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Un limone in mezzo al mare: Quando cambia il punto di vista cambia la percezione
Un limone in mezzo al mare: Quando cambia il punto di vista cambia la percezione
Un limone in mezzo al mare: Quando cambia il punto di vista cambia la percezione
E-book117 pagine1 ora

Un limone in mezzo al mare: Quando cambia il punto di vista cambia la percezione

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Info su questo ebook

Come “sopravvivere” alle ingiustizie, agli eventi “inspiegabili” e alle delusioni a cui la vita ci abitua? Simona Festa, sin dall’età di 7 anni, cerca di escogitare un metodo personale per riuscirci e infine per vivere a pieno. E non arrendendosi mai davanti ad alcun ostacolo, diverrà l’esempio concreto che i fallimenti non esistono. Quelli che definiamo così non sono altro che prove non riuscite che, di giorno in giorno, ci avvicinano ai nostri obiettivi. “Un limone in mezzo al mare” è un viaggio attraverso il quale il lettore si metterà nei panni della protagonista, sentendo sulla propria pelle quelle storie e quelle vicende che - nell’arco di quarant’anni - hanno portato Simona ad acquisire una consapevolezza sempre maggiore delle proprie capacità personali, inseguendo il cambiamento interiore e realizzando il sogno di fare del proprio lavoro il modo migliore per dare il suo contributo agli altri. Alla fine il lettore potrà dire di aver fatto un passo avanti anche nel suo percorso verso la consapevolezza di sé.
LinguaItaliano
Data di uscita11 mag 2020
ISBN9788835825203
Un limone in mezzo al mare: Quando cambia il punto di vista cambia la percezione

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    Anteprima del libro

    Un limone in mezzo al mare - Simona Festa

    MARE

    1. LA VALIGIA

    Tante volte nella vita mi sono ritrovata con la valigia in mano, per studio, per piacere o per... amore, passando e vivendo per un po’ da un Paese all’altro in varie parti dell’Europa: Inghilterra, Francia, Belgio.

    In questi anni ho conosciuto diverse realtà e altrettanti modi di pensare e di vivere. Ho affrontato sfide personali molto difficili e ho capito che prima di allora avevo vissuto con una benda intorno agli occhi, con i tappi alle orecchie e con uno spirito non mio.

    Avevo sempre creduto di vivere appieno la mia vita, quando invece col tempo mi ero accorta che sarebbe bastato pormi delle semplici domande che mi avrebbero fatto sicuramente risparmiare un sacco di tempo e di delusioni.

    Spesso non sappiamo dove vogliamo andare, cosa vogliamo fare e con chi percorrere il viaggio della nostra vita nel miglior modo possibile; eppure siamo sempre pronti a lamentarci e a dare la colpa al sistema senza muovere un dito e senza trovare una soluzione. Viviamo con il pilota automatico inserito tutti i giorni e non ce ne accorgiamo. Ma, se imparassimo ad ascoltare e a vedere dentro noi stessi, ci accorgeremmo che in ognuno di noi c’è già pronta una valigia che possiamo utilizzare per partire e andare ovunque vogliamo. È quella stessa valigia che riempiamo di ricordi ed esperienze, sia belle che brutte, e che, ogni tanto, a distanza di tempo, apriamo per scrutarne il contenuto con nostalgia, rabbia o con una fragorosa risata.

    Io continuo a riempirla di esperienze e non me ne separo mai. La mia valigia è semplice, di stoffa color fucsia, con qualche adesivo degli anni Ottanta e una targhetta di metallo sottile con inciso, a caratteri cubitali, il mio nome:

    Limone.

    In più di quarant’anni ho visto tante valigie, alcune un po’ logore, altre nuove e all’ultimo grido, altre, invece, tanto semplici da passare inosservate, ma qualunque sia la nostra valigia, dentro di essa troveremo sempre una grande parte di noi stessi.

    Anche la tua valigia è sempre lì al tuo fianco, fedele amica e compagna di vita.

    A tal proposito… la tua com’è? Riesci a descriverla? Che forma ha? Quanto è grande? Ha qualche segno distintivo? E di che colore è?

    Bene, adesso che l’hai visualizzata e che è lì accanto a te… prendila, saluta i tuoi amici e parenti e preparati a partire perché oggi sarai il mio compagno di viaggio.

    Conosceremo persone, faremo delle fermate improvvise, supereremo ogni tipo di ostacolo, rivivrai i miei sbagli e le mie avventure, faremo viaggi nel tempo e acquisiremo insieme la consapevolezza e le basi per una vita migliore.

    Non ti preoccupare per il biglietto del viaggio perché, per arrivare nel luogo dove stiamo andando, uscirai completamente dal quel mondo ordinario che conosci ed entrerai in quello speciale e straordinario, fatto di rivelazioni e di realtà parallele.

    Pronti? Si parte!

    2. SI PARTE!

    L’odore caldo e sensuale del primo caffè del mattino entrò prepotente nelle mie narici ubriache di Chanel n°5, mentre il profumo dolciastro dei muffin al cioccolato appena sfornati solleticò quella fame sinistra e improvvisa che, nonostante i miei buoni propositi, non riuscii a mandare via. Insoddisfatta dalla mia debolezza nel cacciare quella forte tentazione, cercai il portafoglio griffato, ravanando selvaggiamente in quel vortice confuso ed enorme che avevo il coraggio di chiamare borsa. Dopo cinque minuti di affannosa ricerca, afferrai il mio bottino e, come un automa dalla batteria scarica, mi alzai dalla sedia metallica dell’aeroporto iniziando a percorrere i cento metri più lunghi della mia vita. Se fossi stata fresca e riposata, avrei impiegato pochi secondi a percorrere quel tragitto che mi avrebbe portato verso quella golosa colazione e al meritato ristoro; invece, non mi sentivo granchè in forma. Una strana sensazione iniziò a percorrere i miei tendini fino a farmi venire un brivido freddo che salì lungo tutta la schiena fino ad arrivare al collo, racchiuso da un filo di perle perfette nella loro imperfezione. Ma non avevo tempo per capire cosa fosse. Il caffè mi stava chiamando con la sua mano invisibile simile a quella di un fantasma, mentre il mio stomaco iniziava a brontolare intonando un blurppp dalla voce forte e prepotente.

    Fame, io avevo fame!

    Nella mia testa c’era solo spazio per quell’immagine lussuriosa e cioccolatosa che, di lì a due minuti, si sarebbe materializzata ai miei occhi e alle mie papille gustative, che non vedevano l’ora di mettere sotto i denti un bel muffin caldo e un buon caffè amaro.

    Presa da quell’euforia, percorsi gli ultimi dieci metri in un nano secondo. Appoggiai le mani sul bancone legnoso e lucido e, con voce bassa e gentile, feci la mia ordinazione.

    Il giovane barista fece un leggero sorriso e si mise subito al lavoro, mentre il mio sguardo rubava quell’informazione appuntata sul suo petto che mi comunicò quale nome i suoi genitori avessero deciso di stampagli per il resto della sua vita: Andrea.

    Andrea era un giovane apprendista dalla barba rasata e dai capelli lunghi e lisci raccolti da un cordino nero, legato con cura e attenzione. La sua figura era snella e slanciata, i suoi fianchi erano sottili e le sue braccia lunghe e veloci. Le mani, dalle dita affusolate come quelle di un pianista, si muovevano in quella danza affascinante che ero solita osservare ogni volta che un barista preparava il caffè: il modo in cui svuotava il portafiltro e lo liberava dai residui della polvere precedente, lo scatto ripetuto che faceva nel riempirlo e nel pressarlo con cura, il borbottìo della macchinetta e poi l’arrivo di quel rivolo dall’aroma magico dato dall’unione tra l’acqua e la miscela, che con il suo profumo era in grado di far rivivere i momenti passati di una vita talvolta dimenticata o distaccata.

    E poi arrivava il primo sorso.

    Silenzio.

    In un attimo il grande aeroporto si trasformò in una cittadina di provincia degli anni Ottanta, dai colori gialli offuscati, dalle camicie a quadrettoni e dai ciuffi enormi circondati dai capelli cotonati e laccati, lucidi e duri come sottili fili di nylon.

    In lontananza, una giovane donna avvolta in un paltò di camoscio marrone scuro stava accompagnando le sue due figlie a scuola, come tutti i giorni.

    La più piccola, diligente e composta, teneva la mano di sua madre mentre guardava attenta la strada e ascoltava le raccomandazioni giornaliere che le venivano sciorinate come un rosario.

    La seconda, più grande di quasi un anno, camminava al suo fianco: era una bimba di poco più di sette anni, nata nei primi anni Settanta. I suoi capelli castano chiaro erano raccolti in una coda di cavallo che, a ogni suo passo, si muoveva buffamente a destra e a sinistra proprio come un pendolo. Il viso cicciottello e roseo era rivolto verso l’alto capeggiato da un nasino a punta sempre e perennemente all’insù. Era chiusa nel suo mondo: non aveva molta voglia di andare a scuola, anzi, voleva solo contare i graziosi passerotti che le passavano sopra la testa, nulla di più. Ma qualcosa continuava a disturbarla: in lontananza sentiva il ronzio di una voce familiare che le parlava, anche se lei non era minimamente interessata; sapeva di dover dire qualcosa o fare anche un cenno con la testa, quindi, stanca di quel brusio continuo, fece uscire distrattamente dalla bocca un verso incomprensibile di approvazione alle richieste di attenzione della madre che, armata di santa pazienza, le prese la mano e la condusse verso la meta mattutina.

    Il tragitto della giovane signora era breve e per niente entusiasmante. Attraversava sempre un lungo marciapiede, passando per la casa dai muri verdi del prete che, con i suoi riccioli scuri e il candido sorriso, faceva sospirare le signore del quartiere, dispiaciute dal fatto che avesse deciso di scegliere l’ordine clericale piuttosto che accasarsi con una bella ragazza del paese. Subito dopo c’era un vecchio negozio di Kodak, da poco inaugurato. Per anni il locale era rimasto sfitto e abbandonato poi, dall’oggi al domani, l’improvvisa apertura aveva portato una ventata di aria fresca e di novità grazie alle sue stampe giganti piene di coppiette felici nel giorno del loro . I colori della vetrina costituivano il punto più allegro di quel vialone grigio e rumoroso, dove difficilmente le persone rallentavano la loro consueta e pazza corsa di vita lavorativa. Superato il semaforo che precedeva il cavalcavia, il grigiore del vialone lasciava spazio alle dozzine di cartelle scolastiche modaiole, ai grembiulini bianchi e neri e ai gruppetti gremiti di mamme tutte intente a spettegolare o a creare un gruppo di poche elette, destinate a vedersi in tarda mattinata per un tè e una dimostrazione di prodotti Avon.

    Erano quasi

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