La mente che cambia
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Cambiare la propria MENTE per cambiare le RELAZIONI UMANE A PARTIRE DA QUELLE GENITORI FIGLI FINO A QUELLE CON IL RESTO DEL MONDO E CON TUTTO L'ESISTENTE DAGLI ANIMALI ALLE PIANTE ALLA MATERIA DELL'UNIVERSO CHE,COME TUTTI ORMAI SANNO, E' ENERGIA. CAMBIARE è FARLO AL PRESENTE CARICARSI CON COERENZA DELLE PROPRIE RESPONSABILITA' per AMORE DELLA VITA.OGNUNO DIVENTERA' COSI' MEDICO DELLA MENTE. LA VITA NON SARA' PIU' SOLO SOPRAVVIVENZA DEL CORPO MA VITA DELLA MENTE QUELLA CHE GOVERNA LA MATERIA E CHE NON MUORE!
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Anteprima del libro
La mente che cambia - girolamo caione
Girolamo Caione
La mente che cambia
UUID: 05ff9310-a9b5-11e7-a059-49fbd00dc2aa
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
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Indice dei contenuti
Prologo
Antefatto
CAPITOLO PRIMO
CAPITOLO SECONDO
CAPITOLO TERZO
CAPITOLO QUARTO
CAPITOLO QUINTO
CAPITOLO SESTO
CAPITOLO SETTIMO
CAPITOLO OTTAVO
CAPITOLO NONO
CAPITOLO DECIMO
CAPITOLO UNDICESIMO
CAPITOLO DODICESIMO
CAPITOLO TREDICESIMO
LA MENTE DEGLI ADULTI E QUELLA DEI BAMBINI
Dedicato a mia figlia Lucia
E a tutti i bambini
Eredi dei nostri limiti e
Delle nostre attese
Per un futuro ancora possibile
Nelle infinite dimensioni
Della scoperta
Prologo
Da sempre ho intuito di avere una possibilità e una responsabilità proprie della mia natura: diventare un ponte fra il noto e l’ignoto, fra la materia visibile e la sua natura ancora invisibile o, per usare parole proprie della filosofia e la scienza, fra la fisica e la metafisica; in ultima analisi scoprire la vera natura dell’essere umano che dando un nome alla realtà che percepisce con tutti i propri sensi ne ricerca la sua origine.
Questo racconto breve è la storia di tale ricerca e della scoperta di codesta origine.
Antefatto
Ho vissuto con un fratello schizofrenico. Si chiamava Mario ed era il secondogenito di sei figli, tre maschi e tre femmine. Io sono il maggiore. Mia madre era la terza di cinque sorelle e un fratello, orfana fin da piccola del padre, votata a vivere un sogno romantico grazie alla sua bellezza e il sacrificio a causa delle necessità familiari. Una madre con il carattere deciso e ingenuo della piccola borghesia di provincia, con un padre docile mai conosciuto da cui aveva ereditato il romanticismo. Mio padre era anch’egli orfano ma di madre, per via di questa assenza patì tutta la vita il vuoto affettivo che lo indusse alla ricerca di una immagine ideale sublimata infine in una conversione. Girolamo, mio nonno paterno, un proprietario terriero da cui ereditai il nome, era un uomo dal carattere forte non privo di una vena romantica continuamente alimentata dalla ricerca di una compagna che riempisse il vuoto della prima moglie Amelia, della quale sentii sempre parlare come di una donna tanto bella quanto buona. I miei genitori si incontrarono a Trani, la città natale di mia madre, nel ‘42, in tempo di guerra. Lei era affacciata al balcone, lui passando per strada, in permesso dal servizio militare, incrociò lo sguardo di lei. Anche mio padre era un bell'uomo, cercava una compagna graziosa e dolce com’era nel ricordo la madre, che colmasse il vuoto dell’affetto mancato e stemperasse la durezza del padre. Li unì la necessità e il sogno che riempirono la loro vita e quella di noi figli, in modo diverso, con una storia differente, ma con eguali attese.
L’eredità genetica mia, dei miei fratelli e delle mie sorelle, fu il fondamento sul quale costruimmo e costruiamo tuttora le nostre storie. Le occasioni e le scelte che facemmo e ancora facciamo sono le nostre storie, raccontandole svelerò il segreto delle menti che cambiano.
CAPITOLO PRIMO
La mente ordinaria e quella aliena
La mia infanzia fu ricca di sensazioni e immagini colorate, magiche come nelle fiabe. I fiocchi di neve grandi e leggeri che riempivano il cielo della sera e si illuminavano attorno ai lampioni della periferia di Foggia dove si stabilì la famiglia. Il crocchiare dei passi nel campo innevato, gioiosamente riempito dalle mie orme e il silenzio da cui ogni presenza meravigliosamente sbocciava.
I natali trascorsi nella casa della nonna con i cugini, il gioco della tombola con il volto infiammato dall’emozione di una vincita e la tensione dell’attesa, le luci colorate nelle strade e nei presepi, il sapore delle castagne lesse e delle cartellate con il miele o il vincotto, il suono delle ciaramelle.
Vissi gli anni dell’infanzia nel calore della famiglia che rendeva le ristrettezze economiche del dopoguerra un’occasione di condivisione delle piccole gioie quotidiane e mi stimolava a fabbricare spade, archi e pugnali di legno o a leggere le fiabe di tutto il mondo che mio padre mi fornì con l’Enciclopedia dei ragazzi
della UTET.
Con mia madre passavo le lunghe sere d’inverno attorno al braciere, mentre imbruniva e l’aria oscillava al richiamo dei venditori di carbonella o di verdure che i contadini ambulanti portavano sui loro carretti dalle campagne; nel buio che entrava nella stanza i tizzoni dei carboni illuminavano i nostri occhi e gli sguardi che si fondevano nell’intimità delle pause di silenzio. Mio padre lavorava fino a sera facendo gli straordinari per garantire un maggiore agio familiare e ritornava a casa con un cartoccetto di caldarroste o di turcinelli
, intestini di capretto, una prelibatezza locale che per le strade i venditori arrostivano sulle fornacelle, riempiendo l’aria del loro aroma intenso.
Per le vacanze estive la famiglia si trasferiva a Trani nella grande casa dove la nonna regnava
incontrastata sulle tre zie zitelle che riempivano me e i miei fratelli di gesti affettuosi incoraggiati dall’entusiasmo della nostra fanciullezza.
La mattina andavamo al mare con i cugini sulla spiaggia di Colonna, dove si affittava la cabina nello stabilimento balneare e si incrociavano nuove amicizie e avventure.
Così trascorsero la mia infanzia e l’adolescenza.
La famiglia si era arricchita di fratelli e sorelle e ormai la nostra casa in periferia era diventata troppo stretta per contenerci tutti in modo soddisfacente.
Ci trasferimmo in un appartamento in centro, in un palazzo che sorgeva su una grande piazza alberata sulla quale si affacciavano una caserma, le scuole superiori e la casa degli zii con un grande terrazzo ornato dalle statue di zia Iolanda e zio Gerardo, professore di filosofia e onorevole della DC, partito che abbandonerà per non accettare compromessi. Stimolato dall’incontro con Padre Pio portò nella famiglia il respiro mistico che fece lievitare la pasta dei nostri rapporti e delle nostre menti.
Zio Gerardo ogni mattina alle quattro raggiungeva in autobus San Giovanni Rotondo per servire la messa di Padre Pio e ritornava con l’allegria aliena nata da quell’esperienza.
Ogni pomeriggio la mamma attraversava la piazza con la tribù di figli e figlie e si trasferiva nel grande appartamento di questi zii: trascorreva le serate conversando con zia Iolanda tra le piante del vasto terrazzo mentre noi giocavamo con Paolo, il loro figlio nostro coetaneo.
Così a poco a poco incominciammo a respirare quell’aria mistica che riconciliò i miei genitori con i loro sogni: per mio padre ritrovare la mamma sconosciuta, per mia madre figli autentici.
Noi figli, ognuno secondo la propria natura e le diverse occasioni della vita, incominciammo a rinascere
, rigenerati da quell’esperienza straordinaria.
In quella casa, respirando quotidianamente e in modo inconsapevole quella pace misteriosa, incominciarono a cambiare le nostre menti e le nostre relazioni: la realtà ordinaria delle nostre vite entrò nel mondo straordinario e invisibile della ricerca del mistero della nostra origine.
La mia mente già straordinaria (solo ora lo so con chiarezza) generava nei miei rapporti di amicizia l’attrazione del mistero e la paura inconsapevole per la dissociazione dalla realtà ordinaria.
Venivo ricercato dai circoli culturali per rendere più vivaci le speculazioni sui vari argomenti grazie all'originalità del mio approccio dialettico che analizzava le incongruenze degli stereotipi.
Ma la novità della mia coscienza mi induceva a crearmi una vita che mi realizzasse come persona.
Frequentai il liceo classico e, diplomato, mi trovai di fronte a una decisione: cosa dovevo fare per realizzarmi?
Il fascino che la mia mente esercitava nelle persone con cui mi relazionavo, mi offriva il piacere del sottile potere di seduzione, ma intuii che sarei stato imprigionato da quello stesso fascino che stava diventando, sempre più, un fine.
Così mi dissi, ancora e sempre davanti alla scelta cosa fare?
, chiederò alle persone adulte con una vita pratica e socialmente apprezzata come realizzarmi al meglio, quale potesse essere una scelta responsabile e positiva e incominciai a scoprire le contraddizioni del mondo degli adulti. I consigli che ricevevo mi indirizzavano verso i limiti di una vita più o meno egoistica, spegnendo