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Giù negli ottanta
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E-book91 pagine1 ora

Giù negli ottanta

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Fantascienza - romanzo breve (58 pagine) - C’è solo una cosa che può aiutarli. E funziona a cassette


Un primo esperimento di teletrasporto che avrebbe dovuto far scomparire e riapparire istantaneamente un piccolo cubetto di metallo. Un esperimento importantissimo, ma nulla di scenografico. Invece, un ricercatore e la sua figlia adolescente si ritrovano dove non avrebbero mai pensato di finire. Il luogo è lo stesso, Porto Marino, ma il tempo, no. Gli anni ottanta li avvolgono con la loro schiettezza e semplicità. Un’Italia diversa che però rappresenta un pericolo per i due, costretti a evitare le interazioni con un passato di cui non fanno più parte, nel caso del ricercatore, e che non è mai esistito, per la giovane Alice.

Bisogna trovare un modo per tornare indietro. Nemmeno gli smartphone funzionano. Non c’è nulla della tecnologia degli anni ottanta che possa aiutarli a bucare il passato e rientrare nel futuro, ma forse può farlo la conoscenza che è rimasta intatta nel ricercatore. Serve ingegno e coraggio, e un tempo che, per uno strano gioco del destino, si sta esaurendo in fretta.


Roberto Guarnieri è un ingegnere civile e lavora nell’Amministrazione comunale della sua città (Civitanova Marche). È un appassionato di fantascienza, fantasy, archeologia, e tematiche sui misteri delle antiche civiltà perdute.

Ha pubblicato racconti in varie riviste (Delos Science Fiction, Altrisogni, Writers Magazine Italia, Urania, Robot) e antologie, tra le più importanti l’intera serie dei 365 racconti, Il Magazzino dei Mondi 1 e 2, tutti editi da Delos Books, oltre ad antologie delle Edizioni Scudo, Sogni Di Carmilla e altre. Un suo racconto è stato pubblicato nel numero di aprile 2012 di Urania. È stato finalista al Premio Blackwood 2013 e 2015, al Premio Urania Stella Doppia 2013, a Premi della rivista Effemme 2013 e 2014 e al premio Robot 2014. Per la casa editrice Delos Digital ha pubblicato alcuni racconti nelle serie Chew-9Robotica, il ciclo di romanzi brevi steampunk Il Circolo Dell’Arca e il ciclo di romanzi brevi Terra Incognita, oltre a un episodio nella collana Sherlockiana.

LinguaItaliano
Data di uscita16 giu 2020
ISBN9788825412536
Giù negli ottanta

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    Anteprima del libro

    Giù negli ottanta - Roberto Guarnieri

    9788825403350

    Prologo

    La Macchina, come era chiamata in modo confidenziale, occupava gran parte del laboratorio sotterraneo del dipartimento di Fisica teoretica dell’Università. Una zona riservata posta due piani sottoterra e separata dal resto del mondo da solide pareti di cemento armato e porte blindate.

    Attraverso il vetro di protezione rinforzato osservai con orgoglio le lucide superfici metalliche, l’intreccio di tubi e cavi e i massicci generatori di campo che circondavano la piattaforma occupata dal piccolo cubo di metallo illuminato dai neon.

    Posai soddisfatto le mani sul pannello di controllo, lungo un paio di metri. L’intricato pulsare di luci, spie e cifre digitali e la sequenza di equalizzatori di campo e interruttori non lasciava spazio all’eleganza ma solo a una rigida funzionalità. Cavi sciolti sparsi sul pavimento, misuratori appesi con nastri in plastica e batterie collegate alla rinfusa erano i muti testimoni del rapido lavoro svolto fino a quel momento.

    Gli indicatori di stato brillavano di una rassicurante luce verde. L’aria filtrata del laboratorio sapeva di ozono e disinfettante e l’unico rumore era il ronzio degli apparecchi elettrici.

    – Direi che ci siamo. – commentai rivolto ai tecnici di laboratorio, intenti a controllare gli ultimi valori. Walter Cramer dirigente del CNR di Ginevra e Gianni Lodi, vice direttore del progetto, confermarono con un cenno del capo.

    Il progetto teletrasporto era nato due anni prima da una collaborazione tra Università Adriatica e CNR. Si basava su una serie di studi sviluppati da un team di scienziati che io avevo l’onore di coordinare. Il prototipo attuale, la Macchina, era il frutto di intense ricerche volte a sperimentare l’azione distorsiva di un campo magnetico per separare e ricomporre atomi di un oggetto solido.

    Il termine teletrasporto era solo un vezzo di noi scienziati cresciuti a episodi di Star Trek. Nessuno si illudeva di giungere a risultati positivi in tempi brevi. Insomma niente ‘Signor Scott ci porti sul pianeta’. Scomporre e ricomporre un oggetto solido, però, era il primo passo. Il primo di una lunga strada irta di mille difficoltà.

    – Così questo accrocco è la famosa Macchina. Un po’ di colore non avrebbe guastato. Magari una mano di fuxia ai generatori o qualche lustrino sul vetro.

    Rivolsi un sorriso a mia figlia Alice.

    Elena era a Roma per un corso di aggiornamento e io mi ero trasferito per una settimana nell’alloggio dell’Università. Non era il caso di lasciare l’esuberante adolescente da sola a Porto Marino, dove abitavamo, perciò ero stato costretto a portarla con me, facendole perdere qualche giorno di scuola. Con malcelato orgoglio l’avevo invitata ad assistere alla prima accensione del dispositivo, come ogni buon padre felice del suo lavoro.

    Con i suoi diciassette anni, l’allegria e una innegabile bellezza aveva portato una ventata di colore nel grigio laboratorio, scherzando con i tecnici, inviando buffi whatsapp e offrendo pasticcini e caramelle a ogni istante.

    Il ramo di pazzia di famiglia, temo ereditato dal sottoscritto.

    – Esatto – confermai con orgoglio, sorvolando sulla seconda osservazione e invitandola a avvicinarsi. – Siamo pronti alla prima accensione. Lanceremo una sequenza che genererà un campo magnetico distorsivo compresso concentrato su quel piccolo cubetto.

    Alice si arrotolò affascinata una ciocca dell’intrigata massa di capelli ricci. – Cosa devo aspettarmi? Lampi e tuoni?

    – Niente del genere, temo. La fisica a volte sa essere anche noiosa, L’aspetto visivo non muterà, salvo forse per un leggero tremolio dell’immagine. Ma se funziona i sensori registreranno una sparizione e ricomparsa dell’oggetto quasi istantanea. Il che vuol dire che è stato smaterializzato e rimaterializzato.

    Picchiettai soddisfatto sul pannello. – Il primo step verso un futuro teletrasporto.

    Arricciò il naso delusa. – Quindi non vedrò un accidente?

    – Però avrai qualcosa da raccontare ai tuoi amici. Durante la conferenza stampa ti faccio fotografare. Finirai nella rivista dell’Università.

    – Direttore – la voce di Gianni mi riportò al presente. – Siamo pronti. Quando vuoi puoi accendere lo START. Ora di inizio le 10.08.

    – D’accordo. – Lanciai un’ultima occhiata di sfida al cubo di metallo attraverso il vetro blindato. Mesi di lavoro stavano per concretizzarsi in un unico attimo di speranza. Se l’esperimento funzionava ne sarebbero seguiti molti altri carichi di eccitazione e adrenalina.

    – Fissalo bene – sussurrai ad Alice, che se ne stava al mio fianco con lo sguardo attento. – Vediamo se tremola.

    Premetti il pulsante di accensione.

    E il mondo esplose in un bagliore accecante.

    1

    Giorno uno

    Abbassai le braccia che avevo portato al viso nel gesto istintivo di proteggermi dall’intenso fascio di luce e aprii gli occhi.

    Ero all’aperto. Un grande spazio aperto dai contorni lattiginosi.

    Feci una serie di respiri profondi. Il cuore mi batteva all’impazzata, le mani mi tremavano e un fischio acuto mi forava le orecchie. Alice era accanto a me, con un’espressione di stupore dipinta sul volto.

    Calore del sole sulla pelle. Rumori di traffico, un clacson, chiacchiere lontane.

    Una piazza.

    Mi trovavo in una piazza. Un parcheggio di auto. Non riuscivo a mettere a fuoco la scena. Dopo qualche istante la situazione migliorò, come se qualcuno avesse regolato la scena nel mirino di una reflex.

    Con il fiato spezzato riconobbi il luogo.

    La piazza principale di Porto Marino.

    A pochi passi da me, sui sanpietrini, il cubetto di metallo scintillava beffardo alla luce del giorno.

    – Teletrasporto – esclamò Alice con la bocca spalancata per lo stupore. Sembrava divertita. – L’esperimento è riuscito, anche se potevi dirmi che le cavie eravamo noi.

    Il sibilo in testa scese di intensità. Mossi una gamba cercando l’equilibrio, e feci un passo, senza cadere. Raccolsi il cubo, era reale e solido.

    – Non era previsto – riuscii a dire con un filo di voce. Un sapore metallico mi bruciava la gola.

    – Che cosa?

    – Tutto questo – feci un ampio gesto con le braccia. – La prova riguardava solo la scomposizione di un cubo di metallo in laboratorio. Qui siamo a cinquanta chilometri

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