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Io? Mai detto!
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E-book98 pagine1 ora

Io? Mai detto!

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Info su questo ebook

Due storie di manipolazione affettiva. Storie di persone che scendono negli abissi dell'inganno e della devastazione psicologica, e che da quegli abissi trovano la forza di risalire verso la dignità e il riscatto.
LinguaItaliano
Data di uscita17 dic 2019
ISBN9788835347392
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    Anteprima del libro

    Io? Mai detto! - Roberto Pallanca

    devastanti.

    Introduzione

    Alcune persone che hanno letto il mio primo libro, I denti nel collo, mi hanno raccontato le loro relazioni con narcisisti manipolatori. Me le hanno raccontate perché sapevano che avrei capito.

    Ho scelto le storie di Anna e di Gabriele e ne ho fatto un libro. Sono storie di inganni, di umiliazioni, di violenza psicologica. In una parola, che poi è la parola più usata da tutte le vittime di manipolatori, storie di devastazione. Ma nell’abisso della devastazione, Anna e Gabriele hanno trovato la forza di risalire verso la dignità e il riscatto.

    Questo libro è dedicato a tutte le persone che sono scese in quell’abisso.

    Roberto Pallanca, 2 settembre 2019

    Prefazione

    Quando ho letto il primo libro di Roberto mi sono rispecchiata. Le stesse umiliazioni, la stessa confusione, la stessa rabbia. La stessa bolla ipnotica della quale parla Roberto. E la stessa voglia di raccontare, di fare in modo che quello che ho vissuto non vada perso e sia magari utile a qualcuno.

    Anna.

    Roberto ha raccontato la mia storia. Mentre la leggevo mi pareva impossibile di essere proprio io, di aver sopportato tutto quello che ho sopportato e di aver potuto fare certe cose. Mi sembrava di assistere a un film, come se l’attore fosse un’altra persona. E invece quello ero io, un miliardo di vite fa.

    Gabriele.

    Anna

    Il lavoro del pittore non finisce col suo quadro: finisce negli occhi di chi lo guarda.

    Alberto Sughi

    Mario mi mostrò un’immagine su Internet e mi disse: Vedi questo quadro? È stato appena venduto per cento milioni di dollari. Non sembra uno di quelli che faccio io?

    Cento milioni di dollari per quel quadro? Non ci credo!

    Mi indicò una scritta sotto la foto. Erano proprio cento milioni di dollari.

    Porca miseria, è vero! Chi l’ha fatto? gli chiesi.

    Basquiat. Era un pittore americano, è morto nel ’90 e i suoi quadri valgono un mucchio di soldi.

    Osservai bene la foto. In effetti ricordava molto i quadri di Mario.

    Hai ragione, è simile alle cose che fai tu gli dissi. Allora datti da fare ché, magari, un giorno diventeremo ricchi pure noi!

    Mario era mio fratello e aveva la passione per la pittura. Ed era schizofrenico. La malattia lo aveva aggredito quand’era ancora al liceo e, adesso che i nostri genitori erano morti, viveva con me e mio figlio Edoardo. Aveva iniziato a dipingere al Centro Diurno dove andava quasi tutti i pomeriggi. La dottoressa Landoni, una psichiatra appassionata d’arte, aveva organizzato un corso di pittura, ma nei primi tempi Mario non pareva interessato. A un certo punto cominciò a disegnare sulla carta, poi a usare tele e colori, e ci prese talmente gusto che adesso non stava un giorno senza dipingere. Avevamo la casa piena di quadri, e decine in cantina.

    Dissi: Tra poco farete la mostra, cerca di venderne qualcuno … Anche se li fai pagare meno di quel Basquiat, insomma, va bene lo stesso.

    Mario scoppiò a ridere. Aveva la stessa risata di nostra madre. In quel momento pregai Dio che davvero vendesse qualche quadro. Gli avrebbe fatto bene, molto meglio delle medicine.

    La settimana dopo ci fu la mostra collettiva organizzata dal Centro Diurno. Ci andai con Mario, e rimasi molto colpita da quei quadri. La mia prima impressione fu che fossero stati dipinti da dei bambini. Ma poi, osservandoli meglio, mi fu evidente che erano stati fatti da persone adulte. Avevano i tratti e la spontaneità dei disegni dei bambini ma, allo stesso tempo, davano l’impressione di contenere tutte le emozioni e le visioni di una vita tanto vissuta quanto sofferta.

    Alla mostra venne un mucchio di gente. A un certo punto notai un signore distinto che si soffermava a lungo davanti ai quadri di Mario e li osservava attentamente. Mi avvicinai e gli chiesi: Le piacciono?

    Molto rispose. Li ha fatti lei?

    No, mio fratello.

    Davvero belli. Anzi, belli non è il termine appropriato … Sono quadri potenti e originali, si sente che l’autore ha una grande personalità. E anche un grande talento.

    Se vuole conoscerlo lo chiamo, sarà felice che lei lo apprezzi.

    Mario stava parlando con alcuni amici, lo chiamai e arrivò subito.

    Il signore distinto si presentò: Mi chiamo Enrico Aldobrandi, sono un architetto e mi interesso d’arte. Mi piacciono molto i suoi quadri, ha voglia di parlarmene un po’?

    Gli occhi di Mario si illuminarono. Certo! Questo è un ulivo. È un ulivo come li vedevo da bambino, e come li vedo ancora. Ci vedo un mucchio di cose e animali nascosti nel tronco, e anche in mezzo ai rami. Se guarda bene si vedono serpenti e uccelli e altri animali … Per esempio, questo è un lupo con le fauci spalancate, lo vede? E la coda, la vede?

    Mario gli indicò il lupo celato nelle forme contorte del tronco, io non vidi niente ma Enrico lo vide ed esclamò: Lo vedo eccome! È proprio un lupo, Pare accovacciato alla base del tronco, e sta ululando!

    Enrico guardò ancora attentamente il quadro e poi aggiunse: E questo nascosto tra i rami e le foglie è un pesce, sembra una specie di squalo.

    Mario era felice come una Pasqua. Finalmente qualcuno vedeva le stesse cose che vedeva lui, le visioni che aveva dipinto nascondendo le forme nell’intrico di linee e colori. A volte mi mostrava i suoi quadri e mi chiedeva se ci vedevo questa o quella cosa, questo o quell’animale, ma io non vedevo quasi mai niente. E lui ci restava male, mi diceva: Ma come fai a non vederlo? Allora, per farlo contento esclamavo: Ah sì, adesso lo vedo! ma lui si accorgeva che mentivo e ci restava ancora più male. Mi diceva ridendo: I medici ti hanno detto che non bisogna mai contraddire i matti eh!

    E ci sono altre figure in mezzo ai rami e alle foglie, le vede? continuò Mario.

    Enrico annuì e indicò delle immagini create dall’intrico dei rami. Questa è una faccia urlante, mi ricorda l’urlo di Munch. E questo è un uccello, una specie di pappagallo, si vede benissimo … il becco e le ali e tutto.

    Mario era sempre più felice e condusse Enrico di fronte a un altro quadro. Gli chiese: E qui cosa ci vede?

    Enrico osservò bene poi, indicando le immagini, disse: Questo è un ragno, e tutte queste linee sono la sua ragnatela. E questa è una vespa che è rimasta presa nella ragnatela, e adesso il ragno se la sta mangiando. Non è facile capirlo con tutte queste linee e i colori, ma se uno sa guardare lo vede. Io ci vedo una rappresentazione dell’eterna lotta tra vittima e carnefice.

    Mario rimase esterrefatto. Staccò il quadro dalla parete e mostrò a Enrico il retro della tela. C’era scritto col pennarello nero Vittima e Carnefice.

    Ed Enrico: Vedi, avevo visto giusto! Ma non era poi così difficile, il ragno è sempre il simbolo del carnefice. Sa aspettare, sa digiunare, sa rimanere immobile … è un killer infallibile, il carnefice perfetto.

    Sì … ma non esiste il carnefice perfetto. E neppure la vittima perfetta. ribatté Mario.

    Dici? disse Enrico.

    Certo. A volte le apparenze ingannano gli rispose Mario con un sorriso.

    Poi Mario gli mostrò il terzo quadro. Era una specie di totem, e anche qui Enrico vide figure e significati che io non avevo mai notato e che non conoscevo. Citò Pollock e i Nativi Americani, citò la psicologia di Jung e il surrealismo. Disse: Si potrebbe parlare per ore di questo quadro, c’è tutto qui dentro.

    Mario era affascinato.

    Poi Enrico disse: "Adesso devo andare, è una bellissima mostra ma i quadri che mi hanno colpito di più sono

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