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Oltre il cielo di Istanbul
Oltre il cielo di Istanbul
Oltre il cielo di Istanbul
E-book177 pagine2 ore

Oltre il cielo di Istanbul

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Info su questo ebook

Un originale romanzo d’amore e sull’amore capace di coinvolgere anche il cuore più scettico e riservato, un approccio quasi visionario che smonta la complessità di questo misterioso sentimento rendendolo semplice ed essenziale, a volte quasi grottesco, ma pur sempre ingovernabile.

Oltre il cielo di Istanbul ci svela un segreto che ha un sapore autentico ma rischioso: gode dell’amore solo chi ha il coraggio di fare un grosso respiro, chiudere gli occhi e volare in alto verso l’ignoto, abbracciandolo e lasciandosi guidare da quella dolce certezza immotivata che solo i veri amanti riconoscono subito.
LinguaItaliano
Data di uscita11 mag 2020
ISBN9788835825814
Oltre il cielo di Istanbul

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    Anteprima del libro

    Oltre il cielo di Istanbul - Marinella Tumino

    Turkili

    The New Deal

    La busta era indirizzata proprio a lei: Professoressa Greta Durante. Un timbro: Farnesina, Ministero Affari Esteri.

    Incarico di docenza all’estero, in Turchia, nel liceo italiano di Istanbul.

    Il sogno si stava realizzando.

    Greta aveva poche settimane di tempo per presentarsi e prendere servizio. Stava per iniziare un’entusiasmante avventura, un’esperienza del tutto nuova.

    L’ansia per i recenti attentati, proprio a Istanbul e per mano dell’ISIS, smorzavano la sua gioia, ma l’emozione era tanta! Chiamò sua madre al telefono.

    «Greta, è una bellissima opportunità. Non so se essere felice o preoccupata, certo è… coinvolgente sentirti così… eccitata…».

    «Ho mille cose da sistemare, mamma, prima di partire… devo sbrigare consegne, controllare documenti, organizzare la partenza, contattare la segreteria del Liceo, avvisare i miei colleghi…».

    «Greta, respira!», la interruppe amorevole sua madre.

    «Hai ragione! Mi farò una bella tisana rilassante».

    Fu una notte davvero travagliata. Greta, dibattuta tra gioia e ansia, pensava alla novità, a Istanbul che conosceva un poco, e le si stringeva il cuore al pensiero di lasciare la famiglia, gli amici, la sua vita. Sapeva che l’impegno sarebbe stato di almeno un anno, due se non fosse rientrata la titolare di cattedra.

    «The new deal», commentò ad alta voce mentre guardava fiduciosa il cielo quasi cercasse risposte nell’infinito stellato e in quello spicchio acceso di luna.

    Greta dubitava del suo coraggio, ma la sua anima movimentata e avventurosa le suggeriva gioia di vivere, emozioni per nuove esperienze, speranze per nuovi incontri. Per questo si disse che tentare e vincere dubbi e paure, fosse l’opportunità per una rinascita, uscendo dalla quotidianità del tutto noto, del tutto già visto. Tutto scontato. Era normale, dunque, quel disorientamento ma diventava necessario sospendere il velo dell’ovvietà, sostenendo la tensione del nuovo.

    Prima o poi arrivano quei momenti, brevi istanti, che hanno il sapore della perfezione. Occorre lasciarsi andare per poterli gustare nella loro interezza.

    In viaggio

    Il volo Catania – Istanbul le sembrò estenuante. Sospesi tra cielo e terra, sembrava quasi toccare con mano le lunghe distese di abitazioni, le auto incolonnate nelle arterie pulsanti della città magica e poi… i minareti! Che meraviglia i minareti! Sagome aguzze e slanciate che si stagliavano nel cielo infuocato. Greta si emozionò, scorgendone a decine dal finestrino: sembravano dita sottili e nodose che cercavano di afferrare il cielo, l’infinito, facendosi spazio tra case e moschee; quelli più lontani sembravano spilli nel terreno. All’aeroporto Ataturk una coppia di amici l’attendeva. Andrea e Giulia vivevano nella città turca da quando lui aveva iniziato a lavorare presso il Consolato italiano. Abbracci affettuosi fecero da cornice al gioioso incontro.

    Andrea le arruffò i capelli e la chiamò: sorellina.

    La coppia la ospitò in un piccolo delizioso appartamento nel quartiere Beyoğlu, vicino alla sede del Consolato Generale d’Italia.

    L’indomani, durante la colazione, il giovane, constatando la forte emozione dell’amica, propose di iniziare la giornata con un bel tour per la città.

    «Arrivare in una città come Istanbul, sapere di dover vivere qui», Greta si espresse con fervore, mentre sorseggiava il suo caffè, «lasciarmi cullare dal suo spiazzante dondolio tra Oriente e Occidente, tra burqa e tailleur… ha un fascino unico».

    Vicinanze

    Sul tram, Greta rivelò agli amici che le precedenti visite a Istanbul le avevano lasciato il segno e un piacevolissimo ricordo. Poi, chiese di passare dal liceo, prima di iniziare il giro turistico

    «Appartiene a un’Italia che galleggia nel tempo, un po’ come un turacciolo in uno stagno; tutto il personale e gli studenti sembrano gli attori di un musical. Scuole come questa sono il risultato disseminato nel mondo della emigrazione italiana. L’Italia è proprietaria dell’immobile e provvede agli stipendi degli insegnanti italiani. Con le rette degli studenti turchi vengono pagati i professori turchi ed effettuate altre spese».

    Giunti in Istituto, due collaboratori scolastici li fecero accomodare nella sala docenti. Qui fecero la conoscenza di Cem, assistente tecnico di laboratorio, e di Atan, docente di Turco, che Andrea conosceva già e lo invitò ad accompagnarli in visita alla città. Il professore accettò, regalando uno dei suoi deliziosi sorrisi accentuati dalle splendide fossette che affascinarono Greta. Atan, sulla trentina, elegante alto moro e riccio, sembrava avesse gli occhi grandi evidenziati da un tratto di matita nera Kajal. Dopo il tour guidato nel liceo, Andrea esortò il gruppo: «Andiamo alla conquista di Costantinopoli!».

    «È ciò che più desidero», disse Greta con grinta: «vivere Istanbul, non solo vivere a Istanbul!».

    Sultanahmet, concentrato di arte, storia e cultura, fu la loro prima tappa, e cominciarono la passeggiata proprio dall’antico Ippodromo dove furono accolti dal profumo di incenso e dal Muezzin; il richiamo alla preghiera dai minareti rendeva l’atmosfera surreale. Da lì si spostarono alla Moschea Blu, poi a Santa Sofia e, ancora, al Palazzo Topkapi. Si respirava aria di altri tempi.

    Greta trovò un grazioso monolocale in affitto, vicino alla casa degli amici e fu felice di poter subito andare in giro per la città in compagnia di Atan. Lei gli espresse il desiderio di perdersi per i vicoli di Beyoğlu e di passeggiare sull’arteria principale, Istiklal Cadessi. Con la giornata di pieno sole, Atan propose la visita della Torre di Galata perché voleva regalarle una vista mozzafiato.

    Percorsero Istiklal Cadessi, scesero per la famosa via dei musicisti dove duetti musicali allietavano la passeggiata dei turisti; si persero, poi, nel groviglio di strette vie, per giungere infine alla Torre di Galata. Atan le raccontò che la torre era stata punto di osservazione per individuare gli incendi in città, ma si raccontava pure che nel 1600 un tale Hezarfen Celebi, utilizzando ali artificiali, aveva spiccato il volo dalla torre per sorvolare il Bosforo.

    La giovane, affascinata dal racconto, esortò il compagno a salire. Giunti in cima alla Torre, ella si ammutolì, incantata dallo spettacolo della vista: il mare blu cobalto, il Corno d’Oro che con le sue navi attraccate aveva l’aspetto di un fiume che divideva, come un oceano, due mondi, mentre nel cielo azzurrato si stagliavano le moschee con i minareti. Atan, allora, le suggerì di focalizzare lo sguardo sul ponte in fondo perché ogni giorno, su di esso transitavano più di centomila persone… Quel ponte per lui aveva un fascino straordinario… Dopo la visita, si inoltrarono nel dedalo di stradine che si aprivano proprio dall’elegante Istiklal Cadessi, dove poter assaporare meglio il fascino di una città multietnica e multiculturale. Mentre si camminava per quelle vie era usuale imbattersi in contrasti: donne col burqa, totalmente coperte, quasi prive di un’identità fisica e donne in tailleur che rappresentavano l’evoluzione e lo sviluppo.

    «Spesso noi turchi veniamo identificati con i musulmani», lamentò il professore, mentre percorrevano i vicoli pittoreschi, «e questa cosa mi fa davvero arrabbiare. Essere turco non vuole dire essere musulmano. Così come essere musulmano non vuol dire essere turco. Io, per esempio, non sono musulmano, ma ateo!».

    Mentre poi percorrevano Çukurcuma, un quartiere in via di riqualificazione, si imbatterono nel Museo dell’Innocenza. La giovane cominciò a raccontare la storia d’amore fra Kemal e Füsun. Greta raccontò che Kemal aveva vissuto gli ultimi anni della sua vita circondato da tutti quegli oggetti che aveva raccolto: cimeli, suppellettili, abiti, foto, ritagli di giornale, documenti, nonché l’orecchino, perso e poi ritrovato, conservati per trarne conforto, ma soprattutto per il desiderio di organizzarli ed esporli come testimonianza non solo della sua storia, ma anche della vita quotidiana di quegli anni, della Istanbul che più aveva amato. Anche Atan fu conquistato dalla storia e acquistò il romanzo perché voleva ripercorrere gli angoli di quella casa ma anche la vita di Kemal e Füsun. Poi chiese a Greta cosa l’avesse maggiormente colpita in quel viaggio emozionale e lei gli riferì che all’inizio era curiosa di vedere il famoso orecchino, la farfalla, ma poi ad appassionarla era stata la grande bacheca a parete con le cicche di sigarette fumate dalla giovane, tutte conservate da Kemal e catalogate con rigore impressionante. Le sembrava pazzesco tutto quell’amore! Usciti dal Museo andarono a prendere un buon tè al melograno su Istiklal Cadessi. Nei rari momenti in cui si trovava a casa, Greta si dedicava alla correzione di compiti e test o alla preparazione delle lezioni di Storia e Letteratura. Appena aveva l’opportunità scriveva alle persone a lei care.

    Cara Sara,

    da diverse settimane mi trovo nell’antica Costantinopoli, la amo! Mi pare di trovarmi nel Sud Italia, nella nostra Sicilia. La vivacità dei turchi e l’aria di mare, che si respira, trasmette grande energia e allegria… insomma mi sento a casa. Qui ho conosciuto tanta gente: i colleghi di scuola sono quasi tutti italiani, a parte Atan, Mustafà e Cem e sono tutte persone deliziose. Atan mi sta dedicando il suo tempo libero per insegnarmi a vivere la città. Devo confessare che mi piace la sua compagnia perché è una persona molto discreta, colta ed elegante nei modi. Al mattino, esco presto per andare al liceo e mi godo la serenità e la calma della città che si sta svegliando, l’odore del pane e dei croissant appena sfornati si emanano proprio come la voce del Muezzin. Mi godo i tramonti intensi, che mi ricordano di rallentare in un posto dove tutto procede con rapidità e pare di essere davanti a un delizioso acquerello. Istanbul è un viaggio dentro il viaggio perché è sempre la stessa e allo stesso tempo è sempre diversa… qui ogni giorno tutto è teatro e vita, un’emozione che va completamente vissuta senza se, senza ma. Potresti venire a trovarmi durante le prossime festività natalizie! Pensaci! Ti abbraccio, salutami tanto Peppe, i tuoi genitori, e i nostri cari colleghi. Ti voglio bene.

    Greta

    In genere, lei si sentiva come i carrubi della sua terra, dal fusto vigoroso, ramificati in alto, fragili ma tenaci, in grado di resistere al vento e di regalare frutti spessi e cuoiosi. Quel pomeriggio, decise di andare al mare. Andò a Barkirkoy sul Mar di Marmara che le regalò l’odore di alghe e di salsedine. Mentre ammirava il volo libero dei gabbiani, in cerca della preda, si sfilò le scarpe: amava passeggiare sulla battigia a piedi nudi. Si perse nell’incantesimo delle piccole onde carezzevoli che sbattevano sulla riva per poi perdersi e cancellare le orme. Il loro movimento, quel lento e dilatato andirivieni pareva volesse raccontare antiche saggezze, come segreti dell’anima consegnati all’eternità. Si chiedeva, senza trovare una risposta, cosa fosse più profondo: se il mare o il cuore umano. Sapeva che il mare era in grado di restituire tutto, soprattutto i ricordi, ma anche regalare emozioni, mai scontate, mai uguali, mai monotone.

    Pensò alla leggenda della settima onda quella inflessibile, diversa dalle prime sei che si susseguono, una dopo l’altra, silenziose. È l’arrivo della settima che cambia il corso delle precedenti. E Greta la aspettava impaziente.

    Proprio quando la luce del tramonto si apprestava a dipingere una lunga scia rossa sul mare, Greta andò via.

    Lezioni di Letteratura

    Erano già passate diverse settimane dal suo arrivo in Turchia; la scuola era iniziata e Greta si sentiva carica ed entusiasta perché stava realizzando il suo sogno. Gli alunni erano molto motivati ed era un piacere affrontare con loro tematiche di attualità e di letteratura. Lavorare con loro era una costante crescita quotidiana.

    «Allora, cosa pensate della povera Vergine cuccia, alunna delle Grazie?», chiese per dare un input al gruppo-classe.

    «Vergognoso l’atteggiamento degli aristocratici nei confronti dei subalterni. Altezzoso: tipico di una classe sociale che credeva di riuscire a dominare il mondo».

    Greta soddisfatta del contributo di Ahmed, aggiunse che il Giovin Signore era il simbolo di una classe sociale che, forse in modo inconsapevole, viveva da parassita, e Parini, grazie alla sua Opera, si era posto l’obiettivo di rieducarla, di farle prendere coscienza.

    I feedback sull’argomento furono i più svariati, ma molti si soffermarono sul fatto che Parini, come sosteneva l’intellettuale Vincenzo Monti, pareva volesse attaccare gli aristocratici forse perché invidioso.

    Greta specificò che dopo un’attenta lettura e sotto la guida di vari critici letterari, ci si può rendere conto che l’ironia che trama l’intera opera è un modo per prendere in giro i nobili. Ribadì dunque che se essa non viene letta in chiave ironica, allora sì che si dovrebbe dar ragione a Monti!

    «Prof, comunque»,

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