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Chiesa e salute mentale: Cultura del provvisorio, scarti e nuovi poveri:  il disagio psichico al tempo della tecnoliquidità
Chiesa e salute mentale: Cultura del provvisorio, scarti e nuovi poveri:  il disagio psichico al tempo della tecnoliquidità
Chiesa e salute mentale: Cultura del provvisorio, scarti e nuovi poveri:  il disagio psichico al tempo della tecnoliquidità
E-book256 pagine3 ore

Chiesa e salute mentale: Cultura del provvisorio, scarti e nuovi poveri: il disagio psichico al tempo della tecnoliquidità

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La Chiesa italiana vuole promuovere un dialogo fra gli esperti del “Tavolo Nazionale sulla salute mentale”, gli operatori del mondo sanitario, della pastorale della salute e di altri ambiti pastorali. Povertà vitale in rapporto alla salute mentale, diseguaglianza nell’accesso alle cure, condizioni sociali problematiche e nuova status syndrome sono alcune delle questioni affrontate. Si allargano le riflessioni su temi quali minori e salute mentale, infanzia abusata, genitorialità fragile, nuove dipendenze, suicidio e importanza della prevenzione.
LinguaItaliano
Data di uscita3 feb 2020
ISBN9788899515034
Chiesa e salute mentale: Cultura del provvisorio, scarti e nuovi poveri:  il disagio psichico al tempo della tecnoliquidità

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    Anteprima del libro

    Chiesa e salute mentale - Conferenza Episcopale Italiana - Ufficio Nazionale per la pastorale della salute

    Siracusano

    Presentazione

    Don Massimo Angelelli

    I malati e le persone difettose rischiano di essere lo scarto di una società troppo veloce, troppo efficiente e troppo smart. Ma nello scarto esistono gli ultimi degli ultimi: le persone che soffrono di disturbi psichici, sulle quali si abbatte uno stigma inesorabile.

    Questo Volume raccoglie gli Atti del Convegno dello scorso 2 dicembre 2017, ed è il risultato di un anno di lavoro, studi e ricerche del Tavolo Nazionale sulla salute mentale promosso dall’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della CEI.

    La pressione dei dati è allarmante e sollecita le Istituzioni, i professionisti, la comunità cristiana. Per la crisi economica in Europa e per scelte politiche di austerità in ambito sanitario si rilevano i segni di un peggioramento nelle condizioni di salute in generale, con nuove povertà ed emarginazione. In Italia, secondo l’ISTAT, questo peggioramento della salute da crisi, oggi in atto, si è dapprima manifestato per la salute mentale. Inoltre l’OMS lancia l’allarme depressione: nel 2020 nel mondo ne soffriranno 322 milioni di persone. La depressione non solo è la principale patologia che causa disabilità, nel 2015 ben 788mila persone nel mondo si sono suicidate a causa di una sindrome depressiva. Ma il suicidio, oltre che dolore mentale, per qualcuno diventa l’estremo tentativo di rimedio alla povertà vitale che caratterizza il nostro nuovo secolo.

    Con il Convegno e con la pubblicazione di questo volume, la Chiesa italiana vuole promuovere un dialogo fra gli esperti del Tavolo Nazionale sulla salute mentale, operatori del mondo sanitario, pastorale della salute e altri ambiti pastorali. Si affrontano i temi di povertà vitale e salute mentale, di accesso alle cure e diseguaglianze, di condizioni sociali problematiche e della nuova status syndrome. Si allargano le riflessioni su temi quali minori e salute mentale, l’infanzia abusata, la genitorialità fragile, le nuove dipendenze, il suicidio, l’importanza della prevenzione.

    La comunità cristiana vuole raccogliere le istanze di uomini, donne e famiglie soffocati dalla morsa della sofferenza psichica, dall’isolamento e dallo stigma; per questo nel volume si succedono le riflessioni, le proposte e la presentazione di orientamenti per un progetto di pastorale per la salute mentale in Italia che tutta la comunità cristiana è chiamata a far propria.

    Ringrazio innanzitutto i diversi relatori, che hanno generosamente offerto e condiviso il loro lavoro di ricerca, frutto di anni di impegno con e tra persone che vivono la malattia mentale e le loro famiglie. L’apparato bibliografico che accompagna i diversi interventi è un ulteriore non trascurabile elemento di arricchimento.

    Ringrazio l’Associazione In punta di Piedi e l’Associazione Volontari per il Policlinico Tor Vergata, che con il loro contributo hanno permesso la bella realizzazione del Convegno. Ringrazio l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, che ci ha permesso di svolgere i nostri lavori nella prestigiosa sede del Palazzo della Cancelleria in Roma. Ringrazio infine le segreterie dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della CEI e dell’Associazione degli Psichiatri e Psicologi Cattolici (AIPPC): hanno reso possibile la realizzazione del tutto.

    Non un semplice ringraziamento, ma un abbraccio fraterno a padre Carmine Arice, ad Alberto Siracusano e a Tonino Cantelmi. Abbiamo lavorato in comunione.

    Saluto introduttivo

    Card. Francesco Montenegro

    All’apertura dei lavori il Cardinale Montenegro saluta tutti i presenti, e in particolar modo ringrazia il Cardinale Peter Turkson perché la sua presenza, oltre all’importanza del suo ruolo nella Congregazione di cui è Presidente, manifesta amicizia e vicinanza al cammino che l’Ufficio Pastorale della CEI sta compiendo.

    Ringrazia poi tutti i presenti e i vari relatori che si succederanno nella giornata, mettendo a disposizione di tutti le loro conoscenze e competenze professionali e umane.

    Esprime anche la propria gratitudine e quella dei Vescovi italiani a don Carmine Arice per l’ottimo lavoro svolto nell’Ufficio di Pastorale per la salute della CEI e porge il benvenuto, assieme all’augurio di buon lavoro, a don Massimo Angelelli, un veterano della pastorale del mondo della sofferenza, che certamente aiuterà a proseguire il cammino, mettendo in gioco la sua esperienza e le sue conoscenze. [N.d.R.]

    Il tema specifico di questa giornata di studio e di confronto interpella sia voi professionisti che siete in trincea come anche la chiesa che, per mandato evangelico, è interessata a stare accanto a chi subisce la malattia. Se non è facile operare nel mondo della sanità e della salute – i motivi sono tanti – lo è senz’altro di più per voi che operate in questo ambito particolare. Leggevo che diversi studi clinici evidenziano che il prendersi cura dei malati psichici carica di un supplemento di ostacoli e influenze la quotidianità degli operatori sanitari operanti sul settore. Anche per questo ancora di più grazie.

    Ogni uomo è unico, originale e irripetibile e per questo va trattato con umiltà, rispetto e discrezione, soprattutto se soffre di quei problemi che lo rendono un uomo smarrito bisognoso di ordine. Ciò vale soprattutto oggi per una sanità che va cambiando e che, nel suo progetto di aziendalizzazione, rischia di dimenticare o accantonare esigenze primarie. Vale anche per un motivo di giustizia sanitaria, di cui parla la Nuova Carta degli Operatori Sani­tari, che ricorda e motiva la centralità di ogni uomo. La sua centralità è un valore indiscutibile e non negoziabile. Sembrerebbe un’affermazione scontata, eppure è messa in discussione da una società selettiva e ghettizzante, che sull’uomo ha visioni riduttive o distorte, tanto da affermare pacificamente che ciò che è tecnicamente fattibile è per ciò stesso moralmente ammissibile.

    Quando si parla di malattia mentale, generalmente la eco di ritorno è l’esclusione sociale. Sì, il malato mentale è un problema sociale, che purtroppo è stato marchiato di discredito e di vergogna. Ciò comporta che, assieme alla sofferenza legata alla malattia, deve sperimentare ulteriori disagi quali, per esempio, la riduzione della qualità della vita e le limitate opportunità lavorative e abitative, assieme a una più bassa autostima e stima della comunità. Atteggiamento di esclusione che, purtroppo, è presente anche all’interno delle comunità ecclesiali che anziché creare fasce protettive e d’accoglienza, non raramente emarginano tali malati e spesso le loro famiglie. Semmai creano riserve di pietismo e forme di assistenzialismo che significano più margini di sicurezza per i membri delle comunità che attenzione caritativa per i malati. Si capiscono allora le parole di Papa Francesco: «La derisione, l’emarginazione e il compatimento, sono situazioni che avvicinano la sofferenza dei malati e disabili a quella di Cristo»1.

    Nell’Evangelium vitae il Papa scrive: «La cosiddetta ‘qualità della vita’ è interpretata in modo prevalente o esclusivo come efficienza economica, consumismo disordinato, bellezza e godibilità della vita fisica, dimenticando le dimensioni più profonde – relazionali, spirituali e religiose – dell’esistenza. In un simile contesto la sofferenza, inevitabile peso dell’esistenza umana ma anche fattore di possibile crescita personale, viene ‘censurata’, respinta come inutile, anzi combattuta come male da evitare sempre e comunque. Quando non la si può superare e la prospettiva di un benessere almeno futuro svanisce, allora pare che la vita abbia perso ogni significato e cresce nell’uomo la tentazione di rivendicare il diritto alla sua soppressione…»2.

    Per il credente, il malato è icona – anche se alterata e sfigurata – di Cristo. Tale identificazione sembra fatta su misura per chi è colpito in ciò che di più prezioso c’è per un uomo, cioè, le capacità intellettive. Si adattano bene ai malati mentali le parole di Isaia: «Disprezzato e reietto dagli uomini…, percosso da Dio e umiliato» (Is 53,3.4). Ma non dimentichiamo che anche di Gesù è scritto nei Vangeli: «Allora i suoi … uscirono per andare a prenderlo, perché dicevano: È fuori di sé» (Mc 3,21). Aiutare i malati a sentirsi importanti d’amore, nonostante il loro bollettino più o meno grave di salute, richiede di impregnare la vostra professionalità di religiosità, di avvicinarvi con amore ai fratelli feriti e di umanizzare sempre più l’aspetto assistenziale, anche perché il loro male li sveste della loro dignità di uomini. Fa pensare il fatto che San Giovanni di Dio, ricoverato in manicomio per il suo strano comportamento, stando a contatto delle sofferenze e umiliazioni subite dai malati, maturò la sua vocazione e il suo progetto di riforma ospedaliera a loro favore.

    Chiudo con due citazioni, la prima di Isaac Singer e l’altra di Paolo VI.

    «Credo che in qualche punto dell’universo debba esserci un archivio in cui sono conservate tutte le sofferenze e gli atti di sacrificio dell’uomo. Non esisterebbe giustizia divina se la storia di un misero non formasse in eterno l’infinita biblioteca di Dio».

    «Assistere, curare, confortare, guarire il dolore umano, assicurare e restituire all’uomo vita sana ed efficiente, quale altra attività può essere per dignità, per utilità, per idealità (dopo, ma a fianco di quella sacerdotale), superiore alla vostra? Quale altro lavoro può più facilmente del vostro, con un semplice atto interiore di soprannaturale intenzione, diventare carità? Cioè salire ai vertici dei valori umani, anzi iscriversi, come appunto la carità che mai morirà, fra quelli eterni?».

    Grazie e buon lavoro.

    1 Francesco, Omelia nel Giubileo degli ammalati e delle persone disabili, 12.6.2016.

    2 Giovanni Paolo

    II

    , Lettera enciclica Evangelium vitae sul valore e l’inviolabilità della vita umana (25.3.1995), n. 23.

    Messaggio di saluto ai partecipanti

    On. Beatrice Lorenzin

    Carissimi,

    desidero, innanzitutto, ringraziare per il graditissimo invito a prendere parte al Convegno La Chiesa Italiana e la Salute Mentale.

    Avrei sinceramente desiderato intervenire e condividere con Voi questo momento importante, che rappresenta il risultato di un anno di lavoro, studi e ricerche del Tavolo Nazionale sulla salute mentale promosso dall’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della CEI.

    Purtroppo, impegni già assunti non me lo consentono.

    Come è noto, è sempre più ampiamente condiviso e scientificamente supportato il fatto che la salute mentale rappresenti uno dei fattori principali che concorrono alla determinazione della salute e del benessere generale della popolazione.

    In questi ultimi anni, tutti gli Organismi internazionali hanno promosso e sostenuto politiche di salute mentale inquadrate nel più generale ambito della sanità pubblica, di cui essa costituisce quindi un asse portante.

    Anche l’OMS afferma che la salute mentale è parte integrante della salute e del benessere e, come altri aspetti della salute, può essere influenzata da fattori socioeconomici, sui quali è necessario agire attraverso strategie globali di promozione, prevenzione, trattamento e recovery in un approccio di government globale.

    In Italia, gli utenti psichiatrici assistiti dai servizi specialistici nel corso del 2015 ammontano a più di 700 mila unità, di cui il 54,4% dei casi di sesso femminile, mentre la composizione per età riflette l’invecchiamento della popolazione generale, con un’ampia percentuale di pazienti al di sopra dei 45 anni (66,1%).

    Il nostro Paese ha quindi sempre mostrato una particolare sensibilità, nonché una specifica attenzione verso tali problematiche.

    Una delle attività di maggiore impatto degli ultimi anni è stata l’elaborazione in collaborazione con le Regioni del Piano Nazionale di Azioni per la Salute Mentale (PANSM).

    Questo documento programmatico ha avuto lo scopo di rilanciare le azioni prioritarie necessarie nel settore, sia per ovviare alle criticità che per implementare le buone pratiche, con particolare riferimento agli interventi per la depressione, per la continuità della presa in carico e del sostegno alle famiglie dei pazienti problematici, includendo anche una proposta per l’organica revisione del sistema di presa in carico dei disturbi mentali in età evolutiva.

    Da questa strategia generale sono derivati una serie di altri documenti operativi che mirano a promuovere una maggiore appropriatezza ed efficacia degli interventi messi in atto dalle Regioni, che sono le titolari dell’organizzazione dell’assistenza.

    Mi riferisco, in particolare, al documento su Le strutture residenziali psichiatriche in età adulta, a quello su Le strutture residenziali e semiresidenziali terapeutiche per i disturbi neuropsichici dell’infanzia e adolescenza o, ancora, all’altro su I percorsi di cura nell’area della salute mentale, relativo alle patologie più severe e di maggiore complessità.

    Il minimo comune denominatore di questa notevole produzione documentale è rappresentato dalla presa in carico del paziente, inteso nella sua unicità, complessità e soggettività, con l’obiettivo di poter raggiungere un miglioramento fisico, mentale e sociale della sua condizione di vita.

    La vera riabilitazione deve attraversare la vita quotidiana: un buon clima familiare, una casa, un lavoro e uno spazio personale nell’universo del sociale.

    Ognuno di noi è chiamato a fare la sua parte, a raccogliere le istanze di queste persone oppresse dalla sofferenza psichica, dall’isolamento e dallo stigma.

    Credo che la giornata odierna, in cui la Chiesa italiana promuove un dialogo tra esperti del Tavolo Nazionale, operatori del mondo sanitario e della pastorale della salute sia un passo significativo in questa direzione.

    Auguro, pertanto, il pieno successo dell’iniziativa e colgo l’occasione per inviare un cordiale saluto a tutti gli intervenuti.

    Roma, 1° dicembre 2017

    I. Lo scenario

    L’impegno della comunità ecclesiale

    Padre Carmine Arice, ssc

    È con grande gioia e devo dire umana soddisfazione che prendo la parola oggi nella sessione inaugurale di questo Convegno che segna una tappa importante del cammino voluto dall’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della CEI e che ha avuto nella Costituzione del Tavolo Nazionale per la Salute Mentale un passo importante. Saluto e ringrazio i componenti del Tavolo per il lavoro di questi anni.

    Le persone con sofferenza mentale sono tante e in aumento. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le malattie mentali superano il miliardo di unità e le proiezioni ci dicono che i disturbi psichici potrebbero avere un aumento proporzionale più alto di quello relativo alle malattie cardiovascolari. È una crescita che riguarda prevalentemente i Paesi a più alto sviluppo industriale – e questo deve farci riflettere – i cui fattori determinanti hanno pluralità di origine: genetica, psicobiologica, ambientale e sociale. Ma di questo ci parleranno gli esperti.

    Anche in Italia aumentano persone con problemi di sofferenza psichiatrica. Se l’Organizzazione Mondiale della Sanità parla di emergenza a livello mondiale, rilevando anche l’abbassamento dell’età di quanti manifestano segni di sofferenza psichica, i rapporti ISTAT ci fanno notare quanto sia grave la situazione nel nostro Paese1. Le malattie della mente stanno praticamente diventando, ormai, la prima causa di disabilità. Per non dimenticare i numerosi giovani feriti dalle ludopatie o i malati di gioco di azzardo patologico, che in Italia superano le ottocentomila unità. Abitiamo in una Nazione dove il numero degli anziani segna in modo importante la nostra popolazione con un tasso di natalità che ci vede ultimi in Europa e penultimi al mondo. Inoltre aumentano le malattie neurodegenerative e, conseguentemente, gli anziani disabili non autosufficienti. Fattori contingenti, sia di tipo economico-finanziario che culturale, rendono sempre più difficile un’adeguata risposta alla loro domanda di cura.

    Le famiglie

    Tutto questo non può che essere causa di ulteriore disagio per una istituzione tanto fondamentale quanto fragile, com’è la famiglia, molte delle quali faticano a sopportare le spese sanitarie e, non di rado, rinunciano alle cure necessarie. Le statistiche, per esempio, ci dicono che il 30% delle famiglie ha in casa una persona con sintomi riferibili a depressione e il 25 % delle famiglie hanno persone con sintomi di patologie legate a malattie neurodegenerative. È doveroso e urgente dare risposte concrete alle persone malate e alle loro famiglie sia nella ricerca di percorsi di cura, che di accompagnamento e di sostegno dei pazienti. Passi in avanti ci sono stati ma non ancora sufficienti al bisogno delle famiglie che nel frattempo sono invecchiate, si sono divise, in molti casi sono sparite, lasciando i malati a loro stessi. Lo stigma verso il malato psichico è ancora molto presente e di conseguenza lo è anche nei confronti della sua famiglia che gradualmente viene a trovarsi in un mondo desertificato nei rapporti sociali, amicali e anche parentali. La famiglia rimane col suo malato, figlio, marito, moglie, sempre più chiusa in se stessa, maturando di conseguenza ulteriori forme di debolezza se non di depressione che non raramente porta all’autodistruzione e in qualche caso al suicidio.

    L’impegno della comunità ecclesiale

    Nei tempi recenti l’attenzione della comunità ecclesiale italiana per la salute mentale è cresciuta. Può essere utile accennare al cammino compiuto. Nell’aprile del 1990 la Consulta Nazionale per la pastorale sanitaria e la Consulta Ecclesiale delle opere caritative e assistenziali pubblicarono una Nota nella quale si sollecitava sia la comunità ecclesiale che gli enti pubblici ad una maggiore attenzione al mondo della sofferenza psichica e alle famiglie dei malati.

    Nel maggio 2003, un gruppo di lavoro promosso da Caritas Italiana e dall’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della CEI, memore di quell’appello, pubblicò uno studio-progetto dal titolo eloquente: Un dolore disabitato. Sofferenza mentale e comunità cristiana. L’obiettivo dell’indagine era espresso con chiarezza nella presentazione della pubblicazione: Promuovere un’attenzione, un’accoglienza e una cura, una cultura sanitaria e sociale più adeguata nei confronti delle persone malate di mente e delle loro famiglie… e offrire elementi concreti per sensibilizzare al problema, educare ad atteggiamenti consoni, promuovere scelte di servizio appropriate, facilitare l’attuazione di progetti terapeutici attenti alla persona. Nel 2006 si svolse un Convegno nazionale dei direttori degli Uffici diocesani che scelse come tema: Fragilità psichica e mentale. Un grido silenzioso a cui rispondere come Chiesa e come società. In seguito a questo processo avviato, nacquero i primi centri di ascolto nelle diocesi. L’esperienza dice che, sovente, una delle prime porte alla quali si bussa con timore e tremore per chiedere aiuto a favore di persone con patologie così complesse e spesso poco accettate, come quelle mentali, sono proprio le porte delle parrocchie e dei centri di aiuto delle Caritas.

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