i loro inni. Centinaia, migliaia di fedeli. Stringono le loro candele.

    Le ombre nell’acqua si attorcigliano.

    I fedeli non guardano.

    Le ombre nell’acqua si tramutano in un risucchio a spirale. Da destra a sinistra. Spirale sbagliata.

    I fedeli non vedono.

    Curve rovesciate. Là dove nessun risucchio dovrebbe esistere.

    I fedeli hanno un’unica focale.

    Correnti intersecate. Invece il risucchio esiste.

    La Veglia del Giorno dei Morti.

    Vettori impossibili. Contrario alla Legge di Gravità.

    Al cospetto della Madre di tutte le cattedrali.

    * * *

    – Rilevamento.

    – Quattro-zero-zero.

    Meno quattrocento piedi, centoventi metri sotto la superficie.

    Blake continuò a tenermi gli occhi piantati addosso. – Alla via così.

    Sempre più lontano dalla luce. Sempre più vicino al baratro.

    Mi strinsi nelle spalle. – Come vogliamo chiamarlo, skipper?

    – Come vogliamo chiamare cosa?

    – Quello che stai facendo.

    – Senso del dovere.

    – Non desiderio di morte? – Fui io a sorridere.

    – Parli di nuovo di maledizioni, Dottor Traversi? – Blake si protese verso di me. – Per cui qual è la prossima fase? – Mandò su e giù le sopracciglia in modo istrionico. – Fantasmi senza pace? Morti che ritornano nel Giorno dei Morti?

    – Singolarità.

    – Nel senso?

    – Einstein-Rosen.

    Stasi, nel CON. Ombre vacue nella luce rossa, nel pulsare degli strumenti. Mormorio di sistemi. Respiro di uomini.

    – Sai di cosa sto parlando, skipper?

    – Non sei il solo ad avere una qualche laurea, dottore. – Blake tenne la schiena dritta. – In teoria, ripeto: in teoria, una Singolarità Einstein-Rosen è un varco nel continuum spazio-tempo. Wormhole, connessione tra due diversi piani di realtà.

    – O tra due universi.

    – Paralleli?

    – Ignoti.

    – Evita la fantascienza. – Blake tornò a voltarsi verso la console navigazione. – Rilevamento.

    – Quattro-quattro-zero.

    Centoquarantacinque metri. Niente più luce, a quella profondità. Solo tenebra indaco.

    – Assetto.

    – Timone di profondità: trenta gradi a scendere.

    – Timone di rotta: corretta deriva trenta secondi nord.

    Blake indicò, indice teso. – Alla via così.

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