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Il cuore sul muro
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E-book168 pagine2 ore

Il cuore sul muro

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L’AMORE AL TEMPO DEI GRAFFITI DISEGNA CUORI SUI MURI E LI FA BATTERE FORTE!
Quante volte passando davanti a un graffito scritto su un muro per la strada ci siamo chiesti chi possa averlo tracciato, quando, come, perché?
Il cuore sul muro è il romanzo di formazione, ambientato nel mondo della scuola e della street art.
È una storia d’amore a tinte dark che contiene elementi del giallo sociale e presenta molti colpi di scena e momenti di tensione narrativa.

CHI CERCA UN GRAFFITO TROVA L’AMORE (MA NON SOLO)
Protagonisti del romanzo sono Gianni e Elena. Due liceali scapestrati che, mentre attendono l’autobus per andare a scuola, trovano un graffito che è la prima parte di un racconto scritto a puntate sui muri della città.
Per vedere come va a finire salteranno la scuola, spostandosi freneticamente da una via all’altra. Ma, se per Elena si tratta solo di un modo di evitare l’interrogazione di filosofia, per Gianni diventa fondamentale trovare l’autore di una storia così pazzesca, che narra gli ultimi, deliranti attimi di vita di un ragazzo in overdose nel privé di una discoteca.
Perso in una realtà in cui niente è come sembra, Gianni finirà coinvolto in una vicenda tragica e dolorosa, in cui solo il cuore potrà indicare la strada da seguire. L’incontro con Silvia, giovane studentessa di filosofia, lo porterà a vivere un’esperienza profonda e straniante, che gli offrirà una occasione di crescita e gli regalerà il primo, vero grande amore.

MARCO VALLARINO ha 41 anni e vive a Imperia. Finalista a diversi premi letterari, ha pubblicato vari racconti in volume e su rivista. Inoltre è autore di videogiochi testuali liberamente scaricabili da www.marcovallarino.it. Per Il Secolo XIX ha scritto migliaia di articoli su eventi, personaggi, luoghi della Liguria, oltre che storie di fantasia ispirate ai principali fatti di cronaca.
A stretto contatto con la realtà giovanile, si è occupato degli allarmi sociali legati a alcool e stupefacenti e ha esplorato i risvolti culturali di situazioni alternative come il writing e di altre più patinate connesse col mondo notturno delle discoteche.
LinguaItaliano
Data di uscita28 apr 2020
ISBN9788835817185
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    Anteprima del libro

    Il cuore sul muro - Marco Vallarino

    Nota dell'autore

    Perché questo romanzo si svolge nel 2003 anziché ai giorni nostri?

    Il 2003 a Imperia è stato l’anno della guerra dei graffiti, in cui la cittadina ligure si è trovata a fronteggiare l’avvento di bande di writer che hanno tappezzato il centro storico di murales, disegni, messaggi e sigle come Jori, Darkiss e Single.

    Più che una forma di protesta o il desiderio di seguire una nuova moda, era la volontà di assecondare una passione smodata verso il mondo della street art, che negli anni a venire avrebbe prodotto, fuori dalla iniziale clandestinità, opere d’arte acclamate in musei e a manifestazioni di tutta Italia e d’Europa.

    1

    Quattro. Gianni non pensa ad altro la mattina dell’11 marzo 2003. Quattro, il voto che prenderà a scuola quella mattina, al liceo scientifico Giovan Pietro Vieusseux di Imperia, per non aver mai aperto il libro di filosofia negli ultimi tre mesi.

    In piedi accanto a lui, ad aspettare lo stesso autobus, l’1bis che li porterà nei pressi del campo di battaglia, c’è Elena, compagna di classe nonché di banco, un corpo da paura e un paio di occhi belli che hanno steso più di un maschio. Ed è proprio grazie a quegli occhi e a quelle curve così ben tornite che Elena non ha gli stessi pensieri di Gianni.

    Il suo testo di filosofia, un pallosissimo Ludovico Geymonat, è ancora pressoché vergine, mai aperto se non per scriverci il nome, ma lei sa che il professore non arriverà mai a darle quattro per non sapere niente, al massimo un cinque più, cinquemmezzo, o addirittura una sufficienza stiracchiata, un sei meno meno che allungherebbe la fila di voti conquistati in maniera non proprio ortodossa.

    D’altra parte, mica è colpa sua se i maschi si emozionano anche solo a guardarla. E quello di filosofia non è certo l’unico professore ad aver assunto nei suoi confronti un atteggiamento protettivo.

    Anche a Gianni piace consumare Elena con gli occhi. Riempirseli bene, gli occhi, con le minigonne, gli stivali, le magliette attillate con relativo airbag, i fuseaux blu elettrico e tutto il resto.

    Anche lui si emoziona a guardare. Ma quella mattina no, ha altro per la testa. Così, a furia di girovagare inquieto per la realtà che lo circonda, il suo sguardo finisce su una delle pareti trasparenti della pensilina e su quello che c’è scritto:

    Forse fa più caldo del solito. Il mio viaggio è appena iniziato ma so che sarà l’ultimo. Dopo, ogni cosa perderà il suo significato per acquistarne uno nuovo. Migliore? No, diverso. Finché una risata dall’inferno non ci seppellirà tutti per l’ultima volta.

    Non so come ma sono riuscito a entrare nel privé della discoteca, mi sono fatto nei bagni psichedelici e adesso mi trovo collassato su un divanetto in un angolo della sala, avvolto da una musica indecifrabile ma bellissima.

    Ma già la sento lontana mentre mi accorgo che la solitudine è incurabile, e tutto il resto non ha più senso.

    Sto morendo… (continua in via Pirinoli 3)

    Gianni sente un brivido corrergli lungo la schiena. Non ha mai letto niente di così strano, e il fatto che si tratti solo di una prima parte lo intriga parecchio.

    «Ehi», attacca in direzione della compagna. «Hai letto qui? È pazzesco».

    Elena si gira a guardarlo ma sembra non aver capito quello che le ha appena detto. «Eh, cosa?».

    «Leggi qui, ti dico. È una specie di racconto, la storia di uno che sta per morire, credo, ma è scritto in un modo incredibile».

    «Ah sì?», commenta la ragazza prima di iniziare a leggere. Sono poche righe e le finisce in un lampo. Poi alza lo sguardo verso Gianni: «E allora?».

    «Beh, non ti dà sensazioni particolari ’sta cosa? Io la trovo micidiale».

    «Mah!». Elena è perplessa. «A me non dice niente. Ce ne sono tante di scritte così sui muri. E poi, preferisco le poesie».

    «Non sei curiosa di sapere come va a finire?».

    «Perché?».

    «Come perché? C’è scritto che continua, no? Qui, in fondo: sto morendo, puntini puntini poi, tra parentesi: continua in via Pirinoli 3».

    «Ah!».

    «Dov’è via Pirinoli?».

    Elena fa per rispondere ma proprio in quel momento arriva l’1bis. Decide di rimandare a dopo ogni spiegazione e si affretta a salire a bordo, seguita da Gianni.

    L’autobus è pieno di gente e puzza di sudore, i due ragazzi sono costretti a stare in piedi.

    «Allora, ’sta via Pirinoli?».

    «È quella vicina a dove c’era il sexy shop», risponde Elena sbuffando. «Sopra la Marina, hai presente?».

    «Ah sì, ho capito: è quella che dà su corso Garibaldi».

    «Bravo, proprio quella».

    «È anche vicina a scuola», aggiunge l’altro dopo un po’.

    «Con questo cosa vorresti dire?», chiede Elena.

    Gianni non si tira indietro: «Beh, lo sai anche tu, no? Con questo autobus arriviamo a scuola con almeno dieci minuti, un quarto d’ora di anticipo. Il tempo sufficiente per andare a dare un’occhiata a quello che c’è scritto in via Pirinoli e entrare in classe un minuto prima che arrivi quella pazza della Bianchi».

    «Mmm. Non lo so, Gianni. Non mi piace per niente ’sta cosa. Se arriviamo in ritardo, quella lì è capace di farcela pagare molto cara. Come minimo ci manda dal preside, dopo quello che le abbiamo combinato. Prendiamo apposta quest’autobus per essere sicuri di arrivare in orario. E poi, non è che mi freghi molto di sapere come va a finire quella storia lì».

    «Beh, fai come vuoi», ribatte Gianni sbrigativo, mentre scendono dall’autobus.

    La via più breve per arrivare a scuola è una lunga scalinata pochi metri più a destra. Gianni però continua a guardare a sinistra, in direzione di via Pirinoli.

    «Siamo arrivati e manca ancora un quarto d’ora buono all’inizio delle lezioni. Io vado a vedere. Se va tutto bene, ci vediamo in classe tra dieci minuti».

    A quelle parole, Elena cede. Non ci sta a passare da codarda e, prima che Gianni si muova senza di lei, annuncia: «Va bene, vengo anch’io. Andiamo a vedere come muore ’sto tipo, per quello che può valere. Però tra dieci minuti voglio essere in classe, okay?».

    Gianni è troppo preso dal possibile finale del racconto per rispondere all’amica. Per fortuna basta un attimo per giungere al numero 3 di via Pirinoli, davanti alla seconda parte della storia:

    Sto morendo. Il mio uno tornerà a essere uno zero nell’infinita stringa del codice binario della vita e la morte compirà un altro dei suoi miracoli. Sento la droga dentro di me, una dose massiccia, un’overdose, che cresce e si sviluppa come una meravigliosa apologia della vita. Una simbiosi perfetta che finora mi ha sempre impedito di degenerare in vuoti atomi di disperazione e che forse adesso mi porterà oltre le sbarre della prigione di questa inspiegabile realtà. Forse. Intanto vedo passare davanti ai miei occhi stanchi il film di tutta una vita, che inizia e finisce in una insignificante cellula di tempo. Una pellicola di serie B, noiosa e crudele, rinfrancata soltanto da deliranti spezzoni pubblicitari dovuti alle mie esperienze con la droga. Forse sono un po’ triste quando mi accorgo che i ricordi più belli sono quelli che non ho mai vissuto, quelli artificiali che solo l’estasi chimica ha saputo darmi. Sono sempre stato un inutile sacco di pelle pieno di cose viscide… (continua in via Antica dell’Ospizio 7)

    «Cavolo, continua ancora!», esclama Gianni.

    «E allora?», commenta Elena con voce piatta. «Non mi dirai che ti piace».

    «Mi piace?!». Gianni è come un razzo lanciato verso la luna. «Mi fa impazzire, è bellissima! Chi ha scritto ’sta cosa deve essere un genio. Ma hai letto? La vita è una stringa di codice binario: quando sei uno sei vivo, quando sei zero sei morto. E la droga è la pubblicità del film della vita. Meraviglioso. E tu? Tu che fai tanto la figa non sei altro che un inutile sacco di pelle pieno di cose viscide».

    Elena sgrana gli occhi. Serra i pugni. Vorrebbe rispondere a muso duro ma l’orologio le dice che mancano meno di cinque minuti alla campanella e questo la costringe a soprassedere.

    «Okay, okay», concorda ansiosa. «È tutto bellissimo. Però adesso andiamo a scuola, eh?».

    «Ma sei pazza?!», urla Gianni. «Io voglio vedere come va a finire. Dov’è via Antica dell’Ospizio?».

    Elena lo sa ma, per il bene di Gianni e soprattutto suo, preferisce fare finta di niente: «Boh! è la prima volta che sento ’sta via. Magari è uno scherzo e non esiste nemmeno. Su, andiamo a scuola, che è tardissimo».

    A Gianni brillano gli occhi. «Ma io lo so dov’è via Antica dell’Ospizio!», esclama. «Adesso mi ricordo. È una traversa di via San Giovanni. Dall’altra parte della città, ovviamente!».

    «Ecco, appunto, dall’altra parte della città. Non faremmo in tempo ad andare a vedere. Ci andiamo oggi pomeriggio, se vuoi».

    «No!», sbotta Gianni. «Io voglio sapere come finisce subito! Costi quel che costi. Poi entriamo alla seconda ora, no? Gli diciamo che siamo andati in Comune a fare un documento e il gioco è fatto».

    «Gianni, vaffanculo! Io non mi faccio fregare per te. Se la prof viene a sapere che ci siamo saltati la sua ora, prima ci taglia a strisce e poi ci usa come carta igienica. Adesso me ne torno in classe, tu fai come vuoi. Ciao!».

    Elena non ha ancora finito di parlare che già inizia a risalire via Pirinoli, verso corso Garibaldi e la scalinata che porta a scuola.

    Gianni la osserva allontanarsi a stati d’animo alterni. Deluso per aver perso una compagna d’avventura e contento per essersi tolto dai piedi una seccatrice. Rilegge un’ultima volta il testo scritto sul muro, poi si avvia verso la fermata più vicina.

    L’autobus ci mette un po’ ad arrivare, ma Gianni non se lo fa scappare ed è grande la sorpresa quando vede salire Elena alla fermata successiva.

    «Entriamo alla seconda ora», annuncia dopo averlo raggiunto. «Alla fine mi sono detta che non valeva la pena entrare in ritardo all’ora di quella stronza».

    Gianni la guarda compiaciuto. Vorrebbe darle un bacio, ma sa che non gradirebbe, abituata com’è ai giochetti dei suoi amici ultra ventenni.

    L’autobus deposita i ragazzi in piazza Dante, a pochi passi dalla fontana attorno a cui ruota gran parte del traffico cittadino. Sotto i portici di via Bonfante, Elena e Gianni seguono la strada di piastrelle gialle fino a via Antica dell’Ospizio, un silenzioso slargo su cui si affaccia una moltitudine di porte e finestre. Eccolo lì il seguito del racconto, su un bel muro giallo vicinissimo al numero 7, tra la serranda di un garage e una bicicletta incatenata a un tubo dell’acqua:

    Sono sempre stato un inutile sacco di pelle pieno di cose viscide, ho sporcato la terra coi miei rifiuti e adesso il mio corpo va a concimarla. La mia vita sparisce nel silenzio e finalmente il passato non ha più nessun diritto sulla mia memoria. Sono solo ma non ho paura. L’universo vuoto ruota intorno alla mia mente e io chiudo gli occhi per vederlo. Solo la mia anima inesistente, infatti, può partecipare a questa esperienza. Ecco, sono io di nuovo, ma non come prima. Una cascata di punti esclamativi e io in mezzo a loro.

    Limbo… (continua in via Littardi 75)

    «Oh, no!», si lamenta Elena. «Continua anche stavolta».

    «Già», conferma l’altro illuminandola con un sorriso da duecento watt. «E via Littardi è quella dove c’era il Quartiere Latino. Un po’ lontano da qui, eh?».

    «Ci andiamo oggi pomeriggio, vero?», chiede Elena, quasi implorante, pur sapendo benissimo come andrà a finire.

    «Ma pensa te! Io ci vado subito e di certo non sarai tu a impedirmelo!», ribatte Gianni, rispettando in pieno il pronostico della ragazza.

    «Dài, Gianni, cerca di ragionare. Sono le otto e mezza passate. Dobbiamo assolutamente andare. Alla seconda ora ci sono le interrogazioni programmate di filo e lo sai che oggi tocca a noi. Non possiamo

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