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Diavolicche 2.Serio IL RITORNO dell'ingiustizia
Diavolicche 2.Serio IL RITORNO dell'ingiustizia
Diavolicche 2.Serio IL RITORNO dell'ingiustizia
E-book164 pagine2 ore

Diavolicche 2.Serio IL RITORNO dell'ingiustizia

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Info su questo ebook

Continua il viaggio dello strampalato chiller della periferia di Firenze attraverso le follie e le ipocrisie della società di oggi.
LinguaItaliano
Data di uscita17 gen 2020
ISBN9788831655668
Diavolicche 2.Serio IL RITORNO dell'ingiustizia

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    Anteprima del libro

    Diavolicche 2.Serio IL RITORNO dell'ingiustizia - Gino Olivani

    ano­ni­ma.

    PREFAZIONE

    Pro­ce­dia­mo per gra­di, co­me dis­se­ro i ter­mo­me­tri. Pri­ma di tut­to la­scia­te che vi spie­ghi che co­sa è una pre­fa­zio­ne. Una pre-fa­zio­ne è qual­co­sa che si scri­ve pri­ma di un li­bro, o co­mun­que di qual­co­sa, co­me in que­sto ca­so, che gli pos­sa as­so­mi­glia­re va­ga­men­te. Se si scri­ve do­po, quel­la è una po­st-fa­zio­ne. Se si scri­ve nel mez­zo, quel­la è una fa­zio­ne. La fa­zio­ne è com­po­sta di fa­zio­si; se non ave­te un’idea di che co­sa sia­no, po­te­te guar­da­re un te­le­gior­na­le op­pu­re una te­le­cro­na­ca di una par­ti­ta del­la Ro­ma sul­la RAI, even­to for­tu­na­ta­men­te sem­pre più ra­ro. Le par­ti­te de­vo­no es­se­re ne­ces­sa­ria­men­te quel­le del­la Ro­ma e sul­la RAI (al li­mi­te an­che dell’In­ter su Sky, se se il te­le­cro­ni­sta è Le­le Ada­ni), per il te­le­gior­na­le in­ve­ce va be­ne uno qual­sia­si, po­te­te sce­glie­re li­be­ra­men­te, vi­sto che in Ita­lia c’è li­ber­tà di scel­ta.

    Di so­li­to un au­to­re non scri­ve da sé una pre­fa­zio­ne, ma se la fa scri­ve­re da qual­cun al­tro, pre­fe­ri­bil­men­te da un ami­co (se non ne ha nean­che uno se lo può sem­pre pro­cu­ra­re), per es­se­re si­cu­ro che scri­va so­lo co­se ca­ri­ne an­che se il li­bro fa schi­fo. Nel mio ca­so nem­me­no que­sta pre­cau­zio­ne mi sem­bra­va suf­fi­cien­te e in ogni ca­so ave­vo già chie­sto agli ami­ci dei gros­sis­si­mi fa­vo­ri e non po­te­vo pro­prio chie­der­ne un al­tro: il pri­mo gros­sis­si­mo fa­vo­re era quel­lo di ac­qui­sta­re il li­bro Dia­vo­lic­che 1-0: Ma ‘nke mon­do si vi­ve (e si mo­re), poi agli ami­ci in­ti­mi e ai pa­ren­ti ave­vo chie­sto an­che l’estre­mo sa­cri­fi­cio di leg­ger­lo. Dal che si può con­clu­de­re che pub­bli­ca­re un li­bro sia la ma­nie­ra più ef­fi­cien­te per con­ta­re gli ami­ci ve­ri e quel­li che ti de­vo­no un fa­vo­re. Per con­ta­re i pa­ren­ti stret­ti in­ve­ce ba­ste­reb­be­ro gli wha­tsapp con la gif ani­ma­ta di San­ta Klaus a Na­ta­le o le rim­pa­tria­te dal no­ta­io in ca­so di ere­di­tà. Di­ce­vo che la nor­ma è che si chie­de ad un ami­co di scri­ver­ti la pre­fa­zio­ne e nel ca­so sia un ami­co in­ti­mo quel­lo ti scri­ve­rà non so­lo la pre­fa­zio­ne, ma an­che tut­to il li­bro. Que­sto è quan­to suc­ce­de di so­li­to con i li­bri fir­ma­ti dai per­so­nag­gi fa­mo­si, i qua­li evi­den­te­men­te han­no mol­ti ami­ci ve­ri.

    Una vol­ta spie­ga­to, e be­ne cre­do, che co­sa sia una pre­fa­zio­ne e do­ve va­da scrit­ta ve­nia­mo al per­ché ho de­ci­so di scri­ve­re una pre­fa­zio­ne. Io non so per gli al­tri, ma al­me­no per me il pri­mo sco­po di una pre­fa­zio­ne è quel­lo di al­lun­ga­re un po’ il li­bro, in mo­do che ar­ri­vi ad es­se­re pre­sen­ta­bi­le o al­me­no ven­di­bi­le, an­che se i due ag­get­ti­vi spes­so non coin­ci­do­no af­fat­to. Va det­to su­bi­to pe­rò che al­lun­ga­re un li­bro può es­se­re an­che un’ope­ra­zio­ne mol­to pe­ri­co­lo­sa, so­prat­tut­to og­gi che i li­bri lun­ghi fan­no pau­ra a tut­ti (a pa­rec­chi an­che quel­li cor­ti). Ci de­vo­no per­tan­to es­se­re an­che al­tre ra­gio­ni per scri­ve­re la pre­fa­zio­ne (e il li­bro stes­so). Una mol­to co­mu­ne è quel­la di cer­ca­re di spie­ga­re co­me mai c’è ve­nu­to in men­te di scri­ve­re un li­bro in­ve­ce che, per esem­pio, fa­re un tor­neo di bur­ra­co o co­strui­re un mo­bi­let­to per la cu­ci­na, che fra l’al­tro avreb­be fat­to mol­to più con­ten­ta la mo­glie (il mo­bi­let­to, non il bur­ra­co). Per il pri­mo li­bro non c’è una spie­ga­zio­ne. Il pri­mo li­bro di so­li­to, co­me nel mio ca­so, non si de­ci­de di scri­ver­lo, più o me­no co­me tan­te vol­te non si pia­ni­fi­ca di an­da­re al ga­bi­net­to: ti scap­pa e ba­sta (il van­tag­gio di scri­ve­re il li­bro è che lì è sem­pre li­be­ro). Per il se­con­do in­ve­ce le co­se stan­no di­ver­sa­men­te: se si scri­ve il se­con­do lì non ci so­no scu­san­ti, non c’è per­do­no, non puoi di­re sem­pli­ce­men­te Opps… m’è scap­pa­to… co­me se fos­se una puz­zet­ta. Qui il di­scor­so si fa più com­pli­ca­to.

    Io es­sen­zial­men­te ho de­ci­so di scri­ve­re la pre­fa­zio­ne al 2° vo­lu­me del­la bi­lo­gia Dia­vo­lic­che per da­re una ri­spo­sta al­la do­man­da che mol­ti di voi si­cu­ra­men­te si sa­ran­no po­sti: do­po il ter­ri­fi­can­te pri­mo li­bro, c’era pro­prio bi­so­gno di umi­liar­si ul­te­rior­men­te scri­ven­do un’al­tra com­me­dia su Dia­vo­lic­che?. La ri­spo­sta è: no. An­zi, era al­ta­men­te scon­si­glia­to. E vi spie­go an­che il per­ché.

    Ci pos­so­no es­se­re va­ri mo­ti­vi per i qua­li un au­to­re de­ci­de di scri­ve­re un se­quel ad una ope­ra pri­ma. Il ca­so più co­mu­ne è che l’ope­ra pri­ma ab­bia ri­por­ta­to un inat­te­so suc­ces­so. Ov­via­men­te nel ca­so di un’ope­ra pri­ma l’au­to­re al­le pri­me ar­mi si è ca­la­to to­tal­men­te le bra­ghe da­van­ti all’edi­to­re (nes­sun ri­fe­ri­men­to ses­si­sta), am­mes­so che ne ab­bia tro­va­to uno, e ha ac­cet­ta­to di pa­ga­re an­che di ta­sca pro­pria pur di far­si pub­bli­ca­re il li­bro. Se il li­bro ha poi avu­to un inat­te­so suc­ces­so i sol­di se li è pap­pa­ti più o me­no tut­ti l’edi­to­re, che si­cu­ra­men­te ha fre­ga­to l’ine­se­per­to no­vel­li­no, il qua­le è an­da­to in­ve­ce ve­ro­si­mil­men­te in ros­so. Una buo­na ra­gio­ne per un au­to­re di scri­ve­re un se­quel è quin­di quel­la di cer­ca­re di far pa­ri e di co­min­cia­re an­che a ri­pren­de­re un po’ di sol­di: non sa­rà una ra­gio­ne mol­to ele­gan­te ma è del tut­to com­pren­si­bi­le. Tut­ta­via, ci può es­se­re an­che la mo­ti­va­zio­ne esat­ta­men­te op­po­sta. Do­po un in­suc­ces­so che l’au­to­re con­si­de­ra im­me­ri­ta­to e de­cre­ta­to so­lo da un pub­bli­co di­strat­to ot­tu­so o pre­ve­nu­to, il se­quel ser­ve a ten­ta­re di pren­der­si la ri­vin­ci­ta, un po’ co­me la par­ti­ta di ri­tor­no nel­la Cham­pions Lea­gue. L’au­to­re in­ten­de cer­ca­re di bi­lan­cia­re il pri­mo fia­sco con un cla­mo­ro­so suc­ces­so e co­sì pas­sa­re il tur­no. Ma al­lo­ra per qua­le ra­gio­ne, vi chie­de­re­te, e qui pas­sia­mo al ter­zo sce­na­rio pos­si­bi­le, do­po un fia­sco eco­no­mi­co, di cri­ti­ca e pro­ba­bil­men­te an­che di vi­no co­me quel­lo del pri­mo li­bro, l’au­to­re di Dia­vo­lic­che 1-0: Ma ‘nke mon­do si vi­ve (e si mo­re) ha ma­so­chi­sti­ca­men­te de­ci­so di bis­sa­re il cla­mo­ro­so in­suc­ces­so del pri­mo li­bro?² Per qua­le in­sa­no mo­ti­vo ho de­ci­so di ag­giun­ge­re fia­sco a fia­sco, dan­do ini­zio al pro­get­to che ha de­no­mi­na­to Pro­get­to Can­ti­net­ta³? (Que­sta è in­fat­ti l’uni­ca ope­ra che in­ve­ce che fa­re fia­sco do­po es­se­re sta­ta scrit­ta dall’au­to­re sem­bra es­se­re sta­ta scrit­ta da un au­to­re che si è fat­to un fia­sco pri­ma di scri­ve­re l’ope­ra)

    La ri­spo­sta è: boh. Ho pen­sa­to: tan­to io ho il mio pub­bli­co di nic­chia, per for­tu­na ho dei fi­gli, una mo­glie, ho per­fi­no un ge­ne­ro di­spo­sto all’ac­qui­sto, qual­che col­le­ga e qual­che ami­co che mi de­ve un fa­vo­re, un pa­io di co­pie o tre le pos­so com­pra­re io, in­som­ma ho fat­to i miei con­ti e ho det­to chi se ne fre­ga: chi se ne fre­ga se pia­ce o no. Co­me nel ca­so del pri­mo li­bro io mi so­no di­ver­ti­to a scri­ver­lo e io mi di­ver­to di quan­do in quan­do, an­zi spes­so, a ri­leg­ger­lo: an­che se so­no si­cu­ro di es­se­re l’uni­co, a me sem­bra una ra­gio­ne suf­fi­cien­te. Que­sto so­no io, que­sto è il mio hu­mour, que­sta è la mia in­do­le, que­ste so­no al­cu­ne del­le mie idee (al­tre so­no dei per­so­nag­gi stes­si, i qua­li se ne as­su­me­ran­no le even­tua­li re­spon­sa­bi­li­tà sia in se­de ci­vi­le che in­ci­vi­le), que­sto è il mio mes­sag­gio nel­la bot­ti­glia – an­zi nel fia­sco – il te­sta­men­to che vo­glio la­scia­re ai miei po­sters, co­sì che quan­do i miei ni­po­ti­ni –  bam­bi­ni, gat­ti, ca­ni o cri­ce­ti che sia­no – chie­de­ran­no ai miei fi­gli com’era il non­no, lo­ro gli po­tran­no da­re i li­bri e di­re: Leg­gi (am­mes­so che sap­pia­no an­co­ra leg­ge­re), que­sto è il suo te­sta­men­to. E do­po aver­lo let­to (o al­me­no le pri­me pa­gi­ne) i bam­bi­ni, con l’in­no­cen­za e la pu­rez­za ti­pi­che dei bam­bi­ni di og­gi, ri­spon­de­ran­no Te­sta-men­to? Que­sto mi sem­bra più un te­sta di ….

    Gi­no Oli­va­ni

    O, ma quan­do co­min­cia ‘sto li­bro?

    Un c’è nean­che un cac­chio di trei­ler, po­p­corn o pub­bli­ci­tà pe’ in­gan­na’ l’at­te­sa

    G    ATTO

    IL RITORNO

    [Al ri­fu­gio. Eva è in pol­tro­na e sta leg­gen­do sul ta­blet De­lit­to e Ca­sti­go di Do­stoe­v­skij, an­che se a tea­tro non si puo’ ve­de­re, an­che per­ché ne­gli e-books non c’è nean­che la co­per­ti­na]

    [En­tra Dia­vo­lic­che]

    E: O Diav! Che se’ te? O che se’ ri-bell’e qui?

    D: Ciao Evi­na [le dà un ba­cio sul­la fron­te]. O, un gliel’ave­vo pro­mes­so ai’ giu­di­ce: voi met­te­te­mi den­tro e io in tre gior­ni ri­sòr­to.⁵ E io so­no uno di pa­ro­la, se di­ho quar­ko­sa e ci ten­go a man­te­nel­la.

    E: L’è ve­ro, l’è im­por­tan­te es­se­re one­sti.

    D: No, no, a me mi pia­ce es­se di pa­ro­la. An­ke quan­de am­maz­zai qui’ po­li­ti­ho⁶, m’avea qua­si con­vi­ni­to, qui’ ser­pen­te, ma poi mi ri­hor­dai che ave­vo da­to la pa­ro­la a co­so, co­me si chia­maa, Achil­le Ram­maz­za e al­lo­ra do­vet­ti man­te­ne’ la pa­ro­la. O, ma an­che lui, i’ vi­ce-sin­da­ho, e fu di pa­ro­la eh, m’ave­va pro­mes­so un po­sti­ci­no vi­ci­no a qui e me lo tro­vò a Sol­lic­cia­no⁷. No, no, pe’ quel­lo fu di pa­ro­la an­che lui. Pe’ for­tu­na og­gi­gior­no ce n’è tan­ta, gen­te di pa­ro­la.

    E: T’ ha pro­prio ra­gio­ne: l’è pie­no, di pa­ro­lai…

    D: Ic­chè tu sta­vi fa­cen­do di bel­lo, Evi­na?

    E: No, m’ero mes­sa un po’ a leg­ge que­sto li­bro, si chia­ma De­lit­to e Ca­sti­go di Dot­vo, Doz­zo… boh…

    D: Fe­dor Do­stoe­v­skij.

    E: Ac­ci­den­ti Diav! Che hai fat­to un cor­so ac­ce­le­ra­to di se­ra­li in car­ce­re!?

    D: No, l’è che que­sto ge­ne­re di li­bri mi in­te­res­sa.

    E: Ah, no, cre­deo, per­chè m’han­no det­to che i cor­si se­ra­li li pos­san fa’ di que­sti mi­ra­ho­li: in po­his­si­mo tem­po tu re­cu­pe­ri l’igno­ran­za di una vi­ta… Co­me fan­no un­no so, si ve­de che la se­ra do­po i’ la­vo­ro si stu­die­rà me­glio… boh…

    D: Ma dim­mi un po’ di pro­ces­so di Ke­vin­ne⁸, co­me l’è an­da­ha?

    E: E ‘nsom­ma, co­sì e co­sì. Gl’han­no da­to due an­ni con la hon­di­zio­na­le.

    D: Via, un c’è ma­le, cre­deo peg­gio. O, ba­da, l’omi­ci­dio di un gat­to og­gi l’è una del­le ho­se peg­gio che tu pos­sa fa­re, eh. So­prat­tut­to se i pa­dro­ni son ric­chi co­me la Mar­che­sa Ba­gnai in Con­ti Nen­ti.

    E: Poe­ro mi­cio, m’ha rac­con­ta­ho Ke­vin che quan­do lo mi­se sot­to quel­la poe­ra be­stia la mo­rì sen­za fa’ nean­che pìo.

    D: E ci hre­do, l’era un gat­to mi­ha un pur­ci­no! Co­mun­que via, du’ an­ni, un c’è ma­le, cre­deo peg­gio.

    E: Sì, ma l’era omi­ci­dio pre­te­rin­ten­zio­na­le…

    D: O ic­chè c’en­tra i’ pre­te ora… que­sta l’è una del­le po­che ho­se che ugni dà la col­pa nes­su­no…

    E: No, Diav, e vor di­re che unn’ave­va fat­to ap­po­sta…

    D: E al­lo­ra dil­lo in ita­lia­no, io cre­deo che pre­te­rin­ten­zio­na­le…

    E: A pro­po­si­to di ita­lia­no, io e so­no un po’ pre­oc­cu­pa­ta an­che per­ché i due an­ni gliel’han­no da­hi con la hon­di­zio­na­le.

    D: E al­lo­ra? Un­nè me­glio?

    E: No, l’è che tul­lo sai, lui co’ hon­di­zio­na­li un­nè che se la ha­va tan­to be­ne; l’è so­lo in 5° su­pe­rio­re, gl’ha fi­ni­ho da po­ho di pa­dro­neg­gia­re l’in­di­ha­ti­vo, poe­ri­no, la cor­re quel­la di Ita­lia­no, son di già ai’ Fo­sco­lo…

    D: Ora la un cor­re più vai, n’i’ pri­mo li­bro l’ho am­maz­za­ha⁹…

    E: Al­lo­ra di­cia­mo che la cor­rea. Che va be­ne cor­rea?

    D: Mah, io cre­deo che cor­rea vo­les­se di­re com­pli­ce, ne’ re­bus­se sul­la Set­ti­ma­na Enig­mi­sti­ca c’è sem­pre, ma se tu lo di­ci te va be­ne di si­hu­ro.

    E: In­som­ma, poe­ri­no, son pre­oc­cu­pa­ta pe’ que­sto hon­di­zio­na­le, via che hon­di­zio­na­li in ita­lia­no, tu lo de­vi am­met­te an­che te che tu lo par­li be­ne, e son pa­rec­chio dif­fi­ci­li. Io ho fi­ni­ho di im­pa­ral­li ora in fio­ren­ti­no,  ma se do­vrei fal­li in ita­lia­no un­no so mi­ha se mi riu­scis­se...

    D: Un ti de­vi pre­oc­cu­pa’ Eva: se tu’ par­li i’ fio­ren­ti­no tu’ sei a po­sto, poi in­fi­ne l’ita­lia­no l’è ba­sa­to su i’ fio­ren­ti­no vol­ga­re…

    E: Aaaah, ec­co per­ché l’è pie­no di pa­ro­lac­ce… Sì, ma sen­ti io e so­no un po’ pre­oc­cu­pa­ta, un vor­rei che i’ mi’ poe­ro bam­bi­no ip­più ip­più gli sba­glia un con­di­zio­na­le e, ol­tre che con 4 in ita­lia­no, si ri­tro­va an­che con 2 in an­ni di ga­le­ra. E sai, ci stan­no po­ho at­ten­ti a’ hon­di­zio­na­li i

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