Musonio l'Etrusco: La filosofia come scienza di vita
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Oggi, a duemila anni di distanza, alcuni tratti del suo pensiero (come la concezione della donna, o le considerazioni sull'alimentazione vegetariana) suonano ancora estremamente vitali e nient'affatto arcaici. Luciano Dottarelli lo dimostra ripercorrendo la vita del filosofo attraverso una puntuale indagine storica, documentale e bibliografica, che riporta alla luce uno dei pensatori più originali e interessanti dell'antichità.
La presente edizione in formato digitale è una nuova edizione del libro cartaceo stampato nel 2015.
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Anteprima del libro
Musonio l'Etrusco - Luciano Dottarelli
Un’alterna fortuna
Chiunque si avvicini alla figura di Gaio Musonio Rufo non può non rimanere colpito, e in qualche modo disorientato, dal forte contrasto dei pareri che, nel corso dei secoli, sono stati espressi sul valore e sull’originalità del suo pensiero.
Allo studioso e al semplice lettore può capitare di imbattersi in giudizi entusiastici, che esaltano la novità e la carica anticipatrice della sua visione della vita, insieme ad altri molto meno benevoli, che ne sottolineano invece il ruolo marginale e l’adesione convenzionale alle idee e alle pratiche sociali della sua epoca storica.
La storia della filosofia ci consegna una fortuna alterna di Musonio, che va dalla grande considerazione di cui godette nel suo tempo e nei primi secoli del cristianesimo al sostanziale oblio cui è andato incontro nelle epoche successive, alla rinnovata attenzione che ha ricevuto soprattutto tra Ottocento e Novecento, per giungere infine alla significativa riscoperta degli ultimi decenni, in un contesto di forte interesse per gli studi di genere e per la filosofia come modo di vivere.
MODELLO DI VIRTÙ E «MAESTRO DI EPITTETO»
Esempi del prestigio che i contemporanei riconoscevano a Musonio ci vengono dalle testimonianze di Tacito, che ne ricorda la fama e la capacità di accendere l’entusiasmo dei giovani «con precetti di sapienza», e di Plinio il Giovane, che nelle Epistole scrive di averlo «ammirato e amato».
Gli scrittori cristiani dei primi secoli condividevano questi giudizi positivi, motivati, oltre che dalle sue idee, dalla limpidezza della sua condotta di vita. Valga per tutti la testimonianza del teologo Origene (185-254), secondo cui Musonio fu, insieme a Socrate, un «modello di vita perfetta».
L’eco della esemplarità della vita di Musonio giunse intatta fino all’epoca dell’imperatore Giuliano (331-363), denominato «l’Apostata» dai cristiani perché aveva cercato di restaurare la religione romana dopo il suo abbandono a favore del cristianesimo da parte di Costantino. Giuliano, l’ultimo imperatore pagano, che coltivò anche la filosofia secondo l’indirizzo neoplatonico, nell’Epistola a Temistio ricorda la fama di cui godette Musonio per aver saputo sopportare con grande coraggio la crudeltà dei tiranni e commenta che egli «non fu meno felice di coloro che ressero grandi regni».
Nei secoli successivi Musonio Rufo venne invece ricordato quasi esclusivamente per essere stato il maestro di Epitteto e in genere fu tralasciato nelle ricostruzioni storiografiche del pensiero filosofico. Non soltanto in quelle di carattere più generale, di cui sono un esempio le Lezioni sulla storia della filosofia (1833) di Hegel, ma anche in quelle che in seguito furono specificamente dedicate all’età ellenistica e alla «scuola» di appartenenza di Musonio, lo stoicismo. Hegel dedica poche righe allo stoicismo romano («al pari delle odierne prediche non può essere tenuto in considerazione nella storia della filosofia») e non fa alcun cenno a Musonio.
La conoscenza della sua figura è stata per lungo tempo quasi esclusivamente limitata all’ambito degli eruditi e degli studiosi di filologia classica. Nello Zibaldone (1817-1832) Giacomo Leopardi, di cui si ricorda una classica traduzione del Manuale di Epitteto («assai prezioso e caro questo libricciuolo»), cita soltanto una volta il suo maestro Musonio. Lo fa in un contesto di carattere strettamente filologico, mentre discute il caso di un nome greco che è unito e precede un cognome romano: «esempi non ne mancano; e ne abbiamo, tra gli altri, uno famoso, Musonio Rufo, filosofo stoico del tempo di Nerone».
Eppure sappiamo che Leopardi ben conosceva l’Anthologion di Giovanni Stobeo, lo scrittore bizantino del V secolo grazie al quale ci sono stati tramandati tanti testi della letteratura greca, tra cui quelli riguardanti gli insegnamenti e i pensieri di Musonio Rufo, che altrimenti sarebbero andati perduti. L’età moderna ha potuto conoscere la sua figura e il suo pensiero soprattutto attraverso quest’opera, che fu pubblicata dal fisico Vittore Trincavelli a Venezia nel 1536 e poi, a partire dal 1543, in varie edizioni con traduzione latina a cura del naturalista e bibliografo svizzero Conrad Gessner.
Tutti i testi che contengono gli insegnamenti e le dottrine del filosofo, sparsi anche in altre opere, furono raccolti insieme per la prima volta nel 1822 dallo studioso olandese J. Venhuizen Peerlkamp in C. Musonii Rufi philosophi stoici Reliquiae et apophthegmata ma un più ampio ritorno di interesse per la sua figura si ebbe alla fine dell’Ottocento, in connessione con il grande impulso che la scuola di filologia classica tedesca diede alle scienze dell’antichità. Frutto di quella stagione fu la fondamentale edizione critica di Otto Hense, C. Musonii Rufi Reliquiae, pubblicata a Lipsia nel 1905 e sulla quale si fa tuttora affidamento per lo studio del suo pensiero filosofico.
«SOCRATE ROMANO», «FEMMINISTA», FILOSOFO
È in quel contesto che la figura di Musonio comincia a recuperare una sua fisionomia autonoma e nascono le prime interpretazioni complessive del suo contributo alla storia della cultura.
Il filologo classico tedesco Rudolf Hirzel, nel suo studio Der Dialog del 1895, riprendendo un paragone che nell’antichità era stato abbastanza consueto, definisce Musonio «il Socrate romano». La definizione sarà poi ripresa dalla studiosa americana Cora Lutz, che nel 1947 presenterà la sua importante edizione dell’opera di Musonio, con a fronte la traduzione inglese e un saggio introduttivo, proprio con il titolo: Musonius Rufus. «The Roman Socrates».
Il richiamo alla figura di Socrate, per la coerenza dello stile di vita e per la modalità del suo insegnamento, è il principale elemento su cui questi studiosi si sono basati per valorizzare la personalità di Musonio.
Sempre nell’ambito della filologia classica di scuola anglosassone, un altro studioso, Edward Vernon Arnold, per «l’assoluta rettitudine del carattere» lo considera «il Catone della sua generazione» e non esita a ritenerlo il «terzo fondatore dello stoicismo», dopo Zenone e Crisippo (Roman Stoicism, 1911).
Altri studiosi hanno invece messo in evidenza alcuni aspetti del suo pensiero e del suo insegnamento che lo fanno considerare «sorprendentemente in anticipo sulla sua epoca» (Martin Percival Charlesworth, Five Men, 1936). I motivi della modernità di Musonio Rufo sono ritrovati da alcuni autori soprattutto nella sintonia delle sue idee e dei suoi comportamenti con molte delle istanze morali del primo cristianesimo, in particolare nel campo dell’etica familiare.
Un altro elemento di novità del suo pensiero, su cui si è particolarmente insistito per metterne in evidenza l’originalità rispetto alla stessa tradizione dello stoicismo, è la concezione della donna, che, al di là di troppo superficiali apprezzamenti, presenta in effetti un particolare interesse.
Nell’ambito degli studi di filologia classica di lingua francese, lo studioso svizzero Charles Favez è giunto a parlare di Musonio come di «un femminista romano», a motivo della sua concezione della donna «notevole» e «audace» per chiunque conosca «i pregiudizi generalmente in voga su questo argomento nell’antichità» (Un féministe romain: Musonius Rufus, 1933).
Apprezzamenti così entusiastici non sono esenti dall’intenzione, nemmeno troppo velata, di ridimensionare, attraverso il confronto, le stesse idee dei movimenti femministi contemporanei. Così Favez concludeva il suo articolo sul filosofo in questo modo: «Sono caduto in errore nel pensare che l’ideale di Musonio non è affatto sorpassato e che esso ha ancora da insegnare qualcosa alle nostre moderne femministe?».
Dello stesso tenore la valutazione dello storico francese Jérôme Carcopino che, ricalcando in parte lo schema argomentativo di Favez, riconosceva in Musonio «un campione del femminismo antico» che si era battuto «in nome dell’uguaglianza intellettuale e morale dei due sessi». Da Carcopino la personale sensibilità di Musonio era però richiamata proprio a testimonianza di come la donna romana in età imperiale godesse «di una dignità e di un’autonomia equivalenti o superiori a quelle che il femminismo contemporaneo ha rivendicato» (La vita quotidiana a Roma, 1931 e 1939).
Nonostante queste positive valutazioni, la conoscenza della figura di Musonio rimase ancora per lungo tempo sostanzialmente confinata nell’ambito specialistico degli studi di filologia classica, senza interagire davvero con la coscienza filosofica del Novecento. Nella sua monumentale opera dedicata allo stoicismo, il tedesco Max Pohlenz, grande filologo e storico della filosofia antica, continuava a descrivere Musonio Rufo sminuendone la portata filosofica, come «un uomo pratico che si serviva della filosofia solo per trovare una giustificazione teoretica e una salda base speculativa per quanto gli suggeriva la sua sana intelligenza» (La Stoa. Storia di un movimento spirituale, 1949).
Un vero interesse filosofico per Musonio Rufo è giunto soltanto negli ultimi decenni del Novecento, in seguito agli studi di Pierre Hadot, che hanno messo in evidenza come il carattere più autentico della filosofia antica fosse proprio quello di proporsi come un modo di vivere, un esercizio per conseguire la crescita spirituale. Vista con gli occhi dell’antichità
la filosofia non consiste nell’insegnamento di una teoria astratta, e meno ancora in un’esegesi di testi, ma in un’arte di vivere, in un atteggiamento concreto, in uno stile di vita determinato, che impegna tutta l’esistenza. L’atto filosofico non si situa solo nell’ordine della conoscenza, ma nell’ordine del «Sé» e dell’essere: è un progresso che ci fa essere più pienamente, che ci rende migliori. È una conversione che sconvolge la vita intera, che cambia l’essere di colui che la compie. Lo fa passare dallo stato di una vita inautentica, oscurata dall’incoscienza, rosa dalla cura, dalle preoccupazioni, allo stato di una vita autentica, dove l’uomo raggiunge la coscienza di sé, la visione esatta del mondo, la pace e la libertà interiori (Esercizi spirituali e filosofia antica, 1981).
La rilettura delle opere e della vita di filosofi come Epitteto, Marco Aurelio, Plotino, svolta da Hadot in questa prospettiva e con magistrale finezza interpretativa, ha riverberato una nuova luce sulla stessa figura di Musonio Rufo.
Ne sono testimonianza le pagine che il filosofo francese Michel Foucault, ispirandosi al lavoro di Hadot, dedica al pensiero di Musonio nel terzo volume della sua Storia della sessualità (La cura di sé, 1984) e in altri libri che raccolgono le sue lezioni sull’ermeneutica del soggetto e sulle tecniche della conoscenza e della pratica di sé.
In questo diffuso clima culturale, che recupera la dimensione della filosofia come arte di vivere quale era principalmente praticata nell’antichità – e particolarmente in età ellenistica –, l’insegnamento di Musonio può offrire notevoli spunti d’interesse.
È in questa chiave che intendo presentare la figura complessiva del filosofo di Volsinii, il suo pensiero, la sua pratica educativa e la sua esperienza di vita.
Vita da filosofo
TRE APPELLATIVI, UN SOLO MUSONIO
Una dettagliata ricostruzione della biografia di Musonio Rufo è resa impossibile dalla scarsità e a volte dalla contraddittorietà delle fonti di cui disponiamo; tuttavia queste sono sufficienti per un inquadramento complessivo della sua figura.
Intanto la critica storico-filologica ha ormai risolto il problema della presunta esistenza di tre diversi Musonii, le cui vicende biografiche venivano in parte a sovrapporsi.
La questione aveva preso spunto da alcuni passi controversi delle opere dello scrittore greco Flavio Filostrato (170 ca. – 244-49 ca). Nella Vita di Apollonio di Tiana, infatti, nel tessere l’elogio del leggendario mago, filosofo e guaritore, Filostrato faceva cenno ai suoi rapporti con il filosofo Musonio «il Babilonese», che era «quasi pari ad Apollonio per sapienza» e che era stato incarcerato da Nerone, il quale aveva in sospetto filosofi e praticanti dell’arte divinatoria. Più avanti, sempre con riferimento alla