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L'ultimo esorcista
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E-book587 pagine9 ore

L'ultimo esorcista

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Info su questo ebook

"Cosa nasconde La Rocca, storica fortezza dei sacerdoti del Dio della Guerra? Perché le rose avvizziscono e le statue piangono? É opera di una stregoneria dei demoni o è un inganno di una mente altrettanto diabolica?

Questi sono gli enigmi che dovrà risolvere Ivan, esorcista dal passato oscuro, chiamato per investigare sulla terribile morte di un povero neonato.

Nell'affascinante atmosfera del Cimelio, mentre i più valorosi guerrieri giungono da ogni remoto villaggio per sfidarsi e chierici e maghi rendono onore ai caduti, Ivan dovrà scoprire chi o cosa ci sia dietro il mistero che avvolge La Rocca.

Sotto lo sguardo attento di un imperturbabile samurai, aiutato da una cacciatrice di non morti ed un maestro di arti marziali, dovrà salvare la città prima che sia troppo tardi."
LinguaItaliano
Data di uscita6 mag 2020
ISBN9788831672115
L'ultimo esorcista

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    Anteprima del libro

    L'ultimo esorcista - Giuseppe Sofo

    EPILOGO

    PROLOGO

    Artiglio del Diavolo, 2° giorno del Mese della Guerra

    Cos’è il male?

    Questa indecifrabile e ingannevole forza che scorre attraverso le epoche avvelenando le acque del fiume infinito del tempo … ha sempre fatto parte del mondo sin dai suoi albori? È mai esistita un’epoca senza che la sua presenza lo contaminasse? O giungerà forse un giorno senza che i nostri occhi siano costretti a posare il loro sguardo in questo abisso senza fondo che pare scrutare a sua volta così nel profondo delle nostre anime?

    Se è un’entità non impersonificabile allora ci chiediamo da dove nasce … e se invece così non fosse? Se accettiamo l’idea che discenda da oscure forze preternaturali, chi ne è la fonte ab origine? Quale mostruosità ha partorito questa malefica progenie?

    Come dirama la sua infida rete a perdizione delle anime? Attraverso quali innominabili inganni diffonde la sua piaga? Può propagarsi così agevolmente perché è già insito nell’animo umano? Perché siamo stati creati in questo modo, capaci di compiere i gesti più abietti? Ma se è già presente al nostro interno, ne siamo noi i responsabili? Oppure, per giungere a commettere delle azioni così empie, necessitiamo di quel suadente consiglio quasi impercettibile che ci sussurra di dimenticare ogni obbligo morale e cedere alle tentazioni? Di chi è quella dolce e malefica voce? Siamo tutti, dal bambino più innocente all’uomo più santo, dei possibili mostri? Privazioni e sofferenze giustificano il male? Che colpe ha un orco se nasce in una tribù di barbari in cui sin dalla più tenera età insegnano a bramare guerra e distruzione?

    Cos’è più pericoloso? Un essere apertamente crudele oppure chi nascondendosi nell’ombra non mostra mai il suo vero volto, apparendo buono e giusto? Esiste un male peggiore degli altri? Qual è? L’omicidio? Eppure le crociate combattute per difendere i luoghi sacri hanno causato migliaia di morti. L’invidia? Il più grande male non nasce in fondo dall’infinitamente piccolo?  Da un misero commento proferito dietro le spalle della persona a cui prima stringevo la mano, da una accusa lanciata per diletto o per infamia, da un rosicarsi continuo per il traguardo raggiunto dal mio vicino e che invece a noi è mancato. Non è l’invidia il peccato che porta anche i fratelli più uniti a litigare e che crea nelle famiglie sospetti e rancori difficili da estirpare? Oppure è il tradimento? La fiducia infranta che trasforma il tuo migliore amico nel tuo peggiore avversario? L’appoggiarsi per necessità e per stima a persone che poi sfruttano le debolezze altrui a propri fini? Il tradimento non è forse quella viscida tinta che imbratta di marcio tutto ciò che prima consideravamo degno della nostra fiducia, impedendoci di guardare nuovamente a tutto ciò che c’è di bello e amabile al mondo con occhi innocenti ma temendo ancora una volta di essere ingannati?

    E la bellezza, troppo facilmente associata al bene, è immune da questo morbo che ci infesta dalla notte dei tempi? In fondo non dobbiamo ammettere che il male ci attira con le sue arrendevoli lusinghe, dipingendo le opere più abiette come fossero degli incantevoli affreschi in cui rimanere assorti?

    Oppure è l’indifferenza il male più temibile? Il male nasce con il compimento di un’azione espressamente malvagia oppure ha inizio con un’opera buona non realizzata? Siamo colpevoli di ciò che facciamo o anche di quello che non facciamo? In fondo non è più facile, non è miserabilmente più comodo girarsi dall’altra parte quando il mio vicino ha bisogno di aiuto, avendo il lusso di sentirsi anche apposto con la coscienza dato che non ci si considera responsabili del male che affligge il prossimo?

    Oppure è l’umiltà del male l’aspetto più letale? Mentre seguire il bene richiede principi a cui ispirarsi e regole da rispettare, il male non è smisuratamente più alla portata dell’essere umano? Non è incommensurabilmente più facile farsi trascinare dall’egoismo e dell’avidità piuttosto che compiere sacrifici per tutta la vita in attesa di essere forse ripagati nell’al di là?

    E le domande che più stanno a cuore all’ordine degli Esorcisti: come possiamo combatterlo? Potremo un giorno sconfiggerlo oppure siamo destinati a fronteggiarlo per l’eternità? Quali sono le armi più temute dal male? Con che armatura dobbiamo proteggere non solo il nostro corpo ma anche la nostra anima nella lotta ai demoni? L’estrema determinazione conduce al fanatismo? Il limite con lo stesso male che si vuole così ardentemente sradicare non è così rischiosamente e terribilmente sottile?

    Ivan Vasile, Venerabile dell’Ordine degli Esorcisti

    CAPITOLO 1 – IL MALE

    Rivestitevi dell'armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti.

    Ernest Von Arlech, Sommo Sacerdote dell’Ordine degli Esorcisti¹

    Un giorno la paura bussò alla porta. Il coraggio andò ad aprire e non trovò nessuno.

    Proverbio del Selvaggio Nord²

    Interrogarsi sulla natura del male aveva acceso animati dibattiti tra generazioni di giovani sacerdoti e anziani ma non meno infervorati teologi, quesiti destinati a far discutere per molto tempo a venire data l’assenza di una risposta definitiva sul tema.

    Queste domande lo accompagnavano sin da giovane, ben molto tempo prima di aver preso i voti grazie ai quali era riuscito ad iniziare a carpire qualche risposta su come favorire il bene e fronteggiare il male; da tempo oramai aveva abbandonato l’idea che lo si potesse definitivamente sconfiggere ed era tra quei sacerdoti che sostenevano la tesi dell’eterna lotta tra il bene e il male e pertanto non nutriva particolari illusioni a riguardo. Aveva pochi punti fermi e aveva imparato, nella sua ormai più che decennale esperienza, che qualsiasi risposta che riusciva così faticosamente a darsi, non doveva essere come una statua scolpita nel marmo (salvo i precetti più importanti), inflessibile ma destinata ad essere erosa dal tempo, ma doveva assomigliare alle onde marine, sempre disponibili ad accogliere ogni nuova goccia d’acqua desiderosa d’infrangersi sulla spiaggia del mondo ma sempre fedeli all’immenso mare di cui facevano parte.

    L’abito talare era rigorosamente nero con il ferraiolo color rubino che lo qualificava come Venerabile anche se, dati i suoi enormi progressi nonostante la giovane età, non mancava molto affinché indossasse quello color indaco; al porpora invece corrispondeva il grado più alto al quale in realtà non aspirava neanche lontanamente. Più saliva nella gerarchia ecclesiastica e più una serie di incarichi mondani necessariamente impegnavano il suo tempo e, benché avesse accolto con piacere i complimenti ricevuti dai sacerdoti più importanti del suo ordine, non aveva però la benché minima intenzione di vincolarsi ulteriormente. Purtroppo per questo genere di preferenze la sua volontà non contava un granché a differenza dell’obbedienza ai suoi superiori che non avrebbe mai messo in discussione.

    Un amuleto argentato pendeva dal suo collo, intriso di potere sacro e con una raffigurazione sapientemente intarsiata della testa di uno sciacallo, indicava la sua fede nel Dio della Morte e la congregazione cui aveva dedicato la sua vita dopo aver abbandonato obbligatoriamente l’altro ordine a cui aveva aderito.

    Aveva i lineamenti tipici della gente della sua terra: scuro di carnagione, occhi marroni che alla prima vista potevano essere scambiati per neri, portava un paio di baffi ben tenuti, capelli bruni e ricci, li aveva sempre portati molto corti non avendo la pazienza necessaria per curarli e volendo sempre essere ed apparire in ordine. Non aveva mai dedicato molto del suo tempo all’allenamento fisico e pertanto sarebbe passato inosservato in una folla di uomini, infatti prestava al suo corpo la cura necessaria, ma niente di più, per sostenere le ben più appaganti e difficoltose prove spirituali. Da adolescente questa caratteristica era ancor più accentuata ma i suoi superiori, pur concedendo senza alcun’ombra di dubbio maggiore attenzione all’addestramento dello spirito piuttosto che a quello del corpo, erano riusciti ad inculcargli l’idea che bisognava prendersi cura del proprio fisico se non si voleva incorrere in spiacevoli incidenti. Gli rammentavano sempre la fine di un sacerdote che, lungi dal combattere il peccato di gola, mangiava spropositatamente. Pur essendo dotato di un considerevole potere spirituale, trovandosi di fronte al deforme e orribile volto di una Figlia dell’Inferno, una delle sette congreghe di streghe esistenti su Odisseia, morì d’infarto nel tentativo di fuggire da essa. I più cinici terminavano tutta la storia raccontando di come la strega avesse raggiunto il sacerdote e avesse poi banchettato, cibandosi focosamente del suo grasso corpo, fagocitandone le carni solo dopo aver estratto con estrema foga il fegato, organo umano notoriamente apprezzato dalle streghe cannibali.

    L’unica caratteristica fisica che visibilmente rimaneva impressa era la cicatrice sul viso, frutto di una sua ingenuità durante l’interrogatorio con una strega che, con le sue continue insinuazioni, era riuscito a provocarlo. Seppur martoriata e incatenata aveva sottovalutato la furia che covava nel suo animo e, agendo d’istinto senza calcolare bene i rischi delle sue azioni, aveva sporto il suo viso talmente vicino da permetterle di lacerarlo con i suoi affilati e luridi artigli. Gli incantesimi curativi in suo possesso gli avrebbero permesso di cancellare qualsiasi traccia esteriore della ferita ma per due motivi aveva deciso di tenere bene in vista la cicatrice: il primo per ricordarsi ogni volta che si fosse visto allo specchio di mantenere il controllo e non sottovalutare mai il proprio avversario, il secondo perché l’aria truce che ne derivava gli aveva permesso di evitare una buona parte delle risse nelle varie taverne in cui aveva soggiornato. 

    Non era necessario che si munisse di torcia per illuminare la scala a chiocciola che lo avrebbe portato nei sotterranei della rocca; antichi e reiterati incantesimi tenevano accese permanentemente le lanterne appese lungo la parete scavata nella roccia.

    Conosceva bene quelle scale dato che l’aveva percorse innumerevoli volte, sin da quando aveva avuto l’onore di partecipare per la prima volta al summit che veniva indetto annualmente in concomitanza della loro festività sacra. Sapeva che mancavano pochi gradini per giungere al livello più basso dove avrebbe potuto ammirare, nell’enorme atrio con tetto a cupola, un dipinto raffigurante il Guardiano degli Inferi, il Cerbero, l’aggressivo e potente cane a tre teste. L’artista non solo lo aveva dipinto sulla cupola nell’atto di smembrare e mordere demoni inferociti ma aveva realizzato un’opera di tale bellezza che riusciva quasi ad ingannare l’occhio umano. Tre corte scalinate conducevano ad altrettanti corridoi e l’artista aveva ritratto per ogni entrata una testa del Cerbero, creando l’illusione ottica di finire direttamente nelle sue fauci.

    Il varco centrale veniva oltrepassato solo in occasione del summit mentre quello di destra conduceva ad una stanza di cui nutriva un doveroso timore, secondo gli insegnamenti ricevuti e la paura provata in prima persona. Il terrore che alcuni oggetti sacrileghi ivi contenuti ispirava era talmente grande da impedire l’accesso ai chierici di grado inferiore al suo.

    Fortunatamente era indirizzato al terzo corridoio, quello di sinistra; anche se erano altri i motivi che ora lo spingevano in quella direzione, in quei giorni stava lavorando alla traduzione in lingua corrente di un antico libro scritto in una forma arcaica di Angelicum oramai in disuso: I Perturbatori di Anime. Questo era il titolo e indicava il quarto cerchio dell’inferno dominato dagli spiriti impuri fedeli al duca infernale Astaroth.  La nomenclatura delle divisione degli inferi in dieci gironi si doveva all’opera di uno dei maggiori e più eruditi teologi mai conosciuti: Nicolaj Kuznetsov; nonostante siano passati più di due secoli dalla sue ricerche lo studio dei suoi tomi è considerato parte fondamentale della formazione dei membri del suo ordine, tant’è che la sua ripartizione era riconosciuta come la più dettagliata in assoluto dai sacerdoti più anziani che pertanto provvedevano ad insegnarla alle nuove leve.

    Giunse così nella tanto segreta quanto ricca biblioteca: anch’essa grazie alla magia illuminata a giorno nonostante si trovasse nel cuore di una montagna, fonte di incommensurabile sapere per gli esorcisti di tutte le generazioni che avevano dedicato ore e ore di studio in quelle stanze, conteneva principalmente testi riguardanti il male e i suoi padroni indiscussi: i demoni.

    Appena entrato notò due libri accatasti su un tavolo Precetti e dogmi dello Stato della Chiesa, vol.1 – Precetti e dogmi dello stato della Chiesa, vol.2 ed un terzo lasciato aperto Quale custode?; quasi sicuramente era una dimenticanza attribuibile ad un giovane sacerdote, dato che quel genere di lettura interessava i chierici che si erano appena avvicinati all’ordine. Anche lui in passato aveva instancabilmente studiato per ore quei libri e tornò per un momento ai quei tempi quando ancora non conosceva a menadito gerarchie, congregazioni e comandamenti della chiesa del Dio della Morte.

    Athos, come tutte le altre divinità di Odisseia, veniva invocato con innumerevoli nomi nelle varie terre ed epoche, infatti ogni cultura rende onore ad ogni singola divinità dandole uno specifico appellativo che pone in risalto l’attributo considerato più importante: nei tempi antichi si pregava per i riti funebri chiedendo intercessioni all’  Ultima Parola, nelle lontane dune del deserto del faraone si offrono cerimonie al culto del Dio Sciacallo mentre i barbari del nord  rivolgono le loro preghiere alla Falce che miete.

    La chiesa del Dio della Morte è lo stato teocratico più vasto e potente di tutta Odisseia. La Lingua ufficiale è l’Angelicum, una versione della lingua più diffusa al mondo, il Comune, con contaminazioni dalla lingua Celestiale (la lingua degli Angeli e degli Dei) dovute alla devota e costante professione di fede in tutti questi secoli. Risponde ad un sistema rigidamente gerarchico al cui vertice c’è Il Primo Teocrate in Angelicum o Prima Parola in Celestiale. A lui fanno capo i sette ordini di chierici in cui è divisa la gerarchia ecclesiastica che, a loro volta, sono protetti da sette ordini di custodi. Il numero sette è sacro alla divinità infatti anche i gradi per giungere all’apogeo del Primo Teocrate sono sette sia per i chierici che per i custodi e il vertice della chiesa è l’unico grado in comune per entrambi, incarico rivestito da un’unica persona: Primo Teocrate, Sommo Sacerdote, Alto Prelato, Venerabile, Patriarca,  Reverendo, Sacerdote  per i chierici e Primo Teocrate, Campione del Culto, Sublime Cavaliere, Tutore dell’Ordine Sacerdotale, Alto Difensore, Vedetta della Fede, Difensore per i custodi.  Ogni ordine esprime un solo Sommo Sacerdote e un solo Campione del Culto che, insieme a quelli delle altre congregazioni, formano il Sacro Collegio che prende le decisioni più importanti per lo stato. Spesso, per le decisioni di basso rilievo e per il disbrigo delle pratiche burocratiche meno importanti, ci si serve di personale laico. Il Sacro Collegio è negli anni stato terreno di confronto dei teologi sui dettami della fede ma anche di scontro tra i vari Sommi Sacerdoti; persino i Primi Teocrati che si sono succeduti hanno dovuto compiere scelte amare pur di non inimicarsene alcuni. Tutto, come quasi sempre avviene, è dipeso e dipende dalla personalità dei singoli individui. Si è passati da un Primo Teocrate come Leone XIII così preparato sul tema della demonologia ma rimasto spesso inascoltato a Celeste IV attento in primis alla gestione economica dello Stato piuttosto che a quella spirituale, da Innocenzo VII preda delle liti dei vari sommi sacerdoti e con troppa poca autorevolezza per farsi ascoltare e temere a Benedetto II, uomo di raffinata cultura che ha avuto il coraggio di porre fine ad assidue e quanto tragiche crociate.

    Il territorio della Chiesa è diviso in 7 provincie, ognuna amministrata da uno specifico ordine sacerdotale, più una centrale, dove è situata la capitale, governata direttamente dal Primo Teocrate. Ogni provincia si autogoverna sotto molto punti di vista e, pur essendo assolutamente ligi alla scala gerarchica e dipendendo completamente dalle scelte politiche più importanti dal Sacro Collegio, ogni ordine rimane però geloso della propria autonomia anche in campo amministrativo, dovendo però versare parte delle tasse al governo centrale.

    Ad ognuno di essi è affidata una virtù da diffondere e un vizio da avversare. Così abbiamo le Benedette dedite alla Clemenza e antagoniste dell’Ira, gli Esorcisti difensori della Prudenza e avversari dell’Invidia, gli Inquisitori che con la loro Determinazione lottano la Lussuria, i Predicatori devoti al Coraggio e oppositori dell’Avarizia, i Sacri Protettori che con la loro Fermezza combattono la Gola, gli Evocatori che in nome della Giustizia affrontano la Superbia ed infine i Vigilanti che con la loro Temperanza ci difendono dall’Accidia. 

    Le Benedette, il cui stemma è rappresentato da un sole luminoso su sfondo a righe orizzontali bianche e azzurre, sono indubbiamente le più amate dal popolo. Sono chieriche dedite ai poteri della guarigione e, a differenza di altri ordini, il loro stile di vita è molto più orientato a promuovere il bene piuttosto che a combattere il male nonché l’unico ordine esclusivamente femminile. Se si diffonde qualche malattia che miete vittime tra i contadini sono loro le prime ad intervenire e le loro capacità di guarigione, ai più alti livelli, sono quasi illimitate, dal ricongiungere o far ricrescere parti di corpo amputate all’estinguere epidemie contagiose, dal curare ferite inferte dal fuoco e dall’acido ai rari casi in cui è permessa la resurrezione. Mai e poi mai però i loro precetti permettono di consentire l’utilizzo delle loro sacre capacità per prolungare il corso della vita umana oltre il limite tracciato dal loro Dio, come loro affermano Siamo solo strumenti nelle sue mani, strumenti per l’uomo e non dell’uomo. Esiste a loro interno uno specifico corpo chiamato Le Apostole che ha il compito di divulgare la fede nel Dio della Morte oltre i confini dello Stato della Chiesa, non solo con la predicazione e le preghiere ma soprattutto attraverso delle opere concrete di bene in cui le Benedette sono le indiscusse maestre. Per poter adoperare le loro stimate capacità si rivolgono  quasi ed esclusivamente al sacro potere proveniente dalla divinità ma le nuove generazioni di Benedette mal vedono l’idea di non avvalersi appieno anche di quanto la natura ha da offrire in termini di poteri curativi, dall’introvabile erba di drago da  usare contro la peste alla mandragora per combattere la licantropia; così, all’insaputa del tetro ordine degli Inquisitori, alcune delle più giovani si avventurano a Nord nei Boschi Incantati, in cerca della saggezza dei poteri del Circolo Druidico, sapienza che permette di intervenire non solo nei confronti degli esseri umani (dove il primato è indubbiamente patrimonio delle Benedette) ma anche nei confronti di animali e piante e dell’ambiente in generale; è proprio dalla salvaguardia di quest’ultimo che si sta divulgando l’idea, considerata eretica dagli ordini più conservatori, del Fronte verde: Odisseia non è stata creata dagli Antichi Dei affinché l’uomo e gli altri esseri senzienti la governino senza scrupoli ma al contrario come dono di cui prendersi cura. Quante volte ci si dimentica che prendersi cura dell’ambiente in cui si vive vuol dire non solo pensare al presente ma anche tutelare le generazioni future. Lo sanno bene, in chiave contraria, le loro più acerrime nemiche, la congrega delle streghe conosciuta come Le sorelle del Contagio, una delle sette congreghe dei Boschi Incantati (streghe e demoni godono sempre nell’utilizzare in maniera perversa e contraria i simboli della fede, in questo caso il numero sacro al Dio della Morte): esseri deformi ed abiette, adoratrici del demone Baal  (normalmente raffigurato come uno scheletro putrefatto incappucciato con maligni occhi rossi a dorso di un ratto non-morto), il cui unico scopo, appellandosi alla malvagia stregoneria, è proprio quello di diffondere malattie e veleni per tutta Odisseia, contaminando risorse idriche, avvelenando i campi e spargendo letali epidemie sempre più difficili da estirpare.  Esistono però testi sull’impegno per l’ambiente e sui benefici di una saggezza popolare diffusa delle erbe medicinali scritti dalle Benedette più temerarie, libri però considerati eretici e pertanto finiti sui roghi dell’ordine degli Inquisitori; al momento infatti le relazioni fra questi due ordini sono decisamente tese, perché tanto sono di ampie vedute le giovani Benedette quanto sono fanatici i giovani Inquisitori. Per alcuni di essi, in cuor loro, le stesse Benedette che si sono rese colpevoli di aver divulgato quelle opere in cui si citano i poteri del mondo naturale andrebbero messe al rogo ma sapendo di non riuscire a portare a compimento la minaccia che cova nei loro animi, per ora tacciono, non avendo la forza necessaria per affrontare gli Ospedalieri, i custodi delle Benedette.

    Il loro stemma è un elmo da guerra bianco, con una croce rossa nel mezzo, su sfondo rosso e per appartenere all’ordine bisogna far voto di essere dei paladini, rispettando un rigido codice di onore:

    "Che io possa avere l’umiltà per aspirare al bene, la determinazione per sostenere la legge e la santità per aspirare al potere di Dio.

    Che il volere di Dio mi conceda il coraggio di affrontare il male, la forza per punire i colpevoli e la compassione per aiutare i deboli.

    Che soprattutto io abbia sempre la capacità di distinguere ciò che è buono e giusto da ciò che è malvagio."

    I paladini dell’ordine degli Ospedalieri sono tra i guerrieri più ricercati perché la loro abilità marziale è accompagnata da una importante gamma di capacità magiche, sono immuni alle malattie e dotati di un’aurea di bene e di coraggio che viene trasmesso anche agli alleati che stanno loro attorno ma il talento indubbiamente più apprezzato e che li contraddistingue è quello di curare le ferite con il tocco delle proprie mani. Guerrieri temerari, dotati di una fede incrollabile, capaci di risanare le proprie ferite e quelle dei propri alleati per poter riprendere quanto prima a combattere l’instancabile lotta contro il male, difendendo anche a costo della propria vita le Benedette:  ecco elencati i motivi per cui i giovani Inquisitori non si azzardano a minacciarle apertamente mentre quelli più esperti continuano ad insegnare loro che si può raggiungere uno scopo prefissato senza necessariamente l’uso diretto della forza. 

    L’ordine degli Inquisitori ha come simbolo una bilancia color giallo su sfondo a righe verticali viola e rosso purpureo; sono chierici dediti alla lotta alla lussuria e credono che ogni piccola tentazione vada divelta al suo nascere. Se non possono impedire completamente alle lusinghe di giungere presso il cuore dei fedeli, devono però sradicare con tutti i mezzi necessari il permanere di questi pensieri peccaminosi all’interno del loro animo. Questo è l’unico modo per raggiungere la santità richiesta dal Dio della Morte.  Hanno un libro sacro , scritto dal fondatore dell’ordine, chiamato La Falce delle Streghe dove sono elencati i dettami, come resistere alle lusinghe del mondo materiale, gli incantesimi divini specifici contro la lotta alle streghe, le diverse tipologie di quest’ultime, come riconoscerne i circoli e i poteri, da quali crudeli folletti o creature sono difese  ed infine anche  un terribile e monumentale inventario degli strumenti di tortura per estorcere le informazioni alle malvagie fattucchiere di cui, ovviamente, non bisogna avere alcuna pietà. Chierici che con il loro sguardo attraversano le illusioni, che sanno riconoscere la verità nonostante gli inganni degli avversari, dotati di una volontà ferrea che rende difficile, per i più anziani quasi impossibile, alcun tipo di controllo mentale. Nel tempo però si sono sempre più occupati della gestione del potere temporale e insieme ai loro custodi Cacciatori di Streghe, dopo aver fatto stragi di intere congreghe e in alcuni casi anche di innocenti, sono temuti dal popolo per la loro spietatezza; ora però il Sommo Sacerdote dell’ordine, eletto dopo una cruenta lotta interna, ha intrapreso una linea considerata troppo morbida dai giovani che rimpiangono il fanatismo dei decenni passati e mal digerita anche da una parte dei Cacciatori di streghe, abituati a compiere angherie senza temere alcuna punizione.

    Il loro stemma è un fuoco su sfondo verde scuro e, a differenza degli Ospedalieri, non hanno un rigido codice da rispettare, per loro l’importante è portare a termine il lavoro affidatogli che normalmente consiste nello studiare il terreno di scontro o la scena del delitto per raccogliere prove e indizi e infine mettersi sulle orme della sfortunata strega. Per affrontare i poteri della stregoneria, a differenza di un altro tipo di cacciatori di streghe presenti nei Boschi Incantati che utilizzano il potere della Vegetazione, fanno affidamento all’Angelologia, incantesimi e capacità divine specifiche nella lotta agli esseri malvagi, materia indispensabile da conoscere a fondo per chi vuole affrontare Stregoneria, Negromanzia e Demonologia (i tre poteri, o anelli così come vengono chiamati dai fruitori di magia, del circolo dei Diabolici).  Più portati all’impiego di armi e armature leggere in modo da non inficiare la loro andatura silenziosa, preferiscono usare due armi contemporaneamente e sono abili con le armi a distanza (di norma l’equipaggiamento base prevede almeno un’ascia grande e una piccola per i combattimenti corpo a corpo ed una balestra per quelli a distanza) e sanno seguire le tracce dei propri avversari. Spesso, per far questo, si avvalgono di cani segugi addestrati allo scopo, equipaggiati anch’essi di una leggera armatura in pelle con il segno distintivo dei Cacciatori di Streghe. Molte giovani donne sono fuggite via terrorizzate alla vista dei Cacciatori e dei loro mastini che le braccavano come fossero prede con cui in seguito poter banchettare.

    Se lungo il confine nord dello Stato della Chiesa l’ordine più spietato è quello degli Inquisitori, lungo il confine sud invece è quello dei Vigilanti, storicamente alleati all’interno delle diatribe della Chiesa proprio per il modo similare di affrontare tutto ciò che non proviene dal potere divino. Il loro simbolo è un grosso occhio aperto su sfondo blu notte e si caratterizzano per l’incessante lotta alla magia arcana: si deve a Innocenzo V, un Primo Teocrate che precedentemente era stato Sommo Sacerdote dell’ordine dei Vigilanti, l’editto meglio conosciuto come Arcana Estinzione promulgato molti anni fa e oramai diffuso su tutto il territorio della Chiesa, per cui non è possibile praticare alcun tipo di magia fuorché quella divina, dichiarando illegale pertanto anche la magia arcana in generale e ponendola di fatto sullo stesso livello della stregoneria, anzi considerandola ancora più pericolosa perché non apertamente malvagia.

    Sono chierici particolarmente preparati nel campo della Divinazione e grazie alla loro maestria in questo campo sono riusciti a scovare giovani maghi che praticavano la magia arcana nonostante fosse proibita dalla legge.  Uomini e donne che però continuano a ribellarsi e che hanno fondato una confraternita segreta chiamata La Rovina dell’Occhio il cui scopo principale rimane quello di colpire prima di tutto proprio i Vigilanti che però, per mala sorte dei dissidenti, sono difesi dai Guardiani della Fede.

    Il loro stemma, su sfondo a righe diagonali bianche e grigie chiare, è un guanto d’arme che picchia il pugno su un libro rosso scuro aperto. Sono guerrieri (difficilmente si trovano paladini e ranger appartenenti a quest’ordine di custodi) con un’altissima resistenza alla magia e i maghi più inesperti non hanno alcuna possibilità contro chi appare totalmente immune ai loro incantesimi.  In evidente contraddizione con l’applicazione più restrittiva dell’Arcana Estinzione per cui nel territorio governato dai Vigilanti non è possibile non solo praticare magia arcana come nelle altre provincie ma nemmeno commerciare o possedere oggetti magici, ai Guardiani della Fede ne è permesso invece l’utilizzo, quasi sempre frutto di sequestri e confische. Essere pertanto dotati di un equipaggiamento magico in una zona in cui nessuno può permetterselo, se non illegalmente, li pone in una condizione di indubbio vantaggio nei confronti dei loro avversari. Ogni pretendente che desidera essere ammesso nell’ordine, e successivamente per salire di grado nella gerarchia, viene sottoposto ciclicamente ad una prova che consiste nel subire, per tempi ed intensità differenti a seconda del livello del Guardiano della Fede, potenti attacchi magici per sviluppare la resistenza che li rende così temuti da tutti i maghi. Ma come possono i Guardiani della Fede, in una regione dove la magia arcana è bandita, trovare incantatori che si rendano disponibili a sottoporli a queste prove? Dalla loro fortezza, costruita su un promontorio che dà sul mare, partono le barche che attraccano sull’isola dove è costruita una delle prigioni più inaccessibili su tutta Odisseia, seconda solo alle ben più temute segrete dell’Inquisizione. Qui sono rinchiusi tutti i peggiori criminali dello stato della Chiesa (salvo gli accusati di stregoneria che sono esclusivamente di competenza degli Inquisitori) e al livello più profondo esiste un sotterraneo dove sono stati imprigionati tutti i maghi nel corso della spietata politica portata avanti dall’emanazione dell’Arcana Estinzione.  Gli oggetti magici sequestrati sono serviti a più scopi: ad equipaggiare i Guardiani della Fede, in parte sono finiti sul mercato nero (la tentazione di un facile guadagno è stata troppo forte anche per alcuni di loro), infine una parte sono stati adoperati per far costruire un terribile marchingegno che preleva la Mana, così viene chiamata la forza soprannaturale usata dai maghi per poter compiere i propri incantesimi, dei poveri malcapitati segregati. Ogni volta che un Guardiano deve essere messo alla prova, viene legato ed incatenato ad una panca, gli vengono fatti indossare un elmo, due bracciali e due gambali di ferro costruiti appositamente e collegati al macchinario soprannominato Il Ponte della Trasmigrazione (o più brevemente il Ponte) e lo stesso procedimento viene obbligatoriamente fatto seguire ad un prigioniero. Infine viene attivato il Ponte che prosciuga con dolore la Mana dallo sventurato e con altrettanta violenza la sprigiona sul Guardiano messo alla prova. Chiaramente più è lunga la seduta e più il mago è dotato di Mana, altrettanto è difficile che il Guardiano resista e riesca nel suo intento.  Il Ponte venne costruito da una delegazione di nani e gnomi, profumatamente pagata con gemme, oro e oggetti magici, provenuta appositamente dal lontano Regno Sotto La Montagna. È risaputo che i nani non sanno resistere al tintinnio sonante delle monete o allo sfavillante luccicare delle pietre preziose (del resto non è compito dei Guardiani vigilare sull’Avarizia …). Chiaramente per riuscire in questa impresa hanno dovuto viaggiare con i loro compagni di sempre: gli gnomi. Meno interessati agli affari ma sempre pronti a mettere in gioco il proprio ingegno (spesso senza pensare alle conseguenze) gli gnomi sono i veri maestri dell’Arcascienza, un’arte di loro quasi esclusiva competenza che fonde un sapere di base della magia arcana a sempre più efficienti abilità tecnologiche. Tutto questo viene tenuto sapientemente occultato, tant’è che i Vigilanti più anziani impongono una costrizione magica ai Guardiani che impedisce loro di parlarne con chicchessia. Esistono però diversi Guardiani che, a volte per pura pietà in altri casi perché segretamente innamorati delle loro sventurate vittime, provano compassione per le incantatrici tenute in quelle drammatiche condizioni e mal vivono la contraddizione di condannare la magia in pubblico per poi utilizzarla a proprio personale vantaggio. Non sono ancora organizzati per una aperta opposizione non solo perché la costrizione magica li mette in seria difficoltà comunicativa ma anche perché essendo i Vigilanti i sacerdoti con il maggior talento divinatorio, temono di essere scoperti e finire così la loro esistenza in una delle interminabili celle nei sotterranei della prigione. Al momento alcuni di loro, assumendosi enormi rischi, trasmettono informazioni ai membri della Rovina dell’Occhio, avvisandoli in anticipo di possibili confische o incarcerazioni.

    Chi invece non vuol incorrere in alcun rischio e ha l’importante compito di pensare alla difesa dello stato della Chiesa sono i Sacri Protettori, sacerdoti in grado di tessere possenti incantesimi di protezione e innalzare invalicabili barriere specialmente contro gli attacchi degli esseri malvagi di questo o di altri mondi. Chierici dotati di nozioni di strategia militare e diplomazia il cui stemma su sfondo a raggi blu e azzurri ha al centro il palmo di una mano color bianco con le dita rigidamente compatte. Benedetto II, appartenente a questo ordine, riuscì una volta eletto Primo Teocrate a porre fine, con un sapiente intreccio di minacce e accordi, di avanzate e di ritirate del suo esercito, alle crociate che si sono ripetutamente combattute lungo il confine meridionale con la terrificante orda degli Orchi. Da allora la pace è stata mantenuta anche se i Sacri Protettori, aiutati dai Templari, rimangono sempre vigili specialmente lungo tutto il perimetro sud orientale.

    I Templari hanno un duplice compito, non solo salvaguardare i Sacri Protettori e i confini della chiesa lavorando in stretta sinergia con tutto l’apparato militare ma anche quello di custodire a costo della propria vita i luoghi sacri al Dio della Morte, infatti sono presenti drappelli non solo in tutto lo stato ma addirittura anche al di fuori di esso.

    Indossano pesanti armature complete di ottima fattura con inciso nel pettorale e sullo scudo il loro stemma su sfondo rosso-arancione: le tre teste del Cerbero, il temibile cane guardiano degli Inferi, uno degli esseri extradimensionali, chiamati più comunemente Esterni o Celestiali, al servizio del Dio della Morte; anche gli elmi ne ricordano il capo con tre musi da lupo che guardano in tre sensi differenti. Normalmente fanno parte di questo ordine solo guerrieri e paladini dato che il massiccio armamentario in loro possesso mal si associa alla destrezza del ranger. Le loro armi predilette sono tre e ricordano per l’appunto l’Esterno al cui si ispira l’ordine: un mazzafrusto a tre teste per il corpo a corpo, un tridente per tenere il nemico a distanza e una speciale balestra a tre bocche che può lanciare tre micidiali dardi in un’unica direzione oppure, attraverso una leva, far scattare una molla che permette di lanciarli invece in tre direzioni diverse (nel caso della presenza di più avversari). Quasi tutti utilizzano lo scudo ma normalmente chi preferisce il tridente tende a possedere uno scudo torre mentre chi opta per il mazzafrusto a tre teste tende allo scudo grande di metallo che permette una maggiore manovrabilità. Pur non avendo competenze elevate in tattica militare combattono bene insieme aiutandosi l’un l’altro; un drappello di Templari è pertanto sicuramente una forza bellica da temere.

    Se Sacri Protettori e Templari sono gli addetti alla difesa della Chiesa, la loro controparte che si occupa dell’espansione del territorio della Chiesa attraverso la guerra è formata da Predicatori e Crociati.

    I primi, il cui stemma è una falce nera su sfondo a raggi gialli e arancioni, sono i sacerdoti con più abilità marziali e impugnano tutti rigorosamente l’arma sacra ad Athos: una lunga falce da guerra. Molti dei poteri divini in loro possesso sono pertanto orientati ad aumentare le loro capacità belliche e ad arrecare danni al nemico. Inoltre hanno un’altra capacità specifica dell’ordine dei Predicatori che è quella di ispirare le truppe attraverso discorsi concitati, far avanzare le armate spronandole fino al limite massimo di resistenza con canti di battaglia oppure far indietreggiare il nemico intimorendolo con urla di sfida. Alcuni mal vedono la diplomazia esercitata dai Sacri Protettori per raggiungere degli accordi (come avvenuto ai tempi di Benedetto II) considerandola al limite della vigliaccheria. Se il coraggio è una virtù che non gli manca, la volontà di scontrarsi ha però in passato causato grossi errori di valutazione che hanno provocato pesanti perdite tra le loro fila e soprattutto in quelle dei loro custodi e, seppur bramosi di scendere in battaglia, sanno che la pace è un bene da difendere per permettere alla popolazione di crescere e prosperare.

    I Crociati, il cui stemma su sfondo a quadri bianchi e grigi è rappresentato da un artiglio di un corvo che stringe una serpe, sono tutti paladini dediti alla lotta al male, nessun guerriero o ranger è ammesso. La loro forza, oltre all’audacia e alla determinazione, si esprime attraverso la capacità di punire i malvagi con colpi delle loro armi intrisi di potere sacro oppure invocando il Dio della Morte affinché scagli sui loro perfidi avversari scariche di pura e lucente energia divina. A differenza dei Predicatori non hanno un’arma favorita, anche se una buona parte è lieta di sfoderare una spada bastarda, e solitamente optano per le armature pesanti. A seguito delle sconfitte passate ad opera anche degli errori di strategia degli avventati Predicatori, nel tempo, pur essendone i devoti custodi, hanno raggiunto un certo grado di autonomia e difficilmente opteranno in futuro per una guerra aperta a meno che non ne siano estremamente convinti. Anche per questo motivo i Predicatori sono in questi ultimi anni più concentrati su come mantenere la pace piuttosto che su come scatenare nuovi conflitti; del resto come si può vincere una guerra senza che le tue truppe ti seguano?

    Invece chi lavora in stretta sinergia con i propri custodi è l’ordine degli Evocatori, il cui stemma su sfondo a quadrati grigio chiaro e scuro è simboleggiato da un corvo con ali aperte, uno degli animali considerati sacri ad Athos. Tra i sacerdoti sono quelli che più di tutti vengono considerati vicini al contatto diretto con la divinità o con i suoi celesti emissari … ed effettivamente lo sono, infatti fra le loro fila si trovano i teologi più preparati di tutta la Chiesa. La loro specialità passa dall’interpellare gli Esterni fedeli al loro Dio per chiedere informazioni preziose e consigli all’evocazione finalizzata al conseguimento di una specifica missione o addirittura affinché combattano per essi.  Tutte queste preghiere di intervento non devono assolutamente essere trattate con leggerezza, pena la mancata evocazione o, nel peggiore dei casi, una vera e propria punizione. A differenza delle evocazioni ottenute con la magia arcana, dove è il potere del mago che trascina su questo piano di esistenza l’Esterno, la magia divina permette l’evocazione di Esterni solo ed esclusivamente su concessione della Divinità; il potere del sacerdote influisce unicamente sul grado di potenza dell’essere evocato e sulla durata dell’incantesimo. Tra tutti i chierici sono quelli che hanno una padronanza migliore del Celestiale e infatti il loro Angelicum è ancora più intriso rispetto agli altri di termini provenienti dalla lingua dei cieli, spesso infatti all’interno di una discussione con gli appartenenti agli altri ordini sono costretti ad interrompersi in quanto capiscono di aver fatto confusione tra un linguaggio e l’altro. Gli altri sacerdoti covano un pizzico di invidia nei loro confronti in quanto, fungendo gli Evocatori da intermediari tra la volontà di Athos, o comunque dei suoi servitori divini, e i membri del clero, vengono considerati a ragione i primi interpreti del volere della divinità.

    I loro custodi sono Le Sentinelle Celesti che devono seguire un lungo percorso spirituale, chiamato Il Cammino , che esige un severo codice di comportamento da onorare (infatti sono ammessi a quest’ordine solo paladini e nessun’altra figura marziale), prendendo come ispirazione per le loro azioni la purezza ma anche la risolutezza degli angeli e degli arcangeli che servono il Dio della Morte ed in particolar modo dell’arcangelo Ismaele che è il loro patrono, raffigurato negli affreschi mentre con il proprio spadone taglia di netto la testa ad un demone; infatti non solo il loro stemma è uno spadone con ali angeliche ai lati color oro su sfondo a quadrati azzurri e bianchi ma inoltre molti preferiscono specializzarsi in quest’arma proprio per rendere omaggio alla loro guida spirituale.

    L’insieme delle restrizioni, dei voti e dei sacrifici pretesi lungo il Cammino, concede loro però della facoltà che nessun’altro possiede attraverso una vera e propria mutazione conosciuta con il nome di Evoluzione: iniziando da leggere e apparentemente insignificanti modifiche del proprio corpo si evolvono sino a divenire dei veri e propri Esterni, attraverso il rito più importante dell’ordine chiamato L’Ascensione. Seppur con delle inflessibili regole che valgono per ogni praticante che voglia iniziare questa ascesa, il Cammino è prettamente individuale e pertanto anche gli effetti dell’Evoluzione sono diversi da Sentinella a Sentinella. Tratti comuni a tutti però sono la scurovisione (la capacità di vedere nel buio più completo), saper proiettare una luce intensa quanto la piena luce del giorno e una modesta resistenza agli attacchi basati sul freddo, sull’acido e sull’elettricità. Altre caratteristiche che sorgono invece variano dallo sviluppare un paio di enormi ali nere da corvo sul dorso con la conseguente capacità di volare a una luminosità tale dell’iride degli occhi che permette di scagliare luccicanti raggi distruttivi, dal mutare il proprio viso somigliando al muso di uno sciacallo con un olfatto capace di percepire anche i nemici più nascosti ad un aumento muscolare tale da permettere di impugnare un’arma a due mani agevolmente anche con un singolo arto. Inoltre, come se queste abilità non fossero già abbastanza, rispetto agli altri paladini che nella loro lotta contro il male possono chiamare a sé un straordinariamente fedele, forte ed intelligente destriero che normalmente è un cavallo, data la loro vicinanza agli esseri divini loro invece godono di due speciali cavalcature: i gripardi, cugini più piccoli ma non meno aggressivi dei più famosi grifoni, con la testa e le ali da corvo e il corpo di una pantera nera e gli ubilupus, grossi ed intelligenti lupi a due teste che si crede discendano direttamente dal Guardiano degli Inferi.

    Ma se è il Cerbero a difendere l’ingresso dell’Ade (l’Inferno ha molti nomi) dall’attacco dei diavoli, chi si occupa su Odisseia di affrontare questi crudeli, terrificanti e indiscussi padroni del male sono gli Esorcisti, il cui stemma è una testa di sciacallo bruno scuro su uno sfondo a tinta unita giallo senape.

    Non possono sposarsi né tantomeno avere figli e devono mantenere i propri legami familiari al minimo in quanto un proprio caro potrebbe divenire vittima degli spietati attacchi dei demoni che, che con la loro diabolica astuzia, non hanno la benché minima remora ad utilizzare qualsiasi punto debole pur di infierire su chi in prima persona dà loro la caccia, anzi poter provocare dolore non direttamente agli Esorcisti ma creando un vuoto di affetti e relazioni incentivando un possibile e quasi inevitabile senso di colpa, procura loro una smisurata e maligna gioia. I chierici che scelgono, perché non si può arrivare a desiderare un cammino così irto di pericoli e di rinunce, la carriera di Esorcista sono pochi e sanno che è un percorso estremamente solitario e che richiede una smisurata abnegazione e un costante spirito di sacrificio.

    Gli Esorcisti, probabilmente i chierici meno interessati al potere temporale dato l’impegno che richiede la lotta alle infinite schiere di demoni, hanno conseguentemente la necessità di adoperare per la gestione amministrativa della propria provincia un gran numero di laici ma godono di speciali permessi che permette loro di intervenire in qualsiasi altra regione dello Stato della Chiesa, senza dover attendere le autorizzazioni degli altri ordini che potrebbero tardare ad arrivare o in alcuni casi proprio essere negate. In realtà l’editto promulgato da Leone XIII noto come Eternum Placet dà questa autonomia anche nei confronti dello stesso Primo Teocrate; Leone XIII, l’unico Esorcista ad aver raggiunto la massima carica della Chiesa, temendo il diffondersi col tempo del grande male proveniente dagli Abissi, ha imposto questo precetto perché si rendeva conto della mancata percezione da parte degli altri rappresentanti del clero di questo quanto terribile tanto infido pericolo.  Spesso e volentieri però, salvo forse gli Inquisitori più conservatori e fanatici, gli altri sacerdoti sono ben lieti di cedere il campo quando entrano in gioco entità maligne così diaboliche e letali.

    Gli Esorcisti, il cui nome lascia chiaramente intendere la valentia nell’esorcizzare gli spiriti maligni e nel resistere alle loro malefiche possessioni, partono ogni qual volta è richiesta la loro presenza e pertanto è raro, pur nella provincia da loro amministrata, trovarne in circolazione molti nello stesso periodo. L’unica data sacra all’ordine coincide con l’anniversario dell’elezione di Leone XIII a Primo Teocrate e in quell’occasione, salvo casi estremi, tutti gli appartenenti all’ordine, dal più giovane prete al ben più esperto e anziano Sommo Sacerdote, in gran segretezza si ritrovano nei livelli sotterranei de L’Artiglio del Diavolo, un luogo sacro alla Divinità al confine orientale con Le Montagne Oscure, un monastero situato in cima ad un picco montuoso dove si narra che, quando ancora angeli e diavoli si scontravano con le loro incommensurabili forze su Odisseia, ci fu uno scontro e Ismaele tranciò di netto un artiglio ad un potente signore demoniaco. Esternamente si presenta come un convento protetto da un drappello di Templari e solo i più anziani di essi sono a conoscenza dei livelli sotterranei in cui si riuniscono gli Esorcisti, frazionati in quattro settori: il primo appunto funge da luogo di ritrovo con la presenza di diverse mappe sulle quali sono segnati gli avvistamenti degli esterni malvagi nonché le possessioni di cui sono venuti a conoscenza nell’arco dei secoli e infatti sono suddivise cronologicamente di anno in anno appositamente per percepire il diffondersi o il regredire del male; il secondo è l’insieme degli alloggi, decisamente spartani, nei quali risiedono gli Esorcisti che giungono all’Artiglio (alcuni, specialmente quelli più anziani che hanno difficoltà a muoversi, vivono lì); il terzo è la più ricca  biblioteca mai esistita contenente testi, alcuni in originale altri solo in copia, che trattano il tema della demonologia, una vasta  e minuziosa conoscenza che rappresenta una vera e propria arma nei confronti degli esterni maligni, opere come Summa diabolica di Ernest Von Arlech oppure Sapienza demoniaca di Alessia Estrella sono solo alcuni degli scritti più importanti ivi contenuti; infine il quarto è la zona più inaccessibile di tutti, interdetta ai gradi inferiori al Venerabile per la rischiosità di un accesso non autorizzato, si tratta della Camera Oscura, un luogo sacro e altamente protetto da incantesimi e riti sacri dove sono rinchiusi, come fossero dei pericolosi prigionieri da non far evadere a qualsiasi costo, gli oggetti magici malvagi più potenti raccolti durante le missioni dei vari esorcisti e che non è stato possibile riuscire a distruggere per l’energia maligna che da loro potrebbe sprigionarsi, da una bambola all’apparenza innocente ma in realtà dimora di una antica e pericolosa entità ad un cuore pulsante chiuso in una teca di vetro pronto a ricostituire il proprio nefasto corpo, come fosse una innocua pianta in attesa di essere  innaffiata con del sangue umano, da una grottesca maschera che una volta indossata non è più possibile toglierla e che poco alla volta trasforma il malcapitato inesorabilmente in un mostro affamato di carne umana, specialmente di quella di infanti innocenti,  ad un prezioso specchio intarsiato di rubini e zaffiri che in realtà è un portale attraverso il quale uno dei demoni servitori di Astaroth suggerisce osceni ma seducenti consigli fino a condurre alla follia, e tanti, anzi troppi, altri oggetti intrisi della più aberrante malvagità.  Un solo oggetto magico sacro è presente nella Camera Oscura, un’enorme giara magica chiamata Pandora, un antico dono all’umanità da parte del Cerbero, dove dai tempi più remoti sono stati imprigionati gli spiriti

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