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Il Cavaliere di Uruk. ovvero il sogno unificatore di Andrea
Il Cavaliere di Uruk. ovvero il sogno unificatore di Andrea
Il Cavaliere di Uruk. ovvero il sogno unificatore di Andrea
E-book653 pagine9 ore

Il Cavaliere di Uruk. ovvero il sogno unificatore di Andrea

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Info su questo ebook

In Transilvania, in un castello dalle fattezze alquanto singolari, immerso in una rigogliosa e tentacolare natura che nasconde l’edificio agli occhi altrui, sta per accadere qualcosa di molto particolare.
Regge i fili della situazione Sandro, un uomo avanti con gli anni, bizzarro nell’aspetto, dallo sguardo magnetico e dai modi molto affabili. È l’ultimo Cavaliere della Confraternita di Uruk e tra i suoi intenti c’è quello di realizzare un progetto attraverso un marchingegno tecnologico.
A tale scopo vengono selezionate undici persone provenienti dai vari Paesi del mondo e dalle attitudini più disparate, corrispondenti alla purezza del proprio segno zodiacale. Il proposito è quello di realizzare l’Unità tra l’uomo integro e la beatitudine, facilmente assimilabili allo stato di bellezza totale del Paradiso terrestre.
Attraverso espedienti misterici ed esoterici, l’intera compagnia tenterà di fermare il tempo per tendere al ricongiungimento dell’animo umano con quella dell’intero Universo.
Molte saranno le supposizioni elaborate con astuzia dagli illustri ospiti, che genereranno in loro sgomento, rabbia ma anche la curiosità di andare avanti e cercare di uscire da quel dedalo di congetture.
Soprattutto la legge della medaglia li aiuterà a espiare le proprie colpe, per raggiungere la purezza necessaria alla completa ricongiunzione con ogni essere vivente.
Il Cavaliere di Uruk, ovvero il sogno unificatore di Andrea di Massimo Giaveri, è un romanzo denso di nozioni e interessanti disquisizioni e certamente il lettore troverà numerosi agganci per importanti riflessioni.
LinguaItaliano
Data di uscita9 nov 2023
ISBN9788830690783
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    Il Cavaliere di Uruk. ovvero il sogno unificatore di Andrea - Massimo Giaveri

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    Massimo Giaveri

    Il Cavaliere di Uruk

    ovvero il sogno unificatore di Andrea

    © 2023 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-8608-3

    I edizione novembre 2023

    Finito di stampare nel mese di novembre 2023

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    Il Cavaliere di Uruk

    ovvero il sogno unificatore di Andrea

    Questo libro è in parte un’opera di fantasia.

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    1. Introduzione

    Questo scritto non ha altre velleità che quella di farmi conoscere da coloro che a vario titolo sono interessati a farlo. Costoro m’identificheranno e si riconosceranno sia nella biografia di Andrea che attraverso il dialogo fra i diversi personaggi, in cui dispiego la varietà dei miei interessi e riflessioni.

    La misantropia congenita, che mi tormenta fin dalla giovinezza e non si è risolta nemmeno ricorrendo agli specialisti, trova carne fresca nell’insofferenza verso l’ipocrisia del mondo, a iniziare da quella di chi esporta la democrazia a suon di dollari e campagne militari. E a seguire…

    Il formicaio umano, disordinato ed egocentrico, che riesce a trovare un equilibrio solo consegnandosi a un capo, sia esso un dittatore o un leader carismatico. Dove gli spiriti più sensibili si rifugiano nella musica, la figlia di un Dio minore, che appare l’unica maestra di ordine e armonia.

    La società, in cui la libertà è tanto declamata e reclamata: solamente una scusa dei potenti per fare gli affaracci propri, e una magra consolazione per gli inermi. Dove ha ragione chi urla di più, e chi non ha voce, peggio per lui. Dove le persone di buona volontà sono relegate nelle periferie dell’informazione, la quale preferisce dare in pasto al pubblico spettacoli da anfiteatro romano. Panem et circenses. Tuttavia, poco pane e molto spettacolo.

    La mancanza di veri maestri di vita e di riferimenti autorevoli, che sviluppino una capacità critica. "Modernità liquida" la definiscono Umberto Eco e il sociologo Zygmunt Bauman.

    Una società malata di spettacolarismo a tutti i costi, dove il Dio essere è sostituito ovunque dal Dio apparire. Anche se, come recita il proverbio, sembrare e non essere è come filare e non tessere.

    Complice la facilità di comunicazione, intere legioni di assoluti ignoranti e zoticoni amano mettersi in mostra in lungo e in largo. A costoro basta un messaggio strampalato sui network per avere milioni di follower. Purtroppo tale visibilità, fatua e apparentemente innocua, produce a catena un’ignoranza collettiva più pericolosa che qualsiasi virus. Così le scemenze, infarcite di divertimento a buon mercato, diventano il nuovo Vangelo del millennio. Mentre è bandita come inutile e angosciosa ogni riflessione tesa a scalfire la dura scorza della realtà. Peccato che quando cessa il riso e si spengono le luci, fa capolino la depressione. Mai la pace interiore.

    Tutto questo, mentre persone che hanno vissuto una vita piena di valori finiscono nell’oblio, senz’altra visibilità che un’epigrafe e una foto sulla lastra tombale.

    In sostanza, mi spiace contraddire il grande Fabrizio De Andrè, ma non è sempre vero che dal letame nascono i fiori. Più spesso si genera solo altro letame.

    Il vettore trainante del racconto è il sogno, il regno privilegiato del mistero, in cui cercare disperatamente un senso che la realtà non offre. Quest’ultima si trasforma così nel sogno di se stessa, svelando tutto il suo portato di profondità ed enigmaticità.

    I personaggi del libro, un’accozzaglia di convocati tramite un pretesto, divengono gli strumenti per un progetto di ricostruire l’unità perduta del genere umano. Poiché, come faccio dire al Cavaliere: non importa quello in cui uno crede, basta che sia qualcosa di superiore, altrimenti l’esistenza è la vicenda più grottesca e insulsa cui mi sia capitato di partecipare.

    L’ambientazione e i riferimenti filosofici, letterari e scientifici sono reali, solo in minima parte alterati per esigenze compositive. Sono frutto dei miei studi, individuati, scoperti o ricercati su fonti indubbie, ma anche apparsi in modo del tutto fortuito, a iniziare dall’immagine sulla copertina.

    L’invito del libro è di fare tutti quanti un bel tuffo nel mare profondo del mistero, che da sempre rischia di essere messo sotto i piedi. Il vero enigma non è se Dio esiste e che forma ha, ma l’altra faccia della Sua medaglia, cioè cosa siamo qui noi a fare.

    Infine i ringraziamenti.

    Innanzitutto ai miei genitori, i quali mi hanno colmato di talenti e valori. La madre: l’intelligenza e la fede. Il padre: una spiccatissima sensibilità, anche musicale, l’amore e la costanza nell’impegno.

    Ci sono poi i fratelli, esempi di vita onesta, colma di buoni sentimenti.

    A seguire i miei pochissimi sostenitori, Mauro e Silvia in testa.

    Non dimentico infine quei medici, chirurghi, psicologi, neurologi e qualche insegnante qua e là, che mi hanno aiutato a rialzarmi, ogni volta che sono caduto.

    Infine, un riconoscimento speciale va al virus Covid-19, che ho conosciuto di persona e mi ha concesso tempo e opportunità di riflettere e redigere questo lavoro. Pur attraverso la sofferenza fisica e psichica, ha saputo illuminare, forse solo per un attimo, anche il lato positivo della medaglia: quello di un’umanità più sincera e solidale.

    2. Considerazioni sui sogni

    Per chi è attratto dal mistero, il terreno più fertile e a portata di mano è indubbiamente quello dei sogni. Diversamente dai film che ci propina la tv e ai quali accediamo con vari tipi di abbonamento, quelli che sperimentiamo di notte sono del tutto gratuiti. Non consumano corrente elettrica, né ci fanno sprecare tempo prezioso che possiamo impiegare diversamente.

    I loro protagonisti non vinceranno mai un Oscar, ma presentano il vantaggio di non dover pagare i diritti d’autore alla SIAE. Inoltre, possiamo vantarci che nella maggior parte dei casi gli attori principali siamo noi. Se non ce ne rendiamo conto è perché anch’essi sono soggetti alla fiction, dove non è tutto quello che sembra e non si manifesta solo quello che è.

    Possiamo dividere i sogni in due classi: quelli notturni e quelli diurni. Questi ultimi sembrano contraddire quanto affermato sopra, ma, come spiegherò, non è comunque tempo sprecato. Pensiamo a certe terapie mediche: a volte ci fanno perdere molto tempo, ma ci permettono poi di vivere meglio.

    Anzi, sognare è spesso così piacevole che vorremmo farlo anche a occhi aperti. Lo definirei un vizio salubre.

    Iniziamo con la classe dei sogni notturni.

    Essi sembrano agire come attori indisturbati sul palcoscenico del nostro sonno. Gli esperti dicono che rappresentano in chiave fantastica paure, emozioni, attese che viviamo nella vita quotidiana. Aprono cassetti che tenevamo chiusi a chiave, un bunker profondo e inaccessibile che riusciamo a trafugare approfittando del riposo dei sensi. Una sorta di i-cloud del nostro vissuto, la nuvoletta elettronica del nostro back-up mentale.

    Non sono però un archivio passivo. Il sonno, loro regista, agisce da terminator, eliminando nello stesso tempo i file inutili, che non usiamo mai, ma occupano una porzione di memoria utilizzabile in modo molto più fruttuoso.

    Già! Chi ci dice però che questi file siano stati davvero eliminati? E poi, perché non ci dice quali sono? Magari non li usiamo mai, è vero, ma non è detto che un giorno non ci possano servire, come le vecchie foto di gioventù dimenticate nel cassetto. E se invece se le imboscasse lui da qualche parte? In un suo cestino simile a quello dei pc e li usasse poi per i suoi scopi?

    Sarebbe più utile invece se il sonno operasse come un antivirus, eliminando i malaware, file tossici che il cervello costruisce in modo autonomo accostando materiali di scarto. Cyber-auto, ricostruite mettendo insieme i pezzi ritrovati in una discarica di ferraglie, le quali, circolando su strada, provocano incidenti a catena restando quasi intatte.

    Ma possiamo anche pensare al sonno notturno come un territorio neutro situato tra due giornate di vita. Una sorta di nebbia evanescente in cui le frasi musicali, che costituiscono la sinfonia della nostra esistenza sono tenute separate da pause silenziose. In realtà la nostra mente non dorme mai. Vigila su di noi anche di notte, come una sentinella discreta e invisibile. Liberata dal peso delle percezioni, che è costretta a decifrare quotidianamente, essa si dedica al suo passatempo preferito: fantasticare. La notte è quindi il suo ambito preferito. Inutile quindi ricercare i sogni nel riposino pomeridiano. È la notte il regno dei sognatori. Così come degli artisti.

    Ed è proprio dalla nebbia della notte che affiorano i sogni. Più o meno brevi, più o meno realistici. Spesso simili ai personaggi surreali dei film dell’horror. La realtà appare in essi scomposta e ricomposta in mille vestigia, impressioni, emozioni, stati d’animo. In modo tanto sconvolgente che molti hanno persino paura di addormentarsi. I sogni viaggiano liberamente nello spazio-tempo, avanti-indietro, ricombinano il nostro vissuto in forme strane e bizzarre, come i quadri di un pittore surrealista. Nel buio silenzioso della notte, quando il mondo tace e con esso i suoi affanni, le sentinelle dell’Essere ci bisbigliano nell’orecchio qualcosa che nella quotidianità tentiamo di rimuovere in tutti i modi.

    Come i detective dei romanzi di Agatha Christie, ci indicano particolari che non avevamo considerato da svegli.

    Così tendiamo a esaltare i sogni e a chiederci se essi non abbiano una propria vita indipendente.

    E chissà, mentre noi viviamo soli e isolati, essi si ritrovano tutti assieme ricongiungendosi nello Spirito Universale. Trasformandosi, a volte, in messaggeri di altri mondi sconosciuti.

    Sforziamoci quindi di analizzarli. Già, fosse una cosa semplice!

    La fisica potrebbe venirci incontro. È risaputo che si possono calcolare grandezze di difficile misurazione se le introduciamo in una formula matematica con altre entità concrete.

    Prendiamo ad esempio la caloria.

    Un’entità impossibile da rilevare direttamente. La fisica ha però stabilito che corrisponde alla quantità di calore generato da un corpo necessaria a portare la temperatura di un grammo d’acqua distillata da 14,5 °C a 15,5 °C, alla pressione atmosferica normale. Quale che sia l’entità che genera questo calore non importa. Il valore diviene oggettivamente certo. Utilizziamo poi quell’unità di misura per stabilire il contenuto calorico di un bel piatto di spaghetti come di un pezzo di legno.

    Passiamo al caso dei sogni, per vedere se qualcosa del genere possa essere applicato anche a loro. Proviamo a utilizzare la realtà o meglio il vissuto del sognatore come l’entità concreta di partenza.

    Introduciamo quindi dei parametri valutativi.

    Il primo potrebbe essere la verosimiglianza dell’intero sogno. Lo indichiamo con X e lo inseriamo in una scala di valori da 1 a 10. Si va dal sogno con elementi molto veridici (valore 1) all’incubo assolutamente inverosimile dall’altro (valore 10).

    Il secondo parametro valutativo potrebbe essere la conformità alla vita reale del sognatore. Lo indichiamo con Y e lo inseriamo anch’esso in una scala di valori da 1 a 10. In questo caso si va dall’estrema conformità (valore 1), alla totale mancanza di corrispondenza (almeno presunta) con la vita reale del sognatore (valore 10).

    Oltre ai personaggi principali, come in un film, i sogni sono contornati di comparse, ambientazioni, effetti scenici e altre entità. Essi costituiscono il panorama che alimenta quel clima di suspense, irrealtà, magia che li rende emozionanti. Pensiamo cosa sarebbe un film come Guerre Stellari qualora privo di creature bizzarre e grottesche, paesaggi surreali, ambientazioni ipergalattiche realizzate col computer. La fantascienza scadrebbe alla cronaca dello sbarco degli uomini sulla Luna!

    Utilizziamo quindi l’aspetto coreografico del sogno come fattore di correzione e indichiamolo con K. Tale valore corrisponde alla percentuale di entità efficaci riscontrate.

    In questo caso si va da +0,1 ove tali percentuali risultano elevate, a +1 nel caso non vi sia alcun riscontro coreografico significativo.

    Il fattore K influisce di molto sul risultato finale.

    Così 10 x 10 x 0,1 = 10, mentre 10 x 10 x 0,3 = 30.

    Naturalmente i suddetti esempi sono assurdi, privi di logica. Un incubo privo di conformità non potrà mai accompagnarsi a un K = 0,1, ovvero a un’atmosfera estremamente realistica, ma neppure a un K = 0,3. Ma è tanto per capirci.

    La suddetta formula diventa quindi:

    X x Y x K = V

    dove V è il risultato semi-qualitativo dell’operazione.

    Inseriamo ora il valore V in un sistema decimale, tale cioè che l’unità di una classe di valore sia uguale a dieci unità della classe immediatamente inferiore. In questo modo, nell’intervallo fra 0 e 100 avremo 10 classi decimali. I sogni migliori apparterrebbero alle classi più basse. Al top dell’eccellenza collochiamo la classe 1, quella che va da 0 a 10.

    Viceversa, quelli che ci appaiono del tutto strampalati, fantastici, inspiegabili, appartengono alle classi superiori.

    Facciamo degli esempi.

    Se sogno un drago che mi sta inseguendo, lì per lì provo un senso di panico misto a orrore. Gli elementi di veridicità appaiono scarsi. Riteniamo di avere un incubo. Il valore di X è vicino a 10. Poniamo sia 8.

    Se però lo osservo più da vicino, questo drago somiglia molto al mio datore di lavoro che nella vita reale mi tiranneggia. È lui il Tyrannosaurus Rex che mi appare nel sogno. La conformità è notevole. In una scala da 1 a 10 il valore di Y può essere 2.

    Se però nel sogno appaiono anche personaggi dei fumetti, mescolati a quelli reali, es. la strega cattiva, un orco e il mio vicino di scrivania, otteniamo un fattore di correzione intermedio, 5 su 10, cioè 0,5.

    Inseriamo tali dati nella nostra formula e otteniamo:

    8 x 2 x 0,5 = 8

    Tale valore appartiene alla classe decimale 1, quella più virtuosa.

    Nel caso invece il sogno sia del tutto inverosimile, non trovo corrispondenza alcuna con la realtà e appare una moltitudine di personaggi e aspetti coreografici del tutto fantastici, avremo:

    8 x 8 x 1 = 64

    Tale valore appartiene alla classe decimale 7, molto meno virtuosa della precedente.

    Altro esempio.

    Sogno che sto scappando in un labirinto, insieme con altri individui. Non ho dubbi. Sono proprio io e sto indossando i vestiti di tutti i giorni.

    Sono in uno stato d’ansia perché non so dove sto andando. Tuttavia la nostra guida è un personaggio affabile e reale, che prima di avventurarsi con noi ci ha fornito parecchie spiegazioni sulle caratteristiche del nostro gruppo. Pertanto mi fido di lui.

    I miei compagni di fuga sono personaggi reali, per niente deformati oniricamente. Sono come attori che stanno recitando un film d’avventura.

    Non li conoscevo prima di sognarli. Tuttavia svolgono professioni e incarichi che conosco bene.

    Riguardo all’elemento coreografico, qui ci sarebbe qualcosa da dire. Non conosco lo scopo del viaggio, il quale è permeato da elementi misteriosi e fantastici. La suspense avviene a tratti, senza però realizzare propriamente un incubo. Immaginiamo tuttavia di considerarlo tale. Il risultato finale farebbe comunque rientrare il sogno nella classe 1, la migliore. Infatti:

    3 x 2 x 1 = 6

    A questo punto sorge un ostacolo. E non da poco. L’analisi dei parametri individuati richiama la figura di un esperto del mestiere, un analista in grado di decifrarli correttamente.

    Stiamo infatti utilizzando il criterio della realtà per stabilire il valore finale di verità di un sogno.

    La logica ci insegna che per far questo è richiesta un’entità superiore, che ne garantisca l’obiettività a entrambi i livelli (l’analista e il sognatore). Nessuno che utilizza i medesimi strumenti della realtà, cioè un proprio schema di valori, può esprimere un giudizio di verità sulla stessa. Tale giudice dovrebbe appartenere al livello della meta realtà.

    Non è proprio questo il compito degli psicologi? Forse sì. Forse no, perché anch’essi non sono privi di preconcetti. Un esempio? Uno psicologo forse non del tutto ateo, ma di certo agnostico, può definire superstizioni certi tuoi valori religiosi, tipo l’indissolubilità matrimoniale. Lo scopo è onesto: esercitare una tua coscienza critica. Peccato che ti dica apertamente di volerti affrancare da essi. Risultato: i dubbi terreni si dissolvono, quelli spirituali manco per sogno (si fa per dire).

    Un secondo problema è quello della continuità delle analisi. L’interpretazione dei sogni più seria avviene tramite le sedute di psicoterapia. Qui i casi sono due: o queste forniscono ai pazienti strumenti di analisi che permettano loro di procedere autonomamente o le stesse continuano all’infinito (a suon di dollaroni), come lamentano tanti. La soluzione sembra quella di lasciare al sognatore, seduta dopo seduta, il compito di decifrare i propri sogni, fino a pervenire a qualche conclusione. In poche parole, di auto-analizzarsi.

    Anche qui la logica è spietata. I sistemi autoreferenziali, quelli che affermano qualcosa di sé, devono stare ben attenti a non cadere nelle antinomie, cioè in conclusioni entrambe contraddittorie. La mano che dipinge se stessa, come nel quadro di Cornelius Escher, illustra molto bene questo concetto.

    Insomma è una questione di lana caprina.

    Sarebbe d’indubbia comodità un’attrezzatura tecnologica, un onirotomografo, in grado di rilevare con esattezza i parametri di cui sopra, calcolando direttamente il risultato finale. Ci risparmierebbe un bel po’ di fatica, annullando nel contempo ogni perplessità di tipo logico.

    Ci permetterebbe di scansionare i sogni come una lastra ai raggi X o un’ecografia. Ovvero come il fonometro, l’attrezzo che rileva i suoni esprimendoli in Decibel. Con esso si sono potute dirimere le controversie riguardo all’intensità di un rumore.

    Tale attrezzatura stabilirebbe la qualità dei sogni, scartando automaticamente i meno brillanti ed equivoci, in modo simile al parametro limpidezza delle urine di una persona.

    Macché, al momento il commercio elettronico non ne offre alcuna.

    A complicare le cose intervengono due tipologie particolari di sogni.

    I primi li possiamo definire rievocatori. Essi non appaiono in modo offuscato o deformato. Tutt’altro. Sono vere e proprie fotocopie fedeli della realtà esperienziale del sognatore. Comportandosi spesso da ragazzini impertinenti, molto birichini.

    Questi sogni non solo rientrano nella categoria 1 di veridicità, ma si meritano anche la lode.

    Così al grande Sant’Agostino, dopo la conversione spirituale, sogni ricorrenti rammentavano la sua lussuria giovanile, riproducendo come un film le immagini dei piaceri trascorsi. Con la stessa nitidezza e intensità da strappargli ancora un consenso. Perché tanta diversità in me quando passo dalla veglia al sonno o viceversa? si chiedeva. Forse era Dio che metteva alla prova la sua fede? Mah.

    Alla seconda categoria appartengono i sogni premonitori. A volte sono anticipazioni del futuro, compreso il nostro destino personale. Altre volte ci mettono in contatto con entità oscure. Esperienze oniriche con una loro vita autonoma, essi ci fanno dono della chiaroveggenza. Sono straordinariamente vivi e realistici, pur essendo scaturiti dal nulla, dal limbo dell’indefinito. Questo è il segreto del fascino e del mistero che li avvolge.

    Facciamo degli esempi tratti dalla storia, e tentiamo di analizzarli con i parametri già individuati in partenza.

    I Re Magi venuti dall’Oriente hanno seguito una stella che li ha condotti alla grotta di Betlemme. Fin qui tutto ok (si fa per dire). In seguito degli Angeli sono apparsi in sogno per indicar loro una via alternativa per ritornare in patria, giacché Re Erode stava cercando il Cristo per eliminarlo. Ora possiamo anche attribuire agli Angeli un fattore di correzione = +1, poiché entità del tutto separate dalla nostra esperienza. Non possiamo però fare a meno di attribuire ai parametri X e Y il massimo dei valori.

    Innanzitutto la verosimiglianza è totale. Non si tratta infatti di un incubo ma di un semplice avvertimento telegrafico. La conformità è anch’essa completa, riguardando persone e circostanze ben conosciute negli ultimi giorni. La coreografia potrebbe essere un poco sospetta: un angelo non s’incontra tutti i giorni ! Tuttavia, per una persona di fede, non costituisce una creatura fantascientifica. Ne sono pieni tutti i testi sacri.

    La formula diventa quindi:

    1 x 1 x 1 = 1

    Non solo è in classe 1, ma costituisce anche il massimo dell’efficacia.

    Altri esempio, simili al primo.

    Come accadde ai Magi, anche a San Giuseppe sono apparsi in sogno gli Angeli del Signore, avvertendolo di fuggire dalla persecuzione di Re Erode.

    Grandi Imperatori hanno fatto sogni premonitori sugli sviluppi di una battaglia incombente.

    A San Giovanni Bosco fu un sogno a illuminare la via della sua straordinaria vocazione.

    A tutti questi sogni ci sentiamo di attribuire il valore di 1.

    La difficoltà maggiore nasce dalla simbologia esoterica nella quale i sogni sono immersi. Questo rende difficoltoso separare quelli comuni da quelli premonitori. Da qui la notevole mole di carta spesa per interpretarli.

    Se sogni che ti cade un dente, di per sé non significa nulla. Se il giorno prima sei andato dal dentista che ti ha diagnosticato un granuloma, hai sicuramente riversato nel sogno una tua paura. Tuttavia, se il dente cade con sanguinamento? Aiutoooo! L’interpretazione popolare lo ritiene indice di sfortuna: la morte imminente di una persona cara.

    Così è andata costituendosi nei secoli una concezione alquanto fantasiosa dei sogni, che tende a considerarli semplici presagi di avvenimenti futuri. Proprio quella che la psicologia scientifica ha cercato di scardinare, riportandola nel recinto delle pure suggestioni.

    Perché quindi non interpretare un sogno nefasto, più semplicemente, come opera della paura? Questo spiegherebbe le volte che non succede alcuna disgrazia. E se poi la disgrazia accade ugualmente senza averla prevista nel sogno, come la mettiamo? Colpa nostra o dei sogni che non fanno il loro dovere?

    Se ci pensiamo bene, anche noi siamo scettici in proposito, ritenendoli semplici coincidenze, accostamenti senza senso, pure fantasie in libertà.

    Come dicevamo poc’anzi, la vera difficoltà risiede nel separare i due tipi di sogno. Alla categoria dei fantastici apparterrebbero quelli di chi afferma di aver parlato nel sonno con i propri morti, a quella dei realisti i sogni che si sono poi avverati. Qualcuno ha sognato dei numeri del lotto che poi ha giocato con profitto. Qualcuno ha intravisto la fine di qualche persona conosciuta anche solo di vista.

    E allora, come la mettiamo? È possibile una suddivisione così netta ?

    Allo scopo facciamo un parallelo con altre esperienze umane. Esempio le apparizioni degli extraterrestri e i miracoli. Ci sorprenderà che vadano incontrano allo stesso destino. Gli scettici si sono dati un gran daffare per annientarle entrambe.

    È pur vero che non tutti quelli che dicono di aver provato l’esperienza degli alieni l’hanno effettivamente avuta. Tanto che esistono apposite commissioni nazionali e internazionali che ne verificano la veridicità, come il SETI, la francese GEPAN-SEPRA o il CUN, Centro Ufologico Nazionale.

    Similmente, la maggior parte dei miracoli si sono rivelati falsi. Tant’è che è stato istituto un apposito Ufficio Vaticano per stabilirne la veridicità, la Consulta Medica della Congregazione delle Cause dei Santi.

    In sostanza, i marziani sembra che esistano veramente e vi siano tracce ben visibili del loro passaggio. Similmente tanti sono i miracoli verificatisi sul serio. Più di quello che si pensi.

    Con l’astrologia invece, come la mettiamo? Non segue anch’essa lo stesso destino? Venere in transito provoca nel Sagittario una settimana turbolenta? Ahia, tremiamo di paura. Eppoi? Falso allarme, perché non accade nulla. Di chi allora la colpa? Degli astri, di noi cattivi interpreti o delle circostanze della vita? E se invece prendessimo quelle degli astri come semplici indicazioni, un palcoscenico allestito per noi, sul quale però interpretiamo liberamente il ruolo di protagonisti e non quello di pupi siciliani mossi dai fili del cielo?

    Quindi? Quindi dobbiamo, volenti o nolenti, lasciare aperte le finestre sul mondo del mistero. Che lo vogliamo o no ne siamo immersi fino al collo. Il mondo dell’occulto si limita a lanciarci dei piccoli segnali. Sta a noi saperli cogliere. Con una ricerca accurata e realistica. Senza far intervenire zombie né personaggi da film dell’horror. Non dobbiamo demonizzarlo o ridicolizzarlo, ma farne tesoro. Tenendo ben presente che ciò su cui non si può influire, merita rispetto. Conviene tacere, ascoltare e infine discernere.

    Consideriamo ora una seconda classe dei sogni, quelli a occhi aperti.

    Una prima categoria è quella degli incubi diurni. Essi ci presentano situazioni tanto paradossali che dobbiamo strofinarci gli occhi o pungerci con un ago per capire se dormiamo o siamo desti.

    Un esempio?

    I medici ci comunicano improvvisamente di avere un brutto male. Inaspettato, privo di segnali premonitori. Un vero incubo a occhi aperti. Analizziamolo in base ai nostri parametri:

    ● verosimiglianza (x) = 10, in quanto la diagnosi costituisce un vero incubo, tanto da ritenerla impossibile. Si sono di certo sbagliati pensiamo;

    ● conformità alla vita reale del sognatore (y) = 1: Ma perché proprio io? pensiamo. Ma per quanto non vogliamo crederci, purtroppo è tutto vero: la diagnosi si riferisce proprio a me e al mio corpo;

    ● il parametro della coreografia (K) = 0,1: in quanto le entità significative che intervengono: i medici, le analisi cliniche, l’ospedale, la sala chirurgica, la riabilitazione, sono del tutto reali. La scenografia dell’incubo è del tutto vera, ed è quella che ci convince a ritenere l’incubo del tutto reale.

    Altro esempio. Veniamo licenziati sui due piedi dopo anni di duro lavoro in un’azienda. Un finale che ci appare del tutto assurdo, inspiegabile. Avremo anche qui:

    ● verosimiglianza (x) = 10. È un vero incubo, che appare del tutto impossibile e angosciante: trattasi di un’azienda solida, con un buon fatturato e tante commesse in arrivo;

    ● conformità alla vita reale del sognatore (y) = 1. Per quanto non vogliamo crederci, anche in questo caso siamo costretti a farlo. La lettera di licenziamento da parte della direzione aziendale è stata indirizzata proprio a me;

    ● il parametro della coreografia (K) = 0,1. Le entità significative che intervengono: noi, l’azienda, i colleghi di lavoro, gli scioperi e i presidi in fabbrica, l’intervento dei Sindacati, si dimostrano assolutamente reali. La scenografia dell’incubo è del tutto vera.

    La formula di entrambi i sogni diventa:

    10 x 1 x 0,1 = 10

    Siamo al limite della prima classe virtuosa. In entrambi i casi, il massimo dell’incubo viene neutralizzato dalla realtà effettiva, ottenendo lo stesso risultato di valore di sogni inizialmente molto più realistici e di certo meno terrificanti.

    Veniamo alla seconda categoria. Ad essa appartiene la grande massa dei sogni ad occhi aperti. Quella della fiducia verso il futuro, la più ambita dai giovani.

    Qualcuno obietterà che tali sogni siano riducibili al rango di semplici speranze e non abbiano tutta la potenza suggestiva e predittiva di quelli a occhi chiusi. Spesso sono le nostre disperazioni camuffate in abiti da cerimonia. Il pianeta sta cadendo a pezzi a causa dell’inquinamento? Cosa c’è di meglio che sognare un mondo pulito e vivibile? Siamo talmente poveri da non riuscire a tirare alla fine del mese? Cosa c’è di meglio che sognare una grande vittoria alle carte.

    Certo, è innegabile che tali sogni abbiano un fondo di ottimismo a buon mercato. Tuttavia, senza di essi il singolo o l’umanità intera non potrebbero rilanciare sul loro futuro.

    Hanno poi questo di caratteristico: a differenza dalla semplice utopia sono sogni operativi. Ci inducono a muoverci in una direzione, a darci da fare senza abbandonarci allo sconforto. A compiere azioni che sembrano impossibili. Un esempio: bianchi e neri un giorno mangeranno alla stessa tavola, marceranno insieme, prenderanno lo stesso tram. Il famoso I have a dream di Martin Luther King. Un sogno che, pur lentamente, sembra destinato a realizzarsi.

    Viene ora da chiedersi cos’abbiano in comune i sogni, specie quelli premonitori? Sembrerebbe una certa soddisfazione che prova il sognatore al suo risveglio. Ma a ben considerare un altro è l’aspetto rilevante: che chi li ha fatti vi ha dato retta.

    Un interrogativo in sub-ordine è: questa accettazione incondizionata è dovuta all’influsso di forze sovrannaturali ovvero ad una forza interiore già presente in tali soggetti? In altre parole, i loro beneficiari erano già personaggi di grande spessore, o lo sono diventati proprio grazie ai sogni fatti? Mistero. L’unica certezza è che chi li ha avuti non li ha scartati. Semplicemente si è attivato per realizzarli, senza se e senza ma.

    Se vogliamo tentare di dare una spiegazione a queste domande, dobbiamo passare dall’analisi dei sogni ai soggetti che li sperimentano, ovvero i sognatori stessi. Qui però dobbiamo addentrarci nel labirinto dei caratteri umani. Si possono dividere per comodità in due categorie.

    La prima è quella dei soggetti dotati di un ego forte, narcisistico, che valuta gli altri in base a propri schemi rigidi ed immutabili. Costoro giudicano di poco conto, insignificante, tutto ciò che non persegue i propri fini.

    Alla seconda appartengono invece i soggetti con un carattere debole, un ego fragile, sempre in bilico tra la propria precaria autostima ed il giudizio degli altri. Costoro si ritengono piccoli, in-significanti rispetto ad un’umanità così sicura ed appagata.

    Ai pieni di sé, tutto ciò che fanno, anche fuori dai limiti della legge, è degno di essere intrapreso, perché rivela la propria grandezza.

    I secondi ritengono la propria esistenza tanto in-decente e priva di valore da vergognarsi nel rivelare ad altri le proprie angosce e i propri tormenti. Nel migliore dei casi, sono proprio costoro a sperimentare i sogni ad occhi aperti già visti prima, pur convinti che non riusciranno mai a realizzarne neanche un infinitesimo.

    Ma poniamo le due categorie sotto la lente di ingrandimento. I pieni di sé hanno già avuto quello che vogliono, non desiderano altro nella vita, mentre i secondi sono sempre alla ricerca di qualcosa di cui si sentono privi.

    I primi recitano in una sorta di film autobiografico, di cui costituiscono il personaggio centrale. Non credono nei sogni perché non ne hanno bisogno. Li ritengono uno sciabordio del cervello che si permette di andare alla deriva approfittando del loro stato di incoscienza.

    Sono inoltre così ingrati, che raramente si sprecano a ringraziare la Buona Sorte che li ha fatti nascere con la camicia. Tutto gli viene facile, sinceramente dispiaciuti per quelli che fanno tanta fatica a vivere. Peccato che al primo fallimento che incontrano si tuffino a piè pari sul lettino dello psicanalista o ricorrano a qualche sostanza che li rimbambisca per un po’.

    C’è chi invece si trova da sempre a dover lottare contro la sorte avversa. Qui le categorie sociali si sprecano: i disadattati, i poveri, i prigionieri, i perseguitati, i malati, i depressi, etc. Costoro credono fermamente ai sogni, notturni o diurni poco importa, e vi si aggrappano come il naufrago al pezzo di legno rimediato fra le onde.

    In realtà ritengono anch’essi che i sogni siano solo sogni, una sorta di mondo alternativo inesistente. Tuttavia ritengono che una speranza, anche la più piccola, sia sempre meglio di niente. Perciò non la gettano via. Si cibano delle briciole che cadono sotto la tavola dei pieni di sé, per sfamare in tutti i modi possibili il proprio vuoto interiore. Se poi i sogni si rivelano traditori impudichi, che insidiano il riposo notturno nel quale trovano rifugio, pazienza. In ogni caso, si sentiranno meno soli di prima.

    Già, purtroppo questo accade nel migliore dei casi. Finché costoro incolpano delle loro sventure il Destino, un Dio da bestemmiare, un cielo ingrato, funesti natali e cose del genere, la cosa può bastare (si fa per dire).

    È nell’istante che rivolgono gli occhi verso il basso che cominciano i guai. Quando cioè le attribuiscono al resto del genere umano. Si sentono costantemente colpiti, minacciati, spiati dal prossimo, dall’opinione pubblica, dai mass media. Vedono complotti dappertutto, con tanto di ladri ed assassini al seguito. Se ne hanno una, si barricano in casa, trasformata in una roccaforte medioevale, con tanto di sentinelle tecnologiche sugli spalti. Figuriamoci poi quando queste presunte macchinazioni avvengono a livello internazionale! E se c’è un virus letale che circola? Essi credono fermamente che sia stato inventato proprio per eliminarli dalla faccia della terra. O al contrario, che non sia letale come sembra, ma dichiarato tale solo per impedire la loro libertà. Libertà di fare cosa? Boh, non lo sanno neanche loro.

    Ma esistono solo queste due categorie? No, ne esiste una terza, quella degli esseri mediocri, cui sentiamo di appartenere anche noi, i cosiddetti normali. Né carne né pesce, né brutti né belli, né stupidi né geniali. Certo, anche noi produciamo tanti sogni, se ci va bene qualcuno ce lo ricordiamo, quindi sospiriamo, e dopo un’alzatina di spalle ce ne dimentichiamo. Al massimo ne parliamo con qualche amico o amica, che si diverte a trovarvi i significati più strampalati. Il sogno si trasforma così in un gioco, senz’altra finalità che quella di divertirsi.

    Niente a che fare coi grandi personaggi che abbiamo citato prima. Uomini e donne stracolmi di talenti. Ma non al punto di ignorare i segnali provenienti dalla notte dei sensi. Grandi, ma senza la presunzione di non aver più nulla da imparare, di ritenere superfluo porsi in ascolto. Uomini e donne che certamente ammiriamo, ma dai quali ci discostiamo prontamente ritenendoli pericolosi extraterrestri.

    A questo punto sorge spontanea una domanda: dopo tanto daffare per dare un senso ai sogni, che ne facciamo dei risultati conseguiti?

    Ogni valutazione presenta infatti lo scopo di dimostrare o produrre risultati utili. Quelle relative alla sicurezza del lavoro, a prendere misure concrete affinché i pericoli non si trasformino in danni. Quelle dei laboratori di ricerca, a studiare nuovi farmaci o vaccini per fronteggiare le malattie che affliggono l’umanità. Per non parlare dei lavori finali degli universitari, che recano già nel nome la loro finalità: tesi.

    E i sogni? Possiamo utilizzarli in modo fruttuoso, considerate poi le difficoltà di valutarli in modo efficace, oltretutto da parte di persone competenti, ma non prive di propri schemi personali di interpretazione?

    Abbiamo detto che possono consistere in una biblioteca della nostra vita trascorsa. Ma quali indicazioni possono darci sul futuro? Certo, scoprire che certe insoddisfazioni o traumi sono ricollegabili a esperienze negative del passato può trasmetterci un impulso positivo. L’elaborazione del lutto costituisce infatti la chiave per uscire dal tunnel della disperazione.

    Ma è sufficiente aprire una finestra sul passato per sentirci felici e realizzati? Per risolvere le nostre incertezze e depressioni? Innanzitutto occorre fare i conti con la realtà in cui si è immersi. E ad una certa età non è poi così scontato riuscire a reinventarsi.

    E poi, se i sogni sono così importanti per la nostra vita, se possono fungere da consiglieri personali, perché si circondano di così tanto mistero ed ambiguità?

    Questo scetticismo di fondo spiega come mai, nonostante l’enorme quantità di sogni che facciamo, difficilmente ci sforziamo di ricordarli, trascriverli e poi cercare di analizzarli (con o senza gli specialisti).

    Diverso è il caso degli incubi ad occhi aperti, che siamo costretti ad accettare in quanto corrispondenti in tutto e per tutto alla realtà che abbiamo davanti agli occhi.

    Ma ci sono altre questioni di ordine superiore che possono interessare le menti più fini.

    Innanzitutto, siamo proprio sicuri che i sogni non possano recare benefici anche ai pieni di sé?

    Eppoi, se è vero che possono avere una vita autonoma, dove finiscono, quando il substrato vitale che li origina non c’è più?

    Infine, immaginiamo per un istante che sia la nostra vita, la nostra quotidianità ad essere il vero sogno e la immaginiamo reale solo perché la coscienza ce lo fa credere. Non è forse vero che di una persona un po’ svampita si dice che ha la testa sulle nuvole? o che è un carattere sognatore?.

    In altre parole, non si comprende perché la quotidianità, quella che definiamo realtà, debba per forza essere più vera dei sogni che la intercalano.

    Scriveva William Shakespeare:

    "Essere, o non essere, questo è il dilemma… Morire, dormire… Dormire, forse sognare. Sì, qui è l’ostacolo… perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale deve farci riflettere. È questo lo scrupolo che dà alla sventura una vita così lunga…".

    Che sia forse questo il senso vero della vita: sognare a occhi aperti di giorno, sognando di sognare di notte? La stessa riflessione sulla vita costituirebbe un sogno, esso stesso partorito proprio là dove vita e morte si incontrano. Dormire, morire, nulla più. Neppure Maurits Cornelis Escher, il re dell’Illusionismo si era spinto a tanto!

    Ma neanche il povero Amleto si spinse a tanto! Il suo dilemma era infatti mal posto e un tantino banale: se vivere da codardo o morire in battaglia con onore, accettando l’incognita dell’aldilà.

    Di metafisico sembrerebbe aver poco, no? Forse che ai suoi tempi migliaia di uomini e donne non avevano già dato la loro vita senza la paura di questo aldilà? E tanti altri lo fanno ancora oggi. Li definiamo a seconda dei casi martiri o eroi. Volontari, pompieri, medici e infermieri, ad esempio. Lo fanno per una giusta causa, non per la gloria personale. E senza la paura soffocante dell’aldilà. Gli uomini meschini sono invece come Amleto. Pensano, pensano, ma poi trovano mille scuse per non agire. Tutto qui.

    Sorge spontaneo a questo punto elevarci ad un livello di riflessione ancora più alto, superiore alle motivazioni che spingono la nostra vita animale alla conquista dei beni terreni più ambiti: potere, ricchezza, gloria.

    La prima motivazione di ordine superiore che ci balza alla mente è indubbiamente la Fede. La Fede in un qualsivoglia regno ultraterreno. In un qualsivoglia Dio o entità trascendente. Essa si basa sulla certezza che esiste nell’aldilà un regno da guadagnare, a costo di qualsiasi sacrificio.

    Ma sorge un primo inghippo. Sembra che la Fede sia un dono. Già, quindi non per tutti. Come la distribuzione dei regali ad una festa. Tutti accorrono contenti, ma mentre alcuni li ricevono in abbondanza, tanti si accorgono che per loro non c’è niente e restano a bocca asciutta.

    Subentra poi un secondo inghippo. Che chi ha ricevuto il regalo spesso non è soddisfatto. Non è quello che voleva. O meglio, non gli basta. Così, alla Messa domenicale chiediamo a Dio di accrescere la nostra fede. Possibile? Ma se è un dono?! Sarebbe come vincere una grossa somma di denaro e pretendere che ci venga pagato anche il tram per tornare a casa. Mah! Proprio vero quel detto: il segreto della felicità consiste nell’accontentarsi.

    Chi invece ha ricevuto la Fede oltre a ringraziare per il dono, dovrebbe piuttosto pregare per riuscire a metterla in pratica, considerato che aiuta a vivere meglio. In tutti i casi è del tutto inutile ricevere qualcosa, se poi non ci interessa utilizzarlo.

    Il filosofo giansenista Blaise Pascal si spinse oltre, con la sua famosa scommessa. Non hai ricevuto la Fede? Non preoccuparti. Ti conviene comunque credere. Infatti se Dio esiste ottieni la salvezza. Se non esiste hai vissuto un’esistenza lieta, pur nella consapevolezza di finire in polvere.

    Peccato che Cristo ci ha insegnato che non funziona proprio così. Eh, no, caro mio! Devi lasciare tutto quello che hai e seguirlo. Forse per questo la figura di Nostro Signore è così ingombrante nella storia. Tanto che molti sarebbero più contenti di non averla ricevuta, questa Fede. Come vincere al Totocalcio una grossa somma, con la clausola che devi spenderla tutta in opere di beneficenza!

    Forse però Pascal pensava di offrire una chance anche ai privi di Fede e a coloro che a Natale son dimenticati da tutti. Senza sapere che il Creatore ha già riservato loro un posto in cielo: gli ultimi saranno primi.

    Molti di più hanno ricevuto in dono solo la Speranza, un dono più alla nostra portata. L’idea che questa vita, così carica di sofferenze e sacrifici, prima o poi possa volgere magicamente al meglio. Alla faccia di quel pensatore che riteneva quello presente il migliore dei mondi possibili!

    Peccato che Fede e Speranza siano doni individuali. Ad uso e consumo dei fortunati possessori. A volte interscambiabili, a volte associabili. Così una grande Fede può alimentare una grande Speranza. Ma entrambi rimangono entro le mura inaccessibili del castello individuale. Anche se, come abbiamo visto, la Speranza può essere l’alimento dei sogni ad occhi aperti.

    Fortunatamente o meno, la maggior parte degli uomini non si pone il problema di avere o no le suddette virtù teologali. Costoro possiedono la più grande di tutte: la Carità. Una forza che unisce gli uomini, senza barriere religiose né divisioni di razza. Anzi, tende a risolverle, sospinta dalla fraternità universale e dall’empatia verso gli altri. Una forza semplicemente umana, alla portata di tutti, una virtù democratica. In tanti casi più trascinante delle altre due. Una forza che ci spinge ad agire senza preoccuparci di noi stessi, né del nostro destino ultraterreno.

    Sembra paradossale (tanti infatti lo ritengono), ma fu proprio Gesù ad insegnarcela. Condannò le fedi costruite ad hoc (con buona pace di Pascal) e andò al sodo: non chi dice: mio Dio, mio Dio, entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà di Dio, che è quella di amare il prossimo come se stesso.

    Già, ma questo vuol dire che la Fede non conta? E che in sostanza ne hanno ricevuta di più proprio quelli che meno se ne preoccupano? Come trovare sull’uscio di casa un bel pacco-dono e ritenere non sia destinato a noi. Avranno di certo sbagliato indirizzo Questo sì è un bel rompicapo, soprattutto per le migliaia di teologi che si sono scervellati intorno alla verità delle Sacre Scritture!

    Eppoi, guai se si venisse a sapere che anche i buoni di cuore possono accedere al Paradiso! È come essere fra i primi davanti a una lunga coda e poi agli sportelli chiamano quelli in fondo.

    La verità è che Dio fa quello che vuole, come nella parabola dei lavoranti nella vigna del padrone. Questa è la Carità, la più piccola e bistrattata fra le virtù, che viaggia velocemente a livello terra, e tutto travolge come un fiume in piena.

    Che sia questo, in verità, il vero mistero della vita? Un mistero che ci rende tutti uguali e fratelli. Che ci insegna che la nostra umanità, sia fisica che morale, è il più grande tesoro che abbiamo. Altro che essere o non essere!

    Amore, empatia, sacrificio, disponibilità, attenzione, ci regalano qualcosa che persino la Fede e la Speranza fanno fatica a procuraci: la pace interiore, la Saggezza. E senza il bisogno di fustigare il corpo e la mente.

    E il vero male non è la morte, non sono le avversità del mondo, ma credere di essere soli a doverle affrontare.

    Ecco quindi apparire il vero volto del Diavolo, del Maligno. Esso è colui che ci separa da questa unità. E fa di tutto per ottenere il suo scopo, rendendoci soli e nevrotici.

    Così può accadere che un sogno fragile e misterioso, ma sospinto da una Fede che tenga per mano la Speranza ed abbia il volto della Carità, possa arrivare più lontano di quel che non si creda. E senza tanti calcoli matematici.

    3 Le farneticazioni di un vecchio

    Passiamo ora a considerare la categoria dei cosiddetti normali. Andrea vi rientrava perfettamente. Alto e di sana costituzione, era tuttavia un ragazzo senza arte né parte, si diceva una volta.

    Un tipo concreto, un materialista, che non aveva mai disdegnato compiere incursioni nel territorio delle idee e delle scienze astratte. Vi credeva, ma poi le rappresentava a modo suo.

    Uno dei tanti milioni, anzi miliardi (non facciamoci intimorire dai grandi numeri) la cui esistenza si stava consumando nell’indifferenza

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