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Il dado è tratto da una storia vera
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E-book182 pagine2 ore

Il dado è tratto da una storia vera

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Info su questo ebook

Uomini smarriti in un futuro distopico, civilità extraterrestri che ci hanno sempre deriso, animali demiurghi, inventori e santi disagiati, sogni dentro altri sogni... Che cosa unisce i protagonisti delle storie raccolte in questo libro? "Il dado è tratto da una storia vera" è un libro gnostico ma non ostico, che attraversa vari generi: fantascienza, grottesco, paranormale, realismo magico, onirico, fantasy. Al tempo stesso è un libro che vi farà ridere come uno specchio e riflettere come un deficiente. "Colui che vuole entrare nel regno dei cieli, vi giungerà. Se disprezza questo mondo e lo considera come un gioco, ne uscirà ridendo". (Vangelo di Filippo, purtroppo a oggi apocrifo). È tutto troppo vero per essere bello?
LinguaItaliano
Data di uscita29 set 2022
ISBN9791221432602
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    Anteprima del libro

    Il dado è tratto da una storia vera - Roberto Becattini

    SE HAI UN PROBLEMA CHIAMA IL 112

    Ma chi sei te?

    Ma chi ti conosce?

    Chi ti cono… Ah no, scusa

    Ho sbagliato persona

    Nicola Scheggi (per gli amici Nicolas Cage) quel pomeriggio tornava a casa, come ogni giorno, al suo adorato, aureo cliché familiare: Tafferuglio, il suo cane, un bastardino sempre vispo e giocoso, Flavia, la sua compagna amorosa e imprevedibile, il figlio Luigi, socievole e curioso. Quando entrò, il cane ululò di terrore e gli si rizzò tutto il pelo, ma poi sentì il suo odore e lo riconobbe. Gli leccò i piedi, gli mordicchiò le nocche delle dita e scodinzolò per dargli il benvenuto. Lo accolse poi la voce di Flavia proveniente dalla cucina.

    «Nicola, Amore, ti sei ricordato di comprare quello che ti avevo chiesto stamattina?».

    «No, Tèsoro, che cosa mi avevi chiesto di comprare?».

    «Oioi Nicola, ma se me lo ricordassi, mi sarei espressa diversamente» reagì lei uscendo dalla cucina. «Oddio Nicola! Sembri diverso stasera! Non sei tu Nicola! Aiuto!».

    «Ma come non sono io, e chi devo essere se non Nicolas Cage!» rispose lui divertito mentre la rincorreva per casa. La placcò, la stese sul tappeto con i suoi amorevoli tentacoli. «Allora, questo corso di autodifesa che ti hanno fatto fare alla cooperativa? Mi sembra che non sia servito a molto.» Dopo di che cominciò a divorarla in salotto.

    In mezzo a quel trambusto arrivò il figlio Luigi, che spalancati occhi e bocca, giustamente chiese: «O babbo, ma cosa stai facendo alla mamma? Finirai per ucciderla! Ehi, ma tu non sei il babbo, sei un mostro! Ti avevo scambiato per lui all’inizio, assomigli a lui, tranne che… sei diverso!».

    «Uguauaaargh!» obiettò il Mostro. Si divertivano tanto, in quella casa.

    Nicola Scheggi quella sera tornava a casa, e come ogni sera tornava al suo adorato, aureo cliché familiare. Vide suo figlio uscire dal portone di corsa. «Ehi tu! Dove vai?» Luigi si voltò. «La mamma mi ha mandato a comprare il latte, in casa c’è un mostro che se la sta mangiando.»

    Che fantasia, questi bambini pensò Nicola. E invece aveva detto la calva verità: nel salotto c’era un mostro tentacolare che si stava trangugiando Flavia! Nicola si avventò su di esso e usando alcune tecniche imparate durante il corso di autodifesa, riuscì a separarlo dalla sua compagna, che non sembrava aver riportato ferite gravi.

    «Che cosa vuoi, bestione?» urlò Nicola al mostro, mentre questo riassumeva almeno in parte sembianze umane. «Flavia, lo sai chi è questo beota?»

    «Credevo che fosse mio marito!» Flavia cominciava a nutrire dei dubbi che quella sarebbe stata una serata come le altre.

    «Corpo di una gestalt! Non mi dirai che assomiglio a lui?» Il Mostro sembrava offeso da quell’affermazione.

    «E come faccio a capire chi di voi due è il mio Nicola?»

    «Ma come? Non vedi che ha la pelle verde?» Anche Nicola l’Uomo non era contento di essere confuso con l’altro.

    «Non c’è niente di male ad avere la pelle verde, purché la si tenga pulita e oleata» lo difese Flavia.

    «Ma ha i tentacoli al posto delle mani!» si disperò il Nicola appena entrato.

    «Oh figuriamoci!» rispose con tono teatrale una Flavia negazionista.

    Il Mostro si rivolse a Nicola. «Sono convinto che ci sia una spiegazione semplicissima, Ciccio. Se fossi te, e non è detto che non lo sia, andrei a farmi vedere da uno bravo. Non occorre che ci andiamo insieme, tanto il problema è lo stesso.» Gli allungò un biglietto da visita.

    «Oh, sì, lo conosco. E tu come fai a conoscerlo? Mica è un veterinario! Ok senti Flavia, io vado dal dottore a sentire cos’ho io o cos’ha lui, mi raccomando te, tieni giù i tentacoli!»

    «Chiedigli se devo continuare a prendere quella medicina rosa!» le gridò lei mentre usciva. Poi lo rincorse alla porta, gli mise una mano in tasca e ne tirò fuori un sacchetto di semi di lino. «Bravo, vedo che ti sei ricordato di portarmeli. L’altro se n’era dimenticato.»

    Lo studio del dottor Corti non era lontano ed era raggiungibile a piedi in dieci minuti. Quel giorno però i marciapiedi erano affollati come a Tokyo, e impiegò quasi il triplo del tempo ad arrivare. Da dove proveniva tutta quella gente? Quando entrò, Nicola trovò il dottore seduto a fissare il vuoto con aria trasognata. A dirla tutta, il Dottor Corti aveva sempre l’aria di uno che si è appena svegliato.

    «Ho un problema dottor Corti. Stasera sono tornato a casa e ho trovato un mostro che stava divorando mia moglie. O almeno credo.»

    «Sì, lo so.» Il dottore sospirò.

    «Come lo sa? La cosa strana è che questo è un mostro, ma al tempo stesso assomiglia maledettamente a me!»

    «Sì, sì, lo so. Senta signor Scheggi, io sono solo uno psicologo. Questa settimana sono venute non so quante persone da me, e tutte per lo stesso motivo. Mi hanno raccontato tutte la stessa identica storia. Tutte tornano a casa la sera e trovano che tutto è cambiato, o che loro stesse sono cambiate, o scoprono di essere già lì. Allora ieri sono andato dal mio analista, il dottor Di Bella, e gliel’ho detto. E lui mi ha risposto: Che cosa dovrei dire io! Lei oggi è venuto qua per la settima volta a raccontarmi la stessa storia, e nel giro di un paio d’ore! Ogni volta aveva un aspetto un po’ diverso e ogni volta si comportava come se non ci vedessimo da un mese. Porca paletta ma avrebbe dovuto incontrare sé stesso che usciva mentre veniva da me! Ed io: Aah ecco chi era quel tipo! Poi il dottor Di Bella mi ha congedato perché doveva andare urgentemente dal suo analista.»

    «Davvero i suoi pazienti sono tutti venuti da lei con una storia uguale alla mia?» chiese Nicola.

    Il dottor Corti rifletté. «Un momento…» Controllò la lista sullo schermo del suo computer. «Tutti tranne uno: quel superdannato di Aranzulla! Quell’uomo ha di sicuro le mani in pasta fino al gomito in quest’affare! Solo lui può darci una risposta!»

    L’uomo che secondo il dottor Corti sapeva tutto si chiamava Salvatore Aranzulla e abitava proprio davanti allo Scheggi. A piedi sarebbero occorsi dieci minuti, ma i marciapiedi brulicavano di persone che si guardavano perplesse tra di loro pensando di conoscersi. Ci misero mezz’ora per arrivare.

    Quando entrarono, lo trovarono in giardino che lottava con un anaconda. «Oh, Dottor Corti! Scusateci! Un attimo e siamo da voi!» disse. Assestò due colpi in testa al serpentone che allentò le sue spire e lo lasciò libero di fare gli onori di casa. Era un uomo occhialuto, non molto alto, con la testa rasata, indossava pantaloni militari. Era a torso nudo, aveva una muscolatura ben sviluppata; i suoi pettorali guizzavano continuamente, forse era un tic nervoso. Messo al corrente degli accadimenti, Aranzulla pronunciò quella che sembrava una formula di rito: «Ultimamente incontrate dei vostri sosia o persone molto assomiglianti a voi che cercano di prendere il vostro posto in famiglia o al lavoro? Se le cose stanno in questo modo, siete nel posto giusto al momento giusto! Vi spiegherò per filo e per segno come liberarvi da questa moltitudine che affligge il vostro quotidiano. Al termine della giornata, avrete acquisito le competenze necessarie a raggiungere tale obiettivo.»

    Come prima cosa propose di andare da Nicola. Si fecero quindi largo a fatica tra la folla, così fitta che impediva loro di vedere dove mettevano i piedi, e in qualche minuto riuscirono ad attraversare la strada. La famiglia era di nuovo riunita, Luigi nel frattempo era tornato ma senza il latte, anzi era tutto sudato. Sosteneva di aver giocato a calcetto con alcuni suoi nuovi amici. Fatte le presentazioni, la prima domanda la pose il Mostro: «Dottor Aranzulla, com’è possibile che nostra moglie non riesca a distinguerci?»

    L’uomo che sapeva tutto rispose: «Boh! Non lo sappiamo. Possiamo dire che tu con i tentacoli probabilmente sei un tipo 8 mentre tu sei un tipo 2. Ma non siete la stessa persona.»

    «E ci voleva Aranzulla per dircelo?» polemizzò il tipo 2.

    Lo scienziato o presunto tale proseguì: «C’è un errore nel calcolo della forza di gravità su questo pianeta. É nove volte più forte di quanto dovrebbe essere. Lei dottor Corti, per esempio, dovrebbe pesare circa 8 kg.»

    «É un complotto mondiale dei dietologi?» azzardò preoccupata Flavia.

    «No. Il fatto è che ci sono nove corpi, solidi e con lo stesso peso, che occupano lo stesso posto nello stesso tempo, per ciascuno di noi. Notate niente di diverso in noi?» domandò compiaciuto.

    «Adesso sei più scuro di pelle e meno muscoloso», osservò il dottor Corti, «ma per me sei sempre Aranzulla, è strano.»

    «Prima ero un tipo 2, ora sono un tipo 4. Crediamo che in ognuno di noi ci siano nove tipi che occupano lo stesso spazio.»

    «Ecco perché in alcune foto sembriamo così diversi! Ecco perché cambiamo idea!» realizzò Flavia.

    «Oddio… l’enneagramma… l’Albero della Vita…» Il dottor Corti era il più sconvolto.

    «Ecco perché spesso siamo indecisi», osservò Nicola il Mostro, «ecco perché siamo perennemente insoddisfatti. La realizzazione di un desiderio riguarda solo una delle persone che ci abitano.»

    «Ecco perché lei usa il plurale maiestatis!» aggiunse Luigi.

    «Ok ok ok! Abbiamo capito che avete capito!» troncò Aranzulla. «Adesso notate niente di strano?»

    «Hai delle piume sul dorso delle mani, e anche sugli alluci, perché ora sei scalzo. Che bello!» Nicola l’Uomo era affascinato.

    «Sono un tipo 7. É probabile che il nostro comportamento diventi un po’ stravagante.»

    «Lo è sempre stato» disse il dottor Corti.

    «Siamo formati da persone separate e indipendenti che vivono nello stesso spazio, e che lottano per il controllo del corpo in questa dimensione; di solito una prevale sulle altre, e questo avviene nei primi tre anni di vita. Il passaggio ravvicinato del mega-asteroide Pirulo un mese fa ha momentaneamente corretto la distorsione e ora si cominciano a vedere gli effetti, la cui durata però è imprevedibile. Le persone non sono più coincidenti, mentre tutto il resto, piante, animali e oggetti non si sono divisi. Questo ci porta a ipotizzare che le forze che tengono insieme la materia abbiano una componente psichica.»

    «Ma voi non vi siete separati! Come fate a cambiare persona a comando?» chiese il curiosissimo Luigi.

    «Non tutti si sono scissi. Io e i miei colleghi abbiamo in comune una mente scientifica, lavoriamo insieme, d’amore e d’accordo. Si chiama accettazione di sostituzione. É l’equilibrio che si raggiunge per esempio con la meditazione. La buddità, la perfetta unione menti-corpo.»

    «In base a cosa numerate i tipi? Dov’è per esempio il tipo 3?» chiese perplesso il dottor Corti.

    «Nel mio caso l’abbiamo messo un po’ in disparte. È un tipo un po’ squallido. Ha inventato i concetti dello sviluppo personale, della performance, del successo, ma è solo un pretesto per avere il controllo sulle altre.»

    «Era l’anaconda?» chiese Nicola l’Uomo.

    «Ma no!» rispose Salvatore, «quello è Larry, il nostro animale domestico. No, il tipo 3 è anche peggio di un serpente. É falso, ha il mito dell’efficienza e odia il sonno: è sempre l’ultimo ad addormentarsi e il primo a svegliarsi, costringendo gli altri a fare lo stesso.»

    «Ecco perché quando ci svegliamo, siamo sempre di malumore!» Flavia pareva quasi divertita da tutte queste rivelazioni.

    «Questi aggiustamenti della forza di gravità e delle forze di coesione della materia si sono verificati in passato?» chiese il dottor Corti.

    «Temiamo di sì. Un ricordo ancestrale dell’evento lo potete trovare nella Bibbia: l’episodio della Torre di Babele. Quando i tipi si allontanano troppo gli uni dagli altri, la forza di gravità interna non è più sufficiente a farli tornare insieme. Non a caso quando due persone non sono mai in accordo si dice che parlano lingue diverse

    In quel momento si udì il rumore di una chiave nella toppa: qualcun altro stava rientrando a casa. Tutti trattennero il fiato. Apparve un terzo Nicola Scheggi, bagnato fradicio perché aveva dovuto sudare 63 camicie (tutto ormai era moltiplicato per 9) per farsi largo tra la folla densa come in Piazza del Campo durante il palio di Siena. Egli non disse pio. Si avventò contro gli altri due Nicola e cominciò a menare pugni. L’avreste fatto anche voi: uno torna a casa la sera un po’ più tardi del solito e trova due sosia che fanno gli svenevoli con la moglie, in compagnia del vostro psicologo e di Aranzulla.

    «Attenti ragazzi, a occhio e croce è un tipo 6 controfobico, quelli prima menano e poi parlano!» li avvertì lo scienziato.

    Tutti e tre i Nicola erano dei pezzi d’uomini agili e forti, e con tanto sangue nelle vene. Sangue che cominciò a scorrere, mentre nel corpo a corpo a corpo devastavano la casa. Quello di Nicola III era color ocra, quello del mostro, grigio perla, quello di Nicola I addirittura rosso! Intanto Flavia era riuscita a sfilare dalla tasca dell’ultimo arrivato un altro pacchetto di semi di lino. Non si sa mai.

    «Basta Nicola, smettetela, state insanguinando il tappeto!» gridò. Ma Nicola non l’ascoltava. E così Nicola. E neanche Nicola.

    «Bene», borbottò il dottor

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