Il Fondamentale Neorealismo: Visconti, Rossellini, De Sica
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Anteprima del libro
Il Fondamentale Neorealismo - Massimo Puliani
etico.
I.
In questa foto degli anni ’60, c’è la storia del cinema italiano. Tre registi a confronto sulla spiaggia del Lido di Venezia a metà settembre in una delle tante edizioni del festival che li vedevano protagonisti: Luchino Visconti, Vittorio De Sica e Roberto Rossellini. Gli autori del Neorealismo che trascinarono il cinema italiano fuori dal polverone della guerra, e che lo resero grande all’estero.
I registi oggi e l’eredità del Neorealismo
Con la potenza espressiva del Neorealismo, che è stato capace di modificare tutti i paradigmi culturali, la scrittura della narrazione, la sintassi e le poetiche, il cinema italiano si è imposto a livelli internazionali, e ancora oggi i registi si rivolgono al Neorealismo come un punto di riferimento per i suoi valori morali, politici ed estetici che sono strettamente intrecciati nei film.
Quale è l’eredità del Neorealismo italiano? Enorme per titoli e per autori, per riflessioni critiche e pensieri filosofici ed estetici. Prendiamo per esempio un continente lontano come quello asiatico, la Cina o il cinema brasiliano o il cinema dell’Est o quello arabo ecc., cinematografie molto spesso avvolte e coinvolte dal o nel Neorealismo, con citazioni, richiami o vere e proprie dediche ai grandi maestri italiani.
In una intervista¹ Zhang Yimou, 68 anni regista di Sorgo Rosso
(1987) e di Lanterne rosse
(1991) osserva che:
«… nel 1978 mi sono iscritto all’Accademia di arte drammatica di Pechino e da studente sono molto stato influenzato dal Neorealismo italiano. Quando faccio un film ancora penso a un tipo di approccio nel fare alcuni ritratti, alcuni primi piani in maniera estremamente realistica.
Il nuovo film che ho appena finito di girare che si intitola Un secondo
esprime bene questo mio approccio realistico. È la storia, ambientata negli anni Settanta, di un carcerato che fugge dalla prigione per vedere un film. Si raccontano le ventiquattro ore di vita del detenuto».
Yimou è cresciuto in una Cina completamente diversa rispetto a un ventenne che vuole fare il regista oggi. Alla domanda: cosa porta lei di utile da trasmettere alla generazione che si forma ai tempi di internet? Il regista risponde così:
«Io sono cresciuto nella Cina della Rivoluzione culturale, durante la quale sono avvenuti grandi accadimenti dal punto di vista politico, e sono arrivato fino a oggi. Non bisogna pensare a un prodotto per lo svago, non è questo il fine ultimo di un film, deve avere contenuti di riflessione. Ai giovani oggi dico di cercare le cose che davvero possano avere un significato per la vita di tutti».
Anche un regista cinese più giovane di Yimou come Zhang-ke, vincitore del Leone d’Oro a Venezia nel 2006 con Still Life , è un vero maestro nell’ibridazione degli elementi più disparati, dal cinema di Antonioni (il regista con maggior influenza sul cinema d’autore in estremo oriente) a quello opposto di Rossellini, passando per il pop delle canzoni cinesi anni ottanta o per la Cina delle costruzioni monumentali, opposte alla povertà o all’umiltà della vecchia Cina. O ancora scelte di regia prossime alle installazioni o alla videoarte innestate su riletture neorealiste: fantasie o epifanie digitali immesse in un registro neorealista
.²
Sull’importanza e sugli influssi non solo estetici ma anche politici, possiamo qui registrare una considerazione di Martin Scorsese dopo aver visto il film Gomorra (2008) di Matteo Garrone, un film che con Maurizio Ferraris³ potremmo indicare come esempio di Nuovo Realismo:
«Ho visto il film due settimane fa e l'ho apprezzato moltissimo», osserva Martin Scorsese⁴.
«Non solo per il soggetto, ma per il modo in cui il film è costruito e per il ruolo che occupa nella storia del cinema italiano. L'estetica, il rigore, la struttura narrativa originalissima, la recitazione di tutti i personaggi, e la sua intensa e precisa visualizzazione, a volte da incubo: una delle grandi forze di questo film è che non lascia scampo.
…Non sai in che paese sei, in che città, in che strada: sei scaraventato in un altro pianeta, sei solo e senza via di uscita. Capisci subito che i personaggi sullo schermo potranno solo fare una brutta fine, e tuttavia il mondo che stai osservando continuerà. è un film molto forte, e molto vero. Fa pensare a Francesco Rosi, all' Affare Mattei
, certamente a Le mani sulla città, o al mio preferito, Salvatore Giuliano, ma c' è una ferocia nell' impegno degli autori, un'accusa non solo all' Italia ma al mondo. Circa sette anni fa ho fatto un documentario sul cinema italiano, e ricordo che Bertolucci consigliò i giovani registi italiani di tagliare il cordone ombelicale del Neorealismo. E quando parliamo di Neorealismo non intendo lo stile, la fotografia in bianco e nero, l'assenza di attori, le riprese nelle strade, ma quel Neorealismo del ' 45 e ' 46 che era la voce di una nazione forse nel peggior periodo della sua storia. Sono convinto che questo film faccia un passo importante in quella direzione, perché aiuta a ridefinire quella voce, quella nazione, in un mondo che è entrato nel XXI secolo». ⁵
Altro esempio di collegamento al Neorealismo è Fuocoammare (2006) di Gianfranco Rosi. Scrive Gianni Ursini⁶:
«Ognuno interpreta semplicemente sé stesso, e lo fa con una naturalezza stupefacente. E niente doppiaggio. Tutti parlano in dialetto, ed i dialoghi sono accompagnati da sottotitoli. Le uniche scene in qualche modo costruite
sono quelle nelle quali appare il dottor Bartòlo che parla in perfetto italiano e racconta a modo suo le due realtà con le quali deve convivere. Per il resto tutto accade con una spontaneità stupefacente, che ricorda le migliori opere del cinema neorealista. Insomma, un film che fa onore alla cinematografia italiana che la cui visione dovrebbe essere resa obbligatoria a tutti quegli xenofobi della Lega Nord & C. e che vorrebbero sbarrare i confini e ributtare gli immigrati a mare».
E ancora Scorsese nell’articolo già citato:
«Ognuno di noi ha momenti nella vita a cui ritorna continuamente. Il mio è un ricordo d’infanzia della fine degli anni ‘40: seduti davanti alla televisione nel nostro appartamento di Little Italy, guardiamo Paisà
di Roberto Rossellini o, per essere più precisi, guardo i miei nonni davanti al film. Erano arrivati in America dalla Sicilia all’inizio del secolo, e quelli erano i primi filmati della loro terra d’origine che non vedevano da allora. E vedevano anche cosa ne era stato dopo la devastazione della guerra mondiale. Sono stati tanti gli episodi e le esperienze, le emozioni e i lampi di consapevolezza che mi hanno portato a diventare un regista. Questo ne fu uno. E mentre vedevo sempre più film dall’Italia, il Neorealismo divenne una pietra di paragone. E ancora lo è.
Alla fine degli anni ‘90 ho iniziato un documentario sulla storia del cinema italiano, Il mio viaggio in Italia
, o My Voyage to Italy
, dal nome di un altro film di Rossellini. E, durante quel periodo, ho pensato molto al ruolo del Neorealismo italiano nella vita del Paese. Da un lato, si riconoscono i semi del Neorealismo in alcuni film chiave realizzati molto prima di quelli che definirono il movimento: Roma città aperta
(1944), Paisà
(1946), Sciuscià
(1946), La terra trema
(1947), Ladri di biciclette
(1947) e Umberto D.
(1952).
Nel cinema, non c’era nulla come quei film; erano una risposta collettiva alla devastazione e alla tragedia della guerra, una risposta che arrivava sotto forma di arte. Il Neorealismo era noto per la sua mancanza di artifici – uscire nelle strade per girare storie della vita quotidiana, dalle situazioni, ai luoghi, all’utilizzo di attori non professionisti. In quelle scene, tuttavia, c’era sicuramente artificio e c’era anche la straordinaria arte di Rossellini, De Sica e Visconti. Ma era tutto al servizio dell’hic et nunc, e il coraggio richiesto per vivere la quotidianità con dignità, libertà e comprensione. Il Neorealismo italiano ha davvero aiutato la nazione a riconquistare la sua anima».
¹ La Repubblica, del 12.9.2018 Arianna Finos
² Francesco Boille in https://www.internazionale.it/opinione/francesco-boille/2016/06/10/jia-zhang-ke-recensione
³ Maurizio Ferraris, Nuovo Realismo
, da La Repubblica 9.8.2011
⁴ La Repubblica Gomorra chiude i conti col Neorealismo
, 6.10.2008, Silvia Bizio
⁵ Ibidem
⁶ Cfr. http://www.konradnews.org - 2006
Origini del Neorealismo
Il Neorealismo, più che essere un movimento organico e unitario, è un genere che attraversa più linguaggi che si è identificato emblematicamente grazie alla straordinaria affermazione del mezzo cinematografico. E’ la macchina del cinema che si rivela capace, anche nell'ambito delle convenzioni narrative mai davvero messe in discussione, di cogliere il mutamento dello scenario umano e visivo e politico. (Il significato politico
del Neorealismo è imprescindibile dall’analisi di ogni film).
Uno dei punti di forza del Neorealismo fu la capacità di recepire, assimilare e raccontare, in un clima di frenetico aggiornamento storico/sociale vissuto come reazione al regime fascista e all’invasione tedesca, nuovi modelli narrativi cinematografici.
Fermo restando il fatto che il Neorealismo non è tutto il cinema italiano del